Siamo caduti così in basso per aver tradito la verità
24 Gennaio 2021Pio XII vide l’onda neomodernista e lanciò l’allarme
25 Gennaio 2021Siamo entrati — non stiamo andando: siamo entrati — in piena crisi, nel senso etimologico della parola krisis, trasformazione. Tutto sta cambiando e nulla sarà più come prima: lo abbiamo già sentito dire tante volte, ma questa volta è vero e va preso alla lettera. Forse ce l’hanno ripetuto così spesso proprio per assuefarci, per renderci distratti e poi sferrare il colpo, certi che non avremmo capito quel che stava accadendo; e quando l’avessimo capito, sarebbe stato troppo tardi. Ebbene, non mai troppo tardi per aprire gli occhi, la mente e il cuore alla realtà di cui siamo parte; ma la cosa più importante, prima ancora di capire dove stia andando il mondo, è fare il punto di noi stessi, e capire dove siamo, e se siamo ancora integri, e su quali aspetti della nostra realtà dobbiamo lavorare. In altre parole dobbiamo fare l’inventario della nostra attrezzatura interiore: proprio come il naufrago, giunto perigliosamente su una riva sconosciuta, per prima cosa fa l’inventario delle cose che è riuscito a salvare insieme a sé stesso, o che il mare ha avuto la generosità di spingere a riva dopo il naufragio della sua nave.
Una cosa è certa: se si parte scoraggiati; se si considera troppo a lungo, quasi ipnotizzati, l’immensa sproporzione di forze fra il potere che viole sottometterci materialmente e spiritualmente, e le nostre magre risorse individuali per quanto relativamente dotati possiamo esserne, allora tanto vale rassegnarsi senz’altro e rinunciare a qualsiasi lotta, a qualsiasi resistenza, semplicemente aspettando che venga il nostro turno di soccombere. Noi dobbiamo infatti per rima cosa sviluppare l’autostima e la fiducia in noi stessi, non perché ciascuno di noi possa ritenersi davvero fornito di risorse sufficienti a fronteggiare adeguatamente la minaccia che ci assale da ogni parte in questo momento storico, ma perché dobbiamo ricordare sempre che noi difendiamo, insieme a noi medesimi, al nostro lavoro, alla nostra famiglia, alla nostra patria, ai nostri valori, anche la causa comune della vera civiltà, e dunque che noi apparteniamo, pur se indegni considerato oggettivamente, allo schieramento dei figli della luce, mentre "essi" appartengono ai figli delle tenebre: e dunque è a noi, non a loro, che spetta la parola finale, così come il bene trionfa sempre sul mare, sempre, anche se in tempi e modi che oltrepassano di molto le umane capacità di previsione e, non di rado, anche quelle di pura e semplice comprensione. Chi si batte per la verità, non si batte per il proprio ego, e pertanto è portatore di un’istanza superiore, spirituale, che trova riscontro e sostegno, diretto o indiretto, da parte delle Potenze superiori, le quali vedono la sua trasparenza e il suo disinteresse; mentre chi lotta per affermare il proprio ego non si batte per la verità, ma per la menzogna, perché la verità è inconciliabile con l’egotismo, e dunque costui è sostenuto, sì, dalle Potenze oscure, ma da esse viene ingannato e manipolato e, credendo di servire se stesso e farsi servire da loro, ne diventa in realtà il misero burattino, che esse non esiteranno a gettar via e distruggere, quando avrà finito di render loro i suoi servizi e sarà divenuto inutile.
Non è sufficiente tuttavia, adagiarsi nella formula consolatoria del non praevalebunt. Certo, alla fine vincerà il Bene, perché il Bene è Dio, e Dio vince sempre, su qualunque avversario; ma questo non significa né che ci sarà risparmiata una grande tribolazione, né che gli uomini di buona volontà siano dispensato dal prestare la loro opera fattiva perché la vittoria del Bene non venga esclusivamente dall’intervento provvidenziale di Dio, ma essi, gli uomini, in qualche maniera, sì impegnino alla venuta di quel momento e rischino anche, se necessario, qualche cosa, rinuncino alle loro comodità e si facciano carico della comune battaglia contro le forze delle tenebre. Per fare ciò, d’altra parte, è necessaria una preparazione: nessun esercito va in guerra impreparato, nessun soldato viene chiamato a combattere se non ha le armi, né ha ricevuto almeno un minio d’istruzione militare. Ora, le armi di cui c’è bisogno in questo momento sono di natura in primo luogo spirituale: l’intelligenza, la volontà, e soprattutto la fede, dalla quale derivano, a loro volta, la speranza e la carità. Quelle di natura materiale, ad esempio un posto di lavoro con il relativo stipendio, sono, sì, importantissime, ma non devono essere sopravvalutate: si può essere ben protetti dal punto di vista materiale, e tuttavia pressoché inermi dal punto di vista spirituale. Infatti, mentre chi ha conservato integre la fede, la volontà e l’intelligenza, può sempre lottare per assicurarsi le condizioni materiali dell’esistenza, chi ha la sicurezza di queste ultime ma non ha più né la fede, né la volontà, né l’intelligenza, è già in balia del nemico, come uno che sia stato sconfitto senza nemmeno aver combattuto. In primo luogo, dunque, bisogna impegnarsi a conservare e rafforzare l’armatura spirituale, perché senza di essa la battaglia è già persa in partenza, come dice san Paolo nella Lettera agli Efesini (6, 10-18):
10 Per il resto, attingete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza. 11 Rivestitevi dell’armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo. 12 La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti.
