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Vogliono il potere, ma non rappresentano nessuno

Primo episodio. Siamo a Padova, nella centralissima Piazza delle Erbe; c’è un gazebo della Lega ove si raccolgono firme. A sostegno di Salvini. Tutto è tranquillo finché una donna, che poi si saprà chiamarsi Claudia Esposito, 39 anni, italiana residente in Gran Bretagna, si avvicina e inizia a inveire contro quanti sono seduti al banchetto. Li chiama fascisti, dice che sono la rovina dell’Italia; ripete più volte, gesticolando arrabbiatissima: Io vivo all’estero, vivo in Inghilterra. Voi siete la vergogna e la barzelletta di questo Paese. Quando pare che si sia sfogata a sufficienza, ci ripensa e torna indietro. A un certo punto si accosta al banco, prende un foglio e lo lancia in aria, ripetendo sempre le stesse frasi, sempre più esagitata e invelenita: Vergogna! Fascisti! Razzisti! Antisemiti! Questi sono quelli che odiano gli ebrei! (veramente nessuno ha capito in cosa consisterebbe l’antisemitismo della Lega, ma pazienza). Quelli sopportano pazientemente, danno prova di civiltà non reagendo in alcun modo, solo avvertendola che rischia una denuncia e consigliandole di tornarsene da dove è venuta. E lei, finalmente, pare decidersi ad andar via; ma ecco che si volta un’altra volta e, in un nuovo parossismo di furore, lancia un poderoso sputo, a piene guance e puntando bene gli stivali sul terreno, come per darsi più slancio, contro il consigliere regionale Fabrizio Boron. Il tutto è immortalato col telefonino (https://www.ilgiornale.it/video/politica/padova-provocatrice-insulta-militanti-leghisti-e-sputa-1756765.html per cui è impossibile negarlo o contestarlo: si vede benissimo anche lo schizzo di saliva che vola nell’aria per infliggere la giusta punizione a quegli orribili fascisti e antisemiti. Infine la donna se ne va, senza che nessuno la molesti o la trattenga, evidentemente fiera della propria esibizione. Il giorno dopo arriveranno le sue scuse, pare per intervento del padre di lei.

Secondo episodio. Dagli studi televisivi di Dritto e rovescio, Paolo Del Debbio fa intervistare un prete, missionario in Burundi, dichiaratamente critico verso l’immigrazionismo bergogliano e fondatore dell’associazione Aiutiamoli a casa loro. Sostiene che incoraggiare milioni di africani a lasciare le loro case per venire in Italia non è una buona cosa per nessuno, neanche per loro, ridotti a carne umana dai trafficanti sul Mediterraneo, e che si lasciano alle spalle dei paesi sempre più abbandonati e impoveriti, mentre sarebbe ora che gli europei, a cominciare dai cattolici, sposassero il principio di aiutare i poveri a casa loro. Dice anche, eresia suprema, che il solo politico italiano a difende la sovranità del nostro Paese è Matteo Salvini (https://voxnews.info/2020/01/25/missionario-vota-salvini-lunico-che-difende-gli-italiani-furia-pd-video/). Tutto questo è veramente troppo per un’altra ospite della trasmissione. In studio infatti c’è l’eurodeputata democratica Elisabetta Gualmini, modenese, classe 1963, docente di Scienze Politiche preso l’Università di Bologna, la quale ascolta con crescente fastidio e irritazione e alla fine sbotta, i tratti del viso letteralmente deformati dalla rabbia, in una domanda provocatoria, che non offre alcuno stimolo alla discussione ma serve unicamente a mettere, così lei crede, quello sfrontato sacerdote "di destra" in un cul de sac, onde costringerlo a rimangiarsi le sue stesse parole o ad assumere una posizione odiosa e innaturale, secondo il modello della malizia farisaica, quando gli scribi interrogavano Gesù per farlo cadere in contraddizione davanti al popolo e avere il pretesto per accusarlo di empietà, e non per sapere cosa realmente pensasse. La domanda, pretestuosa e bassamente emotiva, consiste nel chiedere al sacerdote cosa farebbe davanti a una mamma che scappa dalla Libia, e se per caso la rimanderebbe indietro, a morire. Il sacerdote spiega pacatamente che la prima libertà è quella di poter restare a casa propria; che lo sradicamento è un male; che l’identità è un valore; che la sovranità è un diritto garantito dalla Costituzione; e cerca giustamente di riportare il discorso nel suo ambito generale, ma quella, non avendo altro a cui attaccarsi, insiste con la storia della mamma che scappa dalla Libia e della cattiveria di chi la respingerebbe, condannandola a morte. Colpisce soprattutto l’espressione della donna, un’espressione che fa quasi paura: bisogna vedere il video per constatare fino a che punto l’odio ideologico di questi censori integerrimi dell’odio ideologico (altrui) possa arrivare; fino a che punto possa stravolgere i loro lineamenti e fino a che punto arrivi la loro radicale intolleranza, il loro feroce disappunto per il fatto che esistono persone come quel sacerdote. Un sacerdote che da anni fa il missionario in Africa, e non le chiacchiere all’Europarlamento; che dimostra sul campo, coi fatti, l’amore cristiano per il prossimo: quindi una persona di specchiata coerenza e umanità, alla quale si potranno forse contestare, sul piano personale, le idee politiche, come del resto quelle di chiunque altro, ma che nessuno dovrebbe permettersi di trattare con quella arroganza e con quella aggressività mimica e facciale: specialmente se si tratta di persone che non possono vantare neppure la millesima parte dell’impegno che lui profonde concretamente nell’aiuto alle popolazioni povere del Sud della Terra. Eppure, per chi la pensa come la signora Gualmini, sacerdoti come lui, missionari come lui, cittadini italiani come lui, non avrebbero nemmeno il diritto di esistere: esistendo, smentiscono il loro bel castello ideologico ove non c’è contraddittorio, perché loro hanno sempre ragione e gli altri, per definizione, sono solo dei trogloditi ignoranti, dei cavernicoli sopravissuti alle meraviglia della modernizzazione e della globalizzazione, omuncoli che non avrebbero neanche il diritto di esprimere un’opinione. Infatti, quando il missionario cita la Costituzione e dice che essa prevede che il popolo è sovrano, la Gualmini, con fare estremamente teatrale e aggressivo, lo interrompe, protesa sulla poltroncina come una pantera sul punto di balzare in avanti, e gli chiede, imperiosa, sprezzante, strizzando le palpebre, quasi non credesse a ciò che hanno udito i suoi orecchi, e addirittura sporgendo in fuori la mascella e arrotando i denti, come per azzannarlo: Cosa prevede, la Costituzione?!?

