L’ora della crisi fra disfatta e occasione di rinascita
9 Novembre 2020Fratelli tutti? Nessuna parentela coi figli del diavolo!
11 Novembre 2020Dobbiamo alla penna dello scrittore americano Walker Percy (Birmingham, Alabama, 28 maggio 1916-Covington, Louisiana, 10 maggio 1990), convertitosi al cattolicesimo da adulto dopo una serie di dure prove esistenziali – orfano a quattordici anni e allevato da uno zio, poi costretto a ritirarsi dalla professione medica dopo appena un anno, perché gravemente colpito dalla tubercolosi — uno dei romanzi distopici più interessati sulla crisi finale del cristianesimo e l’inesorabile sfarinamento della Chiesa cattolica romana. Parliamo di Amore tra le rovine, pubblicato nel 1971: vale a dire in un momento in cui pareva, o almeno così narravano i mass-media di tutto il mondo, sia pure in evidente contrasto con la realtà (ma a chi importa la realtà?, la realtà è ciò che dicono giornali e televisione) che il cattolicesimo, grazie alla potente iniezione di giovinezza ricevuta dal Concilio Vaticano II, fosse avviato verso una luminosa e inarrestabile ripresa su scala mondiale. In realtà, pochissimi anni dopo il Concilio e l’introduzione della Messa Novus Ordo, la crisi si era non solo aggravata, ma era divenuta rovinosa e ormai impossibile da nascondere, tanto che lo stesso Paolo VI aveva dovuto amaramente confessare: Ci aspettavamo la primavera, invece è arrivato l’inverno. Crollo delle vocazioni; seminari che si svuotavano praticamene da un giorno all’altro; chiese semideserte; clero ormai fuori controllo; novità liturgiche e pastorali sempre più disordinate e incomprensibili; disaffezione dei fedeli e loro atteggiamento blando o addirittura favorevole alle politiche divorziste e abortiste degli Stati.
Questo spettacolo di desolazione era già sotto gli occhi di chiunque avesse voluto vederlo, ma, per l’appunto, i fedeli non vedevano la realtà per quello che era, ma per come veniva descritta dai fautori e dagli apologisti del Concilio testé concluso, nonché del suo non mai ben specificato "spirito", e quindi s’immaginavano che la Chiesa cattolica godesse d’una florida salute, e che nel prossimo futuro avrebbe conosciuto una nuova fase di espansione, come dopo l’esempio di San Francesco e San Domenico, al principio del XIII secolo. Percy, proprio perché neoconvertito, era anche più distaccato e più lucido: apparteneva evidentemente a quella minoranza di anime pensose le quali non cambiano bandiera per mettersi dalla parte del probabile vincitore, ma che, al contrario, hanno il coraggio di salire a bordo di una nave, anche se ne prevedono il possibile naufragio, solo perché la loro coscienza indica loro che quella è la sola scelta onesta da fare, la sola decisione giusta da prendere. Tanto di cappello a uno che già sul finire degli ani ’60, a pochi anni dalla conclusione trionfalistica, ma di un trionfalismo effimero, del Concilio, vide e previde quel che di lì a poco sarebbe accaduto: la crisi delle vocazioni religiose; lo scisma della Chiesa e un’altra scissione nelle profondità dell’anima degli uomini moderni, alienati dallo stile di vita consumista; l’avvento d’una falsa chiesa progressista che, guarda caso, si ispira a quella olandese (l’orrido Nuovo Catechismo Olandese è del 1966: "coda" diretta del Concilio stesso); la nascita di una chiesa nazionale americana, con la relativa commistione di elementi propriamente cattolici e di elementi laici e nazionalisti; la richiesta di abolire il celibato ecclesiastico da parte dei preti e delle suore; l’allontanamento dei fedeli dalla pratica religiosa; il generale sbandamento etico e lo scarso rispetto per la morale cattolica da parte dei sedicenti "fedeli". Su ciascuno di questi punti, l’occhio dello scrittore americano è stato estremamente acuto, per non dir profetico; ma più in generale, egli aveva colto, dietro la narrazione trionfalistica che il cattolicesimo post-conciliare faceva di se stesso, le crepe che ben presto si sarebbero aperte e allargate a dismisura, tutte originate dalla stessa radice: la secolarizzazione, la compromissione con il mondo, l’annacquamento della dottrina e della morale cattolica per venire a patti con la condizione dell’uomo mondano, consumista, edonista, smanioso di sempre nuovi cambiamenti, malato di un progressismo fine a se stesso. In una sola parola, che riassume ogni altro aspetto della crisi religiosa: la perdita della fede, e sia pure ammantata di belle espressioni, come calare Dio nella storia, mettere al centro l’uomo che cerca Dio (ma è poi vero?), rendere il Vangelo sempre più aderente (o sempre più prono?) alla realtà mondana.