13 Prendete perciò l’armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno malvagio e restare in piedi dopo aver superato tutte le prove. 14 State dunque ben fermi, cinti i fianchi con la verità, rivestiti con la corazza della giustizia, 15 e avendo come calzatura ai piedi lo zelo per propagare il vangelo della pace. 16 Tenete sempre in mano lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutti i dardi infuocati del maligno; 17 prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio. 18 Pregate inoltre incessantemente con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, vigilando a questo scopo con ogni perseveranza e pregando per tutti i santi…
E dunque passiamo in rassegna le nostre armi spirituali e verifichiamo se sono state conservate in piena efficienza o se, a causa del disuso, si sono arrugginite e spuntate: perché dobbiamo conoscere con esattezza ciò che abbiamo a nostra disposizione e ciò su cui, invece, non è più possibile fare alcun affidamento.
a) L’intelligenza. Un tempo essa veniva coltivata soprattutto dalla scuola e dall’università, ma anche, sia pure in maniera indiretta, da altre agenzie educative, famiglia compresa. Non erano ammessi comportamenti irrazionali e contraddittori; il bambino, una volta raggiunta l’età della ragione, era chiamato ad usarla, e a giustificarsi quando andava contro di essa. Parliamo della sana ragione naturale e non dei sofismi malefici inventati, nel corso di questi ultimi anni, da falsi intellettuali che hanno letteralmente smarrito il senno e costruito complicatissimi e deliranti castelli di menzogne per convincere la società, o per costringerla ad ammettere, che il vero è falso e il falso è vero, che il bello è brutto e il brutto è bello, ecc. Tipica della modernità, infatti, è una ragione strumentale e calcolante sempre più staccata dalle cose, sempre più indipendente dall’adesione al reale, sempre più velleitaria e autoreferenziale; una ragione malefica e maligna, che è bravissima nel minare, corrodere e demolire tutte le certezze, ma non sa, né vuole costruire nulla di positivo per rimpiazzarle; una ragione malsana, farneticante, distruttiva e autodistruttiva, nemica del vero, nemica del bello, nemica del bene, nemica della vita e di tutto ciò che rende la vita dolce e amabile, a cominciare dalla purezza dei sentimenti e dei legami familiari e di amicizia. Essa è il frutto avvelenato di un’intelligenza insuperbita oltremisura per aver posto Dio in cantina e assaporato l’ebbrezza del fare ogni cosa da sola; un’intelligenza impazzita, che sempre guida gli uomini verso il male e che, perfino tra due mali, sceglie infallibilmente il peggiore, perché non è mai sazia di dolore, infelicità e cattiveria. Ora, è proprio questa intelligenza che ci ha condotti nel vicolo cieco in cui adesso ci stiamo dibattendo: è pertanto evidente che non sarà lei a trarci fuori d’impaccio, ma che dobbiamo ritrovare la nostra vera facoltà razionale, quella basata sul concetto fondamentale della verità: quella, cioè, che pone in accordo il giudizio e la cosa, e che sola può porre la nostra vita sui giusti binari, in accordo con la concretezza e la fondamentale bontà del reale Il reale, infatti, altro non è che la manifestazione visibile della creazione divina; e Dio essendo il Bene in se stesso, tutto ciò che è reale non può essere che buono, ad eccezione di ciò che ha voluto separarsi da Dio e andare contro la sua opera. Non tutto ciò che esiste è buono, dunque, ma solo ciò che si mantiene in accordo e in relazione di grazia con il suo Creatore; e questo vale anche per il dono preziosissimo dell’intelligenza, senza la quale l’uomo non sarebbe che un bruto. E come il Diavolo non è il contrario di Dio, ma la scimmia di Dio, cioè un essere che scimmiotta esteriormente il Creatore e che, visto confusamente e da lontano, può perfino farsi passare per Lui, beninteso alle anime intorpidite e alle intelligenze deviate, così la ragione pervertita non è il contrario della ragione, ma qualcosa che assai vagamente le somiglia, solo che non è diretta al suo scopo naturale, confermare la verità delle cose, ma a uno scopo malvagio, quello di confondere e turbare chi sconsideratamente si affida a lei per orientarsi nel mondo. E dunque chiediamoci: a che punto è, in quali condizioni si trova, la nostra buona, solida, vecchia ragione naturale? Per l’intellettuale, la domanda si fa ancor più specifica: la ragione naturale è stata coltivata con la linfa vitale della sana filosofia, da Aristotele a san Tommaso d’Aquino; oppure è stata inquinata e avvelenata dai liquami nauseabondi del deviante pensiero contemporaneo?
