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Karl Rahner perfido teorico dell’eresia occulta

Che cosa si deve pensare di un uomo che sappia di andare contro ciò che professa ufficialmente il gruppo al quale volontariamente ha aderito, ma lo tenga nascosto per ragioni strategiche, ossia per sfruttare il momento buono in cui potrà imporre le sue idee; e che, ritenendosi molto intelligente, ama sfidare gli altri a scoprire ciò che pensa realmente, fin (quasi) a confessarlo, servendosi di artifici letterari che gli forniscono un’esilissima foglia di fico? È il caso di un teologo cattolico il quale da tempo ha ripudiato, entro di sé, il cuore stesso della Rivelazione cristiana, ossia che l’Incarnazione, la Morte e la Resurrezione del Verbo sono realtà oggettiva e razionale e non, come lui pensa, una realtà soggettiva e puramente emozionale, una proiezione del "bisogno di Dio" del singolo individuo, che la esprime secondo il suo intimo sentire e le circostanze storiche. In un testo incredibilmente audace, perfido e sfrontato, una dozzina d’anni anni prima del Concilio Vaticano II, Karl Rahner delinea la tecnica con cui la massoneria ecclesiastica si sta impadronendo del vertice della Chiesa per mutarne il magistero; e lo fa con una dose sconcertante d’ipocrisia, simulando di voler mettere in guardia la Chiesa contro il gravissimo pericolo rappresentato da una sovversione della dottrina operata dal suo interno, cioè da dal clero stesso. Citiamo dal suo libro Pericoli nel cattolicesimo d’oggi; titolo originale: Gefahren im Heutigen Katholizismus, Einsiedeln, Johannes Verlag, 1950; traduzione dal tedesco di E. Balducci, Alba, Edizioni Paoline, 1951, pp. 98-101):

Vi è ora effettivamente nella Chiesa quell’eresia crittogama, intesa in questo più vasto senso, che prima abbiamo postulata a priori perché è necessario che vi siamo delle eresie perché è necessario che vi siano anche nella Chiesa, dal momento che questa Chiesa è sempre una Chiesa di uomini peccatori? Noi pensiamo: C’È. In Benedetto XV si trova, in un passo dell’enciclica "Spiritus Paraclitus", la constatazione che vi sono persone, e per di più anche trai docenti delle scienze sacre, che combattono nell’intimo proposizioni del magistero ecclesiastico (Dz 2186). Questa "occulta oppugnatio", che Benedetto XV constata come effettivamente verificatasi nella Chiesa al tempo nostro, è solo la forma più massiccia dell’eresia crittogama di cui parliamo. Essa senza dubbio al giorno d’oggi non è ancora estinta. Si pensi, per esempio, ai libri pubblicato da Mensching e Mulert prima dell’ultima guerra su un "cattolicesimo riformato", che senza dubbio contengono aperte eresie (aperte, se facciamo astrazione dell’anonimato dei reali autori) — e perciò poterono essere indicati come eretici anche per il fatto di essere messi all’indice dal magistero ecclesiastico — ma che sono anche, senza dubbio, il riflesso di un atteggiamento e di una dottrina che può essere designata come eresia crittogama, tanto più che i suoi autori da una parte riconoscono l’opposizione della loro concezione alla dottrina della Chiesa, dall’altra però non vogliono lasciarsi cacciar fuori dalla Chiesa per opera dell’autorità ecclesiastica, e appunto perciò scelgono la tattica dell’anonimato.

Ma questa varietà, la più massiccia, dell’eresia crittogama, che si manifesta per la prima volta con tangibile evidenza nella storia del modernismo, non è né l’unica e a più importante, né la più pericolosa. Molto più frequente (anche se difficile da afferrare) è l’atteggiamento della diffidenza e del risentimento contro il magistero ecclesiastico, quel sentimento molto diffuso di essere strettamente controllati, nella ricerca e nell’insegnamento, da parte del magistero ecclesiastico, l’opinione che si possa «non dire quello che si pensa» e che ci si ritiene giustificati di pensare con "buona coscienza"). Non si può forse trovare qua e là l’affermazione che si possa (almeno tra buoni amici) dire più di quel che si scrive? Ovvero si ha l’impressione di doversi rallegrare che questa o quella cosa sia detta da teologi protestanti fuori della Chiesa e di dover leggere tali cose presso di loro, poiché non si potrebbe dirle da noi senza pericolo. Si può avere qualche volta l’impressione che l’opinione teoretica di un teologo su nasconda dietro le forme della sua ricerca storica, per farsi così intendere, senza divenire tangibile. Non vi è forse qua e là una dottrina esoterica, che viene trasmessa soltanto a voce? Non vi è forse l’eresia non formulata, che evita le tesi precise, che lavora con semplici omissioni e prospettive unilaterali e salta bruscamente, per così dire, dal falso atteggiamento teorico alla pratica? Non si dà forse qualcosa del genere, per esempio, quando si evita accuratamente la parola inferno, quando non si parla più, o tutt’al più se ne parla in maniera incerta e riservata, se non si può fare altrimenti, dei consigli evangelici, dei voti e della vita religiosa? Quante volte nei nostri paesi il predicatore per persone colte parla ancora al suo uditorio delle pene temporali del peccato, dell’indulgenza, degli angeli, del digiuno, del diavolo (tutt’al più parlerà del "demoniaco" nell’uomo), del purgatorio, della preghiera per le povere anime, e di altre simili cose fuori moda? E quando si raccomanda la "libertà interiore" di «continuare a vivere positivamente nella Chiesa e di trattare il tribunale della confessione come di fato incompetente, fin tanto che esso amministra il sacramento della penitenza al servizio di un molochismo della legge» (E. Michel, "Die Ehe", Stuttgart, 1949, p. 128), la pratica di una tale eresia crittogama ha già ritrovato la propria teoria formale, cioè la raccomandazione espressa di vivere l’eresia in maniera latente.

