Una manovra in tre tempi, diabolica. Alla lettera.
23 Marzo 2021Per battere la strategia del diavolo bisogna capirla
25 Marzo 2021Nel 1984 usciva il romanzo di Fulvio Tomizza Il male viene dal Nord, nel quale lo scrittore istriano narrava la vicenda del vescovo Pier Paolo Vergerio di Capodistria che, nella seconda metà del 1500, si convertiva al luteranesimo e fuggiva in Germania: un caso pressoché unico nella storia dell’episcopato italiano negli anni del Concilio di Trento (cfr. Il nostro articolo: Pier Paolo Vegerio: quando il male viene dal Nord, pubblicato sul sito dell’Accademia Nuova Italia il 16/02/18). Eppure quel male venuto dal Nord, ossia il protestantesimo, avrebbe seguitato a lavorare in maniera sotterranea dentro la Chiesa cattolica, anno dopo anno, secolo dopo secolo, ovviamente a partire dall’episcopato tedesco, il più direttamente esposto agli influssi della rivoluzione innescata da Lutero, Zwingli e Calvino; e un poco alla volta sarebbe arrivato a prendersi la sua solenne rivincita e a riportare la sua vittoria, dapprima con il Concilio Vaticano II e il decreto Unitatis Redintegratio del 21 novembre 1964; poi con l’incontro interreligioso di Assisi del 27 ottobre 1986; infine con la celebrazione dei 500 anni della rivoluzione protestante (ingannevolmente chiamata "riforma"), sia mediante la visita di Bergoglio in Svezia e la commemorazione del 31 ottobre 1517 a cinquecento anni (meno uno) nella cattedrale di Lund, sia con l’emissione da parte delle Poste Vaticane di un francobollo recante l’immagine di Lutero e Melantone ai piedi del Crocifisso (senza la Madonna né San Giovanni). Adesso poi che il protestantesimo ha praticamente vinto e la santa Messa cattolica, già a partire dalla riforma liturgica del 1969, è divenuta molto simile a una messa protestante, ove si commemora una "cena" più che celebrare il Sacrificio Eucaristico, i vescovi tedeschi non sono ancora soddisfatti e minacciano uno scisma vero e proprio perché Bergoglio, già loro beniamino, dopo aver alimentato in loro grandi speranze di un ulteriore "rinnovamento" a partire da quella famosa e controversa uscita: Chi sono io per giudicare un gay?, sembra che per la prima volta abbia puntato i piedi davanti alla richiesta di benedire le nozze omosessuali, cioè, in pratica, di estendere il Sacramento del matrimonio così da includervi le coppie gay. Perciò la domanda è: come si spiega il lento ma sicuro successo del protestantesimo sul cattolicesimo, dopo che il Concilio di Trento aveva ribadito con tanta forza la vera dottrina cattolica e implicitamente spiegato cin tanta efficacia le insuperabili ragioni di dissidio che rendevano impossibile una riconciliazione al prezzo di sacrificare la Verità? Dopotutto, ancora il 6 gennaio 1928 il papa Pio XI condannava severamente il falso ecumenismo con l’enciclica Mortalium animos, spiegando di nuovi le ragioni che rendono impossibile, ingannevole ed esiziale un "dialogo" coi protestanti inteso a metter d’accordo, rabberciando un compromesso qualsiasi, le due opposte concezioni della sola Verità di Cristo e del Vangelo:
I fautori di questa iniziativa [cioè il falso ecumenismo] quasi non finiscono di citare le parole di Cristo: «Che tutti siano una cosa sola … Si farà un solo ovile e un solo pastore», nel senso però che quelle parole esprimano un desiderio e una preghiera di Gesù Cristo ancora inappagati. Essi sostengono infatti che l’unità della fede e del governo — nota distintiva della vera e unica Chiesa di Cristo — non sia quasi mai esistita prima d’ora, e neppure oggi esista; essa può essere sì desiderata e forse in futuro potrebbe anche essere raggiunta mediante la buona volontà dei fedeli, ma rimarrebbe, intanto, un puro ideale. Dicono inoltre che la Chiesa, per sé o di natura sua, è divisa in parti, ossia consta di moltissime chiese o comunità particolari, le quali, separate sinora, pur avendo comuni alcuni punti di dottrina, differiscono tuttavia in altri; a ciascuna competono gli stessi diritti; la Chiesa al più fu unica ed una dall’età apostolica sino ai primi Concili Ecumenici. Quindi soggiungono che, messe totalmente da parte le controversie e le vecchie differenze di opinioni che sino ai giorni nostri tennero divisa la famiglia cristiana, con le rimanenti dottrine si dovrebbe formare e proporre una norma comune di fede, nella cui professione tutti si possano non solo riconoscere, ma sentire fratelli; e che soltanto se unite da un patto universale, le molte chiese o comunità saranno in grado di resistere validamente con frutto ai progressi dell’incredulità. (…) Potrà sembrare che questi pancristiani, tutti occupati nell’unire le chiese, tendano al fine nobilissimo di fomentare la carità fra tutti i cristiani; ma come mai potrebbe la carità riuscire in danno della fede? Nessuno certamente ignora che lo stesso apostolo della carità, San Giovanni (il quale nel suo Vangelo pare abbia svelato i segreti del Cuore sacratissimo di Gesù che sempre soleva inculcare ai discepoli il nuovo comandamento: «Amatevi l’un l’altro»), ha vietato assolutamente di avere rapporti con coloro i quali non professano intera ed incorrotta la dottrina di Cristo: «Se qualcuno viene da voi e non porta questa dottrina, non ricevetelo in casa e non salutatelo nemmeno». Quindi, appoggiandosi la carità, come su fondamento, sulla fede integra e sincera, è necessario che i discepoli di Cristo siano principalmente uniti dal vincolo dell’unità della fede.
