L’Impero romano fu strumento della Provvidenza
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8 Agosto 2021Se ci domandiamo come, quando e per mezzo di chi è avanzata la scristianizzazione e la radicale laicizzazione del’Europa, oggi viene subito fatto di pensare al cinema, alla televisione, alla stampa, insomma ai persuasori più o meno occulti, che sono ormai tutti nelle mani dello stesso potere, massonico e finanziario, impregnato di mentalità usuraia e talmudica. Ma, e prima del cinema, prima della televisione, prima che la stampa quotidiana si diffondesse presso tutte le classi sociali? Quando ancora non regnava il potere invisibile e anonimo della tecnologia elettronica e le idee, bene o male, si diffondevano sulle gambe delle persone concrete, degli esseri umani in carne e ossa e non d’istituti o entità impalpabili e inafferrabili, e meno ancora sull’onda di leggi inique e liberticide, le quali con la scusa di difendere da supposte discriminazioni certe categorie di persone, in effetti stanno mettendo il bavaglio a tutti quanti e pretendono d’imporre un nuovo modo di pensare e di sentire, totalmente slegato dalla tradizione e perfino da ciò che suggeriscono l’osservazione empirica e il normale buon senso?
Partiamo da un dato di fatto: la cultura moderna, materialista e irreligiosa, che pone l’uomo al centro di tutto e relega Dio in soffitta, è rimasta confinata in un abito molto ristretto, quello di una parte del mondo intellettuale e una parte del mondo politico, per diversi secoli: quelli che vanno da Guglielmo di Ockham e Marsilio da Padova a Machiavelli e Grozio, e poi da Francis Bacon a Hobbes, indi a Cartesio, Spinoza, Leibniz e Newton. La svolta, cioè l’inizio della diffusione delle idee moderne, sempre più radicali e sempre più lontane dalla tradizione, si opera nel XVIII secolo, con l’illuminismo e il suo braccio armato, l’Encyclopédie. Lo diffondono Voltaire, Diderot, Rousseau, e poi gli opuscoli, i pamphlet, i libelli; indi, con la Rivoluzione francese, i decreti e le leggi della Convenzione e del governo rivoluzionario, passati poi in gran parte, con la mediazione napoleonica, nella legislazione del XIX e XX secolo. Il veicolo principale di diffusione dell’ideologia laicista, progressista, massonica e anticristiana diviene la nuova scuola elementare obbligatoria, curata o direttamente dallo Stato o dagli enti locali: a partire dai primi anni dell’800, il maestro elementare diviene una figura tremendamente importante nella vita dei paesi e dei quartieri, col preciso incarico d’indottrinare i bambini nel senso voluto dalle autorità civili, per sottrarre alla Chiesa cattolica la sua tradizionale influenza sulla formazione dei piccoli. In molte scuole rurali francesi egli svolge anche altre mansioni, di bibliotecario, di assessore comunale, oppure di spia per conto del governo: per avere il polso della situazione locale, è a lui che ricorrono i prefetti e lo incaricano di redigere dei rapporti circostanziati sull’orientamento politico, culturale e religioso degli abitanti. Sovente ha il compito di contrastare l’operato del parroco o è lui stesso che lo assume ben volentieri: formato sugli "ideali" dell’89", liberté, fraternité, egalité, guarda al sentimento religioso come a un residuo del buio Medioevo e si sente investito della sacra missione di diffondere i lumi della ragione e della civiltà fra le popolazioni contadine abbrutite da secoli di egemonia cattolica. Sotto la sua azione d’indottrinamento, che si ripercuote immediatamente sulle famiglie dei bambini, i paesi si spaccano: nascono le fazioni contrapposte, i cattolici e gli anticlericali; un solco d’insofferenza, perfino di odio, divide la Francia, e sul modello francese, anche gran parte delle nazioni europee.
