Perché i nani, quando avremmo bisogno di giganti?
5 Ottobre 2020
Si può imparare anche solo camminando per strada
6 Ottobre 2020
Perché i nani, quando avremmo bisogno di giganti?
5 Ottobre 2020
Si può imparare anche solo camminando per strada
6 Ottobre 2020
Mostra tutto

Occorre liberarsi dalla falsa religione del Vaticano II

La maggioranza dei cattolici odierni non sono più cattolici, bensì seguaci di una nuova religione che è stata fondata surrettiziamente all’epoca del Concilio Vaticano II, e che ha sostituito il cattolicesimo a loro insaputa, con la perfida partecipazione dell’episcopato mondiale e pochissime, fulgide eccezioni, come quella di monsignor Lefebvre. Situazione paradossale, e molto difficile da spiegare ai cattolici odierni, specie quelli nati dopo il Concilio, per i quali il cattolicesimo è questa cosa qui: libertà religiosa, superiorità morale dei fratelli maggiori ebrei, riconoscimento delle sette protestanti, dichiarazione dell’islam come religione di pace, e ammissione che ciascuna di queste false religioni conduce alla salvezza tanto quanto l’adesione alla Chiesa di Cristo (la quale, a questo punto, non si capisce bene cosa ci stia a fare); inoltre, compromessi morali col mondo moderno su tutto, dal divorzio all’aborto, all’eutanasia e ai cosiddetti matrimoni omosessuali. Eppure, bisogna cercar di spiegare a questi cattolici che ignorano di non essere più cattolici, o addirittura di nin esserlo mai stati, che la religione a essi professata non la religione cattolica, così come la Chiesa ‘ha custodita e tramandata, al prezzo del sangue dei martiri e con la virtù dei santi, per millenovecento anni, ma una religione del tutto nuova, che slealmente si spaccia per l’antica: la religione del Concilio.

Per esserne pienamente persuasi, se si possiede anche solo un minimo di obiettività e di onestà intellettuale, basta confrontare i passaggi centrali di due documenti ufficiali delle due chiese, quella preconciliare (la vera) e quella conciliare e postconciliare (la falsa): l’enciclica Quanta cura di Pio IX, dell’8 dicembre 1864, e la dichiarazione sulla libertà religiosa Dignitatis humanae di Paolo VI, del 7 dicembre 1965. Entrambi sono dedicato al medesimo argomento: la libertà di coscienza e in particolare la libertà di professare la religione che si preferisce, nel quadro più ampio del rapporto fra la concezione cattolica della vita, proposta dal magistero ecclesiastico, e la concezione tipica della modernità, con le relative pratiche. C’è una sola parola possibile che rende l’idea di un tale confronto: assoluta e totale incompatibilità. Il secondo documento è la smentita radicale del primo; il primo scaturisce da una ispirazione religiosa che non ha niente a che fare con la prospettiva storica e pragmatica del secondo. Si dirà che è logico, poiché i due documenti sono separati da ben cent’anni di storia italiana e mondiale: e che storia!, la storia della seconda metà del IX secolo e della prima metà del XX, con tutto quel che essa ha portato: lo scontro fra stato e chiesa, il comunismo e il fascismo, le due guerre mondiali, la bomba atomica, la Guerra Fredda. Ma è un0obiezione che non regge ad un minimo di riflessione. Qui non stiamo parlando di analisi sociologiche o di dissertazioni psicologiche e culturali: qui stiamo parlando della dottrina della Chiesa e del suo relativo insegnamento. La dottrina della Chiesa è una, immutabile, perenne, come immutabile e perenne è la sua fonte divina. Di nuovo, qualcuno obietterà: sì, ma cambia necessariamente il modo di annunciare il Vangelo agli uomini, a seconda delle differenti situazioni storiche. Tipica astuzia dei seguaci del Concilio Vaticano II: si afferma di voler solo adeguare il modo dell’annuncio alle necessità dei tempi, e in realtà si modifica, si sfigura e si capovolge tutto: liturgia, pastorale, dottrina. Peraltro, non è del tutto vero che il cambiamento dottrinale è stato veicolato, in maniera artata e perciò truffaldina, dietro il paravento del rinnovamento pastorale e della riforma liturgica: certo, vi è stato anche questo, ma non solo questo. Il cambiamento dottrinale c’è stato e fin dall’inizio, cioè fin dai documenti ufficiali del Vaticano II e non solo dopo, negli sviluppi successivi dei punti ambigui in essi contenuti. Per convincersene, ripetiamo, basta confrontare i due documenti sopra nominati; ma si badi che ne abbiamo scelto due quasi a caso, certo su una questione di somma importanza, mentre avremmo potuto fare una scelta diversa, pescando fra decine di documenti di prima e dopo il Concilio Vaticano II. E il risultato sarebbe stato sempre lo stesso: totale irrimediabile contrapposizione.

