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Non vinceranno perché ignorano cos’è la giustizia

I quattro volti di Dio sono la verità, la bellezza, l’amore e la giustizia. Dio è l’Essere perfettissimo perché compendia in sé, al massimo grado, o meglio al grado infinito, queste quattro potenze. I suoi nemici ne sono radicalmente privi: non hanno né la verità, né la bellezza, né l’amore, né la giustizia e quindi trascinano la loro cieca esistenza sprofondati nella menzogna, nella bruttezza, nell’odio e nell’ingiustizia. Nei precedenti articoli abbiamo esaminato i primi tre aspetti, nella loro natura e negli effetti che producono; ci resta da considerare il quarto, la totale privazione del senso della giustizia. Dopo di che ci sarà chiaro il quadro d’insieme di questo momento storico, che la divina Provvidenza ci ha chiamati a vivere affinché venga affinata la nostra intelligenza e messa alla prova la nostra fede: e non indurci in tentazione, ma liberaci dal male, recitiamo nel Padre nostro; che ciò piaccia o che non piaccia al signor Bergoglio e a tutto il suo falso clero apostata e bugiardo). Allora saremo in grado di comprendere perché le forze delle tenebre non possono prevalere, anche se in questo momento paiono trionfare, dopo aver scatenato il più grande assalto contro le potenze della luce.

Per prima cosa, è necessario avere ben chiaro che cosa s’intende quando si adopera la parola giustizia. Secondo il Vocabolario della Treccani, la giustizia è una

virtù eminentemente sociale che consiste nella volontà di riconoscere e rispettare i diritti altrui attribuendo a ciascuno ciò che gli è dovuto secondo la ragione e la legge. (…) Secondo la Chiesa, una delle virtù cardinali, per la quale si riconosce e si opera il bene, posseduta in sommo e perfetto grado da Dio di cui costituisce uno degli attributi: «$Giustizia$ mosse il mio alto fattore» (Dante) (…); la giustizia divina (è) Dio stesso, in quanto giudica l’operato degli uomini e sulla base di questo li premia o punisce.

Vi è dunque una stretta connessione fra l’idea della giustizia e l’idea del bene: è cosa giusta e buona dare a ciascuno quanto gli è dovuto, mentre è cosa ingiusta e cattiva rendere male per bene o bene per male. E questo perché, secondo la stessa ragione naturale, oltre che secondo la Rivelazione, la giustizia è nell’ordine delle cose e concorda con l’aspirazione all’ordine fra le cose, che è innato nella nostra natura; mentre l’ingiustizia, sovvertendo l’ordine naturale e introducendo il disordine più o meno sistematico, spiace tanto alla nostra ragione quanto al nostro sentire più profondo. In altre parole, è solo con una sorta di sforzo su noi stessi, o meglio contro noi stessi, che possiamo approvare l’ingiustizia; mentre proviamo istintivamente un senso di soddisfazione e di sollievo quando vediamo che l’ordine delle cose è rispettato per mezzo della giustizia. È per questo che qualcosa in noi si ribella di fronte allo spettacolo di un disonesto che viene scagionato o di un criminale che viene assolto: sentiamo, infatti, che l’ordine più profondo della società è stato turbato e che una grave ferita è stata inferta alla nostra fiducia nella giustizia umana. Per la stessa ragione ci sentiamo turbati e angosciati allorché assistiamo alla condanna di un innocente o anche solo agli effetti negativi che possono provocare una falsa accusa o una calunnia messe in giro ai danni di un galantuomo, esponendolo al disprezzo e alla condanna di tante "brave persone" tanto superficiali nel credere quanto incoscienti nel propalare. Sentiamo, cioè, nel profondo, che le cose non dovrebbero andare così: che l’onestà dovrebbe essere rispettata e premiata, mentre la disonestà dovrebbe essere biasimata e condannata; e inoltre che la giustizia è lo strumento per realizzare un tale stato, che coincide con l’ordine sociale e morale, mentre l’ingiustizia è ciò che si oppone ad esso e tende a rovesciare l’ordine, voluto dalla ragione naturale, in un disordine più o meno grave, che ha qualcosa di diabolico, poiché va contro il nostro più intimo sentire, e quindi contro la nostra stessa natura, senza la quale non saremmo veramente umani.

