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Stiamo crescendo una generazione di servi paranoici

PRIMA SCENA. Una matita sfugge dalle mani del bambino, cade sul piano del banco e rotola oltre l’orlo, finendo a terra. Il bambino che siede nel banco della fila più arretrata se la vede quasi davanti, e istintivamente si china a raccoglierla; quindi, in un gesto di naturale gentilezza, la allunga verso il suo proprietario, che si affretta a riprenderla. Tutto questo movimento non è però sfuggito all’occhio di falco della maestra, la quale si è auto-investita della missione di vigilare sulla sicurezza della classe, e riprende con severità il trasgressore del nuovo codice di comportamento, poi apre il suo quaderno e segna una crocetta accanto al nome del secondo bambino. Quando le crocette saranno arrivate a tre, ella redigerà personalmente una nota scritta di biasimo, diretta ai genitori di quel bambino. Motivo: il piccolo non si attiene alle disposizioni sanitarie vigenti, che pure sono state più volte spiegate; non rispetta il distanziamento sociale; è distratto e svogliato nell’indossare la mascherina. Insomma, si dimostra un cattivo soggetto, egoista e asociale: lo si vede anche da gesto come quello accaduto stamattina, di prendere con le sue mani la matita di un compagno e poi passargliela, come se nulla fosse: un gesto che non è di cortesia, ma di gravissima irresponsabilità e incoscienza. Si vede che è poco sensibile o che i suoi genitori trascurano il loro dovere d’informarlo su come si ci comporta quando si è fuori.

SECONDA SCENA. I fedeli sono seduti disciplinatamente nei banchi, a debita distanza reciproca, rispettando le indicazioni rappresentate dai tondini rossi con la scritta: "Siediti qui". Stanno ascoltando il sacerdote, che tiene la sua omelia indossando la mascherina che lascia scoperti solo gli occhi, il che dà un tocco surreale all’intera scena. A un tratto la bambina di tre o quattro anni, che indossa anche lei la mascherina, come tutti gli altri, si accorge che il nonno, forse per distrazione, forse per poter respirare meglio, ha lasciato scivolare la propria mascherina al di sotto del naso, per cui gli copre solo la bocca. Allora, con voce tonante, come fanno talvolta i bambini quando si sentono investiti di una mansione importante, e ci tengono a far sapere a tutti che la stanno svolgendo cin la massima serietà, si mette a rimproverarlo, fra l’indignato e lo scandalizzato, scandendo queste parole: Nonno! Tirati su la mascherina! Copriti bene anche il naso oltre alla bocca! Poi si guarda attorno, trionfante, tutta fiera d’aver ristabilito l’ordine in una situazione si sommo disordine e forse di estremo pericolo, evidentemente nei termini in cui è stata addestrata dai discorsi che le sono stati fatto in casa, dai genitori. Il povero vecchio, colto in flagrante e smascherato (è proprio il caso di dirlo), arrossisce violentemente e si affretta ad obbedire, sotto gli sguardi poco benevoli dell’intera assemblea.

TERZA SCENA.

Un uomo di mezza età sta viaggiando a bordo di un treno locale. È stanco e si è semi-appisolato sul sedile; a causa del caldo, si è abbassato la mascherina quanto basta per poter respirare tenendo libero il naso. Ma una giovane donna, stando sul sedile dal lato opposto del corridoio, non apprezza quel comportamento disinibito e apostrofa il compagno occasionale di viaggio, ingiungendogli di rimettersi subito la mascherina. È alterata e fin da subito mostra dei modi estremamente aggressivi. Lui non si affretta a obbedire, vuoi perché frastornato dall’insolita situazione, vuoi perché gli sembra di aver passato l’età in cui una tizia qualsiasi, neanche fosse il sergente del tempo della naia, oltretutto assai più giovane di lui, possa venire a dargli ordini come si fa con l’ultimo dei sottoposti. Il battibecco va avanti un bel po’, anche se a dire il vero la voce che risuona per tutto il vagone è quella di lei, mentre quella di lui non si ode neppure, e quindi non si sa che cosa le risponda. Sta di fatto che la donna diviene sempre più furiosa e a un certo punto, facendo l’atto d’alzarsi e scagliarsi fisicamente contro l’avversario, minaccia apertamente di spaccare la faccia a quell’uomo, se non si deciderà a mettersi immediatamente quella c… di mascherina. Arrivate le cose a questo punto, colui o colei che ha ripreso la scena col telefonino, e l’ha postata in rete, si beffa della nostra curiosità di sapere come vada a finire, e interrompe il "servizio".

