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È solo una questione di coscienza

Migliaia e migliaia di medici e infermieri si sono attenuti al protocollo: hanno diagnosticato come polmonite la trombosi polmonare, hanno intubato i pazienti togliendo loro l’ultimo soffio di respiro, hanno spaccato loro i polmoni e li hanno spediti al Creatore; poi, senza riconoscere pubblicamente l’errore, hanno modificato diagnosi e terapia; ma in ogni caso hanno scritto sul certificato di morte: causa del decesso: Covid-19, pur sapendo che il Covid-19 era solo l’ultima patologia, e non, di per sé, quella risultata fatale, ma solo la circostanza aggravante, come del resto accade ogni anno che Dio manda con le comuni influenze in soggetti molto anziani e che già soffrono di svariati malanni. Si sono poi assunti la responsabilità di far cremare i deceduti, anche senza l’autorizzazione delle famiglie, nonché di negare le visite dei familiari alle persone affette da malattie terminali, costringendole a morire sole e abbandonate, senza un volto amico accanto al loro letto, addirittura senza uno straccio di funerale.

Migliaia e migliaia di sindaci, di prefetti, di magistrati, di assessori, di amministratori pubblici di ogni ordine e grado, nonché di medici della mutua, si sono attenuti alle disposizioni provenienti dal governo e in molti casi le hanno rese ancor più onerose, aggiungendovi questa o quella restrizione ulteriore, questa o quella ulteriore proibizione. Hanno confinato tra le mura di casa tutte le famiglie italiane, dalle Alpi a Lampedusa (benché da Roma in giù i casi d’infezione siano stati rarissimi), hanno chiuso le scuole, i musei, le gallerie d’arte e gli uffici pubblici, hanno piantato in asso le persone con disabilità o disagi psichici, hanno negato ai cittadini l’esercizio dei diritti fondamentali, a cominciare dal diritto allo studio, per i quali pagano fiori di tasse; e hanno impedito a milioni di piccoli imprenditori, di commercianti, di ristoratori, di baristi, di albergatori, di tassisti, di gondolieri, di gestori di piscine e palestre, di barbieri e parrucchieri, di lavorare e guadagnarsi di che vivere, per più di tre mesi.

Migliaia e migliaia di giornalisti si sono prestati a quanto richiesto loro dai proprietari dei giornali e delle televisioni in cui lavorano, cioè di bombardare il pubblico giorno e notte, ventiquattro ore al dì, per settimane, per mesi e mesi, con notizie gonfiate, terrorizzanti, con cifre truccate di decessi, con dibattiti pubblici farseschi, nei quali tre o quattro sostenitori della tesi catastrofista si confrontano con un medico o biologo che sostiene una tesi diversa; con tragiche previsioni per il futuro, addirittura predicendo un ritorno del virus in autunno, e ciò fin dall’inizio dell’emergenza, ossia da febbraio-marzo, pur sapendo benissimo che nessun virus sopravvive più di 70-100 giorni. Inoltre hanno reclamizzato in ogni modo la necessità di fare vaccinazioni di massa, pur sapendo che esiste una evidente relazione fra il numero anomalo dei decessi di Bergamo e il fatto che in quella città gli anziani fossero stati sottoposti a massicce vaccinazioni antinfluenzali nello scorso anno, e pur sapendo che il principale soggetto interessato al commercio del nuovo ipotetico vaccino, Bill Gates, è uno squalo della finanza e un uomo totalmente senza scrupoli, i cui vaccini hanno già provocato la paralisi di mezzo milione di bambini indiani.