La scuola elementare italiana è figlia della legge Casati del 1859, la quale peraltro si ispira al modello prussiano più che a quello francese, facendo anche tesoro dell’esperienza scolastica del Regno Lombardo-Veneto, sotto l’Austria: ma è l’Austria massonica e anticlericale dell’assolutismo illuminato, di Maria Teresa e Giuseppe II, non quella cattolica e conservatrice di Francesco Giuseppe. Ad ogni modo il modello prussiano è un modello protestante, e il fatto che sia stato preferito dalla classe dirigente del Paese cattolico per eccellenza la dice lunga sulle intenzioni e gli obiettivi di essa; e spiega, fra le altre cose, come sia possibile che, nelle due o trecento pagine del più famoso libro per l’infanzia, Cuore, di Edmondo De Amicis, ambientato nella Torino sabauda del 1881-82 – la Torino di san Giovanni Bosco! -, il protagonista, Enrico, riesca nella non facile impresa di descrivere minuziosamente lo scorrere di un intero anno scolastico senza mai nominare la religione, né imbattersi in una qualunque delle solennità cattoliche, o nella Messa domenicale, o nei Sacramenti, o in una qualsiasi altra forma di presenza della Chiesa cattolica. Il quadro generale in cui nasce la scuola elementare pubblica, comunque, sia in Francia che in Italia, è quello di una spoliazione (il)legale dei beni della Chiesa da parte dello Stato, e di una forte contrapposizione ideologica, che spinge lo Stato, secondo il modello liberale, a proclamare la libertà di culto all’interno delle libertà civili, col segreto intento di sradicare il sentimento religioso o quantomeno la presa spirituale che il clero esercita sulle masse (famosa è la critica di Michelet al Sacramento della confessione, mediante il quale il prete approfitta della debolezza femminile per carpire alle penitenti tutti i segreti delle famiglie e se ne avvale per gettare un’invisibile tela di ragno, sfruttando il senso di colpa, sull’intera comunità).
Scriveva in uno dei suoi romanzi, un tempo assai letti nell’area cattolica e oggi totalmente dimenticato, Pierre l’Ermite, pseudonimo di monsignor Edmond Loutil (1863-1959), originario delle Ardenne, divenuto canonico onorario di Parigi ere protonotario apostolico, redattore del giornale La Croix, autore di una sessantina di volumi fra romanzi e saggi scritti in collaborazione (da: P. L’Ermite, Una missione incompiuta; titolo originale: En perte de vitesse…, Paris, Éditions. de la Bonne Presse, 1948; traduzione dal francese di Clotilde Massa, Pescara, Edizioni Paoline, 1964, pp. 15-18):
Nel villaggio, dove più di metà delle famiglie era praticante, andava a messa alla domenica e faceva la pasqua sotto la guida di un vecchio parroco che non scherzava, regnava un maestro elementare anticlericale. Il curato, laureato in lettere, antico professore del Piccolo Seminario, è rude, rozzo, ma dritto come una spada. Il maestro è tutto il contrario: soave e cortese in apparenza, sempre all’incirca della vostra opinione, dietro le spalle è contro tutti i possidenti e soprattutto contro chi va in chiesa. Ogni giorno il curato constata la nefasta influenza di quell’uomo, la quale si esercita nell’ombra, e vede come egli distrugge nelle anime i principi religiosi insegnati al catechismo.
Alle volte, è una facezia volgare. Ai due lati dell’altar maggiore sono le statue di legno di san Pietro e di san Paolo. Secondo il maestro, san Pietro incrocia le braccia esclamando:
– Dio mio, com’è stupido il nostro parroco!
