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La chiave di lettura è lo squilibrio interiore

Da qualche anno siamo ormai tristemente abituati a sentirne di tutti colori, da parte degli uomini di Chiesa: una più provocatoria, più insulsa, più buffonesca, più eretica e blasfema dell’altra. L’ultima in ordine di tempo di cui ci è giunta notizia viene dalla Francia profonda, dove un tale Père Mattihieu, al secolo don Matthieu Jasseron, il quale ha seguito l’invito di Bergoglio a intensificare la presenza cattolica nel modo dei social, tanto da avere oltre 600.000 followers, ha pubblicato un video su Tik-Tok nel quale sdogana l’omosessualità senza nemmeno l’ombra di un dubbio o una incertezza (https://gloria.tv/post/jNudQUw1Qs4B1oL6UPSwv4XCM). Ciò che colpisce, in questo prete di fresca consacrazione, che fino a pochi anni fa era manager di professione, e ora è parroco del paese di Joigny, diocesi di Sens-Auxerre, non è tanto l’assoluto disprezzo del Catechismo e di duemila anni di Magistero della Chiesa, e neppure la grossolana ignoranza e la spavalda faciloneria con cui infila tutta una serie di luoghi comuni del politicamente corretto per piacere al mondo e capovolgere la morale cattolica (omettendo, fra l’altro, la necessaria distinzione fra tendenza omosessuale pratica omosessuale), né il narcisismo e l’evidente smania di popolarità che gli ha dato alla testa e lo spinge sempre più oltre, ad esaltarsi delle sue stesse parole, ma proprio il suo modo di porsi, il suo volto, il suo eloquio, la sua gestualità, i suoi sorrisi, i suoi sguardi. A dirla in breve, a noi che abbiamo visto e ascoltato il video, ha dato la netta impressione di una personalità squilibrata e disturbata, di una persona affetta da un groviglio di nodi irrisolti che cerca di nascondere con una sovraesposizione compulsiva del proprio ego, e da serie patologie del comportamento. Due aspetti in particolare ci inducono a questo giudizio: lo sguardo fisso, allucinato, sottolineato da una smorfia della bocca che vorrebbe essere un sorriso a tutto tondo, e il modo di parlare: senza pause, senza virgole, senza punti, come una scrittura ininterrotta, come una macchina che va per conto suo e che è incapace di fermarsi anche se lo volesse. Solo che questa mitragliatrice parlante è un consacrato, un sacerdote, un parroco, che si rivolge a centinaia di miglia di persone, fra le quali senza dubbio moltissimi cattolici: e che lo fa appunto da sacerdote, indossando la camicia grigia e il colletto bianco e duro.

È pur vero che, secondo il suo vescovo, Hervé Giraud, don Matthieu non fa proselitismo e per questo funziona: e lo dice il pastore di una diocesi di 340.000 anime, delle quali solo 200.000 battezzate, e con una trentina di preti appena, metà dei quali ultrasettantenni, per cui numerose parrocchie sono rimaste di fatto prive del sacerdote. Ma Bergoglio raccomanda sempre di non fare proselitismo (il proselitismo è una sciocchezza, ha detto, nudo e crudo, durante un’intervista a Eugenio Scalari), il che fa di don Matthieu un prete sintonizzato sulla giusta lunghezza d’onda rispetto al Vaticano; anche se le parole del vescovo Giraud fanno sorgere più di qualche interrogativo sul significato che quel pastore attribuisce al verbo "funzionare", il quale in ogni caso fa pensare più al lavoro di un manager o meglio ancora di una macchina o un computer, che al sacro ministero di un prete cattolico. Ma se la "bravura" di Pére Matthieu consiste nel non annunciare il Vangelo di Gesù Cristo, allora non stupisce più di tanto neppure il tipo di messaggi che manda via social e che sono in totale contrapposizione a ciò che la vera Chiesa di Cristo ha sempre insegnato. Ma, ripetiamo, la cosa più impressionante del messaggio inviato a tante persone da questo strano prete è la sua stesa persona: siamo anzi propensi a collegare tutta una serie di episodi del medesimo tenore, anche se assai diversificati nelle manifestazioni, al comune denominatore del disturbo psichico conclamato, come è anche evidentissimo in tutta la sintomatologia di Bergoglio e del suo modo di relazionarsi con il prossimo, ad esempio il sorriso maligno con cui ritrae la mano all’ultimo momento dalle labbra dei fedeli che vogliono baciargli l’anello, ripetendo la scenetta decine di volte e divertendosi un mondo (qui: https://www.youtube.com/watch?v=f20HJRkLWqw). Per non parlare di battute come Forse ci rivedremo all’inferno, rivolte per telefono alla madre di un figlio disabile. In tutti questi casi è necessario osservare bene la faccia e l’espressione delle persone in questione, e naturalmente non scordare chi sono e qual è il loro ruolo, o meglio quale dovrebbe essere, in quanto consacrati.