Bisogna dire che moltissimi contemporanei, e anche moltissimi credenti, o sedicenti tali, hanno le idee a dir poco confuse riguardo all’attributo divino della Giustizia. Hanno sentito parlare un po’ troppo, e assai sovente a sproposito, della misericordia divina, come se la Misericordia si potesse disgiungere dalla Giustizia; ma questa, naturalmente, è un’idea tutta moderna, tutta liberale, vale a dire una perfetta sciocchezza. La verità è che Misericordia e Giustizia sono le due facce inseparabili di una stessa cosa, la somma perfezione di Dio, nel quale ciò che qui, sulla terra, è separato, o che tale appare alle nostre deboli intelligenze, è in realtà indissolubilmente congiunto, sicché diviene impossibile stabilire ove finisca l’una e dove abbia inizio l’altra. Una volta san Pio da Pietrelcina disse a una delle sue figlie spirituali, Rita Tortora: Figlia mia, sappi che il Signore è immensamente misericordioso, ma tremendamente giusto. E si noti quel "tremendamente", che rimanda al latino tremendus, qualcosa che suscita paura o che proviene da una terribile esperienza, e che a sua volta deriva al verbo treměre (accento breve sulla prima "e"), ossia tremare, così come si usa dire: stavo tremando dalla paura. È chiaro che questa accentuazione del concetto della severità della divina Giustizia non piace e fa storcere fortemente il naso ai teologi, pseudo teologi e teologastri del Concilio e del post-concilio. E come potrebbe essere altrimenti, visto che ricorda loro, con una sì fastidiosa evidenza, che il cristianesimo è una cosa seria, che va presa tremendamente sul serio – con timore e tremore, avrebbe detto Søren Kierkegaard, uno che lo fece in prima persona -; e infatti non è una zuccherosa scampagnata fra amici, dove tutto si può aggiustare, tutto è passibile di accomodamento, e un soddisfacente compromesso con lo spirito del mondo e con le passioni di quaggiù non si nega mai ad alcuno?

Il concetto del timore e tremore di fronte a Dio risale a san Paolo il quale, non certo a caso, lo associa intimamente a quello della giustizia nel contesto dei rapporti umani; e la giustizia, a sua volta, è associata al concetto della misericordia, dalla quale è inseparabile, laddove l’Apostolo delle genti scrive (2 Corinzi, 7, 1-2):

1 In possesso dunque di queste promesse, carissimi, purifichiamoci da ogni macchia della carne e dello spirito, portando a compimento la nostra santificazione, nel timore di Dio.*

2 Fateci posto nei vostri cuori! A nessuno abbiamo fatto ingiustizia, nessuno abbiamo danneggiato, nessuno abbiamo sfruttato. 3 Non dico questo per condannare qualcuno; infatti vi ho già detto sopra che siete nel nostro cuore, per morire insieme e insieme vivere. 

