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Curioso questo popolo che non si rassegna a sparire

Quel che sta accadendo al popolo italiano è rivelatore di ciò che sta accadendo a tutti i popoli presi nel tritacarne della globalizzazione; ed è un caso esemplare, perché l’Italia è un Paese laboratorio fin da quando è nata come Stato unitario. Infatti il Risorgimento stesso, poi il fascismo, poi l’antifascismo di rendita permanente, poi il berlusconismo (sia come monopolio mediatico, sia come sistema di governo) e ora la dittatura sanitaria targata O.M.S., sono stati tutti, o sono, dei modelli, nel senso che sono apparsi come soluzioni originali a determinati problemi nazionali, economici, politici e sociali e, al tempo stesso, come degli esperimenti che hanno suscitato numerosi tentativi d’imitazione. Ora siamo alle prese con l’ultima ricetta di laboratorio, quella che permette al più gramo, al più sfigato, al più inconsistente, ridicolo e screditato fra tutti i governicchi possibili e immaginabili, di trasformarsi in un governissimo da fare invidia a Super Mandrake, nel senso che ha potuto varare da un giorno all’altro dei decreti legge che nemmeno Mussolini, al culmine della sua potenza, cioè al culmine del manganello e dell’olio di ricino, avrebbe mai osato immaginare, neanche nei suoi sogni proibiti e che peraltro, se li avesse adottati, ciò gli varrebbe una damnatio memoriae ancor più furiosa di quella che gli è toccata dopo il 25 aprile del ’45. Il tutto senza che una sola forza politica, un solo gruppo o movimento organizzato, un solo sindacato, per quanto minore, un solo organo di stampa, una sola associazione di magistrati o di rappresentanti delle forze dell’ordine, una sola Azienda Sanitaria Locale, un solo circolo d’intellettuali, trovasse alcunché da ridire su quei decreti. E meno che mai vi ha trovato da eccepire colui che dovrebbe essere il supremo garante e difensore della Costituzione democratica e repubblicana (cioè della Repubblica italiana e non, almeno per quanto ci risulta, dell’Unione Europea), ossia il Presidente, prima carica dello Stato (sempre dello Stato italiano e non, che noi si sappia, dell’Unione europea), Sergio Mattarella.

Pertanto, capire cosa è successo in Italia può rivelarsi estremamente interessante per capire quel che succede e che succederà nel mondo intero, o almeno in una buona parte di esso: quella dominata dal cosiddetto libero mercato, cioè, spiegato in parole semplici, quello dominato dagli squali dell’alta finanza internazionale, i quali possiedono le maggiori società multinazionali e tengono a libro paga numerose istituzioni mondiali, a cominciare dall’O.M.S., e, più o meno indirettamente, una quantità di altre istituzioni nazionali, di università, di partiti politici, di fondazioni umanitarie e culturali, di ministri di numerosi Stati e anche d’interi governi. Quali governi? Domanda legittima: è ora di smetterla di fare allusioni, evitando però d’indicare nomi precisi. Ebbene, diciamo allora che fra tali governi non si annovera quello bielorusso del presidente Lukashenko, il quale ha avuto l’impudenza di rifiutare la generosissima offerta di 940 milioni di euro (sì, avete capito bene: quasi mille milioni, cioè un miliardo di euro) da parte del F.M.I., se avesse accettato di uniformarsi a ciò che l’Italia, in maniera esemplare, ha fatto di fronte al Covid-19, ossia adottare tutti i provvedimenti del saggio e prudente governo Conte Bis), con la ridicola motivazione che in Bielorussia non c’è alcuna pandemia. E pensare che La Bielorussia non fa nemmeno parte della U.E. (né ha mai chiesto di entrarci, altro indizio certo della sua orribile arroganza) e quindi non può contare nemmeno