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Il Great Reset non è di oggi: inizia nel 1945

Molti pensano che il Great Reset sia una cosa recente e che solo negli ultimi anni i Padroni Universali abbiano deciso di procedere alla fase finale del loro piano, che consiste nella conquista, oltre che degli obiettivi materiali – l’economia, il lavoro, le pensioni, il risparmio, il denaro liquido dei privati, oltre alla scuola, alla sanità, ai governi e ai mass-media — di quelli spirituali: l’interiorità delle coscienze, l’intelligenza, il senso comune, la morale, la religione, la fede nel vero Dio. Sostituita, quest’ultima, dalla fede nel vaccino: al punto da profanare le chiese e trasformarle in centri di somministrazione della nuova divinità benefica e salvifica, al posto del vecchio Dio che ha fallito, perché non ha saputo proteggere la vita degli uomini messa in pericolo mortale dalla (falsa) pandemia di Covid-19.

In che cosa consiste, dopotutto, il Great Reset? Si dice: in una gigantesca ristrutturazione sociale, economica e tecnologica; auspicata da alcuni, temuta da molti. Ma che cosa lo rende possibile? Il fatto d’indurre milioni, anzi miliardi di persone, a sentire, sperare, temere, desiderare, quel che vogliono i Padroni Universali. Tipico esempio: le vaccinazioni di massa. Sarebbe stato impossibile obbligare la gente ad assumere un farmaco altamente pericoloso e di efficacia più che dubbia, in presenza di un pericolo pressoché inesistente per la stragrande maggioranza della popolazione; sarebbe stato impossibile adoperando la forza. Ma chi controlla i mass-media, controlla anche le intelligenze e le coscienze, e prima ancora le emozioni, specialmente la paura. Terrorizzando la gente, la si può indurre a desiderare e a fare le cose più illogiche, discutibili e auto-lesionistiche. Dei vari poteri che abbiamo elencato, quello dei mass-media è veramente l’arma decisiva: chi li controlla, controlla tutto il resto. E chi controlla i mass-media, oggi? Esattamente gli stessi che li controllavano alla metà del secolo scorso; gli stessi che, nel 1945, imposero una volta per sempre la versione di com’erano andate le cose. Che è, in apparenza, la versione delle nazioni vittoriose: Stati Uniti, Gran Bretagna e Unione Sovietica (la Francia fu ammessa nel club dei vincitori per pura concessione dei primi due). Ma i veri vincitori non furono gli Stati, bensì i signori della grande finanza internazionale: sempre loro, gli eterni Padroni Universali, che hanno puntato, come al solito, su entrambe le parti in lotta, e così hanno vinto per l’ennesima volta. Avrebbero vinto comunque. Ad ogni modo, per come sono andate le cose, hanno lasciato credere che a vincere fossero stati gli alleati, mentre loro si tenevano nell’ombra, com’è loro costume. Ma gli Stati, da più di un secolo, erano comunque ridotti al rango di strumenti politico-militari nelle loro mani rapaci. Così, alla metà del XIX secolo, la Gran Bretagna per due volte aveva fatto la guerra contro l’Impero cinese per imporre il commercio dell’oppio: sempre nell’interesse dei banchieri londinesi, i Sassoon, gli stessi di oggi. Hanno chiesto una sola, piccolissima cosa sul piano territoriale: la nascita di un nuovo Stato: Israele, quale atto di riparazione da parte dell’umanità colpevole di aver assistito indifferente, o peggio, al dramma degli ebrei. Questo è stato un fatto nuovo: fino ad allora, la loro strategia era sempre stata quella di conquistare mercati e imporre la rete del debito sui popoli, non di acquisire territori. Ma dal 1948 essi hanno una duplice base: lo Stato d’Israele e il potere invisibile di sempre, quello delle grandi banche.

