Odiano la vita perché odiano la verità
2 Dicembre 2020Omertà e complicità dei media: il caso Bill Clinton
3 Dicembre 2020Quando è stato eletto al soglio pontificio, al termine di un conclave manipolato dai cardinali massoni, esponenti delle lobby gay e asserviti ai poteri finanziari mondialisti, il signor Bergoglio, che come gesuita non avrebbe dovuto neanche essere presente in quel conclave, scelse per sé, con suprema immodestia, il nome di Francesco, richiamandosi all’umiltà, alla semplicità e alla dolcezza del fraticello di Assisi, cosa che nessun pontefice prima di lui aveva mai osato fare. Che in realtà fosse un lupo feroce, cinico e senza alcuno scrupolo, ben deciso a indossare la pelle dell’agnello per meglio confondere e ingannare i fedeli, molti non l’avevano ancora capito, e neppure lo immaginavano. Scioccati per le precipitose dimissioni del suo predecessore, e forse più ancora per il modo sospetto in cui si erano svolte, con tanto di partenza in elicottero di Benedetto XVI affinché il posto rimanesse vuoto per il suo successore, speravano e desideravano con tutto il cuore che finalmente le cose, in Vaticano e nella Chiesa tutta, avrebbero ricominciato ad andare a posto; che tanti disordini, tanti scandali, tanti motivi d’incertezza e di amarezza sarebbero rientrati, e Francesco avrebbe favorito un ritorno alla normalità, vale a dire che avrebbe restituito alla Chiesa cattolica il suo ruolo di guida delle anime e di maestra della dottrina, che è la sua ragione di esistere e che ultimamente si era paurosamente appannato.
Non è certo questa la sede per ricapitolare tutte le occasioni in cui il lupo ha manifestato, invece, la sua vera natura, e ciò fin dall’inizio, in particolare quando, a pochi mesi dal suo insediamento, ha deciso il commissariamento dei francescani dell’Immacolata, condannando a morte quel fiorentissimo ordine religioso, onore e vanto della spiritualità cattolica, senza peraltro scomodarsi a fornire la benché minima spiegazione, e senza — cosa altrettanto scandalosa — che nessuno, ma proprio nessuno, né fra i cardinali e i vescovi, né fra gli esponenti della stampa e della cultura cattolica, gliene chiedesse conto. Il tristo elenco delle sue innumerevoli e incessanti azioni per attuare l’agenda massonica e mondialista dei suoi padroni, l’abbiamo già fatto in numerose altre occasioni, perciò non è il caso di rifarlo adesso; ci basterà fermare l’attenzione su un solo aspetto, per invitare ad una seria riflessione quanti, e incredibilmente sono ancora molti, non si sono resi conto della reale natura di quel personaggio, delle forze che ci sono dietro a lui e che lo manovrano come un burattino, e degli scopi infernali che si propongono fin da quel tragico 13 marzo 2013: ossia la totale distruzione della Chiesa e l’irreparabile dispersione e dissoluzione del patrimonio di dottrina e di fede del cattolicesimo.
L’aspetto che vogliamo considerare è l’atteggiamento di Bergoglio di fronte alle altre religioni, in particolare l’islamismo, e più in generale sulla questione della cosiddetta libertà religiosa, concetto estraneo e difforme dall’autentico magistero cattolico, ma già introdotto abusivamente nel Concilio Vaticano II con la dichiarazione Dignitatis humnane del 7 dicembre 1965; e confrontarlo con quello che è stato costantemente l’atteggiamento di San Francesco d’Assisi, della cui figura e della cui valenza simbolica il signore argentino vestito di bianco si è fraudolentemente e sfrontatamente appropriato. Sta scritto nel famigerato documento di Abu Dhabi, che Beroglio ha sottoscritto con il grande imam di Al-Azhar, Ahmad al-Tayyeb, il 5 febbraio 2019, e pomposamente intitolato Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune:
– La libertà è un diritto di ogni persona: ciascuno gode della libertà di credo, di pensiero, di espressione e di azione. Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani. Questa Sapienza divina è l’origine da cui deriva il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi.
Vogliamo adesso confrontare questa incredibile affermazione – che non solo porta al limite estremo l’eretica libertà religiosa affermata dalla Dignitatis humane ma ne attribuisce addirittura la paternità e la volontà a Dio stesso, a quel Dio che ha mandato il suo Figlio Unigenito fra gli uomini per mostrar loro la via, la verità e la vita (Gv 14,6) – con ciò che narra san Bonaventuira da Bagnoregio nella Vita di San Francesco d’Assisi (cap. IX, §§ 7-9, traduzione di p. Pietro Ettore, Assisi, Edizioni Porziuncola, 1973, 2015, pp. 131-135):
In quel tempo, intanto, si combatteva una guerra implacabile tra i Cristiani e i Saraceni Lo schieramento degli eserciti, nei due campi avversari, li metteva gli uni di fronte agli altri, in modo che non si potesse passare da una parte all’altra senza pericolo di morte. Il Sultano, poi, aveva emanato un editto crudele, nel quale si diceva che avrebbe ricevuto la taglia di un "bisante d’oro" chiunque gli avesse portato la testa di un cristiano.
