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Dobbiamo prepararci a difendere la nostra umanità

Quel che sta accadendo nel mondo con la falsa pandemia da Covid-19, e specialmente in un Paese pilota come l’Italia, scelto appositamente quale laboratorio dalla élite finanziaria mondiale, non solo sta cambiando la nostra percezione della realtà, ma sta per cambiare tutto il nostro modo di vivere, di stare al mondo e di essere uomini. Inoltre, dobbiamo presumere che tale cambiamento non sarà transitorio, ma definitivo, o quanto meno che ci attendano lunghi anni di guerra su tutti i fronti: psicologico, economico, scientifico, sanitario, politico, giuridico, filosofico, esistenziale, religioso. In altre parole, dobbiamo prepararci a qualcosa di molto simile a un mondo catastrofico, di crisi permanente, arresto dello sviluppo produttivo, contrazione della civiltà, rapidissimo rimescolamento razziale e instabilità e incertezza strutturali, tanto nella sfera economica e politica che in quella della vita privata. Non vi sarà più certezza su nulla: né di ricevere lo stipendio o la pensione a fine mese, perché lo Stato potrebbe confiscarli; né di rivedere a mezzogiorno il figlio che si è accompagnato all’asilo alle otto, perché la scuola potrebbe decidere di affidarlo all’autorità sanitaria, avendogli riscontrato qualche linea di febbre; né di pianificare viaggi, perché i trasporti potrebbero essere sospesi, chiuse le frontiere, interdetti gli alberghi, ecc.; e neppure di poter celebrare un matrimonio o assicurare un degno funerale ai propri cari. Milioni di piccole aziende e di piccoli commerci falliranno, senza indennizzo né sostegno da parte dello Stato, perché chi è contagiato deve ritenersi colpevole del proprio male e, per dovere civico, farsi da parte e mettersi in quarantena, ma in quarantena non andranno le cambiali con le banche, le tasse da pagare al fisco e le bollette per i servizi energetici. Questo causerà la rapida scomparsa del ceto medio, che poi è il vero obiettivo della élite finanziaria: si creeranno milioni di disoccupati, disposti ad accettare qualsiasi tipo d’impiego, anche in nero; anche anti-igienico, con frequenti incidenti sul lavoro e alta probabilità di contrarre malattie; anche eccedente di molto il massimo delle ore stabilite per legge; anche anti-sindacale (donne in stato di gravidanza avanzato, minorenni e perfino bambini lavoratori, come già da tempo avviene nel Terzo Mondo). Insomma, si riproporrà la stessa situazione dei tempi della prima Rivoluzione industriale, nel XIX secolo: ma questa volta non ci sarà niente e nessuno dalla parte degli operai, nemmeno le loro stesse organizzazioni, perché chiunque avrà conquistato un posto di lavoro, per quanto precario e malpagato, lotterà con le unghie e coi denti per conservarlo e non vorrà mai e poi mai metterlo a rischio in alcun modo.

Dal punto di vista religioso, un nuovo dio, terribile e onnipotente, già si profila al di sopra di questo paesaggio di rovine: il dio della Scienza, che premia e castiga, che atterra e che consola. E a riconoscere la sua supremazia è stato, fin da questi mesi, proprio il clero del vecchio Dio, ossia il clero cattolico. Sostituendo l’amuchina all’acqua santa, abolendo la santa Messa per mesi e mesi, annullando i funerali cristiani, imponendo mascherina e distanziamento fin sui banchi delle chiese, adottando i guanti per la somministrazione del Corpo di Cristo, privando il popolo dei fedeli del conforto e dell’assistenza religiosa, delle benedizioni domestiche, delle visite agl’infermi, del sacramento della Confessione, e col sedicente papa Bergoglio che annuncia la sospensione di tutti i suoi viaggi apostolici per i prossimi due anni, o comunque fino a quando non sarà disponibile un vaccino efficace, ebbene questo clero codardo, pusillanime, imbelle e senza fede si è squalificato da sé, e ciò dopo aver rintronato gli orecchi dei fedeli con il querulo e stucchevole ritornello della chiesa in uscita, dei ponti da gettare, dei muri da abbattere, dei pregiudizi da vincere, dell’accoglienza e dell’inclusione; ritornello che, peraltro – colmo della contraddizione e del paradosso — non cessa neppure ora di somministrare in dosi quotidiane, ma rivolgendo sempre il discorso sui migranti, e tacendo sui poveri di casa nostra, sui soli, sugli scoraggiati, sui disperati dei quali nessuno si prende cura, anche perché pochi sono disposti ad ammetterne l’esistenza. Esistenza che, di per se stessa, è la più lampante smentita dell’onnipotenza del nuovo dio, il dio della Scienza, che salva i corpi e rassicura gli animi di quanti si affidano interamente a lui.

