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Bergoglio: è solo un problema di comunicazione?

C’è un punto che bisogna assolutamente chiarire, quando si parla di Bergoglio. Alcuni sostengono che le critiche nei suoi confronti nascono in gran parte dal fatto che le sue parole vengono male interpretate; o che vengono riportate dalla stampa in maniera tendenziosa; o, ancora, che lui stesso, parlando a braccio — il che fa spesso e volentieri, non solo nelle interviste ma anche nelle omelie e nei discorsi ufficiali – si lascia trasportare dall’entusiasmo e, nel calore dell’improvvisazione, e stante la sua imperfetta conoscenza della lingua italiana, non sempre riesce ad esprimere il suo pensiero come vorrebbe, col risultato di venir frainteso. Insomma sarebbe solo o principalmente un problema di comunicazione. Se si preparasse i discorsi e li leggesse senza scostarsene; se conoscesse meglio la lingua italiana; se la stampa fosse più obiettiva nel riportare le sue frasi, gran parte delle incomprensioni verrebbero meno e quasi tutte le critiche che gli sono mosse, sovente – dicono i suoi estimatori e difensori — in maniera prevenuta e comunque ingenerosa, non avrebbero più ragion d’essere. E non è che simili discorsi fioriscano solo sulle bocche di persone sprovvedute e inconsapevoli, né di fautori e turiferari del signore argentino, come ad esempio certi personaggi che si sono prefissati la missione, o ne hanno avuto l’incarico, di contrastare con ogni fibra del loro essere i critici di Bergoglio e perciò imperversano in rete, sui siti e sui social più critici verso di lui, allo scopo di rintuzzare, ribattere, contrattaccare ogni scritto con zelo indefettibile, passione inesausta e un ardore che non conosce stanchezza o ripensamenti.

Uno dei più grandi dispiaceri, se ci è consentita una nota personale, è stato quello di scoprire cosa pensa di lui un nostro amico carissimo, che è una persona squisita, integerrima, colta, intelligente, profondamente buona e disponibile verso gli altri, fin quasi all’eccesso. Avevamo sempre evitato l’argomento, proprio temendo di udire quel che invece, per fatalità, un giorno abbiamo udito dalla sua bocca: che Bergoglio è uno che ha compreso veramente il senso più profondo del Vangelo; con l’unica riserva, da parte del nostro amico, che sì, è vero che e non è altrettanto bravo nel trasmettere agli altri tale essenza. È stato, ripetiamo, un dolore profondo, una delusione fortissima, proprio per la rettitudine indiscussa e indiscutibile di colui che formulava tale giudizio, in nessun modo sospettabile di parlare per ragioni diverse da quelle che gli dettano la coscienza e la ragione. Ci siamo chiesti come sia possibile una cosa del genere: come sia possibile che, dopo la bellezza di otto anni, perfino dei cattolici veri, per i quali il Vangelo non è un formulario ma un libro di vita vissuta, e il cui naturale orizzonte esistenziale e morale è la bontà, o quantomeno la costante benevolenza verso il prossimo, tanto da essere costituzionalmente incapaci di far del male a qualcuno con la vera intenzione di farlo, possano poi cadere in un abbaglio tanto clamoroso, in un fraintendimento così catastrofico. E proprio in questo interrogativo abbiamo visto, e per così dire toccato con mano, ciò che di più perfido, di più malvagio, di più diabolico si cela nella persona e nell’opera di questo oscuro personaggio venuto dall’altro capo del mondo per dare il colpo finale alla Chiesa dei santi, o quanto meno alla sua parte visibile, e gettare nell’estremo sconforto, nell’estremo turbamento e nell’estrema angoscia quanti vorrebbero ripararsi sotto le ali della protezione divina e invece, credendo di udire la Parola di Cristo e di porsi sotto la vigilanza materna della Vergine Maria, aprono le porte all’antico Avversario e così, senza rendersene conto — è una cosa atroce, che fa accapponare la pelle al solo pensiero, ma purtroppo terribilmente reale — preparano le condizioni per essere traviati e trascinati nei più gravi errori morali e nelle peggiori eresie da un falso clero e una falsa chiesa. Se Bergoglio è capace d’ingannare persone eccellenti, se riesce ad esercitare un fascino su uomini infinitamente migliori di lui, allora bisogna domandarsi come ciò sia possibile, smontare il diabolico inganno pezzo per pezzo e mostrare a tutti chi si celi in realtà sotto l’abito bianco del Vicario di Cristo.