Francesco, però, da intrepido soldato di Cristo, sperando di poter così raggiungere al più presto il suo proposito [del martirio], decise di mettersi in cammino, per nulla spaventato dalla paura della more, ma anzi, sollecitato dal desiderio d’incontrarla. […]
Difatti, andati un po’ più oltre, si fecero loro incontro le guardie dei Saraceni, le quali, come lupi che si gettano in tutta fretta sulle pecore, catturarono selvaggiamente i servi di Dio e li trattarono con crudeltà e disprezzo, coprendoli d’ingiurie, fustigandoli e cingendoli di catene. Infine dopo averli maltrattati e afflitti in tanti nodi, per disposizione della divina Provvidenza e secondo il desiderio del servo di Dio, li condussero dinanzi al Sultano
Quando quel principe domandò loro da chi erano stati inviati, a quale scopo, con quale titolo ed in quale modo erano giunti sin lì, il servo di Dio Francesco, con intrepido coraggio, rispose che non da un uomo, ma dall’altissimo Iddio era stato inviato, per mostrare, a lui e al suo popolo, la via della salvezza ed annunziare loro le verità del Vangelo. E predicò davanti al Sultano, annunziando la verità dell’Unità e Trinità di Dio, e di Gesù Cristo salvatore del mondo, e lo fece con tanto coraggio, con tanta fortezza d’animo e fervore di spirito, da dimostrare luminosamente come in lui si adempiva interamente la verità di quel detto evangelico: «Io stesso darò a voi un linguaggio e una sapienza, a cui tutti i vostri avversari non potranno resistere nel contraddire».
E difatti, anche il Sultano, osservando l’ammirabile fervore di spirito e le virtù di quest’uomo di Dio, lo ascoltava volentieri e lo invitava insistentemente a voler rimanere presso di lui.
Il servo di Gesù Cristo, però, ispirato dall’alto, rispondeva: «Se vorrai convertiti a Gesù Cristo tu e il tuo popolo, io, per amore di Lui, rimarrò volentieri con voi. Se tu hai ancora dei dubbi nell’abbandonare la legge di Maometto per abbracciare la fede di Gesù Cristo, ordina che venga acceso un gran fuoco, ed io entrerò in esso con i tuoi sacerdoti. Così tu conoscerai quale sia la fede più vera e più santa e, quindi, quella da abbracciare con maggiore sicurezza.»
Il Sultano, però, gli rispose: «Non credo che tra i miei sacerdoti ve ne sia qualcuno disposto a sottoporsi alla prova del fuoco, o a qualunque altra specie di tormenti, per la sua fede». Difatti, egli si era accorto che uno dei suoi sacerdoti, sebbene fosse tra i più eminenti e innanzi negli anni, appena sentita quella proposta si era dileguato.
Allora il Santo insisté: «Se mi prometti, per te e per il tuo popolo, riconvertirvi al culto di Gesù Cristo se io uscirò illeso dal fuoco, entrerò in esso da solo. Se rimarrò bruciato, ciò sarà da imputare ai miei peccati; se, invece, l’onnipotenza divina mi proteggerà, voi riconoscerete Gesù Cristo, potenza e sapienza di Dio, come ero Dio, Signore e Salvatore di tutti».
Il Sultano, però, rispose di non poter accettare questa alternativa, perché temeva una sommossa da parte del popolo. Tuttavia gli offrì molti e preziosi doni, che l’uomo di Dio — avido non dei beni della terra, ma solo della salvezza delle anime — disprezzò come fango.
Nel vedere che il Santo era un così perfetto spregiatore delle cose del mondo, il Sultano, spinto da viva ammirazione, concepì verso di lui una più grande devozione. Perciò, pur non volendo passare alla fede cristiana — o forse non avendone il coraggio — pregò devotamente il servo di Gesù Cristo di voler accettare quei doni e distribuirli alle chiese ed ai Cristiani poveri, per la salvezza della sua anima. Ma Francesco, che rifuggiva dal peso del denaro e non vedeva nell’animo del Sultano alcun principio di vera pietà, non volle saperne in alcun modo.
Quando Francesco si accorse di non riuscire a combinar nulla per la conversione di quel popolo e di non poter raggiungere il suo intento del martirio, ispirato da Dio, ritornò nei paesi cristiani.