Terzo episodio. Siamo al mare, in spiaggia, a Milano Marittima. Una signora quarantaquattrenne in bikini nero assai ridotto, aria tonica e giovanile, che poi si saprà essere la vice-sindaca progressista di un minuscolo paese in provincia di Como, Veronica Proserpio, si avvicina a Matteo Salvini, che si accinge a sistemarsi sotto l’ombrellone, come se volesse stringergli la mano, e tutta sorridente lo apostrofa con queste alate parole: Si dovrebbe vergognare! E aggiunge, sempre con quel dolcissimo sorriso: Lei rovina il nome di questa bellissima città, e fa per andarsene, tutta contenta d’essersi levato un tale peso dallo stomaco (invero un tantino prominente: ma si sa che le critiche alla pancetta debordante i progressisti e le femministe d.o.c. le riservano ai soli uomini di destra, come fece Lilli Gruber intervistando lo stesso Salvini a Otto e mezzo, mentre è considerato poco galante rivolgerle alle donne di sinistra), seguita dall’invito del leader leghista – il quale non ha fatto una piega e anzi l’ha ironicamente ringraziata – a farsi un bagno per rilassarsi. Al che lei non si lascia scappare l’occasione, continuando ad allontanarsi, di rimbeccare, ma sempre con un cinguettio dolcissimo, tanto che chi l’abbia vista senza udire le parole, l’avrà di certo scambiata per un’amica o un’ammiratrice: Sono rilassatissima, sono in vacanza da quindici giorni. Buon per lei: perché in questa estate del 2020, fra crisi economica ed emergenza sanitaria, la maggioranza degli italiani ha rinunciato del tutto alle ferie o si è concessa giusto qualche "mordi e fuggi" in giornata, o qualche soggiorno lampo di due, tre giorni al massimo Apprendiamo invece che la vice-sindaca di Proserpio era al mare già da quindici giorni e dunque si stava facendo una vacanza di almeno tre settimane. Una cosetta molto sobria, come del resto lo era il suo look, tanto per mostrare un po’ di solidarietà ai piccoli commercianti rovinati dai tre mesi di lockdown decisi dal governo Conte Bis. Ma non è finita. Non per farle i conti in tasca, ma poiché è stata lei a volercelo far sapere, osserviamo che una camera singola con pensione completa a Milano Marittima, in agosto cioè in alta stagione, non costa meno di sessanta euro, senza contare il resto, il che per una ventina di giorni fa un totale di milleduecento euro almeno, che non sarà una gran cifra ma è lo stipendio mensile di un impiegato delle poste o una maestra elementare; e comunque lo diventa se paragonata a quel che hanno perso, fra chiusura forzata e multe irrogate a vario titolo da vigili e carabinieri, decine di migliaia di ristoratori e albergatori e barbieri e parrucchieri e sarti e tappezzieri e cartolai ed estetiste. Non paga della sua brillante e lepida performance balneare, senza dubbio sentendosi molto coraggiosa per aver sfidato il mostro leghista e averlo affrontato di petto, ha poi voluto postare l’episodio sul suo profilo Facebook, evidentemente convinta d’aver ben meritato dai suoi fan e dal popolo tutto della sinistra, aggiungendovi questo commento grondante autocompiacimento: Non ce l’ho proprio fatta. Mi avvicino al cazzaro verde [formidabile esempio di finezza linguistica e concettuale] e gli dico di vergognarsi per le sue esternazioni. Il seguito è nel video!!!, con un taglio di sapore un epico e quasi cesariano: Veni, vidi, vici (https://www.youtube.com/watch?v=v9qaUmx2cCQ). Più tardi, tornata al paesello, sarà costretta a dimettersi, perché sfiduciata dai suoi stessi compagni della lista civica, i quali hanno giudicato di pessimo gusto la sua prodezza, oltre che un atto improprio per un membro di una lista civica, teoricamente apolitica; anche se lei non è pentita affatto e ha raccolto, com’è giusto, la fervida solidarietà di tutti i militanti e simpatizzanti piddini e progressisti, i quali, unanimi e accorati, hanno versato fiumi d’indignazione sul triste siluramento di questa simpatica, novella Giovanna D’Arco, crudelmente sacrificata sull’altare della Inquisizione sovranista e populista, nonché sui gravi pericoli alla libertà di pensiero che incombono sulla società italiana per colpa… di chi sta all’opposizione.