Migliaia e migliaia di vescovi, di preti, di religiosi, di diaconi, si sono attenuti a quanto stabilito dal governo, in aperta violazione del Concordato fra Stato e Chiesa, e hanno sospeso la celebrazione dei Sacramenti per più di tre mesi; hanno imposto limitazioni di ogni genere ai fedeli che chiedevano di non esserne completamente esclusi; hanno aggiunto, di loro iniziativa, restrizioni e modifiche odiose, ripugnanti, dall’uso delle pinzette e dei guanti di gomma per maneggiare le Ostie consacrate, all’obbligo per i fedeli di ricevere queste ultime sulle mani e non in bocca, pur sapendo benissimo che questo è un punto dirimente per milioni di cattolici: vale a dire che hanno sfruttato la paura del contagio per imporre una riforma liturgica illegittima, contraria alla Tradizione e invisa a una buona percentuale dei fedeli. Inoltre non hanno mosso un dito per difende i pochissimi sacerdoti coraggiosi che sono stati molestati dalle forze dell’ordine, anche nel pieno del loro sacro ufficio; non hanno speso una parola per difenderli, anzi semmai li hanno apertamente o velatamente biasimati: e tutto questo mentre hanno continuato a seguire l’esempio del papa, che predica il diritto di tutti i clandestini africani a sbarcare in Italia e ad esservi accolti con ogni garanzia giuridica e materiale, pur sapendo che moltissimi di loro sono affetti dal Covid-19 e cioè da quella "tremenda" malattia a causa della quale essi hanno giustificato la sospensione della vita di grazia e la chiusura delle chiese perfino in occasione della santa Pasqua.

Il tristo elenco qui incominciato potrebbe continuare, naturalmente riservando un posto speciale ai politici, i quali hanno agito senza minimamente preoccuparsi del bene psicologico, economico e sociale dei cittadini, anzi spingendo deliberatamente il Paese sull’orlo del baratro, e ciò per una presunta necessità di ordine superiore che dovrebbe attestare, in teoria, il loro amore e la loro sollecitudine verso il popolo italiano, mentre anche i cervelli più torpidi hanno compreso che la vera ragione è prolungare e accentuare lo stato di emergenza oltre ogni limite, perché solo così un governo non eletto, non voluto, non stimato né stimabile, formato da boriosi incompetenti, bravi solo a chiacchierare sulla pelle della gente, può sperare di restare saldo sulle proprie poltrone, mentre in condizioni normali la sua vita non si prolungherebbe più di qualche giorno. Alla fine del nostro elenco, non scordando gli impiegati di banca che spingono ignari pensionati a sottoscrivere prodotti finanziari derivati, secondo le istruzioni ricevute dall’alto e pur sapendo di giocare coi risparmi di tutta una vita messi da parte da tante brave persone, giungeremo comunque a una sola conclusione: tutte le figure che hanno un profilo istituzionale, o quasi tutte, hanno accettato di servire oscuri interessi e di danneggiare il bene dei cittadini, dei pazienti, degli utenti, dei credenti, dei risparmiatori, lavandosi le mani delle conseguenze dei loro atti e riparandosi dietro il "dovere" di rispettare le consegne, i protocolli, le disposizioni vigenti, ecc. ecc., anche se ciò comportava calpestare e fare strame di tutti i principi e gli ideali che li avevano spinti ad abbracciare quella determinata professione o vocazione (perché quella del medico, o quella dell’insegnante, non è solo una professione, ma anche una vera e propria vocazione, non molto dissimile da quella del sacerdote). Sorge perciò la domanda: come è stato possibile? Perché lo hanno fatto? Che cosa spinge un medico, un giornalista, un tutore dell’ordine, un sindaco, un amministratore pubblico, un prefetto, un provveditore agli studi, un parlamentare, un vescovo, un prete, a venir meno alla più sacra delle promesse, quella di mettersi al servizio del prossimo, lealmente, e a non far nulla che non si possa fare in pubblico, nulla di cui ci si dovrebbe vergognare, nulla su cui esistano più che fondati dubbi di legittimità, di regolarità, di liceità morale? Che cosa spinge quelli dai quali dipende, su grande o su piccola scala — questo non è essenziale — la vita pubblica, il suo ordinato svolgimento, il suo buon funzionamento, sempre sulla base fondamentale del perseguimento e del rispetto bene comune, a tradire il loro impegno?