Non è stata quella, peraltro, la prima, né la sola delusione accumulata nel corso di questi mesi allucinanti, nei quali un governo di gente da nulla, ignorante e presuntuosa, ha imposto sull’Italia la più ferrea dittatura della sua storia, senza incontrare la benché minima opposizione e anzi suscitando un convinto sostegno da parte di quegli stessi cittadini che sono stati privati, da un giorno all’altro, di tutte le loro libertà fondamentali. Abbiamo visto non solo estranei, ma anche amici e parenti, anche persone delle quali avevamo e abbiamo stima, per la loro intelligenza, la loro cultura, il loro equilibrio, evitare qualsiasi contatto con il mondo esterno, barricarsi in casa, guidare la macchina o andare in bicicletta sempre con la mascherina sul viso, anche molte settimane dopo che ciò non è più imposto per decreto, mostrando così di aver creduto in pieno a tutta l’ignobile farsa e alla spregiudicata propaganda mediatica con la quale il governo, e più ancora i poteri finanziari che si muovono dietro di esso, hanno voluto sospingerci nel terrore, nella solitudine e nella totale accettazione di ciò che i media ci scodellano dalla mattina alla sera, ogni ora, ogni minuto, dal mese di febbraio fino ad oggi, e cioè che bisogna tirare un rigo sulla costituzione e su tutte le libertà da essa garantite in cambio della pura e semplice sopravvivenza, ossia di una vita ridotta a semplice condizione fisiologica, spogliata di tutto ciò che la rende amabile, nobile, degna di essere vissuta. Ciò dimostra, a nostro avviso, che è in atto un immane processo di ristrutturazione o, se si preferisce, di manipolazione, e in ultima analisi distruzione, del pensiero. Non è più vero ciò che è vero, ciò che i miei sensi e il mio elementare istinto dicono essere vero, ma ciò che la televisione, il governo, il comitato-tecnico-scientifico, il sindaco e il governatore regionale dicono essere vero; e se tutti questi soggetti dicono che il sole splende alle due di notte, o che le stelle brillano alte nel cielo alle due pomeridiane, la gente ci crede senz’altro. Laddove la categoria "gente" si è enormemente espansa, fino a includere buona parte di quelli che — sino all’altro ieri — si potevano qualificare come intellettuali, nel senso ampio della parola: quelli che lavorano di concetto, e non di un’attività manuale, sia professionisti, come medici, avvocati, notai, sia impiegati pubblici o privati, come insegnanti, commercialisti, ragionieri, ecc. E così come, sul piano economico-sociale, stanno rapidamente scomparendo i ceti medi, i piccoli imprenditori, gli artigiani, i commercianti, distrutti dalla globalizzazione e in particolare dalla concorrenza insostenibile dei gruppi multinazionali, così sul piano intellettuale scompare l’autonomia di giudizio di quelli che, fino a pochi anni fa, non bevevano senza fiatare tutto ciò che veniva dalla stampa e dalla tv, ma esercitavano un minimo di vaglio critico delle notizie.

Partiamo dall’ipotesi iniziale che avevamo formulato. È credibile che alla base della sofferenza e della confusione che Bergoglio provoca a milioni di fedeli — una minoranza, senza dubbio: ma una minoranza su un miliardo e trecento milioni di cattolici, non è una quantità del tutto trascurabile — ci sia essenzialmente un problema di comunicazione, ma che lui, a suo modo, sia perfettamente in buona fede, che sia animato da rette intenzioni? La risposta è netta, chiara, senza margini di dubbio: no, assolutamente no. Bergoglio sa benissimo quello che fa; non solo: calcola e studia ogni cosa che fa e che dice, valutandola e soppesandola fin nei minimi particolari. Se, per esempio, sceglie come interlocutore privilegiato il re dei giornalisti massoni, Eugenio Scalfari, per rivelargli apertamente il suo pensiero, sa benissimo quali saranno le conseguenze, e che uso farà il suo giornale, La Repubblica, delle sue parole. Non si potrà dire n alcun modo che le sue parole siano state distorte; al contrario: è vero che Bergoglio ha calcolato in anticipo di poter giocare su questi fattore, protestare la sua buona fede e far dire alla sua segreteria che certe frasi, ad esempio quella in cui nega l’esistenza dell’Inferno, sono state male interpretate e non rispecchiano il suo autentico pensiero. Se non voleva essere frainteso, si confidava con un giornalista cattolico, come Vittorio Messori. E poi, è credibile che il suo amico Scalfari pubblichi quelle interviste senza prima fargliene vedere il testo? La malafede di Bergoglio emerge anche da altri particolari. Ad esempio, nell’omelia in cui commentava l’episodio della donna adultera, ha detto a chiare lettere che Gesù fa un po’ lo scemo, frase che poi, nel testo ufficiale pubblicato dall’agenzia vaticana, diventa: Gesù fa il finto tonto. Tira il sasso e nasconde la mano: questo è il suo abituale modo di operare per seminare il disordine nella Chiesa. Un’altra tecnica è quella di lasciar dire le eresie più grosse agli uomini della sua corte e non riprenderli, come se non vi fosse nulla di strano. Così, non ha fiatato quando il generale dei gesuiti, Sosa Abascal, ha detto chiaro e tondo che il diavolo non esiste, che è solo un simbolo, e per soprammercato, che non si sa con certezza quel che disse Gesù, perché a quei tempi non c’erano i registratori; oppure quando il suo teologo preferito (o ex preferito, visto che ora l’ha silurato e fatto cacciare dalla Comunità di Bose come un inquilino moroso, ma non certo per ragioni dottrinali) diceva e scriveva che Gesù non è il Figlio di Dio, ma un semplice profeta che narrava Dio agli uomini, e lui zitto e mosca, come se non fosse stato suo preciso dovere intervenire. Potremmo fare decine e decine di esempi di questo tipo.