Ecco il passaggio chiave dell’enciclica Quanta cura (abbiamo omesso solo la fonte delle citazioni di Sant’Agostino e un riferimento all’enciclica del predecessore di Pio IX, Gregorio XVI, Mirari vos); il testo completo, come quello del successivo documento, può essere agevolmente reperito sul sito ufficiale vaticano (http://www.vatican.va/content/pius-ix/it/documents/encyclica-quanta-cura-8-decembris-1864.html):

Infatti Voi sapete molto bene, Venerabili Fratelli, che in questo tempo si trovano non pochi i quali, applicando al civile consorzio l’empio ed assurdo principio del naturalismo (come lo chiamano) osano insegnare che "l’ottima regione della pubblica società e il civile progresso richiedono che la società umana si costituisca e si governi senza avere alcun riguardo per la religione, come se questa non esistesse o almeno senza fare alcuna differenza tra la vera e le false religioni". Contro la dottrina delle sacre Lettere della Chiesa e dei Santi Padri, non dubitano di affermare "essere ottima la condizione della società nella quale non si riconosce nell’Impero il dovere di reprimere con pene stabilite i violatori della Religione cattolica, se non in quanto lo chieda la pubblica pace". Con tale idea di governo sociale, assolutamente falsa, non temono di caldeggiare l’opinione sommamente dannosa per la Chiesa cattolica e per la salute delle anime, dal Nostro Predecessore Gregorio XVI di venerata memoria chiamata delirio cioè "la libertà di coscienza e dei culti essere un diritto proprio di ciascun uomo che si deve proclamare e stabilire per legge in ogni ben ordinata società ed i cittadini avere diritto ad una totale libertà che non deve essere ristretta da nessuna autorità ecclesiastica o civile, in forza della quale possano palesemente e pubblicamente manifestare e dichiarare i loro concetti, quali che siano, sia con la parola, sia con la stampa, sia in altra maniera". E mentre affermano ciò temerariamente, non pensano e non considerano che essi predicano "la libertà della perdizione" e che "se in nome delle umane convinzioni sia sempre libero il diritto di disputare, non potranno mai mancare coloro che osano resistere alla verità e confidano nella loquacità della sapienza umana, mentre la fede e la sapienza cristiane debbono evitare questa nociva vanità, in linea con la stessa istituzione del Signor Nostro Gesù Cristo" E poiché nei luoghi nei quali la religione è stata rimossa dalla società civile o nei quali la dottrina e l’autorità della rivelazione divina sono state ripudiate, anche lo stesso autentico concetto della giustizia e del diritto umano si copre di tenebre e si perde, ed in luogo della giustizia vera e del diritto legittimo si sostituisce la forza materiale, quindi si fa chiaro il perché alcuni, spregiando completamente e nulla valutando i principi certissimi della sana ragione, ardiscono proclamare che "la volontà del popolo manifestata attraverso l’opinione pubblica (come essi dicono) o in altro modo costituisce una sovrana legge, sciolta da qualunque diritto divino ed umano, e nell’ordine Politico i fatti consumati, per ciò stesso che sono consumati, hanno forza di diritto". Ma chi non vede e non sente pienamente che una società di uomini sciolta dai vincoli della religione e della vera giustizia non può avere altro proposito fuorché lo scopo di acquisire e di accumulare ricchezze, e non può seguire nelle sue operazioni altra legge fuorché un’indomita cupidigia di servire alle proprie voluttà e comodità? Conseguentemente questi uomini, con odio veramente acerbo, perseguitano le Famiglie Religiose, quantunque sommamente benemerite della cosa cristiana, civile e letteraria, e vanno dicendo che esse non hanno alcuna ragione di esistere, e con ciò applaudono le idee degli eretici.

