Gesù, il Messia sconfitto?
21 Aprile 2021Perché ci si rifiuta di usare la logica e il buon senso?
22 Aprile 2021Siamo certi che nei seminari e nelle facoltà teologiche non viene più insegnata ai futuri sacerdoti, e i risultati si vedono, eccome. Stiamo parlando dell’apologetica, la disciplina che consiste nella difesa razionale della dottrina cattolica e nella confutazione degli errori che le si oppongono dall’esterno, ma anche dall’interno (eresie). Forse dipende anche dal fatto che attualmente si è perso il significato originario della parola: l’apologia, infatti, non è tanto l’esaltazione di qualcosa, come comunemente si crede,quanto piuttosto la sua difesa contro gli ingiusti attacchi. In questo senso, la religione cattolica ha e, ha avuto e avrà sempre bisogno di apologeti, perché da quando esiste essa è oggetto di continui attacchi da parte di coloro i quali vorrebbero distruggerla, o calunniarla, o metterla fuori legge, o snaturarla. Forse l’ultimo grande apologista della fede cattolica è stato Vittorio Messori; dopo di lui, non ci sembra che ne siano venuti altri. Tutt’al più ci si limita alla difesa di singoli punti della dottrina, ma si è perso l’orizzonte complessivo; non si sente più il bisogno di difendere l’insieme dei dogmi che formano la base, dimenticando però che senza dogmi una dottrina semplicemente non esiste, si limita ad essere qualcosa di vago, di soggettivo, di sentimentale, che è impossibile difendere efficacemente perché non possiede più una struttura definita, uno scheletro, una spina dorsale, ma solo un ammasso gelatinoso dai contorni indefiniti, nel quale può entrare tutto e anche il suo contrario.
A quel punto, però, non ci sarebbe più bisogno di alcuna apologetica perché, verosimilmente, non ci sarebbe poi un nemico dal quale difendersi: chi avrebbe ancora interesse ad attaccare una dottrina che si è sciolta, si è dissolta, é evaporata? Che senso avrebbe che le forze del mondo se la prendessero con una Chiesa che non è più tale, che ha smesso di occuparsi della sua ragion d’essere, la salvezza delle anime, e con un papa che ha smesso di fare da katechon e si è anzi perfettamente accodato ai poteri forti di questo mondo? Ma naturalmente stiamo parlando in via del tutto ipotetica: una simile deriva non può certo avvenire, e di sicuro non vedremo mai un papa insegnare apertamente e beffardamente l’errore, allearsi con le forze del male e propagandare azioni intrinsecamente cattive. Non vedremo mai un importante cardinale rivolgesi ai nemici più antichi e implacabili della Chiesa, i massoni, chiamandoli festosamente, dalle colonne di un giornale notoriamente filo-massonico, cari fratelli massoni: non è vero? E non vedremo mai un arcivescovo affermare senza batter ciglio che Dio non distrusse, ma risparmiò Sodoma e Gomorra; e un altro ancora fare l’elogio dei più sfegatati abortisti; e un papa offrire un’alta decorazione a una politica abortista universalmente nota a livello mondiale: giusto? Mai ci accadrà di vedere una nota aderente alla Chiesa di Satana invitata partecipare ad un importante congresso sulla salute promosso dal Vaticano, insieme a personaggi di varia estrazione, tutti caratterizzati da un orizzonte culturale morale rigorosamente non cattolico o anticattolico, e nessuno dei quali è cattolico: non è vero? Questo non è avvenuto e certamente non potrà mai avvenire, non è così? Sono cose impossibili, impensabili, e tutt’al più le possiamo leggere in qualche romanzo distopico, di scrittori forse un po’ troppo pessimisti, come Il padrone del mondo di Robert Hugh Benson, le Lettere di Berlicche di Clive Staples Lewis, o come La casa spazzata dal vento. Un romanzo vaticano, del padre (ex) gesuita Malachi Martin.
