Gesù avrebbe potuto sposarsi come chiunque altro?
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2 Ottobre 2020Uno studio completo, documentato, ponderato, inoppugnabile, sulla grande cospirazione massonica volta ad instaurare un Nuovo Ordine Mondiale, è stato scritto più di cento anni fa; ma leggendone le pagine si ha l’impressione che sia stato scritto ieri, anzi oggi. Ne è stato autore un sacerdote che era anche uno storico accurato e un fine teologo, monsignor Henri Delassus (Estaires, dipartimento del Nord, 12 aprile 1836-Saméon, 6 ottobre 1921), canonico della diocesi di Lilla, implacabile avversario della democrazia cristiana e membro del Sodalitium Pianum organizzato da monsignor Umberto Benigni allo scopo di lottare sena quartiere contro il modernismo, il movimento condannato e scomunicato da san Pio X con l’enciclica Pascendi del 1907. Formatosi sotto il pontificato di Pio IX, anche se la maggior parte del suo ministero si svolse durante quello di Leone XIII, Delassus era uno di quei sacerdoti all’antica, nel senso migliore della parola, che prendevano il magistero della Chiesa con tutta la dovuta serietà, e quindi anche il Sillabo e l’enciclica Quanta Cura che condannavano punto per punto i capisaldi della modernità, la libertà di pensiero, il laicismo, la democrazia, il socialismo, tutte cose che oggi, e specialmente dopo il Concilio Vaticano II, sono state lasciate scivolare silenziosamente nell’oblio, come se non fossero mai state dette o come se Pio IX fosse stato un povero vecchio, amareggiato dalla perdita di un anacronistico potere temporale e ossessionato da complotti massonici che senza dubbio non esistevano, né sono mai esistiti. Ma è proprio vero? È vero che la massoneria non si stava organizzando, e che già allora era anzi fortissima, e si stava infiltrando vittoriosamente all’interno del clero, al fine di conquistare il suo vertice, avanzando un poco alla volta, con l’obiettivo a lungo termine di rovesciare dall’interno e distruggere il cattolicesimo? Ed è proprio vero che il Sillabo di Pio IX è un documento sorpassato, improponibile, che i cattolici di oggi devono ignorare e fare finta che non sia mai esistito, perché il solo prenderlo in considerazione equivarrebbe a far tornare indietro la Chiesa di duecento anni? Quei duecento anni di ritardo che secondo il cardinale Carlo Maria Martini (doppiamente discutibile, perché massone e perché i gesuiti non dovrebbero essere cardinali), la Chiesa doveva invece recuperare, onde mettersi finalmente al passo coi tempi nuovi, col progresso scientifico e tecnico e le altre acquisizioni della società moderna, prima fra tutte la cultura dei diritti individuali, da usare come una clava per estirpare ogni traccia della Tradizione.
