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Gesù avrebbe potuto sposarsi come chiunque altro?

Gesù non era sposato, o almeno così pare, tuttavia avrebbe potuto esserlo benissimo: non c’è alcuna ragione teologica per cui non avrebbe potuto amare una donna, prendere moglie e anche avere da lei dei bambini. Questo è quanto sostiene il biblista e teologo friulano Rinaldo Fabris (Pavia di Udine, 1° dicembre 1936-Pagnacco, 9 ottobre 2015), il quale, a commento del libro-scandalo scritto a quattro mani dal canadese Barrie Wilson e dall’immancabile "fratello maggiore" Simcha Jacobovici The Lost Gospel, basato su un controverso manoscritto siriaco del 570 d.C. ove pare che Cristo si rivolga a Maria Maddalena come alla sua sposa — tesi vecchia e stravecchia, come ben sanno quanti hanno avuto la sfortuna di leggere il noioso romanzo di Dan Brown Il Codice Da Vinci, o di vedere il film, tranquillamente ha detto (https://sites.google.com/site/centrostudismmaddalena/home/alateia-insiste-con-falsita-contro-gesu-che-sarebbe-sposato/rinaldo-fabris-the-lost-gospel):

In realtà, il problema della difficoltà ad accettare un matrimonio di Gesù non dipende da motivi dogmatici. Se fosse stato sposato e avesse avuto figli non ci sarebbe nulla di strano per la fede cristiana. Tutto sommato è uno stato di incarnazione lo sposarsi ed avere figli, ed è la storia della gran parte degli esseri umani.

È, questo, un modo di procedere tipico delle ultime generazioni di biblisti e teologi simpatizzanti per il modernismo: non si mettono mai in urto frontale, assumendo una prospettiva dogmatica e dottrinale, con le tesi dissacranti degli autori anticristiani, per quanto in malafede essi siano. Per carità: bisogna dialogare con tutti, come insegna il Concilio Vaticano II; invece si credono astuti nel rifugiarsi dietro una difesa di tipo storico, come se dicessero: Vedete? Noi non siamo bigotti; non ci scandalizziamo di nulla; solo, voi non potete dimostrare le vostre affermazioni sul terreno dei fatti. Provateci ancora, studiate, scavate meglio, e poi, quando avrete qualcosa di più concreto, ne riparleremo volentieri con voi, perché in linea di massima non abbiamo pregiudizi. In questo caso, dice padre Fabris, alla domanda secca: «Gesù aveva moglie»?, risponde, senza batter ciglio e con l’aria dell’uomo di mondo: «E perché no? Avrebbe potuto averla, senza dubbio. Non prendevano moglie tutti quanti, in fin dei conti? Solo che allo stato attuale delle cose, ciò non risulta; non ci sono delle prove storiche convincenti in proposito». Che modernità, che eleganza: così si risponde a quei signori, restando sul loro stesso terreno. Perché invocare argomenti dottrinali sarebbe pacchiano, provinciale, obsoleto: sarebbe un’imperdonabile caduta di stile. Il tempo dei dogmi è finito; ora è tempo di dialogare con tutti, specialmente coi non cattolici e i non credenti. Dopotutto, si tratta di seguire le orme del Maestro: forse che Gesù Cristo non è venuto per tutti? Nossignore; non è venuto per tutti. È venuto solo per quelli che sarebbero stati disposti ad accogliere la sua Parola e non per quelli che, dopo averla conosciuta, la disprezzano e la rifiutano. Come possiamo dire una cosa del genere, ci chiedete? Semplice: perché è il concetto espresso da Gesù in Persona, parlando della propria missione (Gv 3,16-21):

Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio

E allora, vediamo se è proprio vero che Gesù avrebbe potuto benissimo essere sposato.

Scrive dunque don Fabris nella sua monografia dedicata a san Paolo, Tutto per il Vangelo (Edizioni San Paolo, 2008, pp.17-18):

Nel quadro della personalità di Paolo rientra anche la sua condizione di "non sposato". Nella prima lettera ai Corinzi ai cristiani sposati dice: "Vorrei che tutti fossero come me; ma ciascuno ha il proprio dono da Dio, chi in un modo, chi in un altro. Ai non sposati e alle vedove dico: è cosa buona per loro rimanere come sono io…" (1 Cor 7,6-8). Quando Paolo detta queste righe non è legato da vincolo matrimoniale o perché non si è mai sposato, oppure perché è vedovo o separato. Stando a quanto scrive ai coniugi cristiani separati e a quelli che sono sposati con un non credente, è plausibile l’ipotesi che si sia separato dalla moglie dopo la sua adesione alla fede cristiana e l’impegno di missionario itinerante.

