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Ancora sulla Rosa-Croce: il caso di Paul Sédir

Vogliamo tornare sulla questione dei Rosa-Croce. Non basta, infatti, mostrare che tale ordine iniziatico e segreto non è mai esistito, è stato solo un bluff o uno scherzo di qualche mente in vena di giochi intellettualmente sofisticati, al fine apparente di dare una scossa alla spiritualità europea per orientare le menti e le anime verso una nuova prospettiva, più eclettica e universalistica di quanto fosse il cristianesimo tradizionale, e specialmente il cattolicesimo romano (vedi il nostro precedente articolo: I Rosacroce? Una delle più grandi beffe della storia, pubblicato sul sito dell’Accademia Nuova Italia il 30/01/22). Non basta, perché, quantunque l’ordine o la società segreta di quel nome non siano mai esistiti, sono esistiti nondimeno qualche esoterista,qualche alchimista o qualche mago rinascimentale che sotto quel nome e quel simbolo hanno diffuso le loro idee e le loro dottrine per l’Europa, e hanno incontrato un successo che probabilmente nemmeno loro stesso si sarebbero immaginati, e che è si è protratto per molti e molti anni dopo la loro morte, dando vita a una specie di gigantesca saga e quasi a un romanzo d’appendice dai colpi di scena innumerevoli, coinvolgendo nelle infuocate dispute da essi sollevate il fior fiore dell’intellighenzia degli ultimi quattro secoli, fino ai nostri giorni.

Esemplare in tal senso è il caso di Yon Le Loup, noto al pubblico di fine ‘800 e di primi del’900 come Paul Sédir (nato a Dinan, in Bretagna, nel 1871 e morto a Parigi nel 1926), mistico ed esoterista che conobbe un momento di notevole celebrità e che, dopo aver aderito prima all’Ordine martinista, poi alla Fratellanza Iniziatica di Luxor, infine ad un rinato Ordine cabalista della Rosa-Croce, finì per allontanarsi da tutti questi gruppi e concentrarsi sulla teoria e la pratica della spiritualità cristiane, facendo un po’ all’incontrario il classico percorso della maggior parte degli intellettuali del tempo, usciti dalla cultura cattolica e divenuti progressivamente estranei o avversari di essa, via via che aderivano a logge e società in vario modo contigui o comunque riconducibili alla massoneria. Sédir infatti si considerava un vero rosacrociano, fino a quando, nel gennaio 1909, rese pubbliche le proprie dimissioni dall’Ordine sulla rivista L’Initiation, rompendo anche i rapporti coi compagni d’un tempo, che non compresero, né accettarono la sua "svolta" in senso cristiano (si ponga mente a quanto abbiamo più volte scritto e detto nel corso di interviste e pubbliche conferenze, ossia che da certi ordini segreti non si può uscire, e tanto meno "tradirne" i segreti, perché il primo impegno che si assume chi vi entra è appunto quello di non lasciare mai i confratelli e soprattutto di mantenere segreto tutto ciò che ha appreso stando al suo interno). E a questo punto ci permettiamo una domanda un po’ irriverente e di certo politicamente poco corretta: un personaggio come Sédir, che si "converte" dal misticismo massonico e rosacrociano a quello cristiano, peraltro senza aderire alla pratica cattolica e senza entrare nella Chiesa di Roma, cioè in effetti senza convertirsi ufficialmente, può fare maggiori o minori danni di uno che rimanga nell’occultismo e nell’esoterismo impenitenti, e se ne infischi di ciò che dice o pensa la Chiesa di Roma, un po’come fece, circa negli stessi anni, un altro spiritualista francese, il famoso Allan Kardec, padre dello spiritismo? La domanda, tutt’altro che maliziosa, è resa anzi assai realistica dalla considerazione che un occultista pentito a metà, il quale si sia fabbricato un suo personale Vangelo e creda in un suo personale Gesù Cristo, può seminare più errori e confusione tra i fedeli di uno che resti all’esterno del cattolicesimo e non si curi minimamente di ciò che i cattolici possano pensare di lui. Invece se un cattolico in buona fede, ma un tantino sprovveduto, va a leggersi I Rosa-Croce di Sédir, ad esempio il capitolo dedicato al Curato d’Ars, finisce per convincersi che non esiste alcuna differenza fra la spiritualità cristiana e quella esoterica e gnostica; e che il curato d’Ars è stato, sì, un grandissimo santo e un eccellente pastore d’anime, ma proprio perché, in fin dei conti, era simile a un mago o un alchimista, come lui bene intenzionati. Leggere per credere: sfidiamo chiunque a ricavarne una diversa impressione.

