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Ciò che stiamo vivendo è un colpo di stato globale?

Sono cinque mesi che ci troviamo in stato di emergenza sanitaria, e ancora non si sente parlare, se non da pochissime voci, isolate e screditate in ogni modo — di una doverosa verifica, sul piano medico e scientifico, su come tale emergenza è stata gestita dal governo italiano, per il tramite del cosiddetto Comitato tecnico-scientifico, e quindi dal personale medico. È stato fatto tutto il possibile per limitare i danni, per ridurre il numero dei morti, per isolare il virus? Sono stati dati alla popolazione dei consigli appropriati in fatto di prevenzione e precauzione? I protocolli seguiti negli ospedali erano corretti? È stato spiegati che un reale pericolo esisteva solo in pochi casi, quelli nei quali si verificavano delle complicanze, mentre la stragrande maggioranza dei malati, compresi i positivi asintomatici (leggi: le persone sane con il virus), non correvano alcun pericolo, perché la malattia nella maggior parte di casi colpiva in modo assai lieve, cpme una comunissima influenza, o addirittura in modo così lieve da non essere praticamente percepita? Ma soprattutto, in presenza delle pericolose complicanze, si è fatto ricorso a quanto la scienza medica, e specialmente l’esperienza degli ultimi anni con alcune epidemie simili, in particolare la Sars, aveva fatto acquisire in fatto di terapie, oltre che di prevenzione? Oppure è avvenuto l’esatto contrario: la popolazione è stata lasciata all’oscuro di quanto sensatamente andava fatto, in compenso è stata terrorizzata con notizie largamente gonfiate e tendenziose, atte a suscitare il panico, mentre negli ospedali i medici affrontavano i sintomi del Covid-19, e soprattutto le difficoltà respiratorie, applicando dei protocolli del tutto sbagliati? A parte la retorica di mostrare nei telegiornali l’immagine commovente della dottoressa crollata per la stanchezza al suo tavolo di lavoro, e a parte l’allarmismo sulla carenza di apparecchi per l’intubazione e perfino di celle frigorifere e camere mortuarie, il sistema sanitario nazionale ha offerto ai malati un’assistenza medica adeguata e comunque proporzionata alle effettive capacità professionali di cui il personale medico è in possesso? Oppure qualcosa non ha funzionato, ci sono stati degli errori di sistema nella gestione dell’emergenza, e i pazienti, di fatto, e al di là della buona volontà del singolo medico e del singolo infermiere, hanno ricevuto un’assistenza del tutto inadeguata, e si sono visti affidare a un meccanismo sanitario pessimo, che si è mostrato decisamente non all’altezza della situazione? E poi, la domanda più pesante di tutte: gli errori, le inefficienze, le mancanze, il fatto di non utilizzare strategie e sostanze terapeutiche già sperimentate e ben note nella letteratura medica, che avrebbero consentito di fronteggiare molto meglio la malattia, sono stati dovuti semplicemente, si fa per dire, a incompetenza, pressapochismo, faciloneria, oppure a fattori assai più gravi, e in ultima analisi a una precisa volontà di dolo?

