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Consolare gli afflitti

Le opere di misericordia, secondo la dottrina morale cattolica, sono quattordici: sette corporali e sette spirituali. Le opere di misericordia corporali sono: 1) dar da mangiare agli affamati; 2) dar da bere agli assetati; 3) vestire gli ignudi; 4) alloggiare i pellegrini; 5) visitare gli inferni; 6) visitare i carcerati; 7) seppellire i morti. Le sette opere di misericordia spirituale sono: 1) consigliare i dubbiosi; 2) insegnare agli ignoranti; 3) ammonire i peccatori; 4) consolare gli afflitti; 5) perdonare le offese; 6) sopportare pazientemente le persone moleste; 7) pregare Dio per i vivi e per i morti. La Chiesa ha sempre insegnato l’importanza di praticarle, se possibile, tutte; in ogni caso, sino al fatale Concilio Vaticano II, non ha mai perso di vista la superiorità delle cose spirituali su quelle materiali, secondo il vero insegnamento di Gesù: È lo spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; e ancora: Marta, Marta, tu ti agiti e ti affanni per molte cose, ma una sola è la cosa importante: Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta. Così sono sempre state pensate e attuate le opere caritative del clero; così hanno sempre pensato e agito gli ordini e le congregazioni specificamente rivolti all’infanzia abbandonata, agli orfani, alle vedove, ai malati, ai carcerati, nonché alle popolazioni più povere e arretrate in terra di missione: prima lo spirituale, poi il materiale. Ma dal Concilio, appunto, una nuova mentalità è entrata nella Chiesa, logico effetto della malaugurata svolta antropologica di Karl Rahner, propagandata dai gesuiti in testa, a cominciare da padre Arrupe. Una mentalità largamente influenzata dal marxismo, nonché dalla psicanalisi e da molte altre eresie e deviazioni del pensiero novecentesco, tutte accomunate da un’impostazione materialistica e utilitaristica dei problemi umani. Non è più buono ciò che è buono, ma è buono ciò che attua la giustizia sociale (Marx) e dà soddisfazione agli istinti (Freud). Di conseguenza, le opere di misericordia corporale sono divenute centrali, anzi, a un certo punto sono divenute le sole opere di misericordia degne di questo nome; le altre, quelle spirituali, sono state gradualmente lasciate cadere, come un inutile fardello, come un residuo della vecchia Chiesa ipocrita e bigotta, che si preoccupava di cose evanescenti e restava indifferente davanti alle difficoltà di ordine materiale, a cominciare dalla fame.

Su questa scia si innesta e va innanzi la falsa pastorale del compagno Bergoglio, ossessionato dai migranti e dal dovere dell’accoglienza, e giunto al punto di predicare sempre e solo il dovere di sfamare, di dar da bere, di vestire, di ospitare ecc., peraltro in curiosa ma significativa alleanza con quei poteri forti della finanza, rappresentanti da uomini come Soros o Draghi, i quali sono la vera causa della povertà e quindi anche delle emigrazioni di massa. Al tempo della contro-chiesa di Bergoglio, parlare di misericordia spirituale è divenuto non solo sospetto, ma francamente inaccettabile, perché equivale a far passare avanti ciò che è specificamente cristiano, specie la terza opera, ammonire i peccatori: ma quando mai? E del resto, dov’è andato a finire il concetto di peccato, in questa satanica contraffazione della vera Chiesa? Sparito, dissolto; non c’è più. Gli uomini sono tutti fratelli, sono tutti buoni, sono tutti bene intenzionati; non ci sono più nemici, non ci soni i terroristi islamici che tagliano le teste gridando Allah akbar!, non ci sono i rabbini che sfruttano all’infinito l’Olocausto per ricattare moralmente i cattolici, non c’è più il male, ci sono solo delle persone fragili, ferite dalla vita, e pertanto il dovere della chiesa è di trasformarsi in un grande ospedale da campo per curare quelle ferite, ma senza mai parlare del peccato, senza mai parlare della grazia, senza mai parlare di Dio e della vita eterna. Ci mancherebbe altro! Questo sarebbe proselitismo, una solenne sciocchezza, per usare la precisa espressione di Bergoglio; questo sarebbe un piombare come avvoltoi sulle sofferenza degli uomini, con spirito interessato: che non sia mai! Bisogna costruire invece la grande Fratellanza Universale (massonica), bisogna gettare ponti e abbattere muri, bisogna far sì che tutte le fedi s’incontrino e si abbraccino, come nel documento di Abu Dhabi, perché a Dio piace così, tutte le fedi sono belle e buone, tutte portano a Lui. E comunque, in ogni caso, Dio non è cattolico: e dunque che senso ha consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, pregare Dio per i vivi e per i morti (già, ma quale dio?), se tutte queste cose presuppongono il concetto della Verità e quindi non una misericordia generica, umanistica e massonica, ma la specifica misericordia cristiana, quella insegnataci da Gesù e testimoniata dalla sua stessa vita in mezzo a noi? Quella verità che è in ultima analisi Egli stesso, secondo le sue esatte parole: Io sono la via, la verità e la vita?