E quanto alla Rosa-Croce vera e propria, quella che si annunciò mediante il "manifesto" di Kassel del 1614, ecco come ne parla Sédir, nel suo libro Rosa-Croce. Santi illuminati e mistici (titolo originale: Histoire et Doctrine des Rose-Croix, 1910, 1918; traduzione e ristampa a cura dei Fratelli Melita Editori, 1988, pp. 157-166 passim):

Quando si pronunzia il nome dei Rosa-Croce, gli uomini ragionevoli e istruiti fanno una mossa dubitativa e invocano Leibniz, Gassendi, padre Mersenne, che hanno cerato dovunque i Rosa-Croce senza averli potuti trovare. (…)

Che uomini erano quei misteriosi araldi di una saggezza e di una scienza sconosciute? (…)

Ecco ciò che dicono i firmatari di tali manifesti, tipi originali di tutti gli altri superiori incogniti che pullulano nelle iniziazioni adulterate del diciottesimo secolo: «Noi facciamo in questa città residenza visibile e invisibile per la grazia dell’Altissimo che si volge verso il cuore dei giusti. Noi insegniamo senza libri né segni; parliamo le lingue dei paesi in cui vogliamo essere, per distogliere gli uomini, nostri simili, dagli errori e dalla morte.» (…)

Che questi Rosa-Croce si attribuiscano, come residenza, il Tempio dello Spirito Santo, non è una vanteria. Il Tempio dello Spirito Santo, se mi è concesso di parlare con parole incomprensibili agli indegni, il Tempio dello Spirito Santo è quel luogo segreto in cui sono riunite le entità viventi dell’Intelligenza, dell’Armonia e della Bellezza universali.

Lo Spirito, nessuno può afferrarlo, nessuno può sapere né donde venga, né dove vada. Ma la casa dei Rosa-Croce è una delle opere viventi di questo Spirito inafferrabile; per tale ragione solo qualche uomo ha potuto vederla ed entrarvi. Quei Rosa-Croce della fine del sedicesimo secolo professavano la divinità di nostro Signore Gesù Cristo come fine terrestre dell’Incarnazione cosmica del Verbo. La Bibbia, il Tarocco erano i loro manuali di teosofia. L’esperienza materiale (arti occulte) e immateriale (Liber Mundi), il loro manuale d’osservazione pratica, le opere di Tauler, di Weiger, soprattutto di Tomas da Kempis erano il loro codice d’iniziazione.

Essi dichiaravano possedere la pietra filosofale, la Medicina universale, l’Elixir di lunga vita, conoscere le virtù dei semplici, i segreti degli dei, i misteri dei numeri, dei segni, della musica. Essi offrivano ai loro allievi gli stessi tesori. Si presentavano infine al mondo con, nelle mani, i piani della triplice riforma: per la scienza, per la politica e per la religione. (…)

Da quando la terra porta figli d’Adamo, esiste un centri di saggezza di cui il movimento del diciassettesimo secolo non fu che uno dei mille raggi, lanciato sulla sola Europa e battezzato col nome di Rosa-Croce. Motivi di alta convenienza m’impediscono di rivelare quali nomi portassero gli altri raggi di questo steso centro, lanciati su altri paesi, sia prima che dopo tale epoca.