E san Paolo, alzando le sue al cielo, risponde:
– Che cosa vuoi che ci faccia, io?…
Talora è un certo suo modo di parlare di quegli alunni oziosi i quali, invece di lavorare per il titolo di studio, che in realtà è necessario, vanno a perdere il tempo al catechismo. E se il curato, indignato, piomba in classe, il maestro protesta dolcemente con ampi gesti untuosi, che non ha mai detto ciò, che non bisogna credere ai fanciulli, i quali raccontano quelle cos solo per una specie di bisogno istintivo e malizioso di mettere in contrasto fra loro quelli che li comandano… Ma nel villaggio tutti conoscono la potenza del maestro, che è custode degli archivi, bibliotecario, segretario municipale, con certi sindaci — spesso assenti od inetti – che gli lasciano la briglia lenta sul collo. Sono i maestri che fanno le inchieste per la prefettura, che stabiliscono i bilanci, che preparano i permessi, che con qualche sacrosanto bollo garantiscono la identità d’un cittadino. Quando questi maestri di scuola sono buoni, tolleranti, simpatici, come lo erano generalmente quelli delle località vicine, allora tutto va bene. L’accordo fra il curato e il maestro forma la fortuna d’un paese…
Ohimè! Non è così per l’insegnante sotto la cui ferula è cresciuto Baldovino May. Sentendo in casa soltanto parole rispettose per tutto ciò che concerne la religione e il culto degli antenati, il fanciullo soffre a scuola scherni di cui essi sono oggetto. Ed è per via della religione che egli è fuggito dai compagni, come uno spirito falso, come un camerata da evitarsi.
Baldivino May è stato educato in questa atmosfera d’oppressione. I genitori ne parlavano a tavola. Citavano i vantaggi ai quali avevano diritto e che venivano loro adagio adagio rifiutati, per essere concessi ad altri, i cui unici titoli erano le idee antireligiose. Contro questi dinieghi di giustizia protestava incessantemente il vecchio parroco, al quale Baldovino serviva messa. La chiesa e il presbiterio, proprietà comunali, andavano in rovina. Il pavimento marcito lasciava passare i topi. Almeno dieci volte il sacerdote aveva chiesto al consiglio comunale di fare almeno un gesto, di votare una sovvenzione – per minima che fosse — e di fissare così un punto di partenza per fare appello ai parrocchiani… Talora non riceveva risposta. Talora gli citavano l’idiota frase:
– Chi vuole la messa, se la paghi!
Il maniscalco, assessore, aveva inoltre soggiunto con un tomo da Giove Tonante che «nella sua officina egli camminava sulla terra battuta: e che, con un po’ di fieno negli zoccoli, ci si trovava benone. Facesse altrettanto anche il parroco!».
Quelle ingiustizie eternamente ripetute avevamo fatto del paese un inferno, collocando una parte della popolazione contro l’altra. Eppure, il villaggio era grazioso, il fiume abbondava di pesci, la terra era feconda: una bella terra da grano e da barbabietole!… Tutti avrebbero potuto vivere felici laggiù, se si fossero amati come in passato, all’ombra dell’umile campanile! Ma invece dell’antico amore, vi era l’odio.
All’ingresso del villaggio sorgeva un vecchio Calvario di ferro battuto, che le ragazze piamente infioravano. Un mattino, lo si trovò abbattuto nell’erba del fosso. Quel giorno, Baldovino vide piangere il suo curato. E nel suo animo infantile pensò: – In seguito, renderò loro la pariglia. E vendicherò Dio!
Siccome il comune, cui apparteneva il Calvario, non fece nessuna lagnanza, il sacrilegio rimase senza inchiesta né sanzione
Baldovino era dunque cresciuto nell’orrore dell’empietà. Per lui, essa incarnava tutto il male, non solo del villaggio natio, ma dell’intera Francia, Più tardi, dopo brillanti studi, grazie al suo lavoro e ai sacrifici dei genitori, la sua convinzione si accrebbe. Anno per anno, l’ossessione diventava sempre più imperativa per via di questa constatazione gradatamente scientifica: : la grande famiglia francese aveva smarrito la strada dal giorno in cui aveva smarrito Iddio. E gli Enciclopedisti avevano preparato quell’ateismo ufficiale, gli avevamo aperto il varco, l’avevano messo in atto. E negli ultimi centocinquant’anni, sopporto per sopporto, avevamo avevano scalzato tutto ciò che sorregge una società: l’autorità religiosa, la famiglia, la giustizia sociale, persino la libertà, di cui avevano continuamente in bocca il nome.