sulla calda e commovente solidarietà che Von der Leyen, Lagarde & Merkel – un magnifico tris di donne sagge e illuminate, da fare invidia alle nostre Boldrini, Cirinnà e Bellanova, le quali, poverine, per quanto facciano del loro meglio, sono e saranno sempre impietosamente indietro rispetto alle loro omologhe nordeuropee, non solo eurofemministe ma anche euroilluminate ed eurofrugali – hanno già dispensato alla Grecia e ora si accingono a dispensare, con pari larghezza e munificenza, al Bel Paese ove il sì suona. Ma Lukashenko, si sa, è un brutto tipo, un dittatore o quasi, un tristo figuro semicivilizzato, una specie di Bokassa o di Amin Dada dell’Europa profonda e non ancora acquisita alle meraviglie del libero mercato. Difatti il suo popolo è stufo e arcistufo di lui (come lo sappiamo? semplice: lo dicono giornali che il mondo intero c’invidia come perfetti esempi di oggettività e attendibilità, quali La Repubblica o Il Corriere della Sera, e giornalisti di specchiata imparzialità, sul tipo di Lerner, Parenzo e Augias) e vorrebbe cacciarlo a pedate, se solo potesse, per correre a porsi sotto la protezione nobilmente disinteressata della U.E., dell’O.M.S. e magari – sarebbe il colmo della felicità per i poveri bielorussi – sotto il rassicurante ombrello atomico della N.A.T.O., non si sa mai che piovano bombe all’idrogeno da quell’altro cattivo soggetto, pazzo guerrafondaio Putin, il quale già in Siria, come tutti sanno, c’è mancato poco che ci facesse precipitare nella Terza guerra mondiale. E questo, come lo sappiamo? E dàlli: lo sappiamo perché leggiamo ogni mattina, scrupolosamente, dalla prima all’ultima riga, aiutandoci con l’evidenziatore, La Repubblica, specie gl’ineffabili elzeviri di Eugenio Scalfari, degni di figurare in una futura Enciclopedia del Giornalismo d’Alto Livello, e Il Corriere della Sera: così che, confrontando due giornali che esprimono punti di vista molto differenti, possiamo fare una sintesi e pervenire ad un ragionevole grado di obiettività dell’informazione.

Tuttavia, in questa sede, lasceremo la riflessione in chiave globalista del modello italiano, e proveremo a spostare l’interesse sul piano interno, chiedendoci cosa abbia fatto il popolo italiano per meritare un supergoverno che fa invidia a Super Mandrake; quali doti o qualità lo abbiamo reso degno di un tale onore; quali prospettive esistano, per lui, di restare il più a lungo possibile affidato alle sapienti ed amorevoli cure di grandi statisti, ciascuno dei quali ferratissimo e competentissimo nel proprio ambito di lavoro, del calibro di Giuseppi Conte, Luigino Di Maio, Roberto Gualtieri, Alfonso Bonafede, Roberto Speranza, Luciana Lamorgese, Teresa Bellanova, Lucia Azzolina e Lorenzo Fioramonti; nonché di Rocco Casalino, ex star del Grande Fratello televisivo e ora purtroppo inconsolabile perché la sua storia col prestante, ma forse un tantino imprudente fidanzato cubano, è finita a causa d’una brutta complicazione giudiziaria (ma speriamo di vederlo al più presto tornare a sorridere: auguri, Rocco, e fatti coraggio, noi tutti ti vogliamo un mondo di bene; se tu sorridi, anche a noi si apre il cuore alla speranza!). Dunque, la domanda è la seguente: a quali particolari attitudini, predisposizioni, eredità biologiche, cromosomiche, razziali (ma non razziste, sia ben chiaro), culturali, storiche, antropologiche, gli italiani sono debitori per la fausta ventura di essersi trovati affidati alle cure d’una sì eletta squadra di governo, che ha preso alle lettera, come oro colato, tutto ciò che usciva dalla bocca degli uomini dell’O.M.S., nonché, aggiungiamo noi, da quella di uomini del pari competenti e soprattutto disinteressati, come Bill