Come dunque si potrebbe concepire una Confederazione cristiana, i cui membri, anche quando si trattasse dell’oggetto della fede, potessero mantenere ciascuno il proprio modo di pensare e giudicare, benché contrario alle opinioni degli altri? E in che modo, di grazia, uomini che seguono opinioni contrarie potrebbero far parte di una sola ed eguale Confederazione di fedeli? Come, per esempio, chi afferma che la sacra Tradizione è fonte genuina della divina Rivelazione e chi lo nega? Chi tiene per divinamente costituita la gerarchia ecclesiastica, formata di vescovi, sacerdoti e ministri, e chi asserisce che è stata a poco a poco introdotta dalla condizione dei tempi e delle cose? Chi adora Cristo realmente presente nella santissima Eucaristia per quella mirabile conversione del pane e del vino, che viene detta transustanziazione, e chi afferma che il Corpo di Cristo è ivi presente solo per la fede o per il segno e la virtù del Sacramento? Chi riconosce nella stessa Eucaristia la natura di sacrificio e di Sacramento, e chi sostiene che è soltanto una memoria o commemorazione della Cena del Signore? Chi stima buona e utile la supplice invocazione dei Santi che regnano con Cristo, soprattutto della Vergine Madre di Dio, e la venerazione delle loro immagini, e chi pretende che tale culto sia illecito, perché contrario all’onore « dell’unico mediatore di Dio e degli uomini », Gesù Cristo?
Eppure tutte queste giuste osservazioni e queste chiare normative sono cadute, l’una dopo l’altra, come foglie al vento, sotto il soffio del "rinnovamento conciliare": a partire dal 1965, ciò che la Chiesa aveva solennemente condannato diveniva cosa buona e giusta: e basterebbe già solo questo (mentre c’è, purtroppo, molto altro di egualmente eterodosso) per asserire con perfetta onestà intellettuale che il Vaticano II ha segnato una rottura mai vista nel Magistero e quindi ha dato origine a una realtà nuova, a una dottrina nuova, a una religione e una chiesa nuove, le quali, pur conservando il none di cattoliche di fatto erano divenute protestanti, o semi-protestanti, e n ogni caso non cattoliche e quindi volte a ingannare deliberatamente la massa dei fedeli la quale nulla sospettava, né ha sospettato in seguito, di un così inaudito tradimento consumato proprio dai suoi pastori. E dunque torna sempre la domanda: come è stato possibile?
Per rispondere a tale interrogativo bisogna fare mente locale sulla realtà della Chiesa tedesca, specialmente nel corso del XIX e del XX secolo, cioè quando il vento della modernità, in tutti i settori della vita sociale e non solo nell’ambito religioso, si è fatto più forte, a seguirti degli eventi e dei processi innescati dalla Rivoluzione francese e dalla Rivoluzione industriale. Giova qui ricordare che il protestantesimo stesso è stato l’espressione del primo massiccio manifestarsi della mentalità moderna: Lutero, con la sua pretesa di saltare ogni mediazione ecclesiastica e di porsi a tu per tu davanti a Dio, e di poter spiegare con la sola ragione quanto è necessario per la salvezza dell’anima, è stato il primo campione della modernità, al quale poi si sono aggiunti Bacone, Montaigne, Cartesio, Spinoza, Leibniz, eccetera. Nella Germania protestante, il fatto che in ogni villaggio venisse istituita una scuola elementare nella quale si leggeva la Bibbia tradotta da Lutero in tedesco ha fatto sì che l’alfabetizzazione e l’indottrinamento luterano del popolo procedessero affiancati, unendo sin dall’inizio la mentalità moderna, implicitamente progressista, alla pratica cristiana. Dopo la Seconda guerra mondiale il popolo tedesco ha subito un pesantissimo condizionamento culturale in senso americanista, e cioè una ulteriore accelerazione nel processo di pieno inserimento nella modernità avanzata (processo che fino al 1914, e per certi aspetti fino al 1939, era andato a rilento, data la sopravvivenza di forti elementi culturali della tradizione). Tale modernizzazione accelerata non poteva non riflettersi sulla Chiesa cattolica tedesca, adiacente, per ragioni geografiche, storiche ed economiche, alle comunità protestanti. In molte città e paesi della Baviera, della Renania, dell’Alsazia e del Baden-Württemberg era da tempo consuetudine che le due comunità, la