Ora, il segreto delle guerre moderne è la propaganda: controllare i mass-media vuol dire avere in mano l’arma più forte, perché l’opinione pubblica determina il giudizio morale, e il giudizio morale stabilisce la verità storica. Perciò la propaganda alleata riuscì a convincere il mondo che il Tripartito (Germania, Italia e Giappone) aveva attentato alla libertà del mondo e addirittura alla civiltà del mondo, e che pertanto la durezza del trattamento riservatogli era stata proporzionata all’entità del crimine. Tutto era consentito contro un simile nemico, che, giusta la lezione di Carl Schmitt, doveva essere debitamente demonizzato, per poterlo distruggere senza sensi di colpa: anche spianando le città tedesche (e italiane) con le bombe al fosforo e anche bruciando vive le persone, a centinaia di migliaia, e infine sganciando su due città giapponesi le prime bombe atomiche, però solo dopo aver fatto una vera ecatombe a Tokyo, sempre con la tecnica di brucare vive il maggior numero di persone. Chi aveva attentato alla civiltà non meritava alcun senso di pietà o di umanità: erano dei mostri e come tali andavano sterminati, col ferro e col fuoco. Questa versione è poi rimasta e si è consolidata, grazie a decine e decine di film di Hollywood, romanzi di guerra, fumetti di guerra e perfino giochi elettronici; da allora, le figure del tedesco cattivo e del giapponese sanguinario sono entrate nell’immaginario collettivo e non ne sono mai più uscite. Non importa se gli alleati avevano commesso crimini altrettanto odiosi, e in certi casi ancor più odiosi, perfino contro le proprie stesse popolazioni, come nel caso di Stalin: la propaganda del vincitore è sempre la più efficace, perché è essa che scrive la parola fine al termine di un conflitto. In questo senso, la Seconda guerra mondiale (e, in misura ancora artigianale, anche la prima) è stato un utilissimo laboratorio, nel quale i mass-media hanno plasmato l’opinione pubblica, portandola al "giusto" grado d’indignazione contro i mostri del Tripartito. La gente è arrivata a odiare il nemico e a trattarlo, dopo la vittoria, come un essere non del tutto umano, col quale ogni indulgenza sarebbe stata un lusso sprecato. E la stessa tecnica vediamo ora applicata alla falsa pandemia e alla falsa vaccinazione: la paura della gente è stata portata al calor bianco, poi è stato detto a quest’ultima che solo vaccinandosi si sarebbe salvata; naturalmente, chi non si vaccina è un nemico del bene comune e a lui si deve il pericolo che il virus, sconfitto in parte, possa risorgere in numerose varianti (anche se è vero l’esatto contrario, perché è il vaccino che fa sorgere le varianti del virus e non viceversa).

Scriveva a questo proposito Maurice Bardèche, uno scrittore francese dichiaratamente fascista, del quale ci siamo già occupati (cfr. Sparta e i Sudisti nel pensiero di M. Bardèche, pubblicato sul sito di Arianna Editrice il 14/12/10 e su quello dell’Accademia Nuova Italia il 18/12/17), in un’opera significativamente intitolata Norimberga o la Terra Promessa (in italiano col titolo I servi della democrazia; titolo originale: Nuremberg ou la Terre Promise, Les Sept Couleurs, 1947; traduzione di Gianna Tornabuoni, Milano, Longanesi & C., 1949, pp. 11-12 e 14-16):

Abbiamo visto questi uomini [i tedeschi] installati nelle nostre case e nelle nostre città: essi sono stati i nostri nemici e, cosa molto più crudele, i nostri padroni. Questo fatto non togliere loro il diritto che tutti gli uomini hanno alla verità e alla giustizia; il loro diritto all’onestà degli altri uomini. Hanno combattuto coraggiosamente, hanno subito il destino della guerra che avevano accettata: oggi, distrutte le loro città abitano tra le rovine, non posseggono più nulla, vivono come mendicanti di ciò che il vincitore largisce loro, i bambini muoiono e le figlie sono preda dello straniero: la loro miseria va oltre l’immaginazione umana. Rifiuteremo loro il pane e il sale? E se questi mendicanti di cui stiamo facendo dei proscritti fossero in definitiva uomini come noi? Se le nostre mani non fossero più pure delle loro e le nostre coscienze non fossero più limpide delle loro coscienze? Se ci fossimo sbagliati? Se ci avessero mentito?

Tuttavia su questa sentenza senza possibilità di appello, i vincitori ci chiedono di fondare il dialogo con la Germania, o piuttosto di rifiutarlo. Si sono impadroniti della spada di Geova e hanno scacciato il tedesco dalle terre umane. La rovina della Germania non bastava ai vincitori. I tedeschi non sono soltanto dei vinti, sono dei vinti speciali. In loro è stato vinto il Male: bisognava persuaderli che sono dei barbari, "i barbari". Tutto ciò che stava accadendo, l’ultimo gradi della miseria una desolazione da diluvio universale, la patria sprofondata come Gomorra ed essi soli erranti, attoniti, in mezzo alle rovine come all’indomani della fine del mondo, bisognava insegnar loro che era "fatto bene", come dicono i bambini. Era una giusta punizione del cielo. I tedeschi dovevano sedere sulle loro rovine e battersi il petto perché "erano dei mostri". Ed è giusto che le città dei mostri siano distrutte e così le loro donne e i figlioletti. E la radio di tutti i popoli del mondo, e la stampa di tutti i popoli del mondo, e milioni di voci da tutte le parti del mondo, senza eccezione, senza note false, si misero a spiegare all’uomo assiso sulle rovine perché era un mostro. (…)