Questi interrogativi ne suscitano altri, ancora più gravi, sul piano etico. Se, come pare – ma sarebbe necessaria una commissione d’inchiesta o almeno un’indagine della magistratura ordinaria, che però probabilmente non giungerà mai in porto — vi sono state gravi inefficienze, ritardi, colpevoli mancanze, e se in alcuni casi, e specialmente al più alto livello, ossia quello del Comitato tecnico-scientifico, vi è stato anche qualcosa di peggio, ossia un’intenzione dolosa ai danni dei cittadini italiani, peraltro inscritta nel quadro complessivo di un vero e proprio colpo di stato sanitario mondiale, come mai la maggioranza del personale coinvolto non si è accorta di tutto questo? E, se se n’è accorta, come mai non ha detto né fatto nulla per correggere gli errori più grossolani, i ritardi più colpevoli, le negligenze più facilmente evitabili, s’intende restando su di un piano strettamente medico e scientifico? In altre parole: nessuno si aspetta, né pretende, che un semplice medico d’ospedale, e meno ancora un infermiere, assistendo a gravi errori e ad azioni scoordinate, contraddittorie, inefficaci da parte di primari e direttori, s’improvvisino detectives, come si vede in certi sceneggiati polizieschi americani; e neppure che si rivolgano direttamente alla magistratura o ai carabinieri, affinché qualcuno intervenga e si faccia un po’ di chiarezza. Però che almeno qualche medico, di fronte alle azioni più sbagliate e alle direttive più assurde, avesse la forza di carattere e il rigore morale per dire forte e chiaro che così non va, che dei pazienti vengono fatti morire inutilmente e, per giunta, mandati al crematorio in fretta e in silenzio, in un clima di vera e propria omertà, ignorando i sentimenti e le volontà dei familiari: ebbene, questo sì è lecito aspettarselo, e sia pure tenendo conto che una simile franchezza significa andare incontro a gravi inconvenienti sul piano professionale. Ma infine, si tratta di professionisti che hanno fatto il giuramento d’Ippocrate, o di mercenari disposti ad eseguire qualsiasi direttiva venga dall’alto, senza batter ciglio anche di fronte alla morte di pazienti che si sarebbero potuti salvare, o anche di fronte alla falsificazione delle cartelle cliniche e dei certificati di decesso, attribuendo al Covid-19 la morte di tante persone che, invece, palesemente sono venute meno per le complicanze dovute a gravi e svariate patologia pregresse? Nel romanzo di uno scrittore che era anche medico, Archibald Cronin, La cittadella, il protagonista, un medico di belle speranze, serio e coscienzioso, a un certo punto rischia di rovinarsi la carriera perché assiste, esterrefatto, all’incredibile, marchiano errore di un primario che, nel corso d’un intervento chirurgico di tipo ordinario, provoca la morte del paziente, e di fronte all’immediata reazione difensiva del primario, che consiste nell’ignorare il proprio errore e far finta che il decesso sia stato dovuto a cause del tutto imprevedibili, prova un fortissimo impulso di ribellarsi e gridare in faccia a quel pallone gonfiato tutto il suo disprezzo, accusandolo apertamente non solo d’incompetenza, ma anche di viltà professionale. Ebbene, scene simili si sono certamente verificate in molti ospedali italiani, in questi mesi di emergenza sanitaria: possibile che nessuno abbia osato rompere il muro del silenzio omertoso; che nessuno abbia trovato il coraggio sufficiente a denunciare ai propri superiori chi meritava d’essere denunciato, anche per fermare l’inutile strage dei fiduciosi e ignari pazienti? Sono scesi tanto in basso, il senso morale e la dignità professionale del personale medico? Chi ha fatto l’esperienza di casi gravi di mala sanità; chi ha visto morire i propri cari a causa di errori medici o comunque avvenuti in ospedale, e prontamente "coperti" da chi di dovere, in particolare dai direttori sanitari; chi, per esempio, è parente di uno dei 50.000 pazienti (cinquantamila!) che ogni anno perdono la vita a causa d’infezioni contratte nelle strutture ospedaliere, non si meraviglia, purtroppo, d’una tale mancanza di coraggio e di onestà, avendole verificate coi propri occhi; però si è sempre consolato, si fa per dire, pensando che il proprio caro è stato vittima di una situazione particolarmente sfortunata e, tutto sommato, statisticamente poco frequente. Adesso, però, in presenza di quel che sta succedendo da mesi in tutti gli ospedali italiani, la cosa si pone in tutt’altri termini, perché assume i contorni e soprattutto le dimensioni di un problema di portata vastissima, addirittura nazionale. Davvero le cose sono giunte a questo punto?