Quel che vogliamo dire è che se la malizia riguardo alle cose di Gesù Cristo viene da un sacerdote, e se quel sacerdote mostra segni abbastanza evidenti dell’esistenza di un forte squilibrio interiore, forse non ci troviamo più soltanto in area psicopatologica, ma in qualcosa di peggio. Un prete come Matthieu Jasseron, o come James Martin, è solo un prete; ma dieci, cento, mille preti di tal genere, e una quantità di vescovi e cardinali alla McCarrick, suggeriscono una prospettiva diversa. Qui, forse, non si tratta di "semplici" disturbi della personalità e del comportamento che affiggono tante persone nella società attuale, prodotto dei meccanismi malati e delle strade sbagliate continuamente propagandate da un sistema di vita anormale e innaturale. Qui forse ci troviamo in presenza di una vera e propria ondata di infestazioni sataniche, che colpiscono i consacrati per dare la spallata finale alla Chiesa di Gesù Cristo, capovolgere la morale — quella naturale non meno di quella cattolica – e spingere le anime verso l’abisso dell’Inferno. Molte predizioni lo avevano detto: fra le altre, le visioni della beata Katharina Emmerich: sarebbe venuto un tempo, e tutto lascia pensare che sia proprio questo di oggi, nel quale i vescovi e i sacerdoti avrebbero perso la fede e da loro, e particolarmente da Roma, sarebbe partita la grande apostasia. In altre parole, il diavolo, che sovente sfrutta i disturbi psichici delle persone per aprirsi la strada verso il tesoro della loro anima, forse ora sta seguendo proprio questa strategia nei confronti del clero, trovando un facile appiglio nella vanità, nell’esibizionismo, nella superficialità e nella sconsideratezza di molti suoi membri, i quali, in quanto uomini, sono soggetti alle stesse debolezze e fragilità dei laici, beninteso se perdono il collegamento con la vita soprannaturale, che sarebbe la loro speciale difesa. Che cosa si dovrebbe pensare, ad esempio, quando il vescovo di Noto, Antonio Staglianò, grande amante della musica leggera e solito esibirsi dal pulpito con la chitarra elettrica, dichiara all’Osservatore Romano (all’Osservatore Romano!) che la canzone di John Lennon Imagine prefigura i tempi nuovi dei quali parla Bergoglio nell’enciclica Fratelli tutti; e che Gesù Cristo l’avrebbe volentieri cantata, Lui per primo? (vedi qui: https://gloria.tv/post/okP3bwemKRjy1ACbmicgd2K62). Una canzone nella quale si esalta un mondo senza patrie né religioni, nessun inferno sotto di noi, un mondo ridotto a un’unica entità: davvero Gesù Cristo aveva in mente una simile società, quando predicava l’avvento del Regno di Dio? Ma, ripetiamo, più impressionante delle stesse parole, in tutti questi casi, è il modo in cui vengono dette: con quelle facce, quegli sguardi, quei sorrisi, quel tono di voce. L’impressione è sovente che si vada molto oltre la pura e semplice deformazione opportunistica del Vangelo, nel senso di volerlo adattare affinché sia gradito al modo (il che è di per sé una cosa satanica, perché una chiesa che piace al mondo non è più la Chiesa cattolica, ma la sua diabolica contraffazione: la sinagoga di Satana); che ci sia proprio un quid di prettamente infernale, ispirato e manovrato direttamente dal Maligno, sfruttando il fertile terreno della mancanza di fede e dell’ambizione smodata. Si pensi, ancora, a quel vescovo di Innsbruck, Hermann Glettler, del quale abbiamo già parlato a suo tempo, che arriva al punto di esporre una rana crocifissa e un Crocifisso autentico, ma capovolto, come se fosse una lancetta di orologio, e con le braccia spezzate, nella casa del Signore (vedi qui: https://gloria.tv/post/Pqnyuaq9Z4K127c9mEvNHRhHQ; e anche qui https://gloria.tv/post/Gn7zNqvWJsz21RFeMRrxokSy9) e si fa fotografare indossando stranissimi paramenti "sacri" che paiono tute spaziali, palesemente affetto da una grave sindrome narcisista e da una delirante propensione a scandalizzare, attirando su di sé la massima attenzione? Per un "pastore" del genere, a nostro credere, non è sufficiente lo psichiatra: ci vorrebbe l’esorcista (cfr. il nostro articolo Fuori i cialtroni, a calci nel sedere!, pubblicato sul sito dell’Accademia Nuova Italia il 10/04/19).

