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Che vuol dire essere nel mondo, ma non del mondo?

Il cristiano sa, in almeno in teoria (molto, ma molto in teoria) di essere nel mondo, ma di non appartenere al mondo. Lo sa vagamene, come una lontana reminiscenza che ha perso tutto il suo smalto, se pure lo aveva, e che oggi gli riesce difficile da comprendere, ancor più difficile da accettare e far propria. Quando mai gli capita di udire il sacerdote, nella omelia della santa Messa, parlare in questi termini? E quando mai ode il vescovo o il (sedicente) papa esprimere questo concetto? Tutto al contrario; quel che ode in continuazione è una musica totalmente diversa: il mondo, come gliene parlano i suoi (sedicenti) pastori, è il solo luogo nel quale è possibile la sua esistenza; ed è un luogo che, pur essendo pieno di criticità, è pur sempre la sua patria, sulla quale è chiamato a vigilare con piena consapevolezza ecologica, ambientale, climatica e, ovviamente, sociale. Il mondo è questo, nella (falsa) catechesi di questi (falsi) pastori, e non ce n’è un altro: un luogo fisico, il solo luogo possibile nel quale si svolge la vita umana, dal principio alla fine; una realtà totalmente immanente, nella quale egli non solo è calato, ma deve calarsi sempre più; e nella quale non solo egli si sporca le mani (e, non di rado, la coscienza), ma deve sporcarsele sempre più, senza alcun pensiero per la purificazione, per la pulizia interiore, per la vita in grazia di Dio. E chi mai gli parla più della Grazia divina? Perché per parlare di questa, bisognerebbe parlare prima del peccato e della riconciliazione con Dio: ma chi parla più del peccato, sotto le volte della casa del Signore? Chi mai gli parla della sua anima immortale, del suo destino eterno, e della tremenda responsabilità di essere lui, proprio lui, con le sue azioni, con le sue scelte, a decidere l’alternativa tra l’inferno e il paradiso?

L’espressione «essere nel mondo, ma non del mondo», risale direttamente alla viva voce di Gesù Cristo, il quale, parlando ai suoi discepoli nell’imminenza del distacco, al termine dell’Ultima Cena, dice loro (Gv 17, 6-19):

^6^Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. ^7^Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, ^8^perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato.

^9^Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. ^10^Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. ^11^Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi.

^12^Quand’ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura. ^13^Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. ^14^Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.

^15^ Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. ^16^Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. ^17^Consacrali nella verità. La tua parola è verità. ^18^Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; ^19^per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità.

L’espressione è più che mai valida in questi ultimi tempi, quando la falsa pandemia, concepita da menti diaboliche allo scopo nefando d’ingannare, terrorizzare e sottomettere i popoli e gl’individui, disarticolando la società e la stessa struttura ontologica dell’uomo — psichica, biologica, morale — sta portando alla luce molte cose le quali, pur non essendo nascoste, rimanevano tuttavia in ombra, e costringe gli uomini a prendere atto della vera natura della lotta in corso tra i figli della luce e i figli delle tenebre. Ed è valida sotto almeno tre punti di vista:

1) perché chi, da sempre, vive secondo gli stili del mondo, cioè in maniera edonista e materialista, inseguendo il piacere e il successo e disdegnando o disprezzando le cose dello spirito, non si pone nemmeno la domanda sul vero significato dell’esistenza e perciò appartiene al mondo in tutto e per tutto, senza residui, e non sospetta che al di sopra di questo ce ne sia un altro, né riflette che le cose di quaggiù avvizziscono e periscono e la vita vera pertanto non è in esse;

2) perché vivere in maniera edonista e materialista equivale a vivere secondo la carne e non secondo lo spirito, quindi farsi schiavi della carne e delle sue lusinghe, dei suoi disordini, delle sue pazzie, allontanandosi anche dal retto uso della ragione naturale e facendosi simili alle bestie irragionevoli, che seguono solo l’istinto e mai si domandano il perché delle cose;

3) perché il principe del mondo, specialmente nella fase attuale, ha dichiarato guerra alla purezza dell’anima e a quanti seguono la via della croce, animato da un cieco odio contro Gesù Cristo; quindi il cristiano che vuole vivere secondo il mondo e vuol piacere ad esso non è affatto un cristiano, ma un cialtrone e un impostore, o nel migliore dei casi un povero sciocco che non sa neppure in che consista la dottrina che a parole rispetta e che in dovrebbe fornirgli la direzione da seguire nella propria vita. Appartiene al mondo, e non a Gesù Cristo, colui che si lascia turbare, spaventare e confondere dal primo mercenario che si mette a gridare: Al lupo, al lupo!, perché chi appartiene a Gesù Cristo conosce la Sua voce, che è la voce del Buon Pastore, e non la confonde affatto con quella dei mercenari o dei lupi travestiti da pastori.