Riportiamo una parte del video realizzato da Marcello Pamio, contenente un’intervista a Massimo Citro, medico, psicoterapeuta, filosofo e scrittore, a proposito della situazione determinatasi a livello planetario per l’emergenza da Covid-19 (il testo completo è fruibile all’indirizzo internet https://youtu.be/yc5PhUGQY3Q):

Dunque, questo — secondo me — è un colpo di stato mondiale. Perché? Perché ci son dentro tante cose. (…) Se fossero persone oneste avrebbero dovuto dire: Questo virus,m questo Covid, cosa fa? Nell’85%, 90% dei casi — secondo degli autori, c’è un delta del cinque per cento — produce una sindrome influenzale banalissima o addirittura asintomatica; ci sono molti che hanno fatto l’influenza e non se ne sono nemmeno accorti. Quindi il problema qual è? Il problema è in quel 10% dove, effettivamente, il virus può produrre una reazione immunologica che esita in complicanze estremamente gravi e anche mortali. Sono soprattutto la famosa polmonite bilaterale interstiziale, che è molto simile a quella della Sars 1, ma è molto più grave… e poi ci sono i riflessi, l’attacco del virus del sistema immunitario, sui reni, sul cardio-vascolare… e soprattutto le famose trombo-embolie, la cosiddetta Cid (…). In un terzo dei casi viene colpito anche l’apparato digerente ma con sintomi non gravi; e poi stanno emergendo anche delle complicanze a volte molto rare, ma anche a livello neurologico Allora, qual è il punto? Che invece lo Stato, il governo, il regime, ha fatto credere alla gente che fosse qualcosa di peggio della peste del Manzoni, perché hanno detto che è mortale… Quello che ha vissuto la gene è il terrore, per cui se mi prendo il virus, muoio, o comunque rischio. Avrebbero invece dovuto dire, se fossero persone oneste: Guardate, cittadini, c’è un virus nuovo, e come tutti i virus nuovi, stiamo attenti. È un tipo Sars: vi ricordate diciotto anni fa? Be’, quella roba lì. Però attenzione: nella maggioranza dei casi vi prenderete solo un’influenza. Invece, quando arriva la complicanza dobbiamo stare attenti. Quindi cosa fare, per prevenire la complicanza? Il compito del Ministero della Sanità avrebbe dovuto essere quello di insegnare ai cittadini come difendersi dalle complicanze. Invece sono riusciti solo a dire: lavatevi le mani. Scusate, faccio questa battuta, ma è vera: la mia nonna, che ha vissuto quasi cent’anni e aveva la seconda elementare, nella sua saggezza avrebbe detto la stessa cosa. Ma stiamo scherzando? Il dittatore di Roma tutte le volte ha detto: «Scusate, non è colpa mia, perché è il Comitato tecnico-scientifico che mi dice di fare così». Ora, questo Comitato tecnico-scientifico dovrebbe essere, correggetemi se sbaglio, il meglio della scienza e della medicina in Italia. Quindi, potevano sapere come prevenire: e avrebbero dovuto dire questo: due cose. Prima di tutto, per evitare la complicanza, dovete essere il più possibile disintossicati, perché una legge antica della medicina, che nessuna norma presidenziale può cambiare, è questa: un virus, un batterio, un microbo, attacca e attecchisce, anche in modo grave, soggetti che sono già intossicati. (…) Quindi, la prima da cosa è: fate una dieta, che è l’opposto di quello che ha fatto la maggioranza della gente: stiamo chiusi in casa, cuciniamo e mangiamo; lo vedo in studio, e moltissimi si sono ri-intossicati. Poi, attenzione, c’è una prevenzione da fare, e la consiglio a tutti se mai questi qui butteranno fuori di nuovo il virus, ed è questa: ci sono alcune sostanze naturali, semplicissime, che da sempre si sa che prevengono il virus e le complicanze. La vitamina C ha fruttato a Linus Pauling il primo dei suoi premi Nobel, e su questo non c’è niente da dire, si sa benissimo. Poi abbiamo la vitamina D3 che è stata tanto denigrata… Sapete perché funziona la vitamina D3? Perché le complicanze, dicevo, è il sistema immunitario che le crea; e in letteratura si è visto che le citochine, che sono delle sostanze secrete dalle cellule del nostro sistema immunitario, possono creare in soggetti intossicati una cosiddetta tempesta citochinica: cioè, invece di creare un fuoco che brucia il nemico, il virus, creano un incendio incontrollato che finisce per bruciare noi stesi. (…) E poi l’ultima era il TNF [Fattore di necrosi tumorale] (…). Allora, per il TNF — e questo si sapeva in letteratura dall’inizio degli anni ’90 — c’è la melatonina, in alte dosi. (…) Ma lo zinco, è fondamentale. Perché lo zinco si sapeva già dalla Sars. Cosa fa lo zinco? Riesce a bloccare la cosiddetta RNA polimerasi, che è l’enzima che nella cellula fa sì che il virus possa moltiplicarsi. (…) Quindi, si sapevamo queste cose. Ma soprattutto quello che si sapeva dalla Sars scorsa, quindi sono quasi vent’anni, è che l’idrossiclorochina, e tutti i derivati della china, riescono a bloccare, in quasi tutti i casi, le complicanze gravi; le prevengono e le bloccano se le diamo nelle prime ore. Ecco, questo dovevano dire. Non l’hanno detto. Allora, i casi sono due: o sono ignoranti, e ci chiediamo perché li paghiamo e stanno lì, oppure lo volevano fare: perché gli ordini – non loro, che sono delle pedine, ma gli ordini superiori — volevano i morti. (…) Tra l’altro si è visto che questo virus, questa Sars 2, dov’è che crea il maggiore danno? Attacca l’emoglobina dei globuli rossi (…); e cosa succede? Che il globulo rosso non riesce più a fissare l’ossigeno. Quindi quei pazienti che arrivavano in ospedale — e poi tra l’altro gli dicevano, in questo colpo di stato: dovete stare a casa!, ai medici della mutua avevano fatto chiudere lo studio, quindi uno era a casa abbandonato a se stesso, quando finalmente — perché dicevano: finché non hai sintomi gravi, non puoi venire in ospedale — quando venivano in ospedale avevano magari 75/80 di saturazione di ossigeno, li intubavano e morivano, perché non era solo una polmonite e una carenza di ossigeno a livello sistemico: non caricavano più. E l’attacco sull’emoglobina, cos’è che lo blocca? Proprio l’idrossiclorochina, che è il farmaco antimalarico per eccellenza. La malaria lavora sui globuli rossi. Signori, non è difficile questa cosa: perché non ce l’hanno detta prima? Adesso si capisce perché le donne e i bambini sono stati colpito di meno: perché hanno meno emoglobina. (…) Allora io dico: ma dobbiamo dirlo noi qui, o doveva dirlo il Comitato tecnico-scientifico? È quello che dovrebbe essere denunciato alla magistratura — però purtroppo chissà se nella magistratura c’è qualcuno che non è inserito nel sistema – e accusato di strage.