Chi si domanda stupito come sia stato possibile che, oggi, lo Stato, in quasi tutti i Pesi d’Europa, sia riuscito con tanta facilità a mettere una categoria di cittadini contro l’altra, i vaccinati contro i non vaccinati scatenando incomprensioni e rancori nelle comunità, nelle famiglie, tra le generazioni, dovrebbe rileggersi e meditare a fondo questa pagina di prosa, che descrive la vita di un paese francese nella prima metà del XX secolo, dunque quasi cent’anni fa. È il maestro — non sempre, ma spesso — a mettere i bambini contro le convinzioni dei loro genitori; a gettare discredito sulla concezione cattolica della vita e sulle pratiche religiose; a deridere e perseguitare con malizia sottile gli alunni che non si piegano alla sua azione "didattica": e sempre nella ferma convinzione di essere l’avanguardia della civiltà, il portatore della luce nelle tenebre dell’ignoranza. E quanti oggi si domandano, ancor più stupefatti, come sia possibile che la Chiesa, che per tanto tempo ha tenuto testo all’ideologia laicista e statalista, oggi si sia fatta ancella servile di essa, con tanto di papa che esorta i fedeli a vaccinarsi, e di parroci che chiudono le porta delle chiese in faccia ai parrocchiani che non si piegano alle minacce e ai ricatti del regime sanitario che da quasi due anni ha congelato le libertà costituzionali, dovrebbero riflettere che la Chiesa, dopo il Concilio Vaticano II, ha gradualmente assimilato la mentalità moderna, laicismo e statalismo compresi, e con la scusa del dialogo si è totalmente adeguata al mondo, forse illudendosi di conservare le briciole della propria funzione spirituale, per gentile concessione del potere: senza rendersi conto che con ciò firmava la sua condanna a morte. A che serve infatti una chiesa, a che serve un papa, che si fanno propagandisti della società aperta di George Soros e delle vaccinazioni di massa volute da Draghi e da Macron nell’esclusivo interesse di Bill Gates?
Il passaggio dal modello scolastico e ideologico descritto da Pierre l’Ermite e quello dei nostri giorni è stato in certo qual senso naturale, una volta che la Chiesa ha deciso di calare le braghe e dire di sì al mondo moderno, nella pietosa speranza di sopravvivere, sia pure relegato in un ghetto. In Italia, la svolta inizia dopo la Seconda guerra mondiale, quando la Chiesa deve farsi perdonare i Patti Lateranensi e la Democrazia Cristiana, in cambio del potere, cede l’istruzione alle sinistre: pessimo affare, perché i professori comunisti della scuola media e del liceo, nel giro di due generazioni, fanno piazza pulita di ogni residuo della cultura tradizionale — non diciamo della cultura cattolica, già votata alla morte per suicidio. Poi, mano a mano che la sinistra ha smesso di occuparsi della giustizia sociale e si è concentrata sui temi del radicalismo, cioè i diritti della persona, veri e presunti, o inventati di sana pianta, cioè mano a mano che la sinistra da marxista è diventata ultraliberale e liberista, gli insegnanti sono diventati i principali agenti del mondialismo, in tutte le sue manifestazioni, dal migrazionismo di massa all’ambientalismo estremo. Hanno fatto di Carola Rackete e di Greta Thunberg i loro idoli, e predisposto milioni di bambini e di ragazzi ad accettare come buona e giusta qualsiasi scemenza venga da quella sponda ideologica, e come ingiusto e cattivo tutto ciò che proviene da un’altra parte. Preti e insegnanti di religione "cattolica", in questo quadro, non hanno saputo far di meglio che mimetizzarsi e gridare più forte dei gretini e dei partecipanti a quei nobili eventi culturali, sponsorizzati dalle università, che sono i Gay Pride, imbandierando le chiese con striscioni arcobaleno e stigmatizzando gl’ignobili no vax come cattivi cristiani e nemici pubblici. In breve, i parroci di Bergoglio non solo si sono affiancati, ma in molti casi sono passati all’avanguardia, di quel ceto insegnante che da decenni, e contro il sentire della maggioranza della popolazione, vuole imporre le meraviglie del Mondo Nuovo, manipolando i giovani, in spregio a ciò che sentono e pensano i loro genitori, e aizzandoli a odiare e disprezzare tutto ciò che sa di tradizione.
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