Qualcuno penserà che questa chiave di lettura è azzardata e che non ci sono gli elementi oggettivi e incontrovertibili che facciano dedurre una presenza, o quanto meno una ossessione diabolica, nel contegno e nei modi di sacerdoti come Matthieu Jasseron e tanti altri, anche qui in Italia, i quali, per esempio, proibiscono l’ingresso in chiesa ai non vaccinati, introducendo una nuovissima, e veramente diabolica, discriminazione fra quanti possono e quanti non possono accedere alla santa Messa e ai Sacramenti, in base alle assurde e criminali direttive di uno Stato che, a sua volta, è ormai completamente asservito ad un potere finanziario dai tratti chiaramente satanici. Una discriminazione che, comunque, non ha nulla di cattolico, e tanto meno di evangelico, visti che tende a presentare il sacro vaccino come la nuova divinità da adorare, accanto alla quale la Maestà di Gesù Cristo, Re dell’Universo, impallidisce addirittura. Cercheremo di spiegare perché l’ipotesi non ci pare affatto azzardata, né dettata da una semplice impressione superficiale; ma, prima, è necessario mettersi d’accordo sul punto capitale: i cattolici credono ancora che il Diavolo esiste? O pensano, come il generale dei gesuiti Sosa Abascal, che non esiste affatto, e ritengono, come il vescovo Staglianò, che Gesù stesso avrebbe cantato volentieri una canzone nella quale si dichiara che l’Inferno non c’è? Perché se non ci si crede, allora possiamo anche fermarci qui; se ci si crede, si tratta di capire in quali forme esso si manifesti per causare il massimo danno alle anime, vale a dire la loro dannazione eterna. Ora, non c’è dubbio che il massimo danno alle anime il Diavolo lo può provocare agendo attraverso il clero, perché i fedeli, normalmente, si fidano dei loro parroci e dei loro vescovi, e ancor più si fidano del papa: e anche se possono capitare dei sacerdoti, dei vescovi e dei papi i quali non brillano per le loro virtù morali, sino alla data fatidica del 1958 — con la morte di Pio XII, la presunta elezione bloccata del cardinale Siri come Gregorio XVII e la successiva elezione di Giovanni XXIII – nessuno di loro si era sognato di voler cambiare la dottrina, stravolgere la liturgia, ridicolizzare la pastorale, e meno ancora di voler sostituire il dio Vaccino a Gesù Cristo. E non si dica che anche questa affermazione è esagerata: giunge ora notizia di stampa, che la diocesi di Milano, per dare la Comunione ai fedeli, esige che i preti abbiano assunto almeno una dose di vaccini(https://gloria.tv/language/LWuifGHdzSMu3RbWvem4B68Dj). E la diocesi di Milano, con 5 milioni di battezzati su 5 milioni e mezzo di abitanti, è una delle più grandi al mondo! Attendiamo conferma di tale incredibile decisione; se fosse vera, sarebbe di una gravità senza precedenti e mostrerebbe ancora una volta tutta l’ipocrisia di una sedicente chiesa in uscita che voleva gettare ponti ovunque e dialogare con chiunque, anche coi peggiori nemici della Chiesa stessa (il regime ateo e comunista cinese, i massoni, ecc.) ma poi si riduce a perseguitare i ministri che non si piegano al dio vaccino.

Dunque, dicevamo. Se il Diavolo c’è – e per un cattolico non è questione di opinioni, ma una verità di fede — è intuitivo che sa di poter fare il male più grande alla Sposa di Cristo servendosi del clero, per dare pubblicamente scandalo alle anime e per traviarle, portandole fuori dalla vera dottrina, inseguendo idoli e false credenze. Si pensi alla sequenza da film horror dei cannibali e delle belve feroci proiettati sulla facciata della basilica San Pietro, nel dicembre 2015; all’intronizzazione della barbara divinità Pachamama nella stessa basilica e in un’altra chiesa romana, alla presenza compiaciuta di Bergoglio; all’orrendo "presepe" allestito in piazza San Pietro, nel pieno del terrore creato dai mass-media, con la statua di un alieno e una scenografia chiaramente esoterica; e alla comparsa di un gigantesco e inquietante burattino, alto 3 metri e mezzo, raffigurante una bambina profuga dalla Siria, che è comparso, sempre in piazza san Pietro, nel settembre 2021, e al quale lo stesso Bergoglio ha voluto andare incontro, festeggiandolo e stringendogli la mano. Ambientalismo, lotta al cambiamento climatico, sincretismo, paganesimo, primitivismo, migrazionismo ipocrita pilotato dall’alto, per distruggere ciò che rimane dell’Europa cristiana. Il quadro è chiaro: ma che c’entra Gesù Cristo in tutto questo? Se a ciò si aggiunge quel sorriso beffardo, quel compiacimento nel dare scandalo, quella trista frenesia di non farsi scappare neanche la più piccola occasione per confondere le anime — come quando Bergoglio vede un chierichetto con le manine giunte, si volta e torna indietro per staccargliele, prendendolo in giro e facendogli segno che le deve tenere staccate — si ha la precisa percezione che vanità, ignoranza e presunzione sono solo le quinte da dietro le quali si sta muovendo un Nemico ben più pericoloso di qualsiasi nemico di quaggiù. Si osservi la tiritera meccanica di don Matthieu, i suoi occhi sgranati, il suo modo innaturale di comunicare; si osservi padre James Martin, il suo sguardo da pazzo, da ossesso, il suo gesticolare istrionico, le sue narici frementi, tutto il suo atteggiarsi a profeta della porta accanto, e intanto l’inquietudine degli occhi che lo divora e non gli consente di porsi in maniera umile e pacata, ma sempre sopra le righe, come un mattatore dello spettacolo. Vi è la pace di Cristo, in quell’anima? No: a noi pare ci sia l’inferno…

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Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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