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E diteci: quando, esattamente, avete cambiato idea?

Ermeneutica della continuità, ermeneutica della discontinuità: paroloni difficili, inventati per confondere le idee alle persone semplici, ai cattolici sprovvisti di pretesca malizia e perciò facili da ingannare; paroloni truffa, simili al latinorum con cui don Abbondio voleva infinocchiare Renzo per rinviare sine die la celebrazione del matrimonio con Lucia. Se c’è stata continuità oppure no fra la Chiesa di prima del Concilio e quella successiva? Come si vede che la massoneria ecclesiastica lavora alla cancellazione del passato, e che concentra la sua opera nefasta sui giovani, confidando nel fatto che essi non sanno nulla del recente passato della Chiesa di cui pure fanno parte. Quanto a noi, che abbiamo visto la Chiesa di prima, e sia pure da bambini, e che in essa siamo stati formati, abbiamo imparato il catechismo, siamo stati battezzati, confessati, comunicati e cresimati, una simile domanda non dovrebbero avere neanche il coraggio di porla, perché a noi la storiella della continuità non la potranno raccontare mai e poi mai. Noi abbiamo visto, abbiamo vissuto dall’interno e abbiamo constatato quale rottura gigantesca, complessiva, irreparabile, i signori ultraprogressisti e modernisti hanno operato rispetto al magistero di sempre, alla sacra liturgia, e, insidiosamente e diabolicamente, alla dottrina stessa, base e fondamento della fede cattolica. Come ci si può porre quella domanda, quando basterebbe un solo documento, la tanto decantata Dignitatis humanae, che proclama ad alta voce il principio laico e massone della libertà religiosa, per capire, se solo si fa un minimo di riflessione, che non solo il post-concilio, ma il Concilio stesso è stato voluto per rompere con la Tradizione, per rivoluzionare la Chiesa, in beve per impadronirsene e metterla al servizio di quello che oggi si chiama Nuovo Umanesimo, ma che già allora si poteva intravedere, sotto spoglie miti e ingannevoli, fin dal discorso di apertura del papa buono (ma Pio XII era stato cattivo?). Un discorso pieno di parole melliflue verso tutti i nemici della fede in Cristo (che improvvisamente non erano più, oggettivamente, dei nemici, ma fratelli carissimi) e ricco, invece, di sprezzante ironia (profeti di sventura) nei confronti di chi la voleva difendere in tutta la sua purezza? Era, in nuce, la stessa contro-pastorale odierna di Bergoglio: lodi e complimenti a tutti i nemici, primogenitura dei giudei, baci al Corano, abbracci ai protestanti, e da ultimo atti idolatrici verso gli idoli pagani; ma parole aspre, durissime, verso i cattolici ormai sprezzantemente definiti "tradizionalisti": facce da sottaceto, signore e signora piagnisteo, pessimisti queruli e disillusi, perfino cani selvaggi, tutte espressioni autentiche del misericordioso linguaggio bergogliano. Ma questo capovolgimento di fronte, ripetiamo, era già insito nell’idea conciliare, così come Giovanni XXIII l’aveva concepita, Paolo VI l’ha portata avanti e Giovanni Paolo II l’ha sbandierata (con la scomunica a Lefebvre e i raduni interreligiosi di Assisi, tra piume di sciamani al vento e svolazzare di caffettani, sempre in nome dell’indifferentismo religioso più esplicito).

Ci rivolgiamo perciò ai giovani che non sanno, e proviamo a far capire loro fino a che punto essi, e noi insieme ad essi, siamo stati ingannati nel corso di questi cinquanta anni, fino a trovarci fra le mani una fede che è cattolica solo di nome, mentre di fatto è divenuta una religione completamente nuova e diversa, incompatibile con la vera fede cattolica. Limitiamoci alla morale, anzi, a un ambito specifico della morale. Scrivevano vent’anni fa, nel testo di religione per le scuole superiori, La sapienza del cuore, Roberto Rezzaghi e Roberto Brunelli (Brescia, La Scuola, 1996, vol. 1, p. 159):

AMORE E SESSUALITÀ.

Nella nostra società capita spesso che l’amore venga identificato con la sessualità e che l’attrazione fisica fra uomo e donna venga banalizzata e strumentalizzata.

Lo si vede nella pubblicità e nel mondo dello spettacolo, dove alcune persone diventano veri simboli del sesso e dell’erotismo. È stato il caso, ad esempio, di Marylin Monroe, una giovane attrice che ha concluso tragicamente una vita di grande successo.

C’è persino chi ritiene che l’esercizio della sessualità non debba avere limiti, e debba trovare una sua lecita espressione anche nell’omosessualità.

A queste concezioni si contrappone la coscienza di molti, per i quali la sessualità è una dimensione importante della persona. Essi ritengono che l’amore non è più spontaneo e naturale quando viene vissuto in modo egoistico, quando viene esibito senza pudore, quando non rispetta gli altri, quando trascura le conseguenze negative di cui qualcuno sarà vittima. Come si può vivere cin gioia un "amore" così?