La cosa più triste, però, e anche la più pericolosa, è l’attacco che fin da ora viene sferrato contro il nostro buon senso, la nostra intelligenza, e contemporaneamente contro la nostra socialità e la nostra affettività. Quando si vedono moltissime persone che seguitano a indossare la mascherina anche per la strada, anche guidando l’automobile, e che s’inquietano e si alterano se, in un negozio o in una chiesa, qualcuno non la porta, o non la tiene a coprire perfettamente il naso e la bocca, si comprende quale danno incalcolabile, e forse irreparabile, sia stato inferto al buon senso e all’intelligenza, laddove fior di medici hanno spiegato in tutte le lingue che la mascherina non serve più a nulla, posto che sia mai servita a qualcosa, e che semmai fa malissimo e produrrà milioni di malati, in quanto costringe le persone a respirare, per molte ore al giorno, la propria aria viziata, satura di anidride carbonica. E quando si costringe un bambino di quattro, cinque o sei anni a recarsi all’asilo o a scuola indossando l’inutile e dannosa mascherina, ammonendolo a stare lontano dai compagni, a non toccarli o farsi toccare, a non sedersi mai sulla sedia di un altro, a non scambiarsi penne o quaderni, a farsi misurare la temperatura corporea tutte le mattine, con la prospettiva di essere portato fuori dalla classe, e forse consegnato ai medici, che non lo ricondurranno a casa, dai genitori, ma forse lo trasferiranno direttamente in ospedale, in isolamento; e gli si insegna che non deve andare a trovare i nonni, che non deve abbracciarli e baciarli, che non parteciperà ai loro funerali, se nel frattempo dovessero ammalarsi e morire (morire di cosa? ma di Covid-19, ovviamente: si muore forse di qualcos’altro, dal mese di febbraio in poi?), ebbene si creano le condizioni per deviare irreparabilmente il suo sviluppo emotivo e psicologico, per fargli introiettare ogni sorta di mania e di paura. Insomma per trasformarlo in un ipocondriaco, in un nevrotico, in un ossessivo-compulsivo, asociale, anaffettivo, semi-autistico, ancor più ripiegato su computer e telefonino, ancor più risucchiato dalla televisione e dai videogiochi e ancor più distaccato e allontanato dalla vita vera, in cambio di una realtà virtuale che non è vita, ma un incubo permanente ad occhi aperti.

Dobbiamo quindi attrezzarci per una lunga guerra, la cui posta in gioco è la difesa e la conservazione della nostra stessa umanità. Nelle guerre del passato, quelle combattute con le armi, per quanto dure potessero rivelarsi, per quante sofferenze infliggessero alle popolazioni, mai si era giunti a tanto: mai era stata minacciata la sopravvivenza del senso di umanità degli esseri umani. Passati i furori della lotta, i popoli tornavano alle loro precedenti attività, sgombravano le macerie, ricostruivano case e fabbriche, mettevano su famiglia, tornavano a vivere. In questa guerra si rischia di perdere ogni senso di umanità e per giunta di non saper più usare il buon senso e l’intelligenza, di non aver più alcuna voglia di creare una famiglia e fare dei figli; di ricostruire le attività produttive cancellate dalla crisi, di cercarsi un nuovo lavoro, di puntare a una qualsiasi indipendenza economica. Molti vedranno nel reddito di cittadinanza, misero e insufficiente, ma comunque relativamente sicuro, il solo obiettivo da porsi per sopravvivere: un po’ come al tempo del panem et circenses degli antichi romani. L’equivalente dei circenses sarà quanto offertoci da mamma tivù e dalle meraviglie dell’informatica: quanto basta per evadere dalla squallida e insopportabile realtà e rifugiarsi nel paese dei sogni. Dal punto di vista politico, il regresso sarà altrettanto impressionante: la fiducia della gente, ridotta a una plebe dispersa, atomizzata e spaventata a morte, andranno agli statisti e ai governatori delle regioni, forse anche ai sindaci, i quali, sfruttando spregiudicatamente la falsa pandemia per apparire ogni santo giorno in televisione, per mesi e mesi, sono entrati a tal punto nell’immaginario collettivo, adornati e trasfigurati da un alone così rassicurante, per non dire salvifico, da apparire poco meno che dei semidei. E così la gente è sempre più disposta a barattare la propria libertà, i propri diritti più essenziali (non parliamo dei diritti artificiali, assurdi e grotteschi, rivendicati da certe minoranze per ragioni ideologiche) in cambio di un illusorio senso di sicurezza e di protezione: anche se il pericolo non è reale, non è quale lo descrivono i mass-media, e soprattutto anche se vi sono pericoli ben più gravi e reali, a cominciare dalla cattiva sanità (50.000 decessi l’anno nei patri ospedali dovuti a infezioni contratte dai degenti), e non tacendo gli abusi dei servizi sociali che, da anni, sottraggono i figli a dei genitori normalissimi, con pretesti d’ogni sorta, per darli in affido a famiglie estranee, e ciò in omaggio a un’idea aberrante della genitorialità e della famiglia stessa.