Ci resta però da rispondere alla domanda più imbarazzante: come spiegare che buoni cattolici e persone eccellenti non vedano chi realmente è e cosa realmente sta facendo il falso papa Bergoglio. Questo è il nodo della questione. Perché se a non riconoscere la sua natura maligna e le sue diaboliche intenzioni — che poi non sono le sue, ma di quelli che lo hanno messo lì, dopo aver costretto alle dimissioni il suo predecessore e aver assassinato un altro papa, Giovanni Paolo I, tanto per ricordare che giocano veramente sporco – sono i credenti della domenica, i cattolici distratti e conformisti, quelli che magari non hanno mai letto neppure il Vangelo e che si dicono cattolici solo per abitudine, ma si guardano bene dal prendere sul serio la dottrina e la morale cattolica, la cosa si potrebbe spiegare: plaudiscono un papa secondo i loro desideri. Ma se a cascare nella trappola sono anche dei cattolici sinceri e assolutamente rispettabili? Qui la cosa, evidentemente, è assai diversa. Fra le svariate spiegazioni che ci vengono alla mente, tutte peraltro insoddisfacenti, primeggia questa: i veri cattolici che Bergoglio sta prendendo in giro soffrono, e non da oggi ma da sempre, di un eccesso di buonismo. Vedono il bene dappertutto e si rifiutano di vedere il male, anche quando esso è evidente. Non vogliono prendere atto che al mondo esistono la malafede, la cattiveria, la perfidia, la menzogna, perché vogliono credere che il mondo è un luogo buono e bello, o che può diventare tale con un poco di buona volontà. E siccome Bergoglio fa vibrare sempre questa corda, continuamente, ossessivamente, loro ci cascano in pieno. Il documento di Abu Dhabi? Uno sforzo generoso per giungere alla comprensione e alla pace fra i seguaci delle due religioni. E se qualcuno fa loro notare che la pace è in crisi non certo per opera dei cristiani, i quali, storicamente, si sono sempre e solo difesi, mentre gli islamici non riescono neanche a concepire un mondo che non sia interamente convertito ad Allah, con le buone o le cattive, essi rifiutano di crederci. E se qualcuno fa loro notare che il risultato di quel "generoso sforzo" è la trasformazione in moschea della ex basilica di Santa Sofia, loro, come del resto Bergoglio, si dicono"addolorati", ma negano che sia stato commesso un errore, non solo politico, ma anche dottrinale, ossia negano che la dichiarazione di Abu Dhabi sia eretica. Sulla base di che? Della Nostra aetate e della Dignitatis humanae, naturalmente: cioè del Vaticano II. Altri documenti del Magistero non ne possono citare, visto che non ce ne sono. Comunque Bergoglio parla sempre di gettare ponti, d’inclusione, di accoglienza, di solidarietà, di misericordia; si fa fotografare in mezzo alla gente (o almeno si faceva; ora, in tempi di Covid, assai meno), scherza coi bambini, ride con tutti, sposa le coppie a bordo degli aerei, prende le pecore sulle spalle, fa il piacione, il simpaticone e soprattutto il bonaccione. E siccome di bontà a un tanto il chilo molti cattolici, a partire dal Concilio, hanno fatto indigestione, tutti costoro si sono scordati che nulla ha valore in sé, neppure la bontà, se disgiunto dal vero; che solo la carità nella verità è autentica, è cristiana, è umana; altrimenti si tratta della fraternità massonica, fatta di principi puramente immanenti, egoici, scaturiti da una superbia luciferina. Ma c’è un’altra ragione, intrecciata a questa, che spiega in parte il successo di Bergoglio fra persone dalle quali ci si aspettava una maggior comprensione dell’ora presente, ed è lo scadimento del vero concetto di bontà nel quadro di una crisi complessiva della fede. Dilaga una banalizzazione del bene, frutto d’un processo di semplificazione che risale indietro nel tempo e si somma agli effetti della scomparsa della fede, o del suo drammatico indebolimento. Se a garantire il bene non è più Colui che è il Bene stesso, ma l’uomo, il quale pretende di sostituire al Bene la propria coscienza soggettiva (come disse Bergoglio a Scalfari nella prima delle famose interviste a Repubblica), è facile scambiare un falso bene per il Bene vero. Allora il dialogo fra le religioni, l’ecumenismo, il rispetto dei diritti umani, aborto ed eutanasia in primis, prendono il posto dell’amore insegnato da Gesù per Dio e il prossimo. E come si può amare veramente il prossimo, se non nel Nome di Colui che disse: Io sono via, verità e vita?

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Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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