Monsignor Delassus fu scrittore instancabile e prolifico, autore di una quindicina di testi molto impegnativi e, come oggi si direbbe, estremamente scomodi, perché mettevano il dito nella piaga della cospirazione anticattolica che trovava alimento anche all’intermo della stessa Chiesa, oltre che negli ambienti del giudaismo internazionale, portando prove e testi documentali che smentiscono totalmente la tesi che egli fosse affetto da quella sindrome che ai nostri giorni viene indicata, assai spregiativamente, con il nome di complottismo. Erano già allora testi scomodi perché, sebbene gli ultimi papi autenticamente cattolici, in particolare Leone XIII, Pio X e Pio XI, affrontasse con molta energia il modernismo e le altre correnti subdolamente ereticali, come l’americanismo e la democrazia cristiana, che si proponevano, per usare l’espressione di Ernesto Buonaiuti, di cambiare Roma con Roma, ossia di giungere a un’apostasia generale della fede cattolica non contro, ma per mezzo della stessa gerarchia cattolica, di fatto le simpatie di molti cattolici e di buna parte del clero andavano, sia pure con circospezione, piuttosto ai modernisti che a quelli che già allora venivano definiti, con evidente deformazione del linguaggio, tradizionalisti, mentre altro non erano che i difensori della cattolicità di sempre, alla luce della Tradizione e del magistero perenne. Insomma, già alla fine del XIX e al principio del XX secolo era di moda, presso gli ambienti curiali che contavano, e ancor più presso i salotti buoni della cultura laica e laicista, mostrare inclinazione per le tesi dei modernisti (tipico esempio: la stima e l’apprezzamento di cui godevano, anche nel mondo cattolico, intellettuali come Antonio Fogazzaro e Tommaso Gallarati Scotti, imbevuti di teosofia, antroposofia e professanti simpatie moderniste) e, nello stesso tempo, disprezzo e aperta ostilità per quei cattolici che rifiutavano tali novità e si mostravano intransigenti nella difesa della dottrina e della fede, in tutta la loro purezza. Il fatto che la lotta antimodernista si fosse praticamente conclusa con la morte di Pio X, nel 1914, anche perché i modernisti ebbero l’astuzia di ripiegare in buon ordine e fingere di rientrare nei ranghi, inquinando, in realtà, con un lento lavorio sotterraneo, l’autentica dottrina, poté dare l’impressione che la crisi fosse stata superata, mentre è vero il contrario: che essa stava fermentando nel chiuso e che sarebbe riesplosa non appena si fossero presentate le condizioni favorevoli. Giovani sacerdoti come Roncalli e Montini, i futuri pontefici Giovanni XXIII e Paolo VI, protagonisti del Concilio Vaticano II, simpatizzavano con Buonaiuti, di cui Roncalli era amico personale, nonché con Romolo Murri, e si facevano affiliare alla massoneria. Invece i sacerdoti che si erano battuti per l’ortodossia, al fianco di san Pio X, come i fratelli vicentini Scotton, tre vecchi preti di quelli che non si fanno incantare dalle sirene di rivoluzionari travestiti da innocui riformisti, subirono a loro volta una vera e propria persecuzione da parte di quei vescovi che, per un momento, avevano tremato sotto la reazione antimodernista ed erano pieni di rancore per essere stato sospettati di simpatie moderniste, o di non aver fatto nulla per difendere i loro seminari dall’infiltrazione modernista, e adesso cercavano vendetta, sfogando la paura e la rabbia accumulate col fare mille dispetti e infliggere ogni sorta di umiliazioni a quelli che avevano denunciato le loro segrete connivenze.