A giudizio di molti, la sessualità trova il suo vero senso all’interno di un progetto stabile di vita, nel quale si trova armonizzata con tutti gli altri valori che danno senso all’esistenza.

In questo quadro la sessualità esprime, col massimo di soddisfazione, l’amore autentico: quello tra un uomo e una donna che si rispettano e si donano reciprocamente.

Ecco: questo è ciò che i cattolici, seguaci del Vaticano II, dicevano e scrivevano, una ventina d’anni fa, cioè sotto il pontificato di Giovanni Paolo II. Niente di speciale e niente di nuovo: dicevano e scrivevano ciò che sta nel catechismo della Chiesa cattolica, in questo caso in fatto di sessualità (e omosessualità). Si noti la specificazione, e si apprezzi quell’avverbio, "persino", oggi impensabile: C’è persino chi ritiene che l’esercizio della sessualità non debba avere limiti, e debba trovare una sua lecita espressione anche nell’omosessualità. Eppure, oggi la musica è cambiata: voi non parlate più così, tanto meno lo scrivete; voi parlate di non giudicare, d’includere tutti, anzi di considerare la diversità una risorsa; voi disapprovate le veglie di preghiera come riparazione dell’offesa a Dio, in occasione dei Gay Pride. Voi, anzi, concedete le chiese perché vi si tengano "preghiere" contro la cosiddetta omofobia, quando non addirittura affinché si celebrino spettacoli musicali che inneggiano al peccato contro natura (che voi non osate più chiamare in questo modo, e che anzi no chiamate neanche peccato): e non le più piccole e anonime, ma proprio le maggiori basiliche e cattedrali del mondo, come quella di Santo Stefano a Vienna, arcivescovo Schönborn felice e consenziente, il che rende tali spettacoli degli eventi di risonanza mondiale. Il vostro gesuita James Martin scrive libri e fa una propaganda incessante, anche radiotelevisiva, per depennare dal numero dei peccati la pratica omosessuale, deprecando che il catechismo brutto e cattivo abbia spinto al suicidio chissà quanti poveri omosessuali, e insinuando che un gran numero di santi, inseriti nel calendario liturgico, certamente erano dei gay beati e soddisfatti. E il vostro cardinale Marx, capofila dell’ultraprogressista Conferenza episcopale tedesca, nel documento sinodale del prossimo 4 settembre 2020, afferma che Anche le coppie dello stesso sesso e le altre copie che non possono far nascere una nuova vita hanno il potenziale per una vita fertile (utero in affitto?); e conclude dicendo Riconosciamo i diversi orientamenti sessuali delle persone e le identità di genere, e i rapporti esclusivi, duraturi e fedeli tra queste persone. Potremmo proseguire, ma crediamo che basti. Domandiamo perciò: quando, cari amici che vi considerate cattolici ma che seguite la via del Concilio, quando esattamente avete cambiato opinione su temi così importanti come la sessualità e il peccato contro natura? Venti anni fa parlavate in tutt’altro modo da come parlate oggi: e allora noi ci permettiamo di domandarvi: quando e come, a un certo punto, avete fatto una completa inversione a "u" e, rimangiandovi non solo le vostre parole, il che sarebbe poca cosa, ma il catechismo, il magistero e la verità perenne della Rivelazione, ora affermate orgogliosamente l’esatto contrario di quel che sostenevate allora? Ci piacerebbe saperlo. Ci piacerebbe poter segnare con la matita rossa, sul calendario, l’anno, il mese e il giorno in cui avete deciso che l’insegnamento della Chiesa su questi temi fondamentali doveva essere rovesciato; prendendo buona nota del fatto che non avete avuto neppure l’onestà di ammettere un tale rovesciamento, di riconoscere che un’inversione c’è stata, ma facendo finta di nulla, come se voi foste ancora e sempre nel solco dell’autentico magistero. Il che ha fatto automaticamente di voi dei bugiardi e dei commedianti, e di noi dei poveri fessi, che si potevano gabbare impunemente, tanto non si sarebbero neppure accorti di quanto era successo sotto il loro naso.