Che cosa credete che siano questi: dei brani tratti da qualche romanzo distopico o dalla sceneggiatura di un film di fantascienza? Niente affatto: è la fedele rappresentazione della realtà quotidiana, in questi giorni di pandemia da Covid-19: pandemia da isterismo d’italioti terrorizzati, sia ben chiaro, più che da virus; sono solo tre degli innumerevoli esempi di ordinaria follia, enumerando i quali si potrebbero ormai riempire le pagine di parecchie enciclopedie. Non sappiamo come la pensiate voi; quanto a noi, quelli che ci hanno maggiormente colpito sono i primi due episodi, e il primo più di tutti: perché hanno come protagonisti dei bambini. Vogliamo dire che tutti e tre rappresentano una situazione molto triste, perché mostrano il grado d’impazzimento cui stiamo giungendo sotto la spinta del terrore indotto a bella posta dai mass-media asserviti al regime invisibile, ma onnipotente, dell’oligarchia finanziaria mondiale; ma finché a impazzire sono gli adulti, resta ancora la speranza che le prossime generazioni possano riportare la società in carreggiata. Se invece si fa in modo che ad impazzire, a restar traumatizzati, o, peggio ancora, a subire una ferita incancellabile al livello dell’affettività e del più elementare senso di giustizia, sono i bambini, allora è proprio finita. Perché quella ferita, quei traumi, resteranno, e oltretutto niente fa pensare che verranno medicati e corretti nei prossimi anni; e lavorando nel subconscio, un poco alla volta, e sommandosi con altre simili esperienze, che andando avanti le cose di questo passo certamente non mancheranno, faranno sì che gli adulti di domani, la cui infanzia è stata segnata da esperienze di tal genere, saranno una generazione di ipocondriaci, di anafettivi, di nevrotici, di egoisti, di opportunisti quale mai si era vista prima. Questo sarà l’inevitabile risultato di aver insegnato ai bambini che giocare fra loro a contatto di gomito, o anche solo scambiarsi una matita in classe, è qualcosa di brutto e di pericoloso, da evitarsi assolutamente; che dimenticare d’indossare la mascherina, o tenerla bassa sotto il naso, equivale a esporre se stessi e il prossimo a chissà quali tremendi, mortali pericoli; che abbracciare i nonni o lasciarsi fare una carezza da loro, e naturalmente anche accettare una caramella o una fetta di dolce, sono altrettante sconsideratezze e micidiali imprudenze; che insomma bisogna stare lontani e distaccati gli uni dagli altri; e se si va coi genitori al ristorante, bisogna entrare indossando la mascherina, poi, una volta seduti, la si può togliere onde introdurre il cibo in bocca, ma poi, finito il pranzo, bisogna rimettersela ancor prima di essersi alzati, per riattraversare il locale portandola sempre sul viso, a coprire debitamente naso e bocca. Il tutto per un pericolo che viene descritto come terribile, invisibile e onnipresente, e che, stando ai giornali e ai telegiornali, sta falciando migliaia, anzi milioni di vittime in ogni parte del mondo: anche se tutto ciò non è assolutamente vero, e le morti dovute al Covid-19 non superano, in buona sostanza, la normale mortalità da influenza che colpisce le persone anziane; semmai sono milioni le morti dovute all’interruzione di altre terapie, per aver concentrato tutta l’attenzione sanitaria sulla presunta pandemia. Inoltre si sta recando una tremenda mortificazione all’intelligenza e al senso critico dei bambini, offrendo loro lo spettacolo del mondo degli adulti che cade nel panico più totale di fronte a un nemico inesistente. Infatti nemmeno i giornali e i telegiornali pagati dall’oligarchia finanziaria sono in grado di esibire un solo caso di bambini gravemente ammalati, e meno che meno morti, a causa del Covid-19: il che dimostra che la chiusura delle scuole nei mesi primaverili è stata perfettamente inutile e che le attuali precauzioni di tipo maniacale, mascherine, banchi con le rotelle, isolamento dei bambini con due linee di febbre, sono altrettanto incongrue e irrazionali.

