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Padre Barruel, il gesuita che 200 anni fa aveva capito

Ci siamo imbattuti, nella ricerca sulle origini delle teorie del complotto, nella figura del padre gesuita Augustin Barruel (Villeneuve de Berg, Ardèche, 2 ottobre 1741-Parigi, 5 ottobre 1820), autore di un monumentale e lucidissimo studio sull’esistenza di un complotto massonico globale, guidato dagli Illuminati di Baviera, per la conquista del potere e la distruzione della religione cattolica e della società organizzata. È venuto il tempo di guardar più da vicino questo capostipite del complottismo e la sua gigantesca opera, frutto di una vita di ricerche. Si ricordi che l’Ordine fondato sant’Ignazio di Loyola era stato soppresso da Clemente XIV il 21 luglio 1773, su pressione delle corti europee che già li avevano espulsi dai loro Stati, con il decreto Dominus ac Redemptor, e ricostituito solo con la bolla Sollicitudo omnium ecclesiarum di Pio VII, il 7 agosto 1814, cioè più di quarant’anni dopo; pertanto l’abate Barruel, rimasto formalmente "disoccupato", ebbe modo di profondere tutte le sue energie nella faticosa ricerca che si era ripromesso di condurre a termine, anche se a un certo punto dovette fuggire dalla Francia e trasferirsi a Londra, per non cadere nelle mani del governo giacobino al tempo del Terrore.

Così ne rievoca l’opera Celestino Testore nella magnifica Enciclopedia Cattolica, vero canto del cigno della cultura cattolica alla vigilia della gelata del Concilio Vaticano II che ne avrebbe bruciato le radici (Città del Vaticano, Istituto per l’Enciclopedia Cattolica, 1949, vol. 2, col. 898):

Cominciò la sua attività letteraria con "Les Helviennes ou Lettres provinciales philosophiques" (3 voll., Amsterdam-Parigi 1781; vers. it., Venezia 1801) contro le aberrazioni degli Enciclopedisti; dal 1788 al 1792 diresse il "Journal ecclesiastique ou Bibliothèque raisonnés des sciences ecclesiastiques, mutuandone l’indirizzo e orientandolo alla critica degli avvenimento pubblici rivoluzionari e antireligiosi; il che, urtando i giacobini al potere, costrinse il giornale a cessare la pubblicazione. Nello stesso tempo egli divulgò numerosi opuscoli, nei quali attaccava la costituzione civile del clero, il giuramento civile, i preti giurati e che raccolse poi nella "Collection ecclesiastique ou requeil complet des ouvrages fait depuis l’ouverture des Etats généraux, relativement au clergé à la constitution civile, decretée par l’Assemblée nationale, sanctionné par le roi (14 voll,, Parigi 1791-93; vers. it 16 voll., Venezia 1791-95), importante miniera di documentazione degli avvenimenti. A Londra attese alla pubblicazione di due altre opere storiche molto importanti: "Histoire du clergé pendant la révolution française" (Londra 1793; vers. It. 3 voll., Roma 1794-95) e "Mémoires pour servir à l’histoire du jacobinisme" (4 voll., Londra, 1797-98; vers. it. 13 voll., Venezia 1799-1800; 2 voll., Roma 1887), nelle quali si studia di provare come la Rivoluzione sia la conseguenza della cospirazione congiunta degli increduli, dei massoni, dei repubblicani e degli illuministi. Tesi ricca di documentazione; esatta, se si prende nel suo insieme, ma bisognosa di revisione e correzione nei particolari. Tornato a Parigi, difese con l’opera "Du pape et de ses droits religieux" (Parigi 1802) il nuovo concordato contro gli attacchi dei gallicani. Sull’estremo della vita stava preparando una confutazione della filosofia kantiana e il disegno di una storia delle società segrete nel medioevo.