Per rispondere a questa domanda, che è la domanda decisiva, la domanda dalla cui risposta dipende ogni altra risposta, crediamo sia utile partire da ciò che rispondono gli interessati, da noi chiamati in causa, se per caso qualcuno osa fargliela. Essi rispondono di non aver mai fatto null’altro che il proprio dovere; che la coscienza non rimprovera loro assolutamente nulla; che anzi hanno agito con autentico spirito di servizio; che mai sono stati sfiorati dal benché minimo pensiero di un secondo fine o di un illecito interesse o tornaconto personale; e che si dolgono e si rammaricano con profonda tristezza dell’incomprensione di taluni, anche se sanno bene che c’è sempre qualche scontento, qualche sospettoso, qualche complottista pronto a scagliarsi contro chi applica le norme a tutela della popolazione, e che ciò rientra nelle regole del gioco. In altre parole, rispondono negando recisamente l’accusa implicita nella domanda: perché hanno agito così?, perché così era giusto agire, punto e basta. Era giusto chiudere in casa sessanta milioni di cittadini e privarli dei diritti più elementari; era giusto, frattanto, lasciar sbarcare qualsiasi quantità di clandestini, di qualunque provenienza; era giusto negare il funerale e mandar direttamente alla cremazione i deceduti affetti da Covid-19 (anche se non morti di esso); era giusto far chiudere tutti gli esercizi pubblici, compresi gli alberghi, i bar e i ristoranti, per più di tre mesi; era giusto presentare al mondo l’Italia come il Paese degli appestati, scoraggiando qualsiasi flusso turistico verso di essa (turisti no, clandestini sì); era giusto negare i Sacramenti, sospendere le Messe, farle interrompere brutalmente dalla polizia o dai carabinieri, se qualche prete si ostinava celebrarla, sia pure per pochissime persone, ben distanziate e dotate di mascherina; era giusto multare senza pietà chi osava uscir di casa anche per pochi metri, chi andava a far la spesa accompagnando la moglie, chi portava il bambino a prendere una boccata d’aria, e intanto lasciare che gli islamici celebrassero tranquillamente il Ramadan, e i partigiani festeggiassero il 25 aprile, e i militanti LGBT sfilassero gioiosamente alle manifestazioni del Gay Pride; era tutto giusto, tutto ben fatto. Nessun problema, nessun conflitto di coscienza: hanno semplicemente eseguito gli ordini, applicato i protocolli, e lo farebbero di nuovo, altre dieci, mille volte, perché così richiedeva la situazione. Ecco: il problema è tutto qui. Per avvertire un conflitto di coscienza, bisogna avercela, la coscienza: ma tutta questa gente non l’ha più. L’ha persa da un pezzo, come Perter Schlemihl aveva perso la sua ombra. Niente coscienza, ergo nessun conflitto: manca la materia prima, come un caminetto ove manchi la legna da ardere. A questo punto, evidentemente, la domanda si sposta, e si può formulare in questo modo: come spiegare il fatto che tutta questa gente ha perso la propria coscienza?

A noi sembra che, nella stragrande maggioranza dei casi, queste persone si siano auto-convinte di agire nella maniere giusta; che poi era, guarda caso, quella che i loro superiori si aspettavano. Pertanto è possibile che un minimo di conflitto vi sia stato, ma al di sotto del livello della coscienza; esso è stato prontamente bloccato, rimosso, cancellato, affinché non ne restasse la più piccola traccia. Quando una persona "decide" di convincersi di qualcosa, anche se il suo subconscio non è del tutto d’accordo con quella decisione, tutto quel che ci si può aspettare da lei è che neghi ferocemente l’esistenza di un qualsiasi problema, di un qualsivoglia conflitto. Certo che ho agito così, vi dirà quella persona, risentita e offesa: avrei forse dovuto agire altrimenti? Era quello il mio dovere, non c’è il minimo dubbio al riguardo. Rimosse le obiezioni dell’inconscio, tanto più facile diviene respingere le obiezioni degli altri. Se poi quella persona si trova a far parte di un esercito di persone che avevano funzioni analoghe o equivalenti, e tutte quante si son regolate allo stesso modo, cioè eseguendo quanto veniva chiesto loro senza fare obiezioni o difficoltà, tale strategia difensiva diviene ancora più facile: Ho fatto quel che hanno fatto tutti; se ho sbagliato, abbiamo sbagliato tutti; ma è più facile che a sbagliarsi siano quelli che ci criticano, non è vero? Forse il veleno del conformismo, dell’appiattimento delle intelligenze, della deresponsabilizzazione etica era già penetrato a fondo nella nostra società, e da molti anni, solo che non l’avevamo riconosciuto. Quanto indietro bisogna risalire per trovarne la radice? Molto, moltissimo. Comunque, poiché per ovvie ragioni non si può tornare fino ad Adamo ed Eva, crediamo ci si possa fermare agli anni ’60 del secolo scorso: gli anni del