Fra i libri più significativi scritti da monsignor Delassus possiamo ricordare L’Américanisme et la conjuration antichretienne, del 1898; L’Encyclique "Pascendi Dominici Gregis" et la démocratie, del 1908; La Conjuration antichretienne, le temple maçonnique voulant s’élever sur les ruines de l’Église catholique (in tre volumi), del 1910; La Question Juive, del 1911; Le pourquoi de la Guerra Mondiale, réponses de la justice divine, de l’histoire, de la bonté divine (anche questo in tre volumi), del 1919-22. Spicca però fra tutti, per sorprendente attualità e per lucidità di analisi e capacità di collegamento dei fatti, Le Problème de l’heure présente, avec una republication du document "Les istructions permanentes de la Haute-Vente, pubblicato nel 1904 in due volumi, e in seguito ristampato anche in anni recenti, compresa una traduzione in lingua italiana curata nel 2015 dalla benemerita Casa Editrice Effedieffe, sempre in due volumi come l’originale francese, oltre che consultabile in versione informatica (https://www.rassegnastampa-totustuus.it/cattolica/wp-content/uploads/2017/12/IL-PROBLEMA-DELL-ORA-PRESENTE-vol-I-H.Delassus.pdf). Ed è da quest’ultima che traiamo le seguenti citazioni:
Uno dei membri dell’Alta Vendita ci spiegò, l’abbiamo inteso, in qual modo possa avvenire che taluni membri del clero si lascino sedurre dal liberalismo, dal democratismo e da altre produzioni del massonismo. "Si persuadono – egli dice – che il cristianesimo sia una dottrina essenzialmente democratica". Questa persuasione non è punto nuova, e se vuolsi risalire alla sua origine, si trova che essa ha per primi autori Weishaupt e Knigge, i due uomini che hanno dato alle società segrete l’ultimo e decisivo impulso, quelli che hanno loro tracciato il fine ultimo che esse devono sforzarsi di conseguire: la distruzione del cristianesimo. (vol. 1, p. 200)
Abbiamo inteso che G. de Maistre disse all’imperatore Alessandro I come egli vedeva gli Ebrei trarre partito dalle società segrete, le quali aveano per fine la distruzione di tutti i troni e di tutti gli altari. Vedemmo l’ebreo Crémieux fondare l’Alleanza Israelita Universale, colla missione di penetrare in tutte le religioni e in tutti i paesi, di adoperarsi per far cadere tutte le barriere: quelle che separano i popoli e quelle che separano le Chiese, a fine di giungere a stabilire una Gerusalemme di nuovo ordine che si sostituirebbe alla doppia città dei Cesari e dei Papi, e costruirebbe il più vasto e più meraviglioso dei templi, un Tempio le cui pietre son vive e dotate di pensiero. La religione americana non è dessa, nel pensiero degli Ebrei dirigenti, l’abbozzo di questa religione umanitaria? Abbiamo veduto, fin dal principio, certi Ebrei occupati a farla nascere, e abbiamo trovato degli Ebrei in tutte le fasi del suo svolgimento. È un Ebreo, figlio di rabbino, Adler, che fondò, nell’antico come nel nuovo mondo, le società di cultura morale. È altresì un Ebreo che ha fondato l’associazione dei Cogitanti per preparare "la religione dell’avvenire". Ed ecco un Ebreo di Francia, Louis Lévy, rabbino di Digione, che, in uno scritto pubblicato nel 1904, ci dà di questa "religione dell’avvenire" l’idea più precisa e più completa. Egli intitola il suo opuscolo: Una religione razionale e laica: La religione del XX secolo, e le dà per epigrafe questo motto di Darmesteter: "La religione del secolo XX nascerà dalla fusione del profetismo (giudaico) e della scienza". Eccone la conclusione: "Il giudaismo, non proponendo alcuna credenza che l’intelligenza la più libera non possa accettare, facendo che tutto lo sforzo si porti verso il più alto sviluppo dell’ "umanità" tutt’insieme individuale, sociale e cosmica (?), soddisfa alle esigenze più severe della scienza e della coscienza contemporanea. Fin d’allora, il giudaismo può e deve divenire la religione del XX secolo. Gli basterà spogliarsi delle pratiche, delle istituzioni e costumanze ch’ebbero la loro ragion d’essere in altri tempi e sotto altre latitudini, ma che oggi sono fossilizzate, e, per conseguenza, sono un ingombro ed un impaccio. Il giudaismo così sbarazzato di tutto questo legno morto sarà una religione razionale e laica". Per autorizzare queste prime iniziative, Lévy cita queste parole di Salvador tratte dal libro: Paris, Rome, Jérusalem; "L’èra di mezzo è dunque finita, incomincia l’èra novella. Essa incomincia con una distruzione, ma deve terminare con una ricostruzione": distruzione dei cristianesimo, costruzione sulle sue rovine della religione umanitaria. (vol. 1, p. 269).