b) La volontà. Lo strumento della volontà è importantissimo, perché l’intelligenza più acuta, senza la volontà, è condannata all’impotenza. Al tempo stesso, la volontà è probabilmente il fattore più trascurato della nostra topografia interiore, a cominciare da noi stessi. Fino a un tempo non lontano gli adulti sapevano bene quanto è importante la volontà per la costruzione del carattere e dedicavano ad essa la maggior parte dei loro sforzi educativi, insegnando al bambino a raggiungere il pieno dominio di se stesso grazie a una volontà forte e ben orientata. Oggi tale fattore è stato del tutto trascurato, e in molti si sono perfino dimenticati che esista. A che serve la volontà, insegnano tanti cattivi maestri, se non a costruire la prigione dell’io, il quale, al contrario, deve essere lasciato libero di espandersi e sfogarsi a suo talento? Essi vedono la volontà come una sorta di auto-censura e di auto-repressione, perché hanno un’idea errata della libertà: credono che la libertà consista nel fare qualche piace e non già quello che è giusto, e di conseguenza considerano la volontà con diffidenza, specie se sollecitata e curata dagli adulti nei confronti dei bambini. La realtà è che un bambino il quale non abbia mai esercitato seriamente la propria volontà, sarà un adulto disadattato, incapace di adeguarsi al mondo reale e propenso a esigere che il mondo si adatti alle sue comodità e inclinazioni. È questo il prototipo dell’uomo illuminista: un alienato che ha perso il senso della realtà delle cose e che pretende di rifar tutto secondo i dettami della ragione. La ragione folle di cui dicevamo sopra, ovviamente, e non la sana ragione di Aristotele e san Tommaso.
c) La fede. È la cosa più importante di tutte: i mali del mondo moderno derivano tutti, direttamente o indirettamente, dalla perdita della fede e dall’allontanamento dell’uomo da Dio. Ma come è avvenuto questo, se ancora cinquant’anni fa i nostri nonni erano così devoti e uniformavano con tanta coerenza la loro vita alla fede cristiana? Per arrivare a capirlo, bisogna scavare senza pietà negli strati profondi dell’ego, fatti di superbia, avarizia, lussuria: la superbia di voler essere come Dio (il peccato di Lucifero), l’avarizia di voler possedere ogni cosa come se fosse nostra e non del Creatore (il peccato di Adamo), la lussuria di voler godere il piacere per se stesso, senza impegni né doveri, e soprattutto senza fastidi (il peccato che conduce all’adulterio, al divorzio, all’aborto, al vizio contro natura). Dunque, per ritornare alla fede è necessario liberarsi da questa triplice catena; è necessario tornare in grazia di Dio, perché è da Dio che viene il dono della fede, non da un atto della nostra volontà che sia sciolto dalla relazione con Lui. Niente di buono può venire senza Dio o contro Dio: neppure la fede. Una fede sbandierata, ma senza l’amore e il timore di Dio, sarà una fede tutta umana e solo nominalmente cristiana. Lo vediamo ormai tutti i giorni, specialmente nel clero che si dice ancora cattolico, ma che in realtà odia il cattolicesimo, perché essere cattolici vuol dire rinunciare al proprio ego e rimettersi totalmente alla volontà del Signore, mentre costoro sono gonfi di ego, vogliono piacere al mondo e riceverne gli applausi, e di fatto non si accorgono, sciagurati (sarebbe stato meglio che non fossero mai nati!) di essere divenuti gli strumenti del Diavolo per condurre le anime non a Cristo, ma alla perdizione.
Tale è la disamina fondamentale che si deve fare per affrontare le dure prove che ci attendono in questa età oscura. Ci siamo pesati e ci siamo trovato scarsi? Niente paura: nulla è perduto, finché resta un minimo d’intelligenza, volontà e fede; Dio compenserà le nostre insufficienze. Intanto, però, dobbiamo fare la nostra parte. Come malati di diabete, dobbiamo metterci a dieta. Basta con le pessime abitudini della vita moderna: social, tv spazzatura, musica infernale; se no, sarà tutto inutile.
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