Gates, George Soros, Mark Zuckerberg, Jorge Mario Bergoglio, il cardiale Gualtiero Bassetti e infine, last but not least, Joe Biden, colui che si accinge a salvare dal fascismo la democrazia negli Stati Uniti dì America? Gli italiani, in verità, sono uno strano popolo: hanno la curiosa proprietà di tornare a rialzarsi dopo ogni mazzata che ricevono, come ben sanno ad esempio i piccoli imprenditori, gli artigiani e i commerciati che si ostinano a lavorare e a restare in patria, nonostante lo Stato, da alcuni decenni, ce la stia mettendo tutta, ma propria tutta, per farli fallire o costringerli ad andare all’estero, in modo che le loro imprese, le loro attività e i loro locali vadano ad impinguare il già cospicuo patrimonio dei cinesi (quelli che falliscono curiosamente ogni due anni, e guarda caso godono dell’esenzione dalle tasse proprio per due anni) e gli operai italiani siano rimpiazzati da lavoratori non qualificati africani, i quali si accontenteranno di salari da Quarto Mondo, ma in compenso avranno televisione e telefonino di ultimissima generazione per sentirsi moderni e progrediti quanto basta. Perciò, a ben guardare, la domanda si sposta, si trasforma, e diventa press’a poco la seguente: cosa si può fare per costringere questo popolo tenace, laborioso, intelligente, a mollare la presa, a gettare la spugna e a smetterla di far resistenza contro la globalizzazione, assecondando le intenzioni dei suoi saggi e disinteressati governanti, i quali vorrebbero sempre meno bambini nelle culle, sempre più divorzi facili e aborti rapidi, sempre più unioni omosessuali e sempre più eutanasia, tutte cose che, come ognuno vede, aumentano il numero e fortificano la razza; così come vorrebbero sempre più vincoli politico-finanziari nei confronti della U.E. e sempre più accoglienza d’illimitate masse di clandestini africani (scusate, che brutta parola clandestini: chiamateli migranti, che vuol dir tutto anche se non dice nulla, anzi, maschera la realtà delle cose), preferibilmente islamici, così si affretta la scomparsa della civiltà italiana e si dà il colpo di grazia al cattolicesimo, questo odioso residuo del passato oscurantista che la massoneria nostrana e quella internazionale da più di tre secoli hanno giurato di distruggere dalle fondamenta e cancellarne anche il ricordo. Infatti, dopo aver dedicato tante cure alla soluzione del problema, almeno dai tempi del panfilo Britannia, era il 1992, e poi dall’ingresso dell’Italia nella zona euro, o per dir meglio nella zona del marco ribassato, era il 1999, e dopo aver fatto tanti progetti e speso tanto sudore per addomesticare i partiti antieuro, a cominciare dal Movimento Cinque Stelle (e non si pensi solo al Conte Bis: le manovre di Enrico Sassoon, il "padrino" di Casaleggio Associati, risalgono a più di dieci anni prima), è fonte di sconcerto e, diciamo la verità, pure di una comprensibile amarezza, vedere che il popolo italiano si ostina tuttora a voler vivere, invece di lasciasi dolcemente morire; a voler lavorare, a voler rimanere in casa propria. In casa propria, per modo di dire, anche questa è una brutta espressione, venata di sovranismo e di populismo, nonché di razzismo. Ce lo spiega il santo padre Bergoglio, con la sua nota facondia ma soprattutto col suo illuminato discernimento, che la terra è di tutti e quindi anche l’Italia è la casa di tutti (ma non ci sa spiegare perché, davanti a un’immigrazione che fosse pure mille volte meno intensa e aggressiva da parte degli europei, per giunta cristiani, non c’è un solo Paese islamico che non inizierebbe a sparare sui barconi, o a bruciare le case degl’intrusi, come del resto già accade in Africa alle chiese cattoliche, coi fedeli dentro).