Ora, i Padroni Universali che hanno steso la loro rete vischiosa sull’intera umanità e che adesso si stanno servendo del terrore mediatico per imporre una spietata dittatura pseudo sanitaria, con la quale distruggere in pochi giorni i diritti costituzionali fondamentali della persona, che parevano garantiti per sempre quali elementi basilari della democrazia in quanto tale, stanno mostrando il più alto grado di disprezzo per la giustizia, sia alla luce della ragione naturale, sia alla luce della divina Rivelazione. Non c’è alcuna giustizia nel porre l’umanità sotto la cappa di un terrore permanente, creato ad arte sfruttando un virus che provoca una mortalità compatibile con la media annuale di tutte le comuni influenze; nell’isolare e lasciar morire in solitudine i vecchi ricoverati in ospedale e nelle case di riposo, lontano dagli sguardi e dall’abbraccio dei figli e dei parenti; nel decidere la cremazione dei cadaveri senza neanche domandare l’autorizzazione dei familiari, trattando quei poveri corpi come se fossero carne di animale; nel rinchiudere in casa decine di milioni di persone, terrorizzarle quotidianamente, a tutte le ore del dì e della notte, con programmi allarmistici ed esageratamente pervasi di pessimismo; nell’utilizzare le forze dell’ordine per reprimere ogni legittima protesta e ogni voce di dissenso, arrivando a minacciare il rifiuto della terapia intensiva ai cosiddetti "negazionisti"; nel servirsi dello smarrimento e della depressione generali per far passare provvedimenti liberticidi e per approvare leggi che pongono la maggioranza dei cittadini sotto la gogna di piccole minorane aggressive ed estremamente ideologizzate, e che costringono le famiglie a rassegnarsi a una scuola che diviene, a sua volta, un luogo di spietato indottrinamento ideologico; nel gettare l’ombra del sospetto su qualsiasi rapporto fra gli esseri umani, e in particolare nell’insegnare ai bambini che giocare fra di loro è pericoloso, che studiare insieme è pericoloso, che passarsi un una matita o un giocattolo o sedere sulla sedia del compagno sono cose pericolose; nel colpevolizzare un giovane di diciotto anni che desidera mangiare una pizza con gli amici e nel fargli sentire il peso di una tremenda responsabilità per aver tenuto dei comportamenti incoscienti, pericolosi e socialmente biasimevoli; nel vietare le partite a carte fra gli avventori dei bar, nel proibire loro di sedersi in più di tre allo stesso tavolo, nello sconsigliare la lettura del giornale e nell’imporre l’uso della mascherina per tutto il tempo che stanno in piedi e non stanno consumando qualcosa al tavolo; nello spingere ciascun cittadino a vedere nei suoi simili, nei passanti incontrati per strada e perfino nei propri familiari, dei possibili untori, dai quali bisogna star lontani come se fossero la peste in persona, sapendo oltretutto benissimo che non c’è alcuna pestilenza, alcun pericolo tale da giustificare le assurde e paranoiche misure che hanno condotto l’intera società ad una forma mai vista prima d’isterismo collettivo. Non vi è alcuna giustizia, anzi vi è una somma ingiustizia, nel fare e imporre tutte queste cose ai cittadini, tanto più sapendo che non è in atto una vera pandemia e che il vero scopo di tutta questa crudele sceneggiata è predisporre il terreno per indurre la gente, e se necessario obbligarla, a farsi vaccinare, e a ricevere, insieme al vaccino, un microchip mediante il quale perderà ogni effettiva autonomia nei confronti del potere, e potrà essere costantemente seguita a distanza, sorvegliata e monitorata; e, secondariamente, spazzar via quel che resta della democrazia rappresentativa e sostituirla con un regime totalitario basato sulla emergenza permanente. Così pure, essi sanno benissimo che la mascherina, come protezione contro i virus, non serve assolutamente a nulla; e che, in compenso, portarla sul viso per molte ore provoca gravi danni alla salute, non parliamo poi nel caso dei bambini (e infatti vi sono stati alcuni casi di morte, tenuti gelosamente nascosti dai mass-media asserviti al Nuovo Ordine Mondiale). Lo sanno, ma non desistono dalla loro politica criminale; così come sanno di infliggere il colpo di grazia a un sistema produttivo e ad una economia che già erano gravemente in affanno, e a una natalità – quella italiana – che già si era attestata ai livelli più bassi su scala mondiale. In altre parole, sanno che stanno uccidendo la società e che stanno disgregando tutti i rapporto sociali, provocando disagi e disturbi psichici, specie nei più giovani, che faranno sentire i loro effetti a distanza di anni, e segneranno la vita di un grandissimo numero di persone. Lo sano, ma lo fanno egualmente. Tutto questo non è solo estremamente crudele, ma anche estremamente ingiusto: se giustizia è, come abbiamo detto, retribuire ciascuno secondo ciò che gli è dovuto, mentre qui le persone per bene vengono ingannate, tradite e trattate alla stregua di potenziali delinquenti, mentre persone che non avrebbero alcun diritto, e alludiamo ai clandestini che non fuggono né da guerre né da fame, ma forse dalle patrie galere, e che vengono precisamente per farsi mantenere senza far nulla, o senz’altro per delinquere, ebbene costoro godono, non si sa come, di ogni privilegio, a cominciare da quello di essere sbarcati senza indugio, altrimenti scatta la denuncia per sequestro di persona nei confronti di un ministro che si è macchiato del crimine nefando di ritardare qualche ora il loro sbarco dalle navi che li avevano raccolti in qualità di falsi naufraghi (poiché il vero naufrago è colui che si trova rischio di perire in mare per circostanze impreviste, e non chi parte in condizioni di totale precarietà al preciso scopo di farsi soccorrere sulla base di un ricatto umanitario).

C’è una cosa buona, però, nel fosco quadro che abbiamo delineato. L’ingiustizia produce squilibri sempre più gravi, produce disordine e amarezza, risentimento, repulsione: presto o tardi attira contro di sé la reazione dei buoni, e non trova neppure il sostegno dei malvagi, perché chi è ingiusto lo è con tutti, anche con quelli che lo servono, ma dei quali non esita a sbarazzarsi quando non gli servono più. In altre parole, i Padroni Universali, che sanno solamente odiare e non sanno cos’è l’amore, seminando ingiustizia a piene mani, stanno creando le premesse per la loro caduta. Presto o tardi tutto il castello di menzogne che hanno costruito finirà per crollare: nessuna società può sopravvivere a un livello tale d’ingiustizia, specie se prolungata nel tempo: arriva il momento in cui la parte sana di essa, che è pur sempre la maggioranza delle persone, gente che vuole lavorare, dedicarsi alla propria famiglia, guardare alla vita con speranza, si ribella e rovescia dalle loro posizione di potere i malvagi signori della globalizzazione, insieme a tutti i loro satelliti e manutengoli. Nessun sistema fondato sull’ingiustizia sistematica ha la minima possibilità di durare. Si torna sempre lì: chi ama egoisticamente la vita la perderà, mentre chi è pronto a donarla la salverà.

Fonte dell'immagine in evidenza: Wikipedia - Pubblico dominio

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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