Leggiamo al principio del romanzo di Walker Percy Amore tra le rovine. Avventure di un cattivo cattolico mentre si avvicina la fine del mondo (titolo originale: Love in the Ruins: The Adentures of a Bad Catholic at a Time Near the End of the World, New York, Farrar, Straus, 1973; tradizione dall’inglese di Bruno Oddera, Milano, Rizzoli, 1973, pp. 11-12):
Subito sotto di me, a delimitare la deserta piazza del centro d’acquisti, v’è la gialla chiesa di San Michele simile a un granaio-silos. Era un tempo una parrocchia sorprendentemente grande, così grande da essere degna di un monsignore. Ma la chiesa è ormai vuota, abbandonata da cinque anni. Le vetrate colorate sono rotte. Rondini dei dirupi nidificano nelle finestre della transenna di cemento.
La Chiesa cattolica si è suddivisa in questo Paese in tre tronconi:
1) La Chiesa Cattolica Americana, la cui nuova Roma è Cicero, nell’Illinois;
2) gli scismatici olandesi, i quali credono nella rivelazione, ma non in Dio;
3) i residui cattolici romani, un minuscolo gregge disperso senza alcun luogo di culto.
La Chiesa Cattolica Romana, che pone l’accento sul diritto di proprietà e sull’integrità dei distretti, ha conservato la Messa latina e fa suonare l’inno "La bandiera stellata" al momento dell’Elevazione.
Gli scismatici olandesi in questa regione comprendono numerosi sacerdoti e numerose suore che si allontanarono da Roma per unirsi in matrimonio. Si sono aggregato ai cattolici olandesi scismatici. Ora, divorziati in gran numero, preti e suore, stanno importunando il cardinale olandese affinché consenta loro di risposarsi.
I cattolici romani da queste parti sono dispersi e demoralizzati. L’unico sacerdote, un oscuro curato, rimasto fedele a Roma, non è più stato in grado di mantenersi e ha dovuto impiegarsi nella vigilanza antincendi. Il suo lavoro consiste nel salire sulla torre di sorveglianza la notte, per avvistare incendi nella boscaglia e segni e portenti nei cieli.
Io, ad esempio, sono cattolico romano, sebbene un cattivo cattolico. Credo nella Santa Chiesa Romana Cattolica e Apostolica, in Dio Padre, negli ebrei popolo eletto, in Gesù Cristo Figlio di Dio Nostro Signore, che fondò la Chiesa di Pietro, suo primo vicario, una Chiesa destinata a durare quanto il mondo. Alcuni anni fa, tuttavia, smisi di cibarmi del Cristo con la Comunione, smisi di andare a Messa, e da allora ho condotto una vita sregolata. Credo in Dio e in tutto l’armamentario, ma amo di più le donne, poi la musica e la scienza, quindi il whisky, Dio viene al quarto posto, e i miei simili quasi non esistono. In genere faccio quello che più mi piace. Un uomo, ha scritto Giovanni, che dice di credere in Dio e non rispetta i Suoi comandamenti, è un mentitore. Se Giovanni ha ragione, allora io sono un mentitore. Ciò nonostante, continuo a credere.
Che dire? Sembra di leggere la descrizione della situazione ecclesiale odierna. Quelle chiese grandi, un tempo piene di fedeli che si recavano alla Messa, ora vuote e abbandonate, con le vetrate in frantumi e gli uccelli che fanno il nido sui cornicioni, appartengono alla nostra realtà quotidiana, anche se apparivano fantascientifiche quando fu scritta questa pagina, mezzo secolo fa. Il fatto è che la Chiesa sta cadendo a pezzi, spiritualmente e anche materialmente, ma la maggior parte dei cattolici non lo sa, non se ne rende conto e forse non lo vuol neanche sapere. Le riviste "cattoliche", ormai interamente controllate dalla massoneria ecclesiastica e dai gesuiti (che in realtà sono la stessa cosa) parlano di bellissime cose come l’attuazione pratica dello spirito conciliare, la chiesa degli ultimi, i preti di strada, i vescovi che vanno a Messa in bicicletta, che sfornano la pizza per gli ultimi, che allestiscono il pranzo per i poveri dentro le loro cattedrali, rimuovendo i banchi da preghiera (pregare è roba da vecchi barbogi) e sostituendo al profumo dell’incenso l’odore del ragù e della carne arrosto. Insomma fanno il panegirico della contro-chiesa bergogliana e della mentalità della Comunità di Sant’Egidio, che vuol trasformare il cattolicesimo nella variante pseudo solidale e pseudo misericordiosa della globalizzazione, e di fatto sta epurando la dimensione spirituale e la stessa dimensione del sacro, come un residuo della "vecchia" chiesa, quella che non capiva, che non stava con i poveri e non era solidale: quella di prima del Concilio.