Come si vede, in questa "voce" prevale l’aspetto espositivo e documentario; quello valutativo è presente solo alla fine, peraltro in forma un po’ prudenziale: le opere di Barruel sono attendibili nella sostanza, tuttavia contengono dei difetti nei particolari. Si prenda nota dell’anno in cui l’Enciclopedia Cattolica è stata pubblicata. Sotto il pontificato di Pio XII si potevano ancora dire certe cose, ma con una certa dose di cautela: segno che l’infiltrazione massonica era già operante all’interno della Chiesa, sebbene non fosse ancora così forte da passare alla repressione e alla riduzione al silenzio degli avversari. Erano gli anni in cui la presenza delle logge impensieriva fortemente il pontefice, che incaricò un coraggiosissimo sacerdote, don Luigi Villa (1918-2012), di condurre una missione segreta per individuare e documentare la presenza massonica nelle file del clero. Anche san Pio da Pietrelcina affidò a don Villa tale incarico, beninteso sul piano spirituale: san Pio che lui pure aveva percepito e compreso quanto profondamente si fossero incistate le logge, come un cancro, nel tessuto della Chiesa e quanto grave fosse il pericolo da esse rappresentato per la purezza e l’integrità della dottrina cattolica e della vita cristiana. Don Villa difatti sfuggì a ben sette tentativi di assassinio nel corso degli anni, grazie a una speciale protezione della Vergine Maria: tutti condotti da sacerdoti massoni che volevano eliminarlo, chiudendogli la bocca per sempre. E mentre padre Barruel poté pubblicare i suoi ponderosi volumi e vederli tradotti e stampati in tutti i Paesi d’Europa, don Villa si trovò ben presto a dover procedere da solo, perché Pio XII era venuto a mancare e nessuno poteva più coprirlo e proteggergli le spalle. Non gli restò che pubblicare il frutto delle sue ricerche in forma privata e dar vita a una rivista, tuttora esistente, Chiesa viva, con cui proseguire la battaglia e gettare il seme che altri avrebbero raccolto. Né si dimentichi che una delle prime cose che fece Giovanni XXIII dopo essere stato eletto fu d’inasprire la persecuzione vera e propria di cui era fatto oggetto san Pio: furono proprio quelli, per il santo frate stigmatizzato, gli anni più duri, quelli delle prove più amare, quando gli venne ordinato di non celebrare più la santa Messa in pubblico, di non confessare più i suoi penitenti, e addirittura qualcuno gli pose una microspia all’interno del confessionale, mentre perfide voci venivano messe in circolazione su presunti rapporti non corretti che avrebbe intrattenuto con certe donne, che poi erano le sue figlie spirituali. Evidentemente il papa "buono" aveva un conto in sospeso con il santo frate, colpevole, oltre che d’impersonare una concezione del cattolicesimo e un tipo di spiritualità che era, ed è, agli antipodi del progettato "spirito conciliare", di denunciare senza peli sulla lingua l’opera che Satana stava conducendo contro la Chiesa per mezzo della massoneria; proprio come Bergoglio, non appena eletto, ha mostrato di voler chiudere i conti con le sue "bestie nere", i Francescani dell’Immacolata, da lui perseguitati e commissariati con procedimento brutale e illegittimo (perché illegittima, a parere di molti dotti canonisti, è la proibizione a essi fatta di celebrare la santa Messa secondo il rito antico, contraddicendo il motu proprio di Bendetto XVI Summorum pontificum). Del resto, già da diversi anni si è visto che parlare di tale argomento significa incorrere nelle ire della Chiesa "ufficiale": come non notare la cortina di silenzio fatto cadere sulla memoria di don Stefano Gobbi, fondatore del Movimento Sacerdotale Mariano, reo, anch’egli, di aver spesso parlato della infiltrazione massonica nella Chiesa e, quel che è peggio, di averlo fatto sotto forma di messaggi ricevuti direttamente, per locuzione interiore, dalla Santissima Madre di Dio? E come scordare quel terribile, inaudito Cari fratelli massoni che il cardinale Ravasi ha rivolto ai "fratelli" in grembiulino dalle pagine del (massonico) quotidiano Il Sole 24 Ore? O le lodi continue, ormai quantificabili in decine, con le quali gli organi ufficiali della massoneria si spendono per magnificare l’opera del papato attuale, specialmente a partite dal documento di Abu Dhabi e in vista del sabba satanico di Astana, nel Kazakistan, come giustamente l’ha chiamato l’arcivescovo Carlo Maria Viganò?

Sappiamo che padre Barruel ebbe il coraggio di fare i nomi della cospirazione massonica mondiale, e che accanto a quelli di Voltaire, Rousseau, D’Alembert, Montesquieu, fece anche quello di un potente arcivescovo, amico e confidente di D’Alembert, Étienne-Charles de Loménie de Brienne (1727-1794), che egli definì addirittura "il protettore della cospirazione" e che fu nientemeno che il Ministro delle finanze nell’anno immediatamente precedente lo scoppio della Rivoluzione. Ma che sarebbe successo se Barruel avesse scoperto che non questo o quel cardinale, ma tutto o quasi tutto il collegio cardinalizio era formato da massoni? Ebbene, questa è la situazioni in cui si troverebbe chi ponesse mano, oggi, alla sua opera di ricerca e di contro-informazione: una situazione peggiore, ma non molto diversa, nella sostanza, da quella con cui ebbe a che fare don Luigi Villa. Del resto, che la situazione sia disperatamente peggiorata, lo prova il fatto che i prelati massoni non si curano nemmeno più di nascondere le loro aperte simpatie per la massoneria, come si è visto con l’arcivescovo di Milano, il gesuita Carlo Maria Martini e come fa monsignor Gianfranco Ravasi. Ma di che si vergognano oggi i prelati di Santa Romana Chiesa? Né di fare l’elogio sperticato del defunto Marco Pannella, come nel caso di monsignor Paglia; né di negare il peccato di Sodoma, come ha fatto il vescovo Nunzio Galantino; né di chiamare la signora Emma Bonino una grande italiana, come ha fatto Bergoglio. Ma torniamo all’opera di Barruel. Un’ampia voce di Wikipedia, della quale riportiamo un breve estratto, è dedicata alle Memorie per la storia del giacobinismo:

Nel "Discorso preliminare", Barruel distingue tre forme di cospirazione: "la cospirazione dell’empietà" contro Dio e il Cristianesimo, la "cospirazione della ribellione" contro i re e i monarchi, e "la cospirazione dell’anarchia" contro la società nel suo complesso[^]^](https://it.wikipedia.org/wiki/Memorie_per_la_storia_del_giacobinismo#cite_note-7). L’autore definisce la fine del XVIII secolo" una catena ininterrotta di astuzie, artifici e seduzioni", finalizzate al "rovesciamento dell’altare, alla rovina del trono e alla dissoluzione di tutta la società civile".

Il primo volume esamina la cospirazione anti-cristiana iniziata nel 1728, anno in cui, secondo Barruel, Voltaire consacrò la sua vita all’annientamento del cristianesimo. Barruel esaminò gli scritti dei principali autori illuministi e rilevò gli stretti legami tra la filosofia dei lumi e le persecuzioni anti-cristiane del periodo rivoluzionario (…)

Il secondo volume si concentra sulla cospirazione anti-monarchica guidata da Jean-Jacques Rousseau e dal Barone de Montesquieu. Questi cospiratori miravano a distruggere le monarchie stabilite con il pretesto di portare "indipendenza e libertà". Barruel analizza e critica "Lo spirito delle leggi" di Montesquieu e "Il contratto sociale" di Rousseau, in quanto l’applicazione delle idee espresse in queste due opere "ha dato origine a quello spirito inquieto che ha voluto indagare sui diritti dei sovrani, sui limiti della loro autorità e sui presunti diritti dell’uomo libero, senza i quali ogni suddito è bollato come uno schiavo – e ogni re come un despota".

Il terzo volume delle "Mémoires "affronta la cospirazione antisociale che era l’obiettivo dei Massoni e dell’Ordine degli Illuminati. I "Philosophes" con il loro attacco contro la Chiesa e il trono avevano aperto la strada alla cospirazione guidata da queste società segrete. Barruel credeva che questi gruppi costituissero un’unica setta con più di 300.000 membri "tutti fanatici sostenitori della Rivoluzione, pronti ad alzarsi al primo segnale e a dare la scossa alle altre classi del popolo". Dopo aver esaminato approfonditamente la storia della massoneria Barruel arriva alla conclusione che i suoi misteri superiori sono sempre stati di natura atea e repubblicana. Barruel credeva che i Massoni avessero mantenuto segreti per decenni i loro obiettivi e le loro parole d’ordine, ma che il 12 agosto 1792, due giorni dopo la caduta della monarchia francese, li avessero proclamati apertamente per le strade di Parigi. Le parole segrete erano Libertà, Uguaglianza, Fratellanza e lo scopo segreto era il rovesciamento della monarchia francese e l’istituzione della repubblica. (…)

Nelle "Mémoires", Barruel sostiene che l’"Encyclopédie" di Diderot era in realtà un progetto massonico. Credeva che le opere dei "Philosophes "avessero l’obiettivo di impregnare la società in tutti i suoi aspetti e che l’"Encyclopédie" avesse una particolare importanza nel conseguimento di questo fine. L’"Encyclopédie" era solo il primo passo nella diffusione delle nuove idee nell’umanità intera ed era necessaria per far circolare scritti empi e anti-monarchici.

Nelle guerre moderne, chi vince prende tutto, perfino il passato e lo riscrive a proprio uso e consumo. Nella guerra che ha scatenato da più di tre secoli contro la Chiesa cattolica, la massoneria ha vinto (sul piano umano e materiale, si badi: perché la Chiesa, come istituzione divina, è invincibile, e presto risorgerà), dunque si è presa il lusso di dipingere come paranoici tutti quelli che, per tempo o all’ultimo momento, hanno denunciato le sue manovre. E lo stesso si verifica nella sfera civile, con i governi e la politica degli Stati, dove del pari la massoneria si è saldamente insediata al potere quasi ovunque. La parola complottismo è passata così dal designare chi ordisce i complotti a chi se li inventerebbe. Da parte sua l’abate Barruel, mano a mano che spingeva lo sguardo più lontano alla ricerca delle origini del complotto, si accorse che era necessario prendere in esame le eresie e le sette medievali, i Catari, i Templari: ed è nel corso di quell’ultima, immane fatica che la morte ha fermato la sua mano operosa. Vi è un abate Barruel, oggi? Certo: oltre al già citato don Luigi Villa, possiamo fare il nome di Epiphanius: il suo libro Massoneria e sette segrete è una miniera di notizie.

Fonte dell'immagine in evidenza: Immagine di pubblico dominio

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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