Ed ecco sa dice la Dignitats Humanae, capitolo secondo, a proposito del diritti alla libertà religiosa:

Quanto questo Concilio Vaticano dichiara sul diritto degli esseri umani alla libertà religiosa ha il suo fondamento nella dignità della persona, le cui esigenze la ragione umana venne conoscendo sempre più chiaramente attraverso l’esperienza dei secoli. Anzi, una tale dottrina sulla libertà affonda le sue radici nella Rivelazione divina, per cui tanto più va rispettata con sacro impegno dai cristiani. Quantunque, infatti, la Rivelazione non affermi esplicitamente il diritto all’immunità dalla coercizione esterna in materia religiosa, fa tuttavia conoscere la dignità della persona umana in tutta la sua ampiezza, mostra il rispetto di Cristo verso la libertà umana degli esseri umani nell’adempimento del dovere di credere alla parola di Dio, e ci insegna lo spirito che i discepoli di una tale Maestro devono assimilare e manifestare in ogni loro azione. Tutto ciò illustra i principi generali sopra cui si fonda la dottrina della presente dichiarazione sulla libertà religiosa. E anzitutto, la libertà religiosa nella società è in piena rispondenza con la libertà propria dell’atto di fede cristiana.

Un elemento fondamentale della dottrina cattolica, contenuto nella parola di Dio e costantemente predicato dai Padri, è che gli esseri umani sono tenuti a rispondere a Dio credendo volontariamente; nessuno, quindi, può essere costretto ad abbracciare la fede contro la sua volontà. Infatti, l’atto di fede è per sua stessa natura un atto volontario, giacché gli essere umani, redenti da Cristo Salvatore e chiamati in Cristo Gesù ad essere figli adottivi, non possono aderire a Dio che ad essi si rivela, se il Padre non li trae e se non prestano a Dio un ossequio di fede ragionevole e libero. È quindi pienamente rispondente alla natura della fede che in materia religiosa si escluda ogni forma di coercizione da parte degli esseri umani. E perciò un regime di libertà religiosa contribuisce non poco a creare quell’ambiente sociale nel quale gli esseri umani possono essere invitati senza alcuna difficoltà alla fede cristiana, e possono abbracciarla liberamente e professarla con vigore in tutte le manifestazioni della vita.