Molti cattolici non sanno che centinaia di chiese, nel mondo, e anche nella vecchia Europa, sono stare abbandonate; alcune cedute ad altri culti, altre vendute e demolite, altre ancora trasformate in palestre, sale per conferenze, musei, perfino centri commerciali. Alcune erano antiche di secoli e sorgevano accanto a dei conventi che hanno fatto la storia della nostra civiltà, che hanno reso noi stessi quel che siamo adesso: persone che considerano fondamentale la libertà, la verità, la giustizia; anche se, questo è il punto, pochissimi ormai sono disposti a battersi realmente affinché quei valori restino vivi e non vengano annacquati e stravolti dal progressismo politicamente corretto. Tipico esempio: l’aborto volontario, crimine odioso agli occhi di Dio, ma ormai accettato come cosa giusta e normale dalla maggior pare dei sedicenti cattolici. Soprattutto, si sono scordati che il dono più prezioso fatto da Dio agli uomini è la libertà del volere: creato a immagine Sua, l’uomo non poteva mancare di questo attributo fondamentale, che lo distingue da tutte le altre creature. Libertà che implica un grandissimo senso di responsabilità, e che invece è stata interpretata come licenza di fare tutto quel che si vuole. Significative le parole con le quali protagonista del romanzo di Walker Percy fa una specie di auto-esame: Dio viene al quarto posto, e i miei simili quasi non esistono. In genere faccio quello che più mi piace. È il ritratto dell’uomo contemporaneo: e il fatto che anche i cattolici ragionino così, sentano così, vivano così, attesta che non vi è più alcuna differenza fra loro e gli altri, fra loro e il mondo; in breve: che la fede in essi si è spenta, e ciò che resta è solo un’impalcatura esteriore, più o meno ipocrita, più o meno vistosa. Ma se si può, fino a un certo punto, ingannare gli uomini, certo nessuno può ingannare Dio: e la miseria dei sedicenti cattolici è sotto il suo sguardo fin dall’inizio, fin da quando ha iniziato a farsi strada e a manifestarsi, ovviamente dissimulata dietro le formule politicamente corrette del cattolicesimo progressista, ovvero del cattolicesimo che si autodefinisce maturo, adulto e calato nella realtà, come se per duemila anni, irrorato dal sangue dei martiri (non solo dell’antica Roma, ma anche e soprattutto dei tempi moderni!) e illuminato dalla fede dei santi, il cattolicesimo fosse stato qualcosa di astratto, di libresco, di avulso dalla vita vera. Quanta falsità e ipocrisia, quanta dissimulazione e superbia vi sono nella mente e nel cuore di tutti quei "cattolici" che, avendo deciso di prostrarsi al mondo e di adorare il principe del mondo, fingono ancora di essere seguaci di Gesù Cristo, ignorando deliberatamente il suo ammonimento: Non potete servire due padroni!
La libertà, dunque: il nodo della questione è tutto qui. I moderni la interpretano come l’eroe del romanzo di Walker: «Dio viene dopo; i miei simili è come se non esistessero; la mia regola fondamentale è fare tutto ciò che mi piace». E i sedicenti cattolici moderni, in sostanza, sentono e ragionano allo stesso modo, solo che non hanno il coraggio di dir le cose come stanno e di guardarsi dentro sino in fondo. Se lo facessero, dovrebbero ammettere di aver perso la fede; invece, insistono a dire, come l’eroe del romanzo: «So bene di mentire, di essere un bugiardo; e tuttavia continuo a credere», ignorando la palese contraddizione insita in questo atteggiamento. Non si può credere in Dio e tuttavia costruire la propria vita sulla menzogna: perché Dio è la Verità, e la menzogna è il rifiuto della verità. Chi rifiuta di vivere secondo verità, rifiuta Dio; rifiuta quel Dio incarnato che una volta disse, con estrema chiarezza: Io sono la via, la verità e la vita. Chi ha visto me, ha visto il Padre. La conseguenza immediata della perdita del vero senso della libertà cristiana (purtroppo codificata nella dichiarazione Nostra Aetate, varata dal Concilio il 28 ottobre 1965, il che ha portato fuori dai binari tutta la pastorale successiva) è l’oblio della vera natura della storia. I progressisti, laici o "cattolici" che siano (anche se un progressismo cattolico è una contraddizione in termini), pensano che la storia sia il regno dell’uomo e si sono perciò posti sotto la protezione della Scienza e del Progresso. Hanno scordato, o voluto scordare, che la storia puramente umana, la storia chiusa in se stessa, la storia dimentica di Dio, è opera del diavolo. Con ciò stesso, coscienti o meno, si sono posti al servizio del diavolo e si sono resi figli delle tenebre. La storia è fin dall’inizio, cioè dalla Creazione e dal Peccato originale, una lotta incessante tra i figli della luce e i figli delle tenebre. Questa che stiamo vivendo è l’ora delle tenebre: l’orizzonte del divino è stato interamente oscurato, un poco alla volta: e adesso siamo indifesi ed esposti all’assalto del diavolo. La posta in gioco è la nostra anima, e si trova in gravissimo pericolo. Solo un miracolo ci può salvare. Dio lo può fare: ma è necessario che ci pentiamo della nostra superbia, ci gettiamo in ginocchio e invochiamo Lui solo…
Fonte dell'immagine in evidenza: RAI