cattolica e la luterana, utilizzassero, in orari e giorni doversi, lo stesso edificio sacro; il giovane Albert Schweitzer, alsaziano, da giovane partecipò a tale clima e a tali situazioni. Era questi fatale che un poco alla volta i membri delle due comunità, essendo gli abitanti della stessa città o dello stesso paese, e avendo sovente rapporti di parentela, di amicizia e o di lavoro gli uni con gli altri, sviluppassero l’idea che in fin dei conti non è giusto considerare come figli dell’errore quelli che professano un culto diverso dal proprio, e giungessero così, per via pratica oltre che psicologica, a una loro mentalità ecumeni sta ben prima che il Vaticano II rivalutasse in pieno tale ideologia, già solennemente condannata dal Magistero, fimo a Pio XI e a Pio XII. Ma c’è di più. Nel corso del XX secolo, la modernità si è manifestata soprattutto come nuova idea della libertà sessuale e quindi come nuova idea del ruolo della famiglia, della figura del padre, della maternità, e così via, aprendo la strada alla promiscuità dei rapporti sessuali, alla contraccezione, all’aborto: logico quindi che anche per questa via la mentalità protestante, più aperta e più predisposta ad accogliere i nuovi stili di vita, anche perché da sempre contraria al celibato ecclesiastico, esercitasse un fascino sui cattolici, inducendoli a vere se stessi come arretrati e stimolando in loro il desiderio di recuperare il tempo perduto ( i due secoli di ritardo di cui parlava il cardinale Carlo Maria Martini). Ed così che a partire dagli anni ’50 divenne abbastanza normale, nelle aree cattoliche della Germania, la figura del monsignore che se ne va in giro, nelle visite private e talvolta in quelle ufficiali, con una bella macchina e accompagnato dalla sua "fidanzata", una elegante signora che gli sta sempre al fianco e che evidentemente, con la tacita accettazione della comunità parrocchiale, svolge le funzioni della moglie d’un pastore protestante. Questa disinvoltura e quasi ostentazione ci è stata descritta da un amico che ha trascorso l’infanzia e l’adolescenza a Norimberga, città a maggioranza protestante in un Land a maggioranza cattolico, e nella quale era appunto consuetudine che le due comunità religiose usufruissero delle stese chiese e frequentassero gli stessi concerti d’organo o altre manifestazioni culturali. Ecco perciò come si giunge alla disinvoltura "teologica" con la quale biblisti e teologi modernisti, a partire dal Vaticano II, e talvolta anche prima di esso, hanno fatto leva proprio sulla dimensione sessuale — infarciti com’erano di pansessualismo freudiano — per porre la scure dalla radice della dottrina cattolica: vale a dire per sostenere che Gesù, essendo stato vero uomo oltre che vero Dio, aveva provato tutti i sentimenti umani e perciò anche quello dell’eros: presupposto necessario verso lo sdoganamento di ogni libertà nella sfera sessuale, compresa quella dei matrimoni omosessuali, da parte della Chiesa cattolica, come oggi stiamo vedendo. Ecco ad esempio cosa scriveva il noto teologo neomodernista Hans Küng in Essere cristiani (titolo originale: Christ sein, R. Piper & Co. Verlag, München, 1974; traduzione dal tedesco di Germano Re e Marco Beck, Milano, Mondadori, 1976, p. 288):
Nei Vangeli Gesù appare sotto tutti i punti di vista un vero uomo: un uomo che si stringe al cuore i bambini (Mt 11,30), si lascia ungere dalle donne (cfr. spec. K. Niederwimmer, "Jesus", cap. 7 e J. Blank, "Jesus", cap. B VI), si sente particolarmente legato a Lazzaro e alle sue sorelle da un rapporto di "amore" (cfr. Mc 2,27) che evidentemente non esclude l’eros.
Gesù ama Lazzaro e le sue sorelle di un amore passionale, provava nei loro confronti (di tutti e tre?) una vera e propria forma di eros? Suvvia: ma da cosa lo deduce, Hans Küng? Su quale fondamento afferma una cosa simile? Sul nulla: tuttavia lo fa, perché ne ha bisogno; e ne ha bisogno perché sa che per questa via, cioè con l’affermazione dell’erotismo di Gesù Cristo, si può aprire la breccia per far cadere la cittadella della dottrina cattolica, coi suoi fastidiosi non possumus alle richieste sempre più forti della società moderna. Come ora si vede con la richiesta di benedire le unioni gay…
Fonte dell'immagine in evidenza: RAI