Per un sovrappiù di malizia e sfrontatezza Rahner, in una nota a pie’ di pagina, affronta la questione del perché un tale eretico dovrebbe scegliere la dissimulazione, restando nella Chiesa (p. 99):

Oltrepassa il quadro di questo saggio rispondere alla questione del perché dei cristiani, che sono consapevoli dell’opposizione delle loro concezioni alla dottrina della Chiesa ufficiale, vogliano tuttavia rimanere nella Chiesa. Al motivo già indicato per questo, che cioè essi si metterebbero così in contrasto anche con una proposizione di fede già da loro stessi riconosciuta, quella della vera Chiesa e del suo magistero, si aggiungono certo anche altre ragioni: in contrasto coi tempi di un individualismo e di un liberalismo coscienti di sé, l’uomo d’oggi non ha più tanta fiducia nella propria opinione, non è più così convinto che si possa facilmente fondare una nuova comunità religiosa senza perdersi nello spirito di setta e in sogni senza uscita. Quando si prova questo sentimento, senza tuttavia realizzare la fede incondizionata nella Chiesa, si arriva — dopo l’epoca del modernismo — ai tentativi dio edificare la propria piccola cappella all’interno della grande Chiesa, di formare una setta esoterica all’interno della grande comunità.

In questa ulteriore riflessione, posta a margine della principale, Rahner compie quasi un’auto-analisi psicanalitica, scavando alla ricerca di ragioni, e forse di giustificazioni, per razionalizzare e allo stesso tempo per scusare l’inescusabile: la fredda, lucida, ostinata volontà di simulazione e dissimulazione, per cui l’eretico il quale sa benissimo di essere tale, rimane nondimeno all’interno di quella Chiesa che egli intimamente disprezza, e che considera in errore, nascondendo a tutti le sue vere opinioni e lasciandole solo trasparire in qualche discorso pronunciato in un ambito ristretto e selezionato, con pochi amici, e guardandosi bene dal metterle per iscritto. Oppure, il che è ancor più grave, esprimendole, ma sempre a voce, più con il non detto che affermandole esplicitamente, allorché predica davanti a un pubblico di fedeli "adulti" e di buona cultura, dai quali pensa di poter essere più facilmente capito e coi quali si arrischia a lasciar intuire quel che pensa realmente, già col semplice tacere su tutti i punti della dottrina cattolica che a lui paiono anacronistici e superati, come gli angeli, il diavolo, l’inferno e così via. Ci par di vederlo, questo pubblico di cristiani "adulti", nei quartieri bene della Germania di ieri e di oggi: sepolcri imbiancati, cattolici sì ma fino a un certo punto, divorati dal complesso d’inferiorità nei confronti dei fratelli separati luterani, e che pur non contraddicendo in pubblico la dottrina cattolica, e specialmente la morale sessuale cattolica, di fatto vivono tutti, clero compreso, in una dimensione che è già de facto protestante, a cominciare dalla libera interpretazione delle Scritture: per cui non solo vivono a modo loro, in aperto contrasto con l’insegnamento della Chiesa, ma sono intimamente convinti di averne ogni diritto. Perché sono loro ad aver compreso il vero significato del Vangelo, e non certo il popolino incolto, non la gente semplice delle campagne come Maria Simma, la mistica austriaca del Vorarlberg, o come Barbara Ruess, che ha avuto le apparizioni mariane a Marienfried, o come Ida Peerdeman, la donna olandese protagonista delle apparizioni mariane di Amsterdam. Per carità, quelle sono tutte imposture o superstizioni, dalle quali loro, i cattolici adulti e vaccinati, si tengono ben lontani: ciò che preme loro è di non sfigurare accanto ai dotti e progressisti teologi luterani, ai pastori luterani e ai fedeli luterani. E se tra essi sono abituali certi stili di vita che, a norma del Catechismo della Chiesa cattolica, non sono solamente illeciti, ma sono proprio decisamente peccaminosi, ebbene, tanto peggio per il Catechismo: quale catechismo, poi, a ben guardare? Quello di Pio X, il pontefice che ha scomunicato il modernismo? Che Dio ce ne scampi e liberi. E così, fin dalla seconda metà degli anni ’40 del secolo scorso, con la Germania ancora parzialmente in macerie, seppure già avviata verso la sua poderosa ripartenza, e il processo di Norimberga ancora freschissimo nella memoria di tutti, la realtà è che dei sacerdoti cattolici nascondevano il fatto di aver adottato intimamente dottrine eretiche e spargevano con discrezione il veleno dell’eresia, ben decisi a rimanere dentro la Chiesa e semmai aspettando l’occasione buona per imporre i loro punti di vista, e, con ciò, per cacciare dalla Chiesa gli altri, i custodi dell’ortodossia. Cioè quelli che al presente li costringevano a dissimulare: ad esempio quei professori delle facoltà teologiche, quei rettori di seminario o quei vescovi che avevano la spiacevole abitudine di esercitare un minimo di controllo su ciò che i seminaristi, i religiosi e i sacerdoti dei loro ordini o delle loro diocesi dicevano e facevano, conculcando con ciò, orribile violazione della privacy e dei diritti umani, il loro sacrosanto diritto alla libertà di pensiero. Come si fosse ancora nel Medioevo…