È Parola di Gesù Cristo (Gv 10,1-18):

1 «In verità, in verità vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. 2 Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore. 3 Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori. 4 E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. 5 Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». 6 Questa similitudine disse loro Gesù; ma essi non capirono che cosa significava ciò che diceva loro.

7 Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore. 8 Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9 Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10 Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. 11 Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore. 12 Il mercenario invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde; 13 egli è un mercenario e non gli importa delle pecore. 14 Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, 15 come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per le pecore. 16 E ho altre pecore che non sono di quest’ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore. 17 Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. 18 Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio».

Appartiene al mondo, e non a Gesù Cristo, colui che, pensando unicamente alla propria vita materiale, si precipita ad assumere un diabolico intruglio fatto con cellule di feti umani, il che, se anche vi fosse una vera pandemia e se anche quell’intruglio fosse un vero vaccino, dovrebbe provocare in lui un fremito di sdegno e un rifiuto categorico.

È Parola di Gesù Cristo (Mt 16,24-28):

24 Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. 25 Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. 26 Qual vantaggio infatti avrà l’uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima? O che cosa l’uomo potrà dare in cambio della propria anima? 27 Poiché il Figlio dell’uomo verrà nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e renderà a ciascuno secondo le sue azioni. 28 In verità vi dico: vi sono alcuni tra i presenti che non morranno finché non vedranno il Figlio dell’uomo venire nel suo regno».

Appartiene al mondo, e non a Gesù Cristo, chi si lascia sedurre dagli idoli, i quali vanno dalla Pachamama fino a una scienza che non libera, che non illumina, che non riscalda, ma che persegue i suoi fini incomprensibili, lastricati di umana sofferenza e indifferenti alla scia di dolore e di colpe mostruose che il suo uso spregiudicato lascia dietro a sé; e intanto, per la speranza di aggiungere magari anche un solo giorno alla durata della propria vita, non esita a calpestare le leggi di Dio e degli uomini, o, come oggi avviene, le leggi di Dio ma non quelle degli uomini, poiché queste ultime sono fatte capovolgendo il male in bene, per odio verso Dio e quindi anche verso gli uomini. Dice infatti la Parola di Gesù Cristo (Mt 6,19-34):

19 Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano; 20 accumulatevi invece tesori nel cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove ladri non scassinano e non rubano. 21 Perché là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore.

22 La lucerna del corpo è l’occhio; se dunque il tuo occhio è chiaro, tutto il tuo corpo sarà nella luce; 23 ma se il tuo occhio è malato, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra! 24 Nessuno può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro, o preferirà l’uno e disprezzerà l’altro: non potete servire a Dio e a mammona.

25 Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? 26 Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? 27 E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita? 28 E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. 29 Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. 30 Ora se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? 33 Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? 32 Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. 33 Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. 34 Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena.

Ribadiamo il concetto: per dirigere i propri passi verso la Verità, è sufficiente, almeno nella fase iniziale del cammino, la luce della ragione naturale, che Dio ci ha dato precisamente a questo scopo. Tuttavia l’uomo carnale non sa farne un retto uso, e, traviato da passioni disordinate, impazzisce, sicché anche la ragione impazzita concorre alla sua rovina, proprio mentre lui, gonfio di superbia, crede di toccare il cielo (Rom 1,18-23):

18 In realtà l’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell’ingiustizia, 19 poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha loro manifestato. 20 Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità; 21 essi sono dunque inescusabili, perché, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa. 22 Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti 23 e hanno cambiato la gloria dell’incorruttibile Dio con l’immagine e la figura dell’uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili.

Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Chad Greiter su Unsplash

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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