La legittima conclusione di tutto ciò che precede si è che esiste in progetto e in via di formazione una religione nuova, religione dell’avvenire, dicono gli uni, religione del XX secolo, dicono i più impazienti, religione detta americana, perché ha avuto in America le sue origini, il suo sviluppo e gli zelatori che vogliono introdurla in Europa, religione umanitaria, per il fine che si propone, che è di sostituire l’uomo a Dio. Società numerose ed attive si sono formate a questo scopo, e noi le abbiamo incontrate da per tutto; la Società di coltura morale, quella dei cogitanti, quella delle Unioni cristiane della gioventù, quella dell’Unione per l’azione religiosa e morale, ecc. I loro membri sono imbevuti di queste due idee: 1° che una religione assolutamente universale deve stabilirsi sulle rovine di tutte le religioni, e ciò mediante l’abbassamento delle barriere e l’abolizione dei dogmi; 2° che questa religione universale dev’essere una religione sociale, una religione umanitaria, una religione di progresso umano, che giunge sino a procurare all’uomo il paradiso sulla terra. (Queste idee, i soci le propagano nel pubblico e preparano l’opinione a desiderare il nuovo ordine di cose. Il tipo di questa religione sociale si trova già esistente e in esercizio nelle "Chiese instituzionali" dell’America. Le opere sociali e umanitarie vi costituiscono la maniera d’essere di queste Chiese, la vita della parrocchia; esse non sono subordinate all’opera ecclesiastica, all’opera santificatrice; non sono un aiuto alla religione, ma sono la religione stessa, la religione umanitaria. (vol. 1, pp. 283-84)
Ci dispiace di non poter dare che questo piccolissimo saggio della vasta e meticolosa opera di monsignor Delassus; ma possiamo garantire che la lettura integrale compensa la fatica del ricercatore. È sorprendente, quasi sconcertante, il fatto che egli avesse visto e compreso tutto, più di un secolo fa: avesse visto all’opera quelle tecniche di penetrazione della massoneria, e che avesse capito chi si nascondeva dietro di esse, ai più alti vertici dell’intera operazione. In pratica, è come se, leggendo Il problema dell’ora presente, si leggesse un’esposizione completa e ragionata di quel che poi, in questi ultimi cento anni, è puntualmente accaduto. In particolare, ben si comprende cosa sia stato veramente il Concilio Vaticano II, e ci si rende conto perché in esso si respiri un’atmosfera diversa da quella di tutti gli altri concili della storia della Chiesa. Appare evidente, dopo aver letto e meditato l’opera di Delassus, che quel concilio è stato, in effetti, un conciliabolo di massoni asserviti a una centrale ebraica; i quali furono così abili e sfrontati da strumentalizzare l’intera assise, i cui membri, senza dubbio, erano per la maggior parte ignari del complotto; ma che pur essendo ignari, questi ultimi erano nello stato d’animo giusto per accogliere con favore quasi qualsiasi novità, dato che una propaganda sotterranea e incessante li aveva persuasi che ormai la Chiesa fosse vecchia, pietrificata, incapace di confrontarsi con il mondo, a meno di operare in se stessa un profondissimo rivolgimento. Se ci si pone di fronte al Vaticano II come di fronte a tutti gli altri concili, non si riesce a cogliere la sua intima essenza: perversa e deliberatamente rivolta all’auto-demolizione della Chiesa, dietro la maschera del dialogo, della concordia, dell’inclusione, ecc. Del resto, basterebbe un minimo di obiettività sul piano strettamente storiografico; né si è mai visto un concilio puramente pastorale, come esso pretese di essere, ma in realtà col segreto intento di scardinare lentamente e insensibilmente l’intera prospettiva della fede, né un "buon" concilio avrebbe potuto dare dei frutti così cattivi, come si vide subito (e per ammissione dello stesso Paolo VI!), senza neanche dover attendere qualche anno per verificare gli effetti delle sue tanto decantate riforme. Il crollo delle vocazioni, gli abusi liturgici, la confusione dottrinale, furono pressoché immediati. Come non trarre le conclusioni, di fronte allo spettacolo dei seminari improvvisamente svuotati e dell’immediato avanzare di tesi teologiche chiaramente