È curioso: il libro di Rahner esce con l’imprimatur episcopale (l’Indice dei libri proibiti verrà abolito da Paolo VI nel 1966, altra tappa decisiva nell’autodemolizione della dottrina cattolica), e quindi il sottile veleno e la malizia ben dissimulata che ne animano ogni pagina vengono messo nelle mani del pubblico cattolico, per mezzo delle librerie cattoliche, in anni in cui esiste ancora una sia pur blanda vigilanza della gerarchia ecclesiastica nelle questioni di fede e di morale (ciliegina sulla torta: la traduzione italiana di chi poteva essere, se non di un sacerdote ultraprogressista come Ernesto Balducci?). Vogliamo dire: se oggi uno entra in una libreria paolina, o in una libreria diocesana, o nella biblioteca di un seminario o di una facoltà teologica, se benissimo cosa può aspettarsi: di vedere le opere dei teologi eretici e modernisti sfoggiate in bella mostra, accanto a quelle dei teologi luterani e calvinisti; mentre per trovare le opere degli autori realmente cattolici, diciamo di un Romano Amerio, un Antonio Livi, un Cornelio Fabro o un Thiomas Tyn, dovrà faticare un bel po’; dovrà farle arrivare appositamente, e non è neanche detto che ci riesca, perché di alcuni autori realmente cattolici, i vescovi hanno dato ordine che le loro opere non vengano più tenute nelle librerie e nelle biblioteche cattoliche. Singolare paradosso e dimostrazione concreta della vittoria del modernismo nella Chiesa cattolica: Bultmann sì, Tillich sì, Bonhoeffer sì; Enzo Bianchi sì, Vito Mancuso sì, James Martin sì: ma Domenico Giuliotti no, Divo Barsotti no, Brunero Gherardni no, e Andrea Gemma nemmeno (specialmente i libri di quest’ultimo che parlano di diavoli ed esorcismi). E Garrigou-Lagrange, Étienne Gilson, Michael Schmaus, Giuseppe Siri? Eh, via; ma quella è archeologia: come la Messa tridentina, è roba che sta bene in un museo, da visitare una volta l’anno, il giorno dei morti, e poi scordarsela, perché ostacola il meraviglioso cammino dell’ecumenismo, del dialogo interreligioso, della pastorale dell’inclusione e del discernimento e della benedizione alle coppie "diverse", e tanti auguri per l’adozione di bambini (però silenzio di tomba sull’aborto volontario, non sarebbe carino, né politically correct). Arriviamo perciò alla conclusione che subito dopo la Seconda guerra mondale, se non già da prima ancora, esistevano le condizioni necessarie e sufficienti perché teologi eretici e intellettualmente disonesti, cioè abili a dissimulare la loro eresia e restarsene tranquilli dentro la Chiesa, portassero avanti la loro occulta oppugnatio già denunciata da Benedetto XV, carezzando l’ora di poter venire allo scoperto, impadronirsi dei gangli vitali della Chiesa, come la Congregazione per la Dottrina della Fede, e realizzare il loro capolavoro: insediare l’eresia al posto dell’ortodossia e cacciar fuori, o ridurre al silenzio, i veri custodi di quest’ultima. Operazione brillantemente condotta nell’arco di quasi sei decenni e che, come s’è visto, era stata perfino preannunciata. Un po’ come oggi i Padroni Universali si divertono a disseminare gl’indizi della loro strategia massonica, esoterica e satanista…

Fonte dell'immagine in evidenza: RAI

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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