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Il delirio di potenza dello scientismo porta al disastro

Nel 1979, negli Stati Unti, usciva nelle librerie un volume che avrebbe fatto parecchio parlare di sé, e che già nel titolo aveva qualcosa di sconcertante, quasi di paradossale: La conquista della morte. L’autore, un divulgatore scientifico di nome Alvin Silverstein, dall’inconfondibile ascendenza ebraica, era già noto come una specie di Piero Angela americano, quanto lui scientista e materialista; con la differenza che, invece che col figlio, lavorava in coppia con la moglie: il suo libro più noto, infatti, è stato, quasi vent’anni dopo, A World in a Drop of Water. Exploring with a Microscope (Il mondo in una goccia d’acqua. Esplorazioni al microscopio), del 1998, scritto a quattro mani con Virginia B. Silverstein. La conquista della morte si riferiva proprio alla vittoria materiale sulla morte e sosteneva, con la massima serietà e senza batter ciglio, che la morte poteva essere sconfitta sul piano medico; più precisamente, che entro una decina d’anni la gente avrebbe smesso di morire, semplicemente perché la scienza medica avrebbe trovato il modo di curare tutte le malattie, di fermare l’invecchiamento cellulare, di modificare opportunamente il patrimonio genetico degli individui. Sicché la morte sarebbe diventata una specie di ricordo del passato, di un’epoca in cui l’insufficiente progresso scientifico esponeva ancora gli esseri umani a quello spiacevole e antiquato evento fisiologico che da sempre è universalmente noto sotto il nome di morte fisica.

Letto oggi, il libro ha qualcosa di assurdo, di grottesco, d’inverosimile; eppure vale la pena di chiedersi come possa essere stato concepito, scritto e diffuso più di quaranta anni fa, e accolto con un certo grado d’interesse e perfino una certa qual simpatia, perché questo ci aiuterebbe a capire non poco del clima culturale di quel tempo, e anche in che modo lo scientismo materialista ci abbia condotto fino alla deriva presente, impantanati in una narrazione della realtà medica che ha poco a che fare con la realtà vera, e che tuttavia, col sostegno dei mass-media e di una serie di politici corrotti e asserviti ai piani del colpo di stato globale scattato nel 2020, viene fatta passare come la sola interpretazione scientifica di quel che sta accadendo, al di fuori della quale non vi sono che ignoranza, fanatismo e malafede. Se sopravvivrete per i prossimi dieci anni – si spinge ad affermare, con invidiabile sicurezza e sangue freddo, il bravo Sìlverstein, rivolgendosi direttamente ai suoi lettori, essenzialmente i membri della upper class newyorkese – potrete vivere indefinitamente giovani: diverrete emortali. Intendendo per "emortali" degl’individui che non consoceranno mai più lo spiacevole evento della morte fisica: proprio come gli uomini moderni, opportunamente vaccinati e controllati mediante il green pass, non dovranno temere un virus peggiore della peste nera, del tifo e del vaiolo, che tanti milioni di vittime hanno fatto nel mondo, quando ancora la scienza medica non aveva fatto il provvidenziale salto di qualità dal rozzo empirismo medievale al nitore cristallino della scienza moderna.

Riteniamo che valga la pena citare l’ultima pagina del delirante libro di Silverstein e di meditarla a fondo (da: A. Silverstein, La conquista della morte; titolo originale: Conquest of Death, Macmillan, 1979; traduzione dall’inglese di Cristiano Cottafavi, Milano, Sperling & Kupfer Editori, 1982, pp. 275-277):

Siamo in corsa contro la morte. Riusciremo a debellarla. Qualcuno di noi ce la farà, qualcuno di noi diventerà emortale. Quanti, dipenderà dai nostri sforzi!

Ogni giorno, ogni istante, fatti nuovi escono dai laboratori, allargano la nostra comprensione del mondo vivente e portano a nuove intuizioni e a nuove vie per sfruttare tali cognizioni. I limiti alla nostra conoscenza dei processi vitali sono stati gradualmente superati. Staio apprendendo le cose necessarie per debellare la morte.

L’aumento del nostro impiego di denaro e di cervelli porterà a una sempre maggiore abbondanza di risultati. Un maggiore investimento ora e negli anni prossimi anticiperà di ANNI la disfatta della morte. Anche un risparmio di pochi anni rappresenterebbe per noi la differenza tra la vita e la morte. Ogni anno muoiono due milioni di americani. Ogni anno guadagnato nella lotta contro la morte significa due milioni di vite americane salvate.