Avviandoci perciò a concludere, dobbiamo domandarci, come se lo domandano, quasi con le lacrime agli occhi, i nostri avveduti, onesti e lungimiranti uomini e donne di governo, cosa si debba ancora fare, che i governi italiani degli ultimi trent’anni non abbiano già fatto, con il generoso sostegno del Gruppo Bilderberg, dell’O.N.U., dell’U.N.E.S.C.O. (ideologia gender nella scuole), della chiesa "cattolica" (migrazionismo a tutto campo), della U.E. (distruzione dell’economia, smantellamento della piccola impresa), dell’O.M.S. (blocco totale del Paese per tre mesi, blocco parziale a tempo indeterminato), di Bill Gates (vaccinazioni di massa), insomma col sostegno di ciò che di meglio vi è oggi al mondo in fatto di filantropia, solidarietà e disinteresse; della crema dei più nobili spiriti e delle più sagge istituzioni. Che cosa si debba ancora fare per vedere questi indistruttibili italiani cedere infine alla forza del destino, e questo curioso, incredibile Paese, già quarta potenza economica mondiale e attualmente settima, soccombere, come è giusto e doveroso, e scendere al decimo, al ventesimo, al trentesimo posto, fino a sparire completamente e non solo a livello economico, ma proprio a livello biologico e materiale, lasciando dietro di sé solo il ricordo, come resta solo il ricordo dei popoli delle Canarie, della Terra del Fuoco e della Tasmania. Bisogna chiudere le attività commerciali non per soli tre mesi, ma per tre anni consecutivi? Bisogna alzare le tasse alle imprese non fino al sessanta o al settanta, ma al novanta per cento? Oppure bisogna condannare all’ergastolo, per alto tradimento, i pochissimi politici, giornalisti, magistrati onesti e indipendenti che fanno resistenza a quanto è stato deciso in alto loco? Bisogna trasferire le competenze del Parlamento direttamente al Bilderberg, e quelle del governo direttamente a Bruxelles e Strasburgo? Bisogna nominare George Soros ministro degli Interni, Bill Gates ministro della Sanità, e Mark Zuckerberg ministro della Pubblica Istruzione? Forse, allora, le cose finalmente andrebbero meglio. E magari il cardinale Krajewski, l’elemosiniere del papa, quello della famosa centralina, che aveva promesso di pagar lui le bollette arretrate, ma non l’ha mai fatto, ministro del Lavoro e delle Politiche sociali. Se poi si potesse collocare la signora Ghislaine Maxwell, l’amica di Jeffrey Epstein, alle Pari Opportunità e Famiglia, e magari l’artista Marina Abramovic ai Beni Culturali o, in alternativa, agli Affari Esteri (tanto per avere un filo diretto coi Clinton e il Deep State americano, cosa che non guasta mai), il quadro sarebbe perfetto. Sì, forse abbiamo trovato la soluzione all’angoscioso problema del perché gli italiani non si decidono a crepare e a levarsi gentilmente dai piedi, lasciando l’Italia a chi se la vuol pigliare, magari per farne una bellissima provincia africana, con tanto di Sharia (tranquilli, cari amici omosessuali, bisessuali e transessuali benestanti: ci vorrà ancora qualche anno e nel frattempo potrete trasferirvi nei vostri attici di Londra e New York). E la soluzione è questa: porre senz’altro il governo nelle mani di quelli che, ora, si limitano a dare istruzioni dal di fuori. Si sa che gli stranieri certe cose sanno farle meglio di noi. Tuttavia è meglio affrettarsi: magari dando un aiutino alla pandemia, vera o presunta, per l’autunno che sta per arrivare. Non si sa mai: questa gente ha mostrato d’avere sette vite, proprio come i gatti…

Fonte dell'immagine in evidenza: Photo by Mike Chai from Pexels

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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