Già questa parte dell’intervista a Massimo Citro è sconvolgente, e fornisce ampio materiale su cui riflettere (la citazione è stata lunga, ma, crediamo, necessaria); però la seconda, che qui non abbiamo riportato, lo è ancor di più. In essa l’autore allarga la prospettiva fino a includere lo scenario globale e pone degli inquietanti interrogativi sulla Fase 2 dell’emergenza programmata, che lui chiama giustamente colpo di stato globale, ossia quella delle vaccinazioni di massa. Ciò che potrebbe accadere in quella fase è ancora peggio di ciò che si è visto finora, in tutti i sensi. L’élite globalista, dalla quale è partita l’offensiva generale contro la popolazione mondiale, potrebbe essere in grado, con la tecnica dei Quantum Dots (punti quantici), ossia "pacchetti di elettroni", di controllare a distanza ogni singolo individuo vaccinato, provocando disturbi e malattie a quanti non si uniformassero al Nuovo Ordine Mondiale. Eh, via, insorgerà qualcuno, arrivati a questo punto: questo sì che è complottiamo; questo sì che è troppo perché lo possiamo prendere sul serio! Padronissimi di pensarla così; e tuttavia stiamo parlando di cose tecnologicamente possibili; e se sono possibili, possiamo davvero immaginare che gli stessi cinici personaggi i quali decidono, a tavolino, di scatenare guerre, epidemie, crisi economiche o emergenze sanitarie, come quella che stiamo vivendo, si asterranno dall’utilizzare i Quantum Dots per esercitare un controllo sull’umore, sui pensieri, sui comportamenti della popolazione mondiale, trattenuti da un qualche scrupolo di natura etica? Il solo fatto che un singolo individuo, come Bill Gates, che non è neppure un medico, sia stato lasciato libero di accumulare quote sempre più consistenti di multinazionali farmaceutiche, fino a controllare gran parte del mercato mondiale del farmaco, non è già di per sé significativo? E non è stupefacente che un simile monopolista del farmaco sia ora invocato da governi e governati affinché fabbrichi e venda loro, il più presto possibile, il vaccino contro il Covid-119, cioè contro un virus che già adesso è decaduto e praticamente non esiste più? E se a un singolo individuo è stato lasciato campo libero per esercitare un influsso decisivo sulla salute e sulla vita non di migliaia, e neppure di milioni, ma di miliardi di esseri umani (e sappiamo cosa hanno fatto i suoi farmaci a 500.000 mila bambini dell’India), perché a un "super-cartello" di poche decine d’individui simili a lui, ricchi e potenti come lui, non dovrebbe essere possibile tessere la tela di un complotto globale per il controllo complessivo dell’intera popolazione mondiale, col concorso dei governi, da esso controllati, e la piena collaborazione dei mass-media, che sono in gran parte di sua proprietà? Ha certamente ragione Massimo Citro quando osserva che il tremendo capolavoro di questo oscuro gruppo di potere è quello di aver fatto in modo che sia la gente stessa, che siano i cittadini, e naturalmente i loro governanti, a chiedere, a invocare a gran voce di essere vaccinati; e lo chiedono a quelli stessi che hanno creato la pandemia e che hanno fatto in modo che essa provocasse il maggior numero possibile di morti, oltre che il più grande spavento possibile nella popolazione. Non è Bill Gates che si offre, come un questuante qualsiasi, di vendere il suo miracoloso vaccino: sono i popoli e i governi che lo pregano, che lo supplicano di farlo.