Spesso il mondo ha seguito la guida degli Stati Uniti. Per esempi, quadri presidente Nixon, nel suo messaggio indirizzati al paese nel 1970, dichiarò che la lotta contro l’inquinamento avrebbe avuto precedenza su tutto il resto, dappertutto nel mondo si incrementarono gli sforzo contro l’inquinamento. Allo stesso modo l’impegno nazionale di accelerare i programmi per vincere la morte verrebbe probabilmente emulato da altre nazioni. Una cooperazione internazionale in questo sforzo sarebbe in effetti cosa assai desiderabile. Questo è un proposito che il mondo intero può condividere.

Siamo impegnati in una guerra contro la morte. La nostra dedizione alla lotta contro la morte non dev’essere né tiepida né fiacca. Questo sforzo deve avere precedenza nell’assegnazione delle nostre risorse umane, finanziarie e materiali. La vittoria sulla morte porterà molti più dividendi di quante non siano le spese.

Il mondo del futuro sarà un luogo in cui il dolore e la sofferenza diminuiranno sempre più. Stiamo già imparando a sopprimere il dolore e ad alleviare la depressione. Stiamo imparando a sgominar e le malattie, tutte le malattie. Infine anche la guerra scomparirà: sarà impensabile in un mondo in cui la morte è un evento raro, non sarà più tollerata.

Noi siamo ora a uno stadio paragonabile al 1960, quando il presidente Kennedy ci lanciò in un grandioso programma: uno sforzo nazionale per raggiungere la luna in dieci anni. Come nel progetto Apollo, il nostro compito è ADESSO essenzialmente un problema di ingegneria. Abbiamo bisogno di riunirei fatti; i vari pezzi del rompicapo della vita andranno inevitabilmente al loro posto. PER LA PRIMA VOLA NELLA STORIA DELLE SCIENZE BIOMEDICHE GLI SFORZI COMPIUTI POSSONO DARCI RISULTATI PROPORZIONATI.

In futuro gli Anni Settanta saranno visti come un decennio di conquiste. In questo decennio i ricercatori hanno enormemente allargato la nostra conoscenza sui recettori cellulari e fatto luce suo fondamentali meccanismi della fisiologia cellulare del corpo sano e del corpo malato. Le tecniche di Sanger e di Gilbet-Maxam hanno permesso di decifrare le sequenze dell’acido nucleico, dandoci una reale speranza di una lettura completa del genoma umano entro un futuro prevedibile Le tecniche del DNA ricombinate contribuiscono in maniera fondamentale a questa grandiosa impresa e ci forniscono anche fonti potenziai di quantità illimitate di importanti biomolecole. Le nuove tecniche di una vasta produzione di anticorpi aprono una nuova era nella prassi medica: le cure istantanee.

Gli Anni Ottanta saranno il decennio dei risultati scientifici. L’impressionante declino dell’incidenza e della mortalità delle malattie cardiache, già avviato, accelererà ancora. La morte per cancro diminuirà, poi scomparirà del tutto. Eccezionali progressi contro l’invecchiamento daranno di nuovo la giovinezza a milioni di persone. Alla fine del decennio si giungerà all’eliminazione quasi totale delle malattie e a una grande riduzione del dolore e della sofferenza.

La maggior pare di coloro che hanno oggi meno di cinquant’anni sfuggirà probabilmente alla morte. Una percentuale di quelli sopra i cinquanta continuerà anch’essa a vivere. La misura di questa percentuale dipenderà in gran parte dallo sforzo, cioè dal numero di dollari dato al Programma Emortalità.

Tali pronostici cambiano ogni anno. La malattia cardiaca ha cominciato a diminuire annualmente a cominciare dagli Anni Cinquanta. Il tasso di mortalità del cancro potrebbe già essere calato e continuerà a un ritmo accelerato negli anni prossimi. Ulteriori progressi porteranno a uno straordinario miglioramento dei pronostici.

Se sopravvivrete per i prossimi dieci anni, potrete vivere indefinitamente giovani: diverrete emortali.