Bisogna anche dire che l’apologetica cattolica, che non è mai stata molto forte in Italia, forse perché il cattolicesimo italiano si è sempre cullato in un senso d’illusoria sicurezza, ha conosciuto invece dei momenti di grande rigoglio in altri Pesi dove i cattolici sono una minoranza che è stata a lungo perseguitata, ad esempio l’Inghilterra, dove tra XIX e XX secolo si sono succeduti grandi apologisti come il cardinale John Henry Newman e gli scrittori Gilbert Keith Chesterton e Joseph-Pierre Hilaire Belloc. Bisogna peraltro ricordare che accanto all’apologetica vera e propria, insegnata come disciplina e curata con rigore dagli specialisti, è sempre esistita — sempre, fino agli anni del Concilio Vaticano II, per poi sparire bruscamente – una sorta di apologetica popolare ed informale, in particolare sotto forma di letteratura per l’infanzia (ma anche di film destinati ad un pubblico minorile) volta a far conoscere ai bambini e ai ragazzi più giovani le vite dei santi, o particolari momenti e situazioni nella storia della Chiesa, e contemporaneamente esporre e difendere alcuni dogmi della fede cattolica, affiancandosi così all’opera del catechista (quando il catechismo era ancora una cosa seria e veniva insegnato con molta serietà e soprattutto con competenza, da persone realmente qualificate e non da catechisti improvvisati che diffondono, magari, errori veri e propri, cosa divenuta oggi pressoché la regola). In occasione della Prima Comunione o della Cresima, ad esempio, nonni, zii o genitori solevano regalare al bambino o alla bambina un libro che era al tempo stesso una lettura amena, o avventurosa, o esotica (nel caso delle vite dei missionari in terre lontane), ma anche istruttiva, specie in fatto di storia e geografia, e che svolgeva la funzione dell’apologetica, perché ribadiva le verità della fede cattolica e mostrava la loro intrinseca superiorità, sia razionale, sia morale, rispetto agli errori e alle crudeltà e immoralità presenti nelle false religioni antiche e moderne.
Ora di questi libri non se ne vedono più e comunque difficilmente li si regalerebbe ad un bambino che deve partecipare alla Prima Comunione, o ad un ragazzino che va incontro alla Cresima, perché il consumismo è penetrato nel cuore stesso della mentalità cattolica, disciogliendola; e all’idea di regalare un noioso libro, o magari un Vangelo o una Bibbia in edizione adattata ai più giovani, si preferisce quella di regalare telefonini, tablet, orologi di marca o un bel monopattino elettrico (magari insieme a uno stock di mascherine anti-Covid del tipo più efficace per la protezione delle vie respiratorie, magari da indossare a due o tre, una sopra l’altra). Perché il problema non è che mancano i libri, ma che mancano quei catechisti, quei sacerdoti, quelle famiglie, e specialmente quelle mamme, che tanta parte hanno avuto nella formazione religiosa dei loro figli fio ad una cinquantina d’anni fa, e che hanno anche incoraggiato le vocazioni al sacerdozio di questi ultimi; mentre molte mamme di oggi, tutte palestra, salone di estetista e sale da ballo, se per caso il figlio o la figlia manifestassero il desiderio di seguire la strada della chiamata divina, per prima cosa penserebbero a mettersi in contatto con lo psicologo o con lo psicanalista, onde farli rinsavire il più velocemente possibile.
Ad ogni modo, immaginiamo che una mamma di oggi entro in una libreria (nominalmente) cattolica per cercare un libro adatto a suo figlio di otto o dieci anni: un libro che nello stesso tempo lo appassioni alla lettura, dilettandolo e arricchendo la sua immaginazione, e lo edifichi moralmente e lo istruisca nella conoscenza della dottrina cattolica. Che cosa troverebbe sugli scaffali? Forse gli orribili libri di Enzo Bianchi, nei quali su presenta Gesù come un profeta che narrava Dio agli uomini, o forse — perché al peggio non c’è mai fine — qualche libretto, edito da case religiose un tempo benemerite per la formazione cristiana dei fanciulli, nel quale è disegnato un bellissimo arcobaleno sotto il quale coppie eterosessuali e omosessuali, tutte ugualmente gioiose e simpatiche, si raccolgono ad ascoltare un Gesù gay-friendly, anzi Lui stesso identificabile secondo quel prototipo (che Dio ci perdoni, arrossiamo anche solo a riferirlo), e cioè con la stessa barba, lo stesso tipo di capelli fluenti, gli stessi occhi pesantemente truccati e dalle lunghe ciglia finte, insomma lo stesso viso della drag queen Conchita Wurst: quella, per intenderci (o quello, fate voi, ma attenti a quel che ne potrebbe dire il giudice) che il cardiale arcivescovo di Vienna, Christoph Schönborn suole invitare nella cattedrale di Santo Stefano (!) per tenervi dei coloratissimi spettacoli di musica e danza all’insegna della più totale sregolatezza sessuale. Una vera mamma cattolica a questo punto crediamo che scapperebbe a gambe levate da quel luogo, riconoscendo in esso non, com’era ai tempi di sua mamma, o di sua nonna, un luogo spiritualmente e culturalmente protetto, una specie di giardino fiorito dove si trovano solo cose buone e istruttive e non si rischia di certo, stendendo la mano, di venire morsi a tradimento da qualche serpe velenosa, ma un luogo di perdizione, una vera e propria anticamera dell’Inferno!