L’ipotesi che Paolo fosse sposato prima della sua esperienza di Damasco si basa sul fatto che per un giudeo osservante d’indirizzo farisaico com’è Paolo è ovvia la scelta di sposarsi all’età prevista. Del resto questa è la condizione considerata normale per il gruppo dei dodici e degli altri missionari, dei quali Paolo menziona il caso di Cefa-Pietreo e dei fratelli del Signore (1 Cor 9,5).

Davvero, leggendo pagine come questa si resta allibiti. Sono questi i pastori della Chiesa cattolica, i biblisti, i teologi che illuminano la fede del popolo? La cosa è tanto più incredibile se si pensa che la generazione di don Fabris è quella che ha fatto i suoi studi in seminario e nelle facoltà teologiche, ed è stata consacrata al sacerdozio, prima del Concilio Vaticano II: il che significa che si è adattata prontamente, con perfetto camaleontismo, a una impostazione liturgica e pastorale e ad una lettura dottrinale che rompono con tutto il precedente magistero. Dunque, secondo don Fabris, Paolo era stato probabilmente sposato prima di convertirsi a Cristo; dopo di che, o era rimasto vedovo o si era separato per dedicarsi alla sua nuova vocazione. Ma in quali seminari, in quali facoltà teologiche ha studiato questo sacerdote? Dove ha letto che i discepoli di Gesù si separavano per meglio adempiere alla loro missione? Certo, si distaccavano dalle loro famiglie: ma la separazione è un’altra cosa. A meno che qui si giochi sul doppio significato della parola, per dare a intendere che quella (supposta) separazione sia stata un divorzio, e non una separazione puramente fisica, che non implica in alcun modo la rottura del vincolo coniugale. L’uomo non separai ciò che Dio ha unito, dice Gesù, interrogato sul divorzio, nella maniera più netta ed esplicita. E che qui si voglia giocare con le parole, ci sembra evidente dalla frase: Quando Paolo detta queste righe non è legato da vincolo matrimoniale (…). È plausibile l’ipotesi che si sia separato dalla moglie dopo la sua adesione alla fede cristiana e l’impegno di missionario itinerante. Una eventuale separazione materiale non implica in alcun modo la rottura del vincolo matrimoniale. Don Fabris si è forse scordato che cos’è il Matrimonio, ossia un vincolo sacro, un Sacramento, come tale confermato da Gesù, contratto fra tre soggetti: l’uomo, la donna e Dio? E dunque come potrebbe un discepolo di Cristo intraprendere il discepolato andando contro un esplicito comandamento del Signore? Gesù non ha mai imposto, e neppure suggerito, a Pietro o ad alcun altro discepolo, di rompere il sacro vincolo matrimoniale con la propria moglie: a meno di voler trasformare Gesù in un predicatore di empietà, oltretutto in lampante contraddizione con Se stesso. Ad ogni modo, mentre nei Vangeli si parla della moglie di Pietro, negli Atti e in tutto gli altri libri del Nuovo Testamento non si parla mai di una moglie di Paolo; e questo a noi sembra che sia già di per sé un argomento, a meno di voler fare la storia con le supposizioni meramente gratuite. Ma che dire dell’ultima espressione sui "fratelli del Signore"? La Chiesa ha sempre insegnato, anche sulla base di elementi filologici, che quei "fratelli" non erano tali, bensì cugini; ed ecco il Nostro uscirsene, come nulla fosse, a parlare dei fratelli di Gesù. Certo, con la riserva mentale di nascondersi eventualmente dietro il comodo paravento della traduzione letterale del testo evangelico, e aggirando così secoli e secoli di Tradizione. L’obiettivo non dichiarato è sempre lo stesso; abbassare la figura di Gesù, umanizzare al massimo la figura dei discepoli, e naturalmente umanizzare anche la figura di Maria: non più Vergine e Madre di Dio, ma una "ragazza", come dice ora Bergoglio, come tutte le altre, nonché una meticcia, e per giunta una donna che dubitava, fino ai piedi della Croce, di essere stata presa in giro dalle promesse del Padre celeste. E invece no. Gesù non avrebbe potuto sposarsi, perché era sì vero uomo, ma anche vero Dio: e non era venuto nel mondo per vivere la vita di tutti gli altri uomini, ma per instaurare la nuova e definitiva Alleanza fra gli uomini e Dio, che oltrepassava e scioglieva l’antica; e tanto più l’avrebbe oltrepassata e disciolta stante l’ostinata incredulità ed avversione di coloro ai quali per primi era venuto ad annunciarla: i giudei. Gesù, inoltre, non poteva sposarsi anche perché non apparteneva a questo mondo, ma esisteva prima che il mondo fosse creato: è articolo di fede, e lo ripetiamo ogni qualvolta recitiamo il Credo:

Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal Cielo, e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo.

E ancora, al termine dell’Ultima Cena, nel momento più solenne della sua missione terrena, così Gesù prega il Padre suo (Gv 17,5): E ora, Padre, glorificami davanti a Te, con quella gloria che avevo presso di Te prima che il mondo fosse. E di nuovo, subito dopo (id 17,24): Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con Me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato; perché Tu mi hai amato prima della creazione del mondo. Ora, se Gesù esisteva da prima che il mondo fosse creato; se, anzi, ogni cosa è stata creata per mezzo di Lui; se nessuno può venire al Padre se non per mezzo di Lui (cfr. Gv 14,6); se è sceso dal Cielo per noi uomini e per la nostra salvezza: non è forse ridicolo, assurdo, e quasi blasfemo, immaginare un Gesù che viene nel mondo per prendere moglie, come se fosse venuto per vivere una vita qualsiasi; ma poi si accorge di non poter conciliare le due missioni, quella di marito e di padre e quella di Salvatore dell’umanità, e si riprende la sua libertà, fra l’altro contraddicendo il proprio insegnamento?

Quanto a san Paolo, la linea di ragionamento è la stessa, anche se san Paolo è un semplice uomo. Un uomo, tuttavia, che ha ricevuto una chiamata specialissima direttamente da Gesù Cristo, quella di continuare e sviluppare la sua missione, predicando il Vangelo a tutti i popoli, mentre san Pietro e gli altri apostoli insistevano a tentare, ma con ben scarsi risultati e anzi incontrando una fortissima resistenza, di convertire i giudei. Abbiamo già visto perché è assurdo ipotizzare, del resto gratuitamente, che Paolo fosse sposato e separato proprio a motivo della sua missione. La maggior parte degli ebrei, specialmente dei farisei, prendeva moglie per avere dei figli? Benissimo: ma, come Léon Bloy, a un giovane giornalista che voleva intervistarlo e che aveva iniziato il discorso con le parole: Tutti quanti…, rispose: Giovanotto, io non sono "tutti": io sono Léon Bloy, anche san Paolo potrebbe rispondere a questi moderni biblisti in odore di modernismo: Cari miei, io non sono "tutti": io sono Paolo di Tarso. Il loro intento è evidente: abbassare, appiattire, normalizzare la fede, sottolineando al massimo il lato umano nella vita dei Santi e minimizzandone la dimensione soprannaturale; e inoltre, con l’argomento ipocrita che anche il matrimonio cristiano è un missione (il che è verissimo), porre sullo stesso piano, come fanno i protestanti, il sacerdozio e lo stato laicale (il che è falsissimo).

Lo stesso schema essi applicano alla Vergine Santissima. Se era una "ragazza come tutte le altre", certamente in cima ai suoi desideri c’era il matrimonio per creare una famiglia insieme al suo sposo. Il piccolo, insignificante dettaglio che le venne annunciato da un Angelo del Signore che sarebbe stato lo Spirito Santo a farle generare un Figlio, per quei signori sposta di pochissimo i termini della questione. Se ella voleva dei figli, dei figli da un uomo in carne e ossa, avrà certo "rimediato" a quel primo parto miracoloso, che l’aveva lasciata vergine, con altri, dai quali nacquero i "fratelli" di Gesù. Tutto bene, allora? Certo: per quei signori, le cose devono essere andate così. Perché, proprio come Lutero e i protestanti, odiano la Madre di Dio, pur se non osano dirlo apertamente. Per questo lavorano sott’acqua a indebolire e far crollare le basi stesse della nostra fede. Una parola qui, una là, a partire dal Concilio si permettono ogni sorta d’insinuazione ed eresia: prima, non avrebbero osato.

Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Chad Greiter su Unsplash

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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