Crediamo di conoscere la vostra risposta: voi direte che solo i paracarri restano sempre fermi sul ciglio della strada, ma che le persone, nel cammino della vita, possono e in certi casi perfino devono mutare le loro opinioni, per restare al passo col loro tempo e per poter annunciare la verità cristiana in un modo che sia accessibile e accettabile alla mentalità contemporanea. Ahinoi, è una risposta che non vale nulla, e lo sapete benissimo, perché qui non stiamo parlando di opinioni personali, ma d’una verità soprannaturale, anzi della sola Verità assoluta e universale, che è quella di Gesù Cristo: la quale non cambia, non si adatta, non si conforma, anzi è essa che pretende, giustamente, che il mondo si adatti e si conformi a lei. Ma lasciamo perdere questa sterile discussione: sterile perché voi o non siete in buona fede, oppure non capite la differenza fra la Verità e le opinioni personali, e in tal caso non vale nemmeno la pena di spiegarvela. Piuttosto, vorremmo mostrarvi dove e perché voi, a un certo punto, avete deragliato, anche se non lo volete ammettere; e lo faremo usando proprio le vostre parole (gli autori del libro sopra citato non ce ne vogliano e non lo prendano come un attacco personale: nulla sappiamo di loro, pertanto non discutiamo su ciò che scrivevano allora e ciò che, forse, pensano oggi; ci stiamo servendo di quella pagina a titolo di esempio, ma avremmo potuto scegliere un altro testo qualsiasi, un altro discorso, un altro documento di questa o quella parrocchia, diocesi o conferenza episcopale). Il punto che vogliamo indicarvi è il seguente: quando esponete la dottrina cattolica sulla sessualità, voi non fate riferimento al magistero, né citate il catechismo, che poi dice le stesse cose, e ciò per una buona ragione: che voi fate costantemente appello a ciò che pensano molti; e di codesti "molti" voi fate il criterio della verità di quanto andate affermando. Citiamo testualmente: A queste concezioni (ossia la liceità di ogni forma di sessualità, compresa quella omosessuale) si contrappone la coscienza di molti, ecc. E ancora, poco più avanti: A giudizio di molti, la sessualità trova il suo vero senso all’interno di un progetto stabile di vita, ecc. Ecco qui il vero problema: voi dite: «ciò che affermiamo è vero, perché trova il consenso di molti»; e non specificate neppure se i "molti" sono cristiani, e cattolici, o no: basta che siamo molti. Ora, se l’assenso a una linea di condotta morale deriva dall’approvazione della maggioranza, va da sé che col mutare dei tempi e degli orientamenti sociali e culturali, anche la morale necessariamente dovrà cambiare. Ma la specificità della dottrina cattolica, e la sua garanzia intrinseca di veridicità, consiste appunto in questo: che non muta col mutare dei tempi, perché è ancorata alla Parola di Dio, ferma e incrollabile come una casa costruita sulla roccia: i venti possono infuriare contro di essa, ma non varranno a farla cadere e neppure a danneggiarla. Se la morale cattolica, così come ogni altro aspetto della dottrina cattolica (pensiamo in particolare al rapporto fra la fede e le acquisizioni della scienza moderna) dovesse cambiare via via che si modifica il sentire comune delle persone, allora la fede sarebbe un cantiere in perenne ristrutturazione. Ma lo "spirito" del Concilio è proprio questo: assembleare, democratico, rappresentativo: avalla l’idea, all’inizio implicita, poi sempre più esplicita, che "la Chiesa siamo noi" e perciò che, come in una qualsiasi assemblea di condominio, è possibile cambiarne gli statuti secondo il volere della maggioranza. Conseguenza, a sua volta, di quella che è senza dubbio la responsabilità più grave del Vaticano II, bene evidenziata, nella sua lucida analisi, da monsignor Viganò: avere ripudiato la regalità universale di Gesù Cristo in nome, appunto, di un ideale democratico di "chiesa" fatta dagli uomini, e di una visione del creato, oggi evidente sotto il pontificato di Bergoglio, come "casa comune" (massonica) dell’umanità, e non come opera sapiente dell’amore divino, dove Dio, prima di ogni altro, è a casa propria. Per cui quando Gesù Cristo si è incarnato ed è venuto ad abitare fra gli uomini, non era uno straniero, né un pellegrino né un profeta ma il Figlio del padrone della vigna che dopo aver mandato i suoi servitori, ossia i profeti, affinché i vignaioli ladri e omicidi si ravvedessero, infine potessero cogliere l’ultima occasione di salvezza. Ma essi hanno preferito uccidere il Figlio del padrone, pensando che, così, la vigna sarebbe stata di loro proprietà, una volta per tutte (Mt 21, 33-44; Mc 12,1-11; Lc 20,9-18). Ed è quel che sta accadendo ora, nel proliferare di eresie e bestemmie, dal culto della Pachamama, crudele divinità pagana assetata del sangue dei bambini, agli sproloqui ambientalisti del falso papa Bergoglio, a sentire i quali si direbbe che siano i discorsi di un alto funzionario delle Nazioni Unite, non del vicario di Cristo in terra, eletto per riaffermare e difendere la Parola di Dio, l’unicità della Redenzione cristiana e la condanna di tutte le vie che non portano a Lui, ma lo rifiutano e lo disprezzano. Pertanto, basta con gli artifici dialettici e le mezze verità. Chi crede che la Parola di Cristo sia unica, salvifica, immutabile e indefettibile, è cattolico; chi parla e agisce diversamente, no.

Fonte dell'immagine in evidenza: Photo by Mike Chai from Pexels

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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