Non cercate di conoscere prematuramente questi segreti. La curiosità fa fuggire i misteri. Comprendete che coloro i quali, da allora, ostentano il nome di Rosa-Croce o si dicono collegati a tale Ordine, si ingannano ed ingannano il loro pubblico, poiché il centro che si chiamò in tal modo nel diciassettesimo secolo ha cambiato il suo titolo

I veri Rosa-Croce non si sono mai fatti conoscere e non hanno mai nulla svelato dei loro segreti reali. (…)

La Rosa-Croce è una funzione immateriale dell’anima della terra. Cercherà di precisare.

Il nostro pianeta riceve tutte le forme della sua vita, non da un sole unico, il sole giallo che ci rischiara, ma ancora da altri sei sili invisibili. Il primo fra loro, il rosso, costruisce i corpi terrestri. Il suo angelo è l’essere che Paracelso e altro chiamano Elia Artista. Esso governa la morfologia generale, le affinità degli esseri sotto il loro aspetto di molecole minerali, le organizzazioni fisiche, chimiche, sociali, intellettuali e religiose.. E, al pari di tutti i soli, agisce sulla terra ad intermittenze, alla maniera di un faro girevole. (…)

Consideriamo ora la personalità umana nell’insieme degli organi occulti che la costituiscono essenzialmente, e di cui ciò che noi conosciamo di noi stessi non è che il risultato esteriore. Questa personalità contiene delle rappresentazioni di tutto l’universo. A stretto rigor di termini, vi è in noi un corpo che vive nella maniera dell’angelo, per esempio; vi è in noi un corpo che vive allo stesso modo del genio, o l’elementale, o l’astro, o la pianta, come sappiamo tutti che vi è in noi un corpo, il nostro corpo fisico, che vive della vita degli animali.

Uno di questi organismi segreti non può essere paragonato meglio che ad una ganga in via di cristallizzazione nelle profondità del suolo. Quando il raggio del sole rosso passa, quest’organismo si sviluppa sotto la sua influenza; e siccome in ogni individuo predomina uno dei tipi della vita universale, l’uomo in cui questa predominanza è minerale vede il suo essere spirituale condotto in direzione di Elia Artista e tendere verso lo stato del Rosa-Croce.

Tutto ciò deve apparirvi pura immaginazione, tuttavia nulla vi è di più reale. Dio è il vivente, La vita è dovunque; con essa sono dovunque la sensibilità, l’intelligenza e l’amore. Una pietra prova delle sensazioni, percepisce delle idee e genera una volontà. Le pietre della nostra terra si trovano al più basso della scala universale dei minerali: in alto sono le pietre irraggianti e parlanti della Città santa. Giorno verrà in cui l’uomo converserà col campo e la montagna, in cui i sassi ella strada diranno i loro segreti al viaggiatore, in cui i sassolini della spiaggia racconteranno al pescatore le storie dei secoli scomparsi, poiché la natura ha ancora in riserva i suoi segreti a miliardi.

Nessuno può definire questo Elia Artista. Coloro stessi sui quali egli si posa sentono la sua influenza senza poterla analizzare. Non è Dio, è un Dio, semplicemente uno dei ministri del Padre, la remora nei paradisi cosmici dell’afflato dello Spirito attraverso i verzieri del Signore. È una attrattiva armonizzatrice che, in ogni specie, tende a riunire gli individui e ad organizzarli in una gerarchia d’equilibrio e di mutuo concorso.