E tuttavia, ci obietteranno i fautori questa sedicente chiesa, non ha senso occuparsi delle cose spirituali, quando il tuo fratello sta morendo di fame. Messa così, è impossibile dar loro torto. Ma proviamo a considerare la cosa da un altro punto di vista: se un’anima è disperata, possiamo anche riempire il ventre di quel fratello, egli resterà nella sua disperazione e forse si toglierà la vita, gettandosi da un ponte, un’ora dopo che lo avremo coscienziosamente sfamato. Viceversa, se abbiamo ridato speranza ad un’anima afflitta, e non una speranza generica, nel senso umano della parola, ma la specifica Speranza cristiana, fatta di attesa della Verità certa, indefettibile, capace di dare un significato alla nostra vita e anche alle nostre e alle altrui sofferenze, ecco che il prossimo affamato sarà spinto a darsi da fare, a lottare per sopravvivere, a cercarsi un lavoro, invece di lasciarsi andare. Solo chi ha perso ogni speranza non ha più voglia di vivere; ma chi viene incoraggiato e sostenuto dal lato spirituale, per quanto grandi siano le sue difficoltà di ordine materiale (non solo economiche, del resto: possono essere dei problemi di salute, oppure dei gravi dissidi familiari,con risvolti anche economici), non perderà la voglia di vivere e quindi la possibilità di orientare la propria vita verso la Verità. Questo, infatti, è il compito supremo di ogni vita umana: cercare la Verità; e, una volta trovatala, aiutare anche gli altri, per quanto possibile, a fare la stessa cosa. Noi non siamo veramente utili al prossimo se non quando spezziamo con lui il pane della verità; se non quando lo aiutiamo a dissetarsi non con un’acqua materiale, che presto o tardi farà rinascere la sete, ma con l’acqua della vera sapienza, l’acqua della vita eterna promessaci da Gesù nello splendido episodio della donna samaritana. Tutta la vita terrena non è che un pellegrinaggio, fra oasi ingannevoli, alla ricerca della sola sorgente che spegne la sete dell’anima, perché è la fonte stessa della Verità. E che ci sta a fare il cristiano sulla terra, se non ad indicare anche agli altri quella fonte, e ad aiutarli, per quanto possibile, a dirigere i loro passi in quella direzione? Per distribuire il pane che è soltanto pane, e l’acqua che è soltanto acqua, non è necessario essere cristiani e non occorre che vi sia la Chiesa di Cristo: bastano le organizzazioni non governative. Ed è appunto questo il grande tradimento di Bergoglio e della sua pseudo-chiesa: aver voluto trasformare la Chiesa di Cristo in una grande O.N.G., togliendole però ogni contrassegno specifico ed eliminando perfino la Croce e il nome di Cristo ogniqualvolta essa teme che ciò possa dare ombra al mondo. Non lo abbiamo forse visto fare dei viaggi apostolici in terre pagane senza mai pronunciare, neppure una volta, il nome del solo Redentore e del solo Salvatore, per un riguardo verso i non cristiani? Ma allora che senso ha fare quei viaggi, e farli in qualità di vicario di Cristo? Appunto: ora costui sta lasciando cadere la maschera, pare che non voglia più esser considerato il vicario di Cristo sulla terra. E chi pretende di essere, allora; in nome di cosa, di quale principio, di quale istanza, continua a godere di tutti i privilegi, di tutto il potere e di tutto il denaro che deriva dall’essere il capo della Chiesa cattolica?