E tuttavia, poniamo che quella mamma sia particolarmente fortunata; poniamo che non s’imbatta, o non veda, i libri "per bambini" di Enzo Bianchi e quelli sulla cui copertina campeggia l’atroce immagine di Gesù Cristo/Conchita Wurst; poniamo che il caso guidi i suoi passi verso uno scaffale dove, chi sa come e per quale miracolosa circostanza, ci sono ancora dei veri libri apologetici per bambini, magari dimenticati da anni e coperti di polvere, perché non più ristampati e comunque non presi in mano né sfogliati mai da chissà quanti anni (figuriamoci!; ma ci sia concessa una fantasia poetica), come I martiri dei primi secoli di Cesare Gallina, Il grido degli Hau! Hau! di Celestino Testore, Il vincitore dei Parti del canonico Christoph von Schmid, L’amoroso scrigno (san Tarcisio) di Tristano, Per deserti e per foreste di Henryk Sienkiewicz, o magari i classici veri e propri, come Quo Vadis? dello stesso Sienkiewicz, o Gli ultimi giorni di Pompei di Bulwer-Lytton, o infine Fabiola o la Chiesa delle catacombe, del reverendo Nicholas Wiseman, allora arcivescovo di Westminster.
Ora immaginiamo che questa mamma prenda in mano uno di questi libri, ad esempio Fabiola, per rendesi conto se è scritto in modo tale da poter essere compreso e apprezzato da suo figlio, e se trasmette fedelmente le stesse verità che la fede cattolica tramanda da sempre; ed eco che il suo sguardo si posa su questo passo all’inizio del capitolo settimo (da: N. Wiseman, Fabiola, a cura di Dante Virgili, Malipiero Editore, 1971, p. 99):
Poiché i fedeli si consideravamo soldati di Cristo, dovevano avere l’arma, l’alimento che dava forza e coraggio: e ricevendo il pane della vita, anche le anime timide si rincuoravano e diventavamo ardite. Tutta la notte precedente l’emanazione dell’editto di persecuzione i sacerdoti l’avevamo passata a confessare e confortare i fedeli, per prepararli alla comunione pubblica che per molti doveva essere l’ultima.
Quando, prima del sacro rito, i sacerdoti dissero ai cristiani di scambiarsi il bacio di pace, si udirono pianti e lamenti; e per molti dei fedeli si trattava in verità degli ultimi saluti ai parenti e agli amici. I fanciulli si aggrappavano al collo dei genitori, le madri stringevano al petto le proprie creature. Poi venne il momento della comunione solenne.
Dopo aver ricevuto l’Eucarestia, ognuno stendeva un panno di lino bianco davanti al sacerdote che vi deponeva un pezzo del pane della vita che doveva bastare sino alla futura pubblica comunione. L’Eucarestia veniva gelosamente conservata da tutti e molti la tenevano chiusa in una scatola d’oro.
Qui, in poche frasi, con l’arte del romanziere, Newman trasmette ai suoi giovani lettori il senso della sacralità e della infinita preziosità del Sacrificio Eucaristico: ecco, anche questa una forma di apologetica, tanto più preziosa in quanto le impressioni che si formano nella ente del bambino sono anche le più tenaci e le più durature ed è probabile che lo accompagneranno per tutta la vita, anche se, giunto alla maturità, come è giusto, non si farà più guidare solo dalle emozioni ma svilupperà il proprio potenziale critico e razionale. Come dite: che questa pagina, questo stile, questa idea di letteratura, perfino questa illustrazione di copertina, riflettono un atteggiamento troppo ingenuo per un bambino o un ragazzino dei nostri giorni, abituato a ben altre modalità di comunicazione? Ebbene, v’ingannate. Sia benedetta questa ingenuità: c’è bisogno di una iniezione d’ingenuità in questo modo aridamente tecnologizzato: ingenuità vuol dire candore e stupore, e la capacità di stupirsi, in un’anima pulita, è la premessa per saper volgere i passi della propria vita in direzione dell’Assoluto, non dell’effimero: perché all’Assoluto e all’Infinito noi siamo destinati, così come da esso abbiamo tratto origine. E Gesù Cristo ha detto (Mt 18,3-5):
3 «In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. 4 Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli. 5 E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me.»
C’è bisogno di apologetica, oggi. Apologetica vuol dire difesa della propria fede; e ciò implica che la si debba conoscere. Bisogna quindi tornare a studiare l’autentica dottrina, così come la Chiesa l’ha insegnata per quasi duemila anni, sino al funesto Concilio Vaticano II. Conoscere e difendere la vera fede, ed esser pronti a testimoniarla: ciò è consapevolezza, rispetto di sé, amore e timor di Dio.
Fonte dell'immagine in evidenza: Immagine di pubblico dominio (Raffaello)