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19 Febbraio 2021Da qualche anno i mass-media parlano spesso e volentieri di complottismo e complottisti, sempre e immancabilmente con un taglio fra il derisorio e il compassionevole; è significativo il fatto che, invece, non si abbassino mai a parlare di complotti, sia pure in chiave dubitativa. Evidentemente per i giornalisti e i pennivendoli della stampa e delle televisioni dominanti non ha alcuna importanza sapere e chiarire, nell’interesse della verità e a beneficio del pubblico, se complotti ce ne sono per davvero; anzi, danno semplicemente per scontato che non ce ne siano affatto e che non ce ne siano mai stati; a loro basta puntare il dito contro quei poveri psicopatici che, vaneggiando, vedono complotti dietro ogni angolo di strada e costruiscono deliranti castelli nella loro immaginazione malata. Fanno cioè il lavoro per cui sono pagati dai loro padroni, e lo fanno con un tale zelo, con una tale convinzione, che probabilmente finiscono per auto-convincersi di essere veramente al servizio della verità e della buona informazione, e di svolgere una funzione sociale utilissima: quella di smascherare i ciarlatani e i maniaci e di sgombrare il campo dalle loro folli opinioni, un po’ come i loro maestri e padri nobili, i savants e i philosophes parigini del 1700, smascheravano le imposture del clero e sfatavano le dannose superstizioni di origine medievale. Dunque, si sentono i paladini della civiltà e del progresso. E chi non si sente un po’ sapiente, un po’ filosofo, oggi, quando una laurea non si nega più a nessuno, mentre la modestia è decisamente l’ultima delle virtù, anzi è considerata senz’altro un difetto?
Tuttavia c’è una sorpresa in serbo per il pubblico, convinto che il complottismo di cui parlano con tanto spasso e con tanta frivolezza i nostri beneamati mass-media sia un fenomeno relativamente recente, un po’ come la mania dei dischi volanti o la moda del channeling o la diffusione delle sette tipo Scientology. Come sanno solamente i pochi che si sono seriamente dedicati all’argomento, il complottismo è, al contrario, un fenomeno antico, e i suoi padri nobili sono tanto antichi quanto i savants e i philosophes, patroni ideali del moderno giornalismo progressista e illuminato, vale a dire che si collocano tra la fine del XVIII secolo e gli inizi del XIX. E già questo è un fatto che dà motivo di pensare, come se fra i due fenomeni esistesse una connessione: i due fenomeni, vogliamo dire, della massoneria (perché tutto l’illuminismo è una creazione della massoneria) e del complottismo, vale a dire la corrente di pensiero e d’informazione indipendente — oggi si direbbe: di contro-informazione – che denuncia il complotto mondiale ordito sapientemente dalla massoneria e dall’illuminismo ai danni dell’ordine sociale, dei poteri costituiti e di ogni forma di tradizione, a cominciare dalla religione cristiana, e particolarmente cattolica. L’abbiamo detta grossa: ci eravamo proposti di giungere a questa conclusione attraverso una serie di passaggi argomentati, invece l’abbiamo anticipata. Poco male, a quella conclusione bisognerà arrivare comunque; ed anche al corollario che il grande complotto — oggi si chiama, con espressione più alla moda, Great Reset o Nuovo Ordine Mondiale — non è una faccenda del passato, che un tempo c’è stata e ora non c’è più. Niente affatto: oggi il complotto massonico è giunto alle battute finali, e se ne parla poco, o non se ne parla affatto, per la semplice ragione che si è già sostanzialmente attuato, e quindi la cultura dominante, che è una sua creatura, fa in modo che non se ne parli affatto, onde evitare di metter le pulci nell’orecchio ai bravi cittadini. Perché allarmare inutilmente le pecorelle destinate ad essere tosate? Tanto, ormai è quasi fatta: è più saggio lasciarle brucare e ruminare tranquille sui verdi pascoli. Sarebbe una vera ironia se dovessero svegliarsi proprio ora, e rompere l’ipnosi che le tiene rinchiuse in una sorta di bolla artificiale.