Ma chi è dunque codesto Elia Artista, codesto Dio che non è Dio, e tuttavia è un Dio; che è un ministro d’Iddio e che funge da remora nei paradisi cosmici (?) e da attrattiva armonizzatrice, ma che nessuno può definire altrimenti e che sfugge a ogni analisi di quelli stessi sui quali si posa? Come nel caso dei "maestri" e precursori originali, i Rosa-Croce dei manifesti del XVII secolo, tutto è vago, elusivo, sfuggente; tutto è generico, sfumato, inafferrabile. E quel che si capisce, è un tremendo pasticcio di animismo, politeismo, panteismo: pietre senzienti e parlanti, l’uomo che discorre coi campi e le montagne: che minestrone indigeribile, e, peggio ancora, che scorpacciata di kitsch, come in certi dipinti dell’epoca, in particolare quelli di Arnold Bõcklin, ma anche di Odilon Redon e Gustave Moreau! Si dice e non si dice: e se qualcuno domanda, la risposta è che vuol sapere troppo; che le cose sublimi sono anche ineffabili e inesprimibili (la curiosità fa fuggire i misteri, dice un po’ stucchevolmente Sédir); che bisogna rivestirsi di umiltà e armarsi di pazienza; e che chi è degno di avere una risposta, l’avrà, ma quando e come vuole lo Spirito. Quale Spirito, di grazia? Nonostante Sédir lo definisca riecheggiando le stesse parole del Vangelo: lo Spirito, nessuno può afferrarlo, nessuno può sapere né donde venga, né dove vada, è più che dubbio che lo si possa intendere come lo Spirito Santo. E ciò per una ragione assai semplice: il Nostro asserisce che i Rosa-Croce si attribuiscano, come residenza, il Tempio dello Spirito Santo, e soggiunge che questa non è una vanteria. E invece sì che lo è; ed è anche una contraddizione rispetto all’affermazione che nessuno può afferrarlo, nessuno può sapere né donde venga, né dove vada. In tal caso, come è possibile porvi la propria dimora? Se così fosse, vorrebbe dire che l’uomo è padrone dello Spirito Santo: il che è una bestemmia, oltre che una impossibilità logica. La creatura non può scegliere di prende dimora nel Creatore, se non per concessione di questi. A meno che si faccia una infernale confusione fra l’uno e l’Altro, e si voglia porre l’uomo sullo stesso piano d’Iddio. Se è così, e a noi pare che sia così, allora il martinismo e il rosa-crocianesimo e tutte queste società e questi ordini iniziatici ed ermetici, reali o immaginari che siano, effettivi o virtuali, altro non sono che parti dell’antica strategia gnostica volta ad abolire la differenza fra le creature ed il Creatore; e che quando agisce all’interno del cristianesimo, sfruttando certi filoni estremi del misticismo più spinto, s’ingegna appunto di sovvertire la giusta relazione fra Dio e l’uomo, allo scopo di capovolgere l’autentica prospettiva cristiana, possibilmente senza che i diretti interessati, vale e dire i cristiani, se ne rendano conto.

È un po’, mutatis mutandis, quel che ha fatto la gnosi moderna, e più precisamente quel concentrato di essa che san Pio X ha chiamato modernismo, allorché, ben lungi dall’essere stato estirpato dalla pubblicazione della Pascendi, è riemerso nella seconda metà del XX secolo e, sfruttando la "rivoluzione" del Concilio Vaticano II, ha capovolto la dottrina e ha trasformato il culto di Dio in un culto dell’uomo, agendo con tale diabolica abilità da evitare scandali e rumori, e lasciando i cattolici beatamente immersi nei loro sonni tranquilli e riposanti; in altre parole senza che abbiano mai sospettato la sostituzione dottrinale che si era consumata irrevocabilmente, a loro insaputa e contro la loro fede.

Perciò, attenzione agli spiritualisti "cristiani" o cristianeggianti, sul tipo di Paul Sédir (il quale, a titolo personale, sarà stato anche un buon uomo, ma questo è un altro paio di maniche; qui non stiamo ragionando sulla bontà soggettiva delle persone in quanto tali, ma degli effetti che può avere la loro opera pubblica): possono fare danni assai più gravi di quegli ermetici, esoteristi ed occultisti i quali si pongono apertamente al di fuori e sovente contro la Rivelazione cristiana e la dottrina cattolica. Il peggior pericolo, infatti, non viene dal male e dall’errore, che si possono riconoscere abbastanza facilmente nella loro vera essenza, bensì dalla sottile mescolanza del male con il bene, e dell’errore con la verità.

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Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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