Pertanto stiamo insegnando ai nostri bambini che agire da pazzi è la cosa più naturale del mondo, purché qualcuno, dalle alte sfere, ne dia l’ordine e prescriva i comportamenti da tenere e quelli da evitare. Tutto questo sta distruggendo il senso critico dei bambini e li sta abituando a obbedire a qualsiasi ingiunzione, fosse pure la più assurda e, un domani, Dio non voglia, la più crudele e immorale. Così come crudele e immorale, fin da ora, è stato l’aver condannato migliaia di vecchi a morire in ospedale tutti soli, senza il conforto delle persone care, senza un volto amico ad assisterli, e averne poi spedito i cadaveri al crematorio, senza chiedere il permesso alle famiglie e anzi negando ai congiunti la possibilità di organizzare un decente funerale, ma facendo loro recapitare, in un vasetto, le ceneri del caro estinto, così, d’autorità, mostrando un grado di arroganza e di brutalità che forse nemmeno il regime hitleriano avrebbe osato concepire. I bambini ci guardano; ci guardano sempre, ci hanno sempre guardati; e anche se pare che non ci ascoltino, in realtà stanno immagazzinando i nostri insegnamenti e l’esempio concreto dei nostri comportamenti, e tutte queste esperienze formano la base sulla quale costruiranno la loro crescita e la loro vita futura. Ma che accadrà quando verranno al pettine i nodi di una serie di idee sbagliate e di comportamenti assurdi che noi stiamo trasmettendo loro, oltretutto conditi con una bella dose d’ipocrisia? I bambini, infatti, istintivamente, quasi inconsciamente, percepiscono se gli adulti parlano con convinzione e se agiscono in maniera coerente, oppure se si limitano a recitare una parte, più o meno sincera, più o meno falsa. Ed è evidente che moltissimi adulti insegnano ai bambini a fare certe cose, a rispettare certi comportamenti, non perché ci credano e non perché sentano spontaneamente la necessità di adottarli loro stessi, ma perché così si deve fare, e perciò bisogna auto convincersi che così è anche giusto. In tal modo si insegna loro il servilismo: a obbedire agli ordini e a far sì che tali ordini sembrino una libera scelta individuale. Nell’altro caso, quello cioè di un bambino che abbia la fortuna di avere dei genitori non ancora impazziti di terrore, o una maestra non ancora impazzita di terrore, o un parroco non ancora impazzito di terrore, caso certo assai più fortunato, resta il fatto che quegli adulti gli dovranno insegnare la dissimulazione: cioè a rispettare le norme pur sapendo che sono balorde, insulse e immorali, e tuttavia a rispettarle, per quieto vivere e amor di pace. Questo è il male minore che si possa fare a un bambino, in questo momento e in questa situazione; ma è pur sempre un male. Dopo decenni di pedagogia libertaria, di educazione non repressiva, di tante belle chiacchiere sul diritto dei bambini a crescere liberi da obblighi e costrizioni, li stiamo ora sottoponendo a una pressione psicologica, e anche materiale, semplicemente pazzesca; e tutto quel che possiamo fare per difenderli dal mondo impazzito degli adulti è insegnar loro a obbedire, ma sapendo che si tratta di salvare le apparenze per non incorrere nelle sanzioni, e per il resto a considerare tutto ciò come un’assurda montatura, quale realmente è. E quindi, se all’ingresso di un supermercato un inserviente pretende che ci laviamo le mani col disinfettante, dobbiamo farlo, e obbligare anche i nostri bambini a farlo; se entriamo in una chiesa, per quanto ampia e semivuota, dobbiamo indossare la mascherina, e obbligare anche loro a far lo stesso; se andiamo in banca, dobbiamo sottoporci, all’ingresso, al rito della misurazione della temperatura, e far sì che anche i nostri bambini vi si sottomettano; se infine li dobbiamo accompagnare dal dentista, dovremo indossare le soprascarpe di cellophane, e farle calzare anche a loro, accettando tutte queste umiliazioni come qualcosa di normale. Ciò non resta senza effetti nella mente e nella coscienza dei bambini: qualcosa in loro, non la parte strettamente razionale, ma qualcosa d’intuitivo e di più profondo, percepisce che si tratta di forzature innaturali, di abusi e umiliazioni che vengono quotidianamente inflitti ai loro genitori, così come a tutte le altre persone: e si abituano a vivere dissimulando, come appestati che debbano tener nascosta la loro malattia, per non essere denunciati al tribunale della sanità e prelevati a forza dai monatti.

Concludendo. Dovremmo insegnare ai bambini a essere coraggiosi, e invece li stiamo terrorizzando. Dovremmo insegnar loro a essere sinceri, e invece li stiamo abituando a convivere colla menzogna. Dovremmo insegnar loro il piacere della socialità, e invece li stiamo rendendo dei solitari, degli asociali e degli scontrosi. Dovremmo insegnar loro la capacità di collaborare generosamente con gli altri, e invece li stiamo rendendo dei diffidenti e degli egoisti che pensano solo a se stessi. In breve, stiamo operando su di loro una vera e propria contro-educazione, che sovverte e capovolge tutti i principi sui quali dovrebbe fondarsi una vera azione educativa. Ma di che ci si dovrebbe stupire, poi? Viviamo da tempo in un modo alla rovescia: dove l’economia è una contro-economia, la scienza è una contro-scienza, la chiesa è una contro-chiesa, e così via di seguito. La verità è che da anni, da decenni, eravamo impazziti sotto l’effetto congiunto del buonismo idiota di matrice catto-comunista e del consumismo becero di matrice supercapitalista: ma la nostra pazzia era rimasta, per così dire, allo stato latente, come suole accadere finché le condizioni esteriori di esistenza procedono sui tranquilli binari di sempre. Ma poi è arrivata la pretesa pandemia da Covid-19, o per meglio dire, i signori oligarchi hanno deciso di farla arrivare: e allora ciò ch’era latente si è manifestato con forza, e la nostra pazzia è si è rivelata in tutta la sua portata devastante. Inutile dire che si tratta d’una pazzia lungamente coltivata e, al presente, pilotata con cura, per un preciso scopo.

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Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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