Ora, fra i primi che hanno denunciato l’esistenza di un complotto massonico per il dominio globale, troviamo tre interessanti e tutt’aktri che sprovveduti personaggi: il fisico e matematico scozzese John Robison (1739-1805), il gesuita francese Augustin Barruel (1741-1820) e il geografo americano Jedidiah Morse (1761-1826). Vediamo brevemente in che modo essi diedero l’allarme. Per farlo, citeremo un saggio di George Johnson, giornalista scientifico del New York Times, intitolato Sulle tracce degli Illuminati. Un giornalista alla ricerca della "cospirazione che governa il mondo", contenuto nel libro I segreti di Angeli e Demoni, a cura di Dan Burstein e Arne de Keijzer, scritto a corredo dell’omonimo romanzo di Dan Brown, il noto autore del Codice Da Vinci (titolo originale: Secrets of Angels & Demons, 2004; tr. it. Fabbri Editori, 2005, pp. 122-123, 124):
(…) il 9 maggio 1798 il reverendo Jedidiah Morse, leader di spicco dei potenti Congregazionalisti del New England (nonché padre di Samuel F. B. Morse, inventore del telegrafo) dal pulpito della chiesa bostoniana di New North denunciò il pericolo di un complotto segreto, mirante a distruggere la cristianità e a rovesciare l’appena costituito governo degli Stati Uniti. La religione sarebbe stata rimpiazzata dall’ateismo, la fede in Dio da quella della ragione umana. Questa forza sediziosa, dichiarò, si chiamava Ordine degli Illuminato. Nascosti nell’interno delle logge massoniche (una società segreta avvolta a spirale all’interno di un’altra), i cospiratori stavano aspettando il momento propizio per colpire. A suscitare i sospetti del reverendo era stato un libro appena pubblicato e divenuto, all’epoca, un best-seller, proprio come il thriller di Dan Brown oggi. S’intitolava, nello stile alquanto prolisso dei tempi, "Proofs of a Conspiracy Against All the Religions and Governments of Europe, Carried on in the Secret Meetings of Freemasons, Illuminati and Reading Societies" (Prove di una cospirazione contro tutte le religioni e i governi d’Europa, ordita nel corso delle riunioni segrete dei Frammassoni, degli Illuminati e delle Società di lettura) ed era stato scritto da John Robison, matematico e professore di Filosofia naturale presso l’Università di Edimburgo. Come si evinceva dal titolo, la sua impostazione non ricalcava quella di un’opera di fantasia, quanto piuttosto di relazione. Più avvezzo a occuparsi di argomenti scientifici (telescopi, magnetismo) per pubblicazioni come l’"Encyclopedia Britannica", il suo autore di recente era rimasto scosso nell’udire che una società segreta chiamata Illuminati bavaresi si era infiltrata nelle logge massoniche d’oltralpe ed era responsabile di fomentare la sanguinosa Rivoluzione francese. Era, pertanto, giunto alla conclusione che, ben lungi dall’essere una rivolta popolare di connazionali oppressi, quest’ultima era stata manovrata dietro le quinte da tale gruppo di burattinai, cospiratori decisi a rovesciare la monarchia francese e la sua alleata, la Chiesa cattolica. Fatta cadere questa sacra alleanza, ovvero l’"ancien régime", gli Illuminati stavano dilagando in tutta Europa e forse anche al di là dei suoi confini, con l’obiettivo finale di arrivare a dominare il mondo. Il reverendo Morse aveva acquistato la sua copia di "Proofs of a Conspiracy" in una libreria di Filadelfia. Sfogliandone le pagine con attenzione, apprese che il complotto era stato messo a punto circa due decenni prima in Baviera, un principato della Germania sudorientale, da un giovane professore ateo di nome Adam Weishaupt. Invasato dalle idee della filosofia illuminista (la superiorità della ragione sulla religione; l’uguaglianza di tutti gli uomini), l’Ordine degli Illuminati aveva cercati di rovesciare il governo bavarese. La rivoluzione, però, era fallita e il gruppo si era sciolto, o almeno così credevano le autorità locali. In realtà era sopravvissuto clandestinamente, diffondendosi come un’epidemia di influenza attraverso le logge massoniche d’Europa. Questo dicevano i fatti. Robison aderiva lui stesso ai Frammassoni, che considerava un innocuo diversivo, un’organizzazione sociale finalizzata a instillare le virtù della fratellanza e della carità. Rimase scioccato nell’udire cosa stava capitando nel Vecchio Continente; di recente, metteva in guardia, i tentacoli degli Illuminati si erano diramati all’interno di logge diffuse in Inghilterra, Scozia e perfino negli Stati Uniti. (…)
Pressappoco all’epoca in cui veniva dato alle stampe il libro di Robison alcuni giornali locali cominciarono a pubblicare gli estratti di una serie di scritti di recente traduzione ("i vaneggiamenti di un pazzo", come ebbe occasione di definirli Jefferson), attribuiti a un gesuita francese, l’abate Barruel, che faceva risalire le radici della congiura degli Illuminati ai Catari e ai Templari del medioevo. Nel giro di poco tempo i quattro volumi che componevano l’opera vennero tradotti in inglese. (La moglie del presidente Adams, Abigail, era del parere che valesse davvero la pena di leggerli e li consigliava agli amici).