eretiche, come quelle di Rahner, Küng, Schillebeeck, culminate nella pubblicazione dell’eretico Nuovo Catechismo Olandese, il quale già prefigurava un’altra religione, diversa da quella cattolica, se solo si avesse avuto il coraggio di guardar le cose in faccia e di chiamarle con il loro vero nome? E come non vedere che uomini lungimiranti, come san Pio X, avevano visto per tempo il pericolo ed erano corsi ai ripari, cogliendo quel che di maligno, di satanico, si celava nelle tesi, apparentemente moderate e ragionevoli, della setta modernista, a suo tempo accolte con larghe sebbene nascoste simpatie da tanta parte dell’episcopato? Quello stessi episcopato che, costretto a rientrare nei ranghi dalla forte azione di Pio X, e poi dei suoi successori, fino a Pio XII, riemerse e si prese la rivincita a partire dal 1958, in particolare col rifiuto degli schemi preparatori conciari del cardinale Ottaviani, e con la pretesa — rivoluzionaria, ma avallata da Giovanni XXIII — di riscriverli di sana pianta, quando in realtà la fazione modernista li aveva già riscritti, e, quel che è peggio, li aveva riscritti sotto dettatura della massoneria e particolarmente dell’ebraico B’Nai B’rith, in segreto e in tutt’altra sede che la Città del Vaticano, e li aveva tenuti pronti per adoperarli quando si fosse presentata l’occasione giusta, cioè quando fosse stato convocato un concilio "secondo i loro desideri", e sotto un pontefice "secondo i loro desideri". E il fatto che la cosiddetta riforma liturgica postconciliare, tanto celebrata dai cantori di quella stagione, sia stata pensata, voluta, attuata, da un arcivescovo sicuramente massone, Annibale Bugnini: neppure questo è sufficiente ad aprire gli occhi ai cattolici odierni, e a mostrare loro quanto avessero ragione le voci isolate di sacerdoti antivedenti, come monsignor Delassus? Voci che, a suo temo, erano state accolte con sufficienza e quasi con fastidio da gran parte del clero, come sfoghi di "complottisti" ossessionati dalla massoneria.
L’atteggiamento di moltissimi cattolici, che pure hanno visto i guasti micidiali recati nella vita della Chiesa dal Concilio, ragionano più o meno così – e questa è stata, ad esempio, anche la posizione di uno scrittore del valore di Vittorio Messori: un concilio regolarmente indetto (ma è proprio questo il punto…) è un concilio, vale a dire un evento sacro; Dio non lo permetterebbe se non fosse divinamente ispirato; dunque, noi dobbiamo credere che lo Spirito Santo fosse presente nelle assise del Vaticano II, anche se a volte ci sembra difficile ammetterlo in base alla nostra personale intelligenza. Come si vede facilmente, questo però è un falso ragionamento, perché le conclusioni sono già implicite nelle premesse: se un concilio è divinamente ispirato… Ma come può Dio avere ispirato dei vescovi e cardinali massoni, i cui piani e i cui scopi erano, evidentemente, ben diversi da quelli dichiarati, ossia il bene della Chiesa e soprattutto la salvezza delle anime? E come ammettere che il Vaticano II si sia adoperato per la salvezza delle anime, se in due dei suoi documenti più importanti, la Dignitatis humanae e la Nostra aetate, afferma esplicitamente, o lascia intendere in maniera non equivoca, che la salvezza è aperta a tutti, cattolici e non cattolici, e che, in particolare, è aperta agli ebrei, anche se non si convertono, anche se non ripudiano i loro errori e anche se non accettano Gesù Cristo come il Messia che attendevano, e il Salvatore del mondo? È chiaro che non si possono conciliare le due cose: l’affermazione della libertà religiosa da una parte, e la preoccupazione per la salvezza delle anime dall’altra. Il vero magistero ha sempre insegnato che non c’è salvezza fuori della Chiesa; e non lo ha insegnato a capriccio, per puro spirito di ottusità e di grettezza, come oggi molti pretendono, ma basandosi sulle parole e sull’azione esplicite di Gesù Cristo: Andate in tutto il mondo a battezzare e predicare il Vangelo: e chi crederà sarà salvo, ma chi non crederà, sarà condannato… E dunque, cari amici riformisti e neomdernisti, queste sono le Parole stesse di Gesù: volete "riformare" pure quelle?
Fonte dell'immagine in evidenza: RAI