Ecco dunque la radicale differenza fra l’atteggiamento di Bergoglio e quello di san Francesco nei confronti delle false religioni. San Francesco si reca presso gli islamici, nel pieno delle Crociate, materialmente disarmato, ma spiritualmente agguerritissimo. Ha un unico scopo: la conversione degli infedeli; una sola speranza: il martirio; una sola strategia: l’annuncio pieno, franco, integrale di Gesù Cristo e del suo Vangelo, senza alcuna cautela, compromesso o umano rispetto. Il Sultano Malik al-Kamil lo sta ad ascoltare: benissimo. Francesco tenta in ogni modo di portarlo a Cristo, si offre di entrare nel fuoco per testimoniare la verità della sua fede; rifiuta ogni dono, ogni lusinga; non edulcora le parole, non fa alcun giro di frase, ma dice chiaro e tondo: Io sono venuto qui mandato da Dio, affinché tu e la tua gente vi convertiate a Gesù Cristo. Quando vede che non riesce a concludere nulla, rinuncia: preferisce tornare indietro per dedicarsi ai suoi fraticelli e alle pecorelle del gregge di Cristo, in Italia, piuttosto che stare indarno in Egitto, come dice Dante. Bergoglio fa degli interi viaggi "apostolici", come quello in Bangladesh e Myanmar, senza neppure nominare Gesù Cristo, per non irritare i suoi interlocutori e per non a loro l’impressione di essere venuto a fare del proselitismo, da lui sommamente aborrito in none del pluralismo, del relativismo e del politically correct; semmai parla di ambiente, di clima e soprattutto dei migranti che l’Europa ha il dovere di accogliere, così da attirarsi le simpatie di chi lo ascolta e farsi applaudire come un papa moderno, aperto e dialogante. San Francesco d’Assisi, giunto fra gli islamici, catturato e maltrattato, poi condotto in catene davanti al sultano, non cessa un momento di predicare Gesù, la Santissima Trinità e il Verbo incarnato, e ciò in una situazione in cui la sua stessa vita è in pericolo immediato, anzi, proprio con l’ardente speranza di ricevere la palma del martirio e così giungere al più presto al cospetto del suo Signore. Bergolio ha rispetto per le cose umane, vuole apparire come un leader popolare, e nel documento di Abu Dhabi non si perita di parlare in nome della fratellanza umana «che abbraccia tutti gli uomini, li unisce e li rende uguali; nell’enciclica Fratelli tutti (cap. VI) esalta il dialogo, il consenso, il riconoscimento dell’altro. San Francesco non parla e non ragiona in questi termini: dialogo, consenso e riconoscimento dell’altro, per lui, sarebbero delle vere assurdità, se non peggio, delle eresie e un tradimento nei confronti della sola Verità possibile, quella incarnata in Gesù Cristo. Lo scopo di San Francesco è la salvezza delle anime: e come le si può salvare, se le si lascia tranquille nei propri errori, lontane dal vero Dio e nemiche del suo Nome? Per la salvezza delle anime dei musulmani, san Francesco è pronto a dare la vita: a entrare nel fuoco, a farsi martirizzare; e Bergoglio, a che cosa è disposto, quali sacrifici è pronto ad affrontare? La risposta è semplice: nessuno; per la buona ragione che a lui non interessa convertire i seguaci delle false religioni, ma farsi applaudire da essi, confermandoli nei loro errori. La sua pastorale, se così la si può chiamare, è questa: Noi ci teniamo il nostro Duo, voi vi tenete il vostro; dopotutto, Dio è uno solo, il problema è solo che gli diamo nomi diversi; ma per tutto il resto, perché non vivere in pace, ciascuno tenendosi la propria rivelazione e la propria verità? Alla fine, saremo tutti salvi. E anche se a parole, in Fratelli tutti, dice di non approvare la cultura del relativismo (e come avrebbe potuto dirlo, dopo che il suo predecessore ne aveva fatto il perno della sua predicazione?), di fatto vi cade in pieno, l’accetta integralmente e la codifica, sostenendo che Dio stesso vuole così, che Dio ha predisposto affinché ci fossero le diverse religioni. Strano, molto strano. Non solo la sua pastorale è totalmente opposta a quella di san Francesco, ma sopratutto è totalmente opposta a quella di Gesù Cristo, alla quale san Francesco costantemente s’ispirava. Anche san Pio da Pietrelcina non pensava ad altro che alla salvezza delle anime e non esitava ad essere severo coi penitenti, se li vedeva poco sinceri; qualche volta li cacciava addirittura, ma poi infallibilmente essi tornavano, commossi e pronti alla conversione, perché avevano riconosciuto in lui l’autentico pastore. E Bergoglio? Fa tutto il contrario. Non manda via nessuno, accoglie tutti, dice che i peccatori possono restare nel peccato. E costui sarebbe il vicario di Cristo? Vicario del diavolo, semmai. Non è abbastanza chiaro?
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