Tre episodi, registrati nell’arco di alcuni mesi, uniti dal filo rosso della protervia e della sconfinata arroganza dei progressisti; ma avremmo potuto sceglierne a decine, a centinaia, a migliaia. Non è un caso che protagoniste siano delle donne; avremmo potuto scegliere molti altri episodi, più o meno noti al grande pubblico, e avremmo visto che le più sbracate, le più aggressive, le più intolleranti sono loro, le signore della sinistra con un grosso background femminista e la rocciosa convinzione di rappresentare, come diceva l’ineffabile Bersani, l’Italia migliore, evidentemente in lotta senza quartiere contro l’Italia peggiore, quella degli italiani brutti, sporchi, cattivi e leghisti, fascisti, razzisti, antisemiti. Investiti d’un tale ruolo, gli uomini e soprattutto le donne della sinistra ritengono di aver ricevuto uno speciale mandato, forse direttamente dallo Spirito Assoluto di hegeliana memoria, per stanare, denunciare, svillaneggiare e irridere i trogloditi destrorsi, ovunque li incontrino e in qualsiasi circostanza li scovino. Maria Elena Boschi che si fa fotografare in bikini, coi suoi amici sorridenti e felici a bordo di uno yacht, sempre in tempi di magra e di emergenza sanitaria, senza mascherine né distanziamento sociale, lei, perché tali cose si addicono al popolino e non agli esponenti della jeunesse dorée renziana, boldriniana, grillina, catto-comunista e post-comunista, è l’altra faccia della medaglia, dalla quale emergono un’infinita presunzione, una strafottenza e un disprezzo dell’altro, specie se avversario politico, che non ha eguali e dice quanto in basso è scesa la cultura politica dei nostri giorni. E tuttavia, queste sono considerazioni piuttosto generiche, che possono andar bene non solo per la sinistra, ma in parte anche per la destra; e non solo in ambito ideologico, ma un po’ a tutti i livelli della vita sociale, imbarbarita e involgarita oltre ogni limite di decenza dopo anni e decenni di lavaggio del cervello da parte di Amici o Saranno famosi di Maria De Filippi, o di Striscia la notizia, di Gabibbi e di Tapiri, di servizi scandalistici come Le iene e di noiosissimi, ripetitivi giochi a premi basati su pacchi, contropacchi e problematiche somiglianze fisiognomiche tra parenti, il tutto infarcito di telegiornali che paiono usciti dagli archivi tv della vecchia URSS o della DDR. No, c’è qualcos’altro, anzi c’è molto di più negli atteggiamenti aggressivi, sprezzanti, intolleranti, di persone come Claudia Esposito, Elisabetta Gualmini e Veronica Prosperpio. Tre donne quarantenni o cinquantenni; tre progressiste e/o piddine militanti; una espatriata con evidenti problemi depressivi (la sola che desti un noi un po’ di umana comprensione), una vice-sindaca d’un piccolissimo comune lombardo, e una europarlamentare che è anche docente universitaria. C’è in esse l’inconscia percezione che, nonostante la loro parte ideologica martelli il cervello degli italiani, praticamente in regime di monopolio, da cinquant’anni e più; nonostante quasi tutti gli intellettuali, quasi tutti i professori universitari e liceali, quasi tutti i giornalisti che contano e i direttori di giornali, per non parlare dei preti, dei vescovi e da ultimo del (sedicente) papa argentino, tuttavia sanno di essere rimaste minoranza nel Paese; sanno di essere come un esercito d’occupazione in terra straniera; sanno che le persone comuni, gli umili lavoratori (quelli che un tempo la sinistra diceva di difendere, mentre ora ha sposato la causa del mondialismo e si è messa a rimorchio del carro vincente dei Soros, dei Gates, dei Rotschild e dei Rockefeller) non sono riuscite a sfondare, non hanno fatto breccia nella società italiana, né hanno realizzato l’agognata rivoluzione culturale. Sanno che, nonostante abbiano fatto o stiano facendo approvare le leggi più contrarie alla nostra tradizione, dall’aborto al reato di omofobia, l’Italia vera non è dalla loro parte. Questo le rende nervose, scomposte, attaccabrighe. E anche, ciò che più temono, patetiche.

Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Christian Lue su Unsplash

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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