E la malizia satanica di costui e di tutti i suoi seguaci è proprio quella di presentare questa falsa pastorale, questa falsa misericordia, questa contro-carità, come il massimo dell’adesione a Vangelo: forse che il buon samaritano si preoccupò di sapere se l’uomo assalito e derubato dai ladroni, era un samaritano, un ebreo o un gentile? Così essi dicono, e così cercano d’ingannare di auto-ingannarsi, manipolando con perfida malvagità le parole stesse del Vangelo. Certo che non si chiede di che fede sia al moribondo, prima di prestargli soccorso: ma questa è una situazione del tutto eccezionale. Di norma, il cristiano non nasconde al prossimo che quanto di bene sta facendo, lo fa a nome e con l’aiuto di Gesù Cristo: non si accende la lampada per metterla poi sotto il moggio. Ma i migranti, blaterano i falsi cattolici bergogliani, sono precisamente nella situazione dell’uomo assalito dai ladroni e soccorso dal buon samaritano: dunque, non bisogna parlar loro di Gesù, perché sarebbe una carità pelosa e interessata. Niente affatto: i cosiddetti migranti clandestini sono dei falsi profughi; si mettono in mare col preciso scopo di farsi soccorrere e accogliere, dunque sono già naufraghi dal momento in cui lasciano, volontariamente, la costa africana. Tecnicamente non solo naufraghi, ma falsi naufraghi, come certi individui che si buttano sotto le ruote di una macchina per ottenere un risarcimento dall’ingenuo guidatore, sapendo bene che non si faranno troppo male e che, in ogni caso, non rischiano più di tanto. A parte ciò, chi lo dice che non si deve annunciare Gesù Cristo a quelli che si soccorrono, o addirittura che bisogna nascondere i simboli del cristianesimo, per riguardo verso di essi? Che bisogna levare i crocifissi dalle aule scolastiche, togliere la carne di maiale dal menu delle mense, eliminare il Presepio o i canti religiosi natalizi? Non si mette la fiaccola sotto il moggio, ma la si posa sulla tavola, affinché possa illuminare tutta la stanza. I cristiani sono il sale del mondo; ma se il sale perde il suo sapore, con che cosa glielo ridaremo? Voler fare il papa, voler intascare i lauti stipendi da vescovo e da cardinale (stipendio mensile del cardinale Maradiaga per recitare la commedia della chiesa dei poveri: 36.000 euro), e poi rifiutarsi di annunciare il Vangelo di Gesù Cristo, questo è non solo un tradimento, ma una truffa. Ti vergogni di Gesù Cristo, non vuoi neppure pronunciare il suo Nome? Preferisci adorare la Pachamama, e genufletterti agli idoli, invece che davanti al Santissimo? Benissimo: esiste il principio laico della libertà religiosa, come pessimamente insegna la Dignitatis humanae, uno dei frutti più velenosi del Concilio Vaticano II; vai per la tua strada e fa’ ciò che vuoi. Ma prima, per favore, spogliati di quella veste da sacerdote cattolico, che non sei degno di indossare; lascia le ricchezze indebitamente godute; cerca di procurarti il pane in altro modo che sfruttando il patrimonio di san Pietro, accumulato da uomini di fede nel corso di secoli e secoli e destinato a sovvenire i ministri della vera Chiesa, non i mercenari e i ciarlatani del tuo stampo. E se non te ne vai con le tue gambe, perché sei solo un miserabile profittatore, a pedate nel sedere ti dovrebbero cacciare: tu e i tuoi festini gay e i tuoi corsi di affettività gay e le tue omelie sul dovere di accogliere i migranti e i tuoi sproloqui sull’ambiente, il clima e il Sole che si sta spegnendo, mentre taci sistematicamente sul divorzio, l’aborto, l’eutanasia, la fecondazione artificiale, e osi lodare e far lodare dai tuoi fedelissimi, personaggi come Pannella e come la Bonino, i quali hanno dedicato la loro intera vita a portare avanti quelle nobilissime cause!

Dunque, torniamo al punto: consolare gli afflitti. È importante, è necessario, è doveroso; e bisogna farlo in senso cristiano, non in senso umanistico e laico, perché i valori umanistici e laicisti sono proprio quelli che hanno portato la società al punto morto in cui si trova. Ma chi sono gli afflitti, ai nostri giorni? Basta guardarsi intono, e ci s’imbatterà in essi: sono ovunque, sono un esercito, sono la maggioranza della popolazione. Gli italiani sono diventati un popolo triste, perché hanno perso la speranza, e non credono più che vi sarà un domani, neanche per i loro figli. Non solo hanno perso il lavoro; non solo sono costretti a vivere di una pensione insufficiente; non solo si vedono togliere dallo Stato perfino il necessario, sempre per finanziare quelli che non lavorano, e non vengono qui per guadagnarsi onestamente la vita ma per sfruttare e delinquere; non solo si vedono maltrattati, multati, denunciati dalle autorità in nome di una dittatura sanitaria che si applica solamente a loro, mentre chiude tutti e due gli occhi quando si tratta dei poveri, indifesi clandestini; ma hanno perso anche la voglia di vivere, perché non riescono a scorgere, da qualsiasi parte volgano lo sguardo, dei segnali che permettano di avere un po’ di fiducia nel domani. A tutte queste anime affrante, a queste vite spezzate, a queste persone umiliate e offese, che si lasciano sopravvivere senza più vedere nulla di bello, di piacevole, di gratificante, né nel lavoro, né nello svago, né nei rapporti sociali, peraltro sempre più precari e frettolosi, sempre più superficiali e insoddisfacenti: a tutti costoro bisogna tornare a parlare di Gesù Cristo. Bisogna, soprattutto, non vergognarsi di Lui: vivere come Lui ci ha insegnato, rifiutando i vizi e le turpitudini del mondo, anche a costo di essere giudicati bacchettoni, retrogradi e perfino — questo è l’ultimo ritrovato dalla loro infernale malizia — fomentatori di odio. Perché pregare in riparazione del vizio ostentato, per i signori del politicamente corretto, è un incitamento all’odio! Ebbene: è giunto il tempo di scegliere. Se si vuol piacere al mondo, allora si continui a tacere quel che Gesù vuole, e perfino il suo Nome, seguendo le orme dell’impostore Bergoglio. Se si vuol piacere Dio, bisogna fare l’opposto, seguendo le parole di Gesù: Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo. E chi crederà sarà salvo; ma chi non crederà sarà condannato.

Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Chad Greiter su Unsplash

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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