In verità, non che essere "i vaneggiamento di un pazzo", come diceva Jefferson per ragioni politiche interessate (i democratici americani da lui guidati erano guardati con sospetto, negli anni della presidenza Adams, perché considerati dai federalisti come simpatizzanti di Napoleone, il quale a sua volta era visto come possibile regista di un’insurrezione interna filo-francese), i volumi che compongono la monumentale Mémoires pour servir à l’histoire du jacobinisme, pubblicati fra il 1797 e il 1799, e tradotti in tutte le maggiori lingue d’Europa, sono ricchi, ponderati, documentati e furono presi sul serio dalla cultura del tempo, per poi piombare nell’oblio in maniera un po’ sospetta. Sono il frutto di molti anni di ricerche e vicissitudini perché l’autore dovette spostarsi in vari luoghi, inseguito dalla rivoluzione che si estendeva a macchia d’olio prima in Francia e poi al di fuori di essa. L’autore era tutt’altro che un visionario: era un uomo colto, che aveva insegnato al Collegio Teresiano di Vienna, poi a Roma, e aveva avuto modo di raccogliere informazioni in vari paesi d’Europa; e ciò che venne a sapere degli Illuminati di Baviera, in particolare, rappresenta ancor oggi una fonte indispensabile per la conoscenza di quel movimento. La sua vera colpa, agli occhi di giornalisti e scrittori come il citato Johnson, è quella di essere sempre stato un convinto contro-rivoluzionario, che vedeva nell’illuminismo e nella massoneria non solo dei nemici nell’ordine ideologico, ma dei pericoli reali, in quanto strumenti d’una macchinazione a vastissimo raggio, il cui scopo ultimo era la sovversione della religione cattolica e dell’ordine costituito in Europa e nel mondo intero. Perciò i vari Johnson possono levarsi dalla faccia il loro sorrisetto ironico (chi legga l’intero saggio sopra citato vedrà quanto zelo egli dispieghi per mettere in una luce grottesca e ridicola ogni teoria della cospirazione massonica): la verità è che si sono avverate puntualmente tutte le cose che Barruel, Robison e Morse avevano denunciato, e dunque forse tanto pazzi non erano. Certo, si può sostenere che quelle cose si sono avverate per uno sviluppo naturale del pensiero e delle condizioni di vita, e non dietro l’impulso d’una regia occulta: questo naturalmente è lecito. Quel che non si può fare è liquidare come delirio ogni interpretazione storica che, invece, tenga conto della possibilità che una regia ci sia stata, dopotutto; e che se era di matrice occulta, è logico che non abbia lasciato dietro a sé che indizi più o meni ambigui, mai delle prove certe e incontrovertibili. Perciò, da un punto di vista metodologico generale, chiunque voglia studiare la storia moderna d’Europa, specie al livello delle idee e dei movimenti politici, dovrebbe innanzitutto chiedersi: è possibile che vi sia del vero nell’ipotesi che il "naturale" sviluppo dall’Ancien Régime alla rivoluzione, e dal cristianesimo al liberalismo laicista, e infine all’ateismo anticristiano che sta esplodendo ai nostri giorni, beninteso per chi lo sa vedere (e di cui l’incendio della basilica di Notre Dame è l’emblema spettacolare, mentre le leggi contrarie alla morale cristiana che continuamente vengono approvate nei parlamenti ne sono la strategia ordinaria) non sia poi del tutto naturale? Che dietro le sistematiche campagne di stampa, gli scandali orchestrati, nonché la nascita stessa o quanto meno il finanziamento occulto di certi movimenti e partiti politici, non solo nel XVIII e XIX secolo, ma anche dopo, nel XX e nel XXI, partano e siano coordinate da un unico centro direzionale, naturalmente segreto? Pariamo da un dati di fatto: le congiure, nella storia, esistono. Si pensi alla Congiura delle Polveri, nell’Inghilterra del re Giacomo I Stuart, peraltro sventata all’ultimo istante, secondo modalità che fanno pensare che qualcuno l’abbia ispirata, manovrata e infine se ne sia servito proprio per dare il colo finale alla presenza cattolica in Gran Bretagna. Dunque, se sono esistite in passato, con tutto il loro strascico di zone d’ombra e inspiegabili coincidenze, come e quando avrebbero cessato di esistere? La storia degli ultimi tempi sarebbe meno favorevole alla strategia dei complotti? Al contrario, l’enorme sviluppo della tecnologia informatica, del potere dei mass-media, delle capacità dei servizi segreti, rendono verosimile l’idea che mai epoca della storia sia stata propizia a una tale strategia quanto la presente. Si pensi al fenomeno della globalizzazione, pienamente in atto e ammesso da tutti, e all’obiettivo del Nuovo Ordine Mondiale, ormai dichiarato con toni enfatici dalle classi dirigenti. Dunque se c’è la globalizzazione, si può immaginare che sia lasciata libera di svilupparsi secondo delle linee di tendenza spontanee? È verosimile che non vi sia una camera di compensazione o cabina di regia, che ne coordini strategie e finalità? E un’ultima domanda: chi è il vero complottista, ora: chi pone la questione o chi vuol seppellirla sotto il ridicolo?
Altra coincidenza: a voler liquidare le teorie del complotto è chi potrebbe averne un preciso interesse.
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