L’opinione pubblica e i mandanti delle potenze vincitrici affermano di essersi eretti a giudici quali rappresentanti della civiltà! È la spiegazione ufficiale, ed anche il sofisma ufficiale, giacché si prende per principio e base sicura proprio ciò intorno a cui verte la discussione. Soltanto alla fine del processo aperto tra la Germania e gli alleati si potrà dire da quale parte la civiltà fosse. Non certo al principio, e soprattutto non è una delle parti in causa che potrà dirlo. Gli Stati Uniti, l’Inghilterra e l’URSS hanno spostato i loro giuristi più sapienti per sostenere un ragionamento da bambini: «Da quattro anni la nostra radio ripete che siete dei barbari, siete stati vinti, dunque siete dei barbari». Giacché è evidente che il signor Shawcross, il signor Jackson e il signor Rudenko non fanno altro, quando dal pulpito di Norimberga si appellano all’indignazione unanime del popolo civile, indignazione provocata, sostenuta, condotta dalla loro propaganda e che può essere diretta come una nube di cavallette su qualsiasi forma di vita politica a loro non accetta. Ora, cerchiamo di vederci chiaro, di non prendere abbagli. Quell’indignazione prefabbricata è stata per lungo tempo ed è ancora il principale fondamento dell’accusa contro il regime tedesco. L’indignazione del mondo civile impone il processo, ne guida la condotta. E, infine, tutto: i giudici di Norimberga sono soltanto i segretari, gli scribi di quella unanimità. Ci mettono per forza occhiali rossi e ci invitano subito dopo a dichiarare che le cose sono rosse. Ecco un programma d’avvenire i cui meriti filosofici non siamo riusciti fino ad ora a catalogare.

La verità è tutt’altra. Il fondamento vero del processo di Norimberga, quello che nessuno ha mai osato designare, temo sia la paura: è lo spettacolo delle rovine, il panico del vincitore. «Bisogna che gli altri abbiano torto». È necessario, perché se per caso essi non fossero stati dei mostro, quale peso immane avrebbero le città distrutte e le bombe al fosforo! L’orrore, la disperazione dei vincitori è il vero motivo del processo. Si sono velati il viso davanti alla necessità di certe cos e, per farsi coraggio, hanno trasformato i loro massacri in crociate. Hanno inventato "a posteriori" il diritto di al massacro in nome dell’umanità. Da assassini si sono promossi gendarmi. Si sa del resto che, da una certa cifra di morti in su, ogni guerra divine obbligatoriamente una guerra del diritto. La vittoria è completa soltanto quando, dopo aver forzato la cittadella, si conquistano le coscienze.

Ora si trasferisca quel che scrive Bardèche sul trattamento riservato ai tedeschi nel contesto odierno della falsa pandemia e del terrore creato dai mass-media. Nonostante l’evidenza delle nude cifre dei decessi smentisca completamente la loro narrazione, secondo la quale un pericolo mortale incombeva ed incombe tuttora sull’intera popolazione mondiale, un pericolo tale che rende necessario capovolgere tutte le norme mediche e sanitarie, tralasciare le cure e concentrarsi sui vaccini, anzi su dei farmaci che sono in realtà dei sieri genici dalle conseguenze imprevedibili, perché non sono stati sperimentati adeguatamente, ora l’intera popolazione mondiale è stata spinta al parossismo dell’isteria e quindi a vaccinarsi senza riflettere, fungendo da cavia. Anche qui abbiamo a che fare con un mostro: il virus. L’11 settembre del 2001 il mostro erano i terroristi islamici; nel 2003 il mostro era Saddam Hussein con le sue terribili armi di distruzione di massa; e così via. C’è sempre un mostro da sbattere in prima pagina per suscitare la paura, la rabbia, il desiderio di vendetta della gente: tutti sentimenti che servono perfettamente allo scopo di spegnere ogni senso critico e agevolare la sottomissione volontaria delle popolazioni ai voleri dei Padroni Universali. I quali si servono, volta a volta, dell’immagine del tedesco cattivo, del terrorista cattivo, del dittatore cattivo, del virus cattivo, per istupidire l’opinione pubblica — questa esecrabile creazione della stampa e, poi, della televisione — e ottenere un ipocrita mandato morale per la nobile crociata contro i mostri da debellare.

A proposito: lungi da noi voler riabilitare il nazismo; ma è un fatto che il Tripartito, nella Seconda guerra mondiale, si è battuto contro i veri mostri, quelli della grande finanza; anche se fatalmente è accaduto ad essi quel che dice Nietzsche di chi fissa troppo a lungo l’abisso, che l’abisso finisce per guardare in lui. Ad ogni modo, nel 1945 i leoni, per usare l’espressione d’un altro scrittore francese, Saint-Paulien, sono morti. Sono rimaste le pecore. E una volta uccisi i leoni, per i Padroni Universali è divenuto un gioco da ragazzi condurre le pecore al macello, quiete, senza che neppure se ne rendano conto. Controllano tutto, anche la Chiesa, col sedicente papa che predica il dovere morale di vaccinarsi. Si stanno però scoprendo un po’ troppo: e questo potrebbe essere il loro fatale errore.

Fonte dell'immagine in evidenza: Wikipedia - Pubblico dominio

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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