Come si vede, l’astuzia dei redattori della Digitats Humane (un titolo che è già tutto un programma… massonico) consiste nel deviare l’oggetto della discussione dalla libertà religiosa intesa come libertà della coscienza di cercare la verità, concetto inseparabile da quello del dovere della coscienza di seguirla, una volta trovata, al concetto di cercare la verità senza subire pressioni o coercizioni esterne. Quando mai la Chiesa ha insegnato che bisogna esercitare la violenza per costringere le persone ad accettare il Vangelo di Gesù Cristo? Nella Roma dei papi c’è sempre stata una fiorente comunità ebraica: quando mai essa è stata obbligata ad abbandonare la religione dei padri e a farsi battezzare? E lo stesso vale per ogni altro caso. Ci sono, è vero, le eccezioni della Spagna, con la conversione forzata dei moriscos e dei marranos, e della Boemia, con quella dei luterani e degli hussiti: ma si tratta di iniziative della dinastia asburgica, nei due rami di Madrid e di Vienna. C’è poi il caso degli eretici, in particolare dei catari, e di personalità isolate, come Giordano Bruno; ma qui il discorso è diverso. Gli eretici sono dei cattolici che a un certo punto pretendono di modificare la dottrina in nome di una nuova fede (nel caso di Bruno, un frate che aveva più volte gettato il saio, per poi indossarlo nuovamente a seconda delle convenienze, passando più volte dal cattolicesimo al calvinismo e al luteranesimo, e poi di nuovo al cattolicesimo) e la Chiesa li ha sempre considerati dei nemici sleali, delle serpi allevate in seno, i quali diffondono l’errore nella forma più subdola, manipolando la verità di Cristo. Al pari delle chiese protestanti, la Chiesa di Roma ha visto in loro dei traditori pericolosissimi, capaci di confondere le anime e trascinarle lontano da Cristo, con tutto ciò che ne consegue. Non si vuole con ciò sostenere che le persecuzioni contro gli eretici siano state una bella cosa, ma solo che rispondevano ai criteri giuridici del tempo, anche nei Paesi non cattolici (terribili furono le persecuzioni anticattoliche nell’Inghilterra di Elisabetta e di Giacomo I Stuart), e del resto agli eretici veniva data la possibilità di emendarsi e riacquistare la libertà, se confessavano i loro errori e rientravano nella Chiesa: la condanna scattava quando essi ricadevano per la seconda volta nell’eresia. Queste pratiche erano cessate da moltissimo tempo, non solo all’epoca del Concilio Vaticano II, ma anche in quella del pontificato di Pio IX: e dunque, a che scopo ribadire il diritto a cercare la verità senza costrizioni? Perché non dire, semmai, che tale diritto veniva negato da parte degli altri, degli islamici, per esempio, in parecchi Paesi africani e mediorientali, e soprattutto dei comunisti, che perseguitavano decine di milioni di cattolici e che non solo non venero scomunicati solennemente (vigeva, peraltro, la scomunica di Pio XII), come molti si aspettavano, ma non ricevettero una sola parola di biasimo, in conformità al delittuoso accordo segreto di Metz del 13 agosto 1962, con il quale Giovanni XXIII abbandonava i cattolici dell’Europa orientale al loro destino, proprio come oggi Bergoglio abbandono al loro destino i cattolici cinesi, e sempre per la stessa ragione: stringere un accordo con le rispettive dittature comuniste, ieri dell’Unione Sovietica, oggi della Repubblica Popolare Cinese.

Abilmente, dunque, gli estensori della Dignitatis Humanae hanno spostato l’accezione del termine "libertà" dal piano della coercizione materiale a quello della scelta personale, ma senza averne l’aria, anzi fingendo di concentrarsi proprio sul diritto a non essere costretti contro la propria coscienza. Ma il problema della libertà religiosa, per un cristiano, non si pone in questi termini: non si tratta di rispondere alla domanda se sia lecito obbligare qualcuno a farsi cristiano e cattolico (domanda la cui risposta non potrà essere che negativa), bensì se sia lecito ad alcuno, dopo aver cercato sinceramente la verità e avere incontrato la Parola del vero Dio, contenuta nei Vangeli e negli altri testi della Bibbia, e formanti, assieme alla Tradizione, cioè all’insegnamento orale di Gesù e dei suoi discepoli, la divina Rivelazione, disprezzarla e rifiutarla. Questo è il problema, e non altro. Ora, la Chiesa ha sempre insegnato che la Chiesa offre a ciascun’anima i mezzi atti alla salvezza, trasmettendole fedelmente, con l’aiuto dello Spirito Santo e l’assistenza dei Sacramenti, i contenuti della divina Rivelazione (onde l’importanza essenziale dell’opera missionaria in tutto il mondo); ma che se un’anima, dopo aver ricevuto tali contenuti, scientemente li rifiuta, allora si pone da se stessa al di fuori della Verità, e di conseguenza al di fuori della salvezza. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me, dice Gesù ai suoi discepoli, al termine dell’Ultima Cena; io sono la via, la verità e la vita. E ancora: Non sono venuto nel mondo per condannarlo, ma per salvarlo; ma il mondo si è già condannato, perché gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce. E di nuovo, ai suoi discepoli, quale esortazione finale: Andate in tutto il mondo a battezzare e predicare il Vangelo: chi crederà sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. Questo c’è scritto nei Vangeli, questo dice Gesù in Persona; ma è ben diverso quel che dicono i documenti del Concilio, e ancor più è diverso quel che hanno insegnato e fatto i papi, i vescovi e il clero a partire da quell’evento. Hanno insegnato che chiunque cerca Dio merita la salvezza, indipendentemente dalla religione che abbraccia: che sia la vera, quella di Gesù Cristo, o che sia una falsa, o addirittura il rifiuto di tutte le religioni e di qualunque idea della divinità. E dunque è evidente che con il Concilio Vaticano II nasce una nuova religione, che non è più quella cattolica, anche se ai fedeli è stato fatto credere che tutto continuava come prima, solo con qualche piccolo aggiustamento reso necessario dal mutare dei tempi.