In queste condizioni, la cosa più importante sarà, anzi lo è già da adesso, riuscire a conservare il proprio equilibri psicologico, affettivo, emozionale, intellettuale, morale, in un modo impazzito, popolato da pazzi furiosi che trattano da pazzo o da criminale chi non si adegua, non si uniforma, non mostra di condividere al cento per cento le follie della narrazione ufficiale e delle relative imposizioni a carattere "sanitario". Non solo: bisogna anche aiutare i bambini, i nostri figli, i nostri studenti, a conservare il loro equilibrio, a conservare i loro sogni e la spensieratezza, insieme a quella visione mitica e incantata del mondo che è propria dell’infanzia, e senza la quale l’infanzia non esiste, perché al posto dei bambini si hanno dei precoci vecchietti, disincantati e perciò annoiati d’ogni cosa, incapaci di stupirsi, d’immaginare, di fantasticare, di giocare. E infatti: come giocare, se il vero gioco è sempre quello che si fa coi compagni, ma i compagni, improvvisamente, sono diventati il male? Se bisogna disinfettarsi le mani perfino quando ci si passa un oggetto? Se bisogna indossare la mascherina a stare ad almeno un metro di distanza dagli altri, senza mai venire a contatto fisico, comprese strette di mano e carezze affettuose? In simili condizioni, come farà un bambino a giocare? Ma un bambino impossibilitato a giocare è un bambino al quale si impedisce di conoscere il mondo, secondo le modalità della sua dimensione sensoriale, emozionale e mentale. Come dovrebbe conoscere il mondo, un bambino sano e normale, se non giocando, sporcandosi le mani di terra, andando in bicicletta, cercando di acchiappare l’amico o di arrivare alla "tana" prima di lui? Forse giocando al computer, seduto su una sedia tutto il giorno? Questo sarebbe gioco? E ancora: come far capire a un bambino che non deve aver paura; che non deve vivere nella paura; che la stragrande maggioranza delle cosiddette norme igieniche che gli vengono imposte, vanno rispettate per evitare conseguenze spiacevoli di tipo penale, così come devono fare anche gli adulti, ma senza crederci intimamente, perché altrimenti si entra nel regno della pazzia e, quel che è peggio, della menzogna consapevole, ossia della falsa coscienza? Come fargli capire che è insensato pretendere da lui che, a scuola, non si avvicini mai ai compagni, né alla maestra, né alla bidella, quando per la strada cammina, com’è giusto, in mezzo agli altri bambini, e a casa può vedere gli amichetti senza tutte queste limitazioni, e che in realtà non corre assolutamente nessun pericolo se prende un quaderno da un compagno senza che lui e l’altro si siano debitamente lavati le mani col disinfettante; ma che, ciononostante, si deve sottomettere alle regole che gli vengono imposte? E come fargli capire, spostandoci sul piano affettivo, che se il nonno o la nonna si sono ammalati e sono morti, non è stato per colpa sua; non è stato perché quella volta è andato a trovarli e li ha abbracciati senza indossare la mascherina? E come consolarlo di non aver potuto dar loro l’ultimo saluto, in ossequio a dei regolamenti tanto insensati quanto inumani? Ecco infatti il pericolo che incombe su noi tutti: la perdita dell’umanità. E se si uccide l’umanità in un bambino, fra qualche anno avremo una generazione di adulti disumanizzati. Il danno che ne riceverà la società sarà di portata incalcolabile: il più grave in assoluto che possa colpire una comunità umana. Più grave, infinitamente più grave di qualsiasi danno economico o distruzione materiale. Dalle perdite economiche ci si può risollevare e dalle distruzioni materiali ci si può riprendere: ma se si smarrisce la propria umanità, la si smarrisce per sempre. E una società inumana è votata alla scomparsa in brevissimo volger di tempo, senza scampo né rimedio. È questo che vogliamo?

In effetti, c’è qualcuno che lo vuole. Il diavolo, signore del male, ha instillato una smisurata superbia nel cuore e nella mente di qualche centinaio di persone, le più ricche del mondo, ed esse, non paghe di tale immensa ricchezza, vogliono esercitare anche il massimo del potere sui propri simili, non solo sottomettendoli in senso economico e sociale, ma anche in senso morale e spirituale. Vogliono farsi adorare come dei, e ridurre tutti gli altri all’infimo livello di schiavi, di vermi della terra. A tale scopo li devono terrorizzare e traumatizzare in maniera permanente; devono distruggere la famiglia naturale come luogo di affettività e di trasmissione dei valori morali, e destrutturare la personalità umana. Da anni lavorano a tale scopo, ad esempio introducendo la malvagia ideologia gender, che priva le persone perfino del senso d’identità sessuale. Controllano quasi tutto: stampa, televisione, politica, amministrazione pubblica, scuola, università, ricerca scientifica e da qualche anno anche il vertice della Chiesa cattolica e buona parte del clero. Che fare a questo punto? Confessare, con Pietro: Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna.

Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Christian Lue su Unsplash

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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