Che dire di questo sproloquio, di questa farneticazione, di questo discorso sconclusionato sul piano logico e del tutto antiscientifico sul piano dei contenuti? Sembrerebbe veramente il delirio di un pazzo, anche se molto di esso si può capire assumendo il punto di vista di un certo pragmatismo grossolano, tipico della cultura americana: davanti a qualsiasi problema, basta investire una montagna di dollari, mettere insieme il meglio dei mezzi e dei ricercatori, e alla fine la soluzione si troverà. Anche il parallelo con lo sbarco sulla Luna è fin troppo indicativo della superficialità e del pressapochismo dell’autore: oggi infatti è chiaro, per chi lo vuol capire, che l’uomo, nel 1969, sulla Luna non è andato per niente; se ci fosse stato, non si capisce perché oggi, a oltre quarant’anni di distanza — e quarant’anni sono quasi un millennio in termini di tecnologia astronautica — non sia in grado di replicare l’exploit. Oggi sappiamo che il governo americano organizzò una gigantesca frode e allestì un vero e proprio set cinematografico in qualche landa sassosa e desertica; ma i registi di tale e operazione furono così sprovveduti da tralasciare un dettaglio decisivo, il fatto che la bandiera stelle e strisce sventolava vistosamente, cosa impossibile sulla Luna per mancanza di atmosfera e perciò di perturbazioni. Se dunque l’uomo non è mai andato sulla Luna, ma gli americani finsero di arrivarci al solo scopo di mostrare al mondo la loro pretesa superiorità tecnologia sull’Unione Sovietica — la quale, invece era effettivamente più avanti di loro, tanto è vero che i primi moduli senza personale umano a raggiungere il suolo lunare furono quelli russi — allora anche il parallelo con la battaglia contro la morte perde di qualunque significato. Non è vero che basta investire un sacco di denaro e ingaggiare i migliori cervelli e adottare le tecniche più avanzate per risolvere qualsiasi problema; questo lo credono i materialisti più ingenui, ma la cosa non trova riscontro nella realtà. E a tutto questo si aggiunga che l’idea di sconfiggere la morte e di dare alle persone l’eterna giovinezza va contro un dato di fatto intuitivo e sin troppo evidente: se nessuno dovesse più morire, la Terra sarebbe in breve sovrappopolata: non ci sarebbe letteralmente posto per i molti miliardi di persone che continuerebbero a vivere, prosperare e metter al mondo figli. Il che contrasta coi programmi della élite finanziaria mondiale, che già allora, alla fine degli anni ’70 del secolo scorso, prevedevano una strategia opposta: favorire in ogni modo il decremento demografico, incoraggiare l’aborto e le tecniche anticoncezionali, distribuire la pillola a milioni di africani, asiatici e latinoamericani, in modo da porre un freno alla crescita della popolazione mondiale: politica che in seguito si è accentuata e oggi, con la farsa pandemica e la vaccinazione di massa decisa dai signori del Great Reset, sta toccando l’apice, secondo quanto teorizzato da uomini come Henry Kissinger, Klaus Schwab e Jacques Attali.

E tuttavia il libro di Alvin Silverstein non è solo espressione d’un delirio di onnipotenza destinato a cadere nel vuoto, né le sue affermazioni sono tutte da scartare come assurde e antiscientifiche. Assurda è la pretesa che la gente possa non morire più, anzi che tale obiettivo fosse a portata di mano già una quarantina d’anni fa; e antiscientifico è elencare le malattie che sono state sconfitte per dedurne che la morte in se stessa ha il tempo contato. Inoltre non è vero che le morti da infarto sono in diminuzione; non si sa dove egli abbia trovato questo dato; in ogni caso, sono in aumento le malattie tumorali, per non parlare delle depressioni e le altre patologie psichiche le quali, a loro volta, incidono sulla salute fisica. L’autore, da buon materialista, parla del dolore e della sofferenza come fossero realtà meramente fisiologiche, e pertanto come se bastasse somministrare al paziente pillole antidolorifiche per risolvere il problema; il che, sia detto per inciso, non c’entra nulla con la sconfitta della morte. Eppure qualcosa di vero c’è, negli strampalati ragionamenti di costui. Anche se saper leggere e manipolare il genoma umano non rappresenta, di per sé, alcun passo avanti verso la sconfitta della morte, tutt’al più sulla via della clonazione e di altre tecniche per manipolare la vita, ma non hanno alcuna possibilità di "fermare" la morte, nondimeno s’intuisce che il pubblico al quale Silverstein si rivolge non è un pubblico qualsiasi, ma è l’oligarchia mondiale, quella dei Rotschild e dei Rockefeller, dei Soros e dei Gates. Essi pensano a se stessi come a degni candidati all’immortalità. Infatti c’è qualcosa d’inquietante nel loro aspetto, come se realmente avessero trovato il modo di ritardare, se non fermare, il processo di’invecchiamento cellulare. È ad essi che bisogna pensare, quando si riflette sulle idee pazzesche di Silverstein: sono loro che vogliono vivere per sempre, al disopra d’una massa semi-umana destinata ai loro esprimenti biologici e genetici…

Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Christian Lue su Unsplash

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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