Abbiamo scelto la questione della libertà religiosa, ma, ripetiamo, avremmo potuto scegliere qualsiasi altro argomento: ovunque balza all’occhio, o dovrebbe balzare, se ormai i cattolici non fossero pressoché ipnotizzati e resi passivi dall’abitudine, che non si tratta più della stessa religione predicata in modo un po’ diverso, ma di due religioni, diverse e inconciliabili nella maniera più assoluta, perché la seconda è l’odiosa contraffazione della prima, del cui nome pretende ancora di fregiarsi e della cui storia si è impadronita con l’inganno. Quando entriamo in una chiesa, e invano cerchiamo il lumino che segnala la Presenza del Corpo di Cristo; quando non possiamo neppure inginocchiarci davanti a Dio, perché ci sono i sedili ma non i banchi con gl’inginocchiatoi, come nella basilica di Sant’Anastasia a Roma; quando, durante la santa Messa, l’assemblea non si rivolge più verso l’altare maggiore, ove è custodito il Santissimo, ma verso quell’orribile tavola di marmo dietro la quale troneggia il sacerdote, come se fosse lui il nostro Signore, proviamo un senso di freddo nell’anima, perché ci rendiamo conto che Gesù Cristo non è più riconosciuto dai suoi ‘fedeli’ nella sua regalità universale, ma al suo posto i seguaci del Concilio hanno posto in trono l’uomo stesso, come auspicato e indicato dalla falsissima teologia di Karl Rahner e dei suoi continuatori, come Walter Kasper, e dalla pastorale dei falsi pastori, come il cardinale massone Carlo Maria Martini (a proposito di libertà religiosa: quello della "cattedra dei non credenti") o come il servita David Maria Turoldo (quello che esortava a votare a favore del divorzio e dell’aborto, e che spezzava in pubblico la coroncina del Rosario).

Le aberrazioni alle quali stiamo assistendo in questi ultimi anni, preti che non fanno recitare il Credo perché dicono di non crederci, altri che negano ai fedeli la santa Messa di Natale per "solidarietà coi migranti", vengono tutte da lì: dalla falsa religione nata nel 1965. Non più cattolica, ma modernista. Che fare, allora? Rendersi conto del cinquantennale inganno; relegare nel dimenticatoio l’infausto Concilio Vaticano II; e ripartire da dove la Chiesa era rimasta. Non dai migranti, o dall’ambiente, o dal clima, o dalla Pachamama, ma da Gesù Cristo: sempre e solo da Lui.

Fonte dell'immagine in evidenza: sconosciuta, contattare gli amministratori per chiedere l'attribuzione

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
Hai notato degli errori in questo articolo?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.