C’è qualcosa di vertiginoso, di abissale, in un disegno così vasto, così meticoloso, così perfetto. C’è, in altre parole, la puzza dell’inferno. E non è solo un modo di dire: l’élite finanziaria che sta orchestrando tutte queste belle cose a nostro donno, e ci conduce al punto da chiedere noi stessi di riceverle, è dedita, da sempre, alla pedofilia, al satanismo e ai sacrifici umani. E che anche queste cose esistano, e che esistano su larghissima scala — ogni anno, in Europa, spariscono un milione di bambini, e un numero ancor maggiore negli Stati Uniti e in altri Paesi — non lo dice il solito complottista un po’ esaltato; lo dicono magistrati integerrimi e di altissimo profilo professionale. Lo dice ad esempio Robert David Steele, ex ufficiale dei Marines ed ex ufficiale della CIA, attualmente consulente capo della Commissione giudiziaria d’inchiesta americana sul traffico di esseri umani e abuso sessuale di minori. Qualcosa, ma solo qualcosa, si era intravisto all’epoca del Pizza Gate; qualche altra cosa si è potuto immaginare, più che vedere con l’esplosione del caso Epstein. Ma il punto è proprio questo: non è alquanto strano che i mezzi d’informazione, sempre avidi di notizie scandalistiche, tacciano sulla scomparsa di milioni e milioni di bambini nel mondo, ogni anno? E se sono in grado di nascondere un fatto così grande, non possono creare, volendo, dei fatti inesistenti?

E come chiamare una situazione del genere, se non dittatura democratica e colpo di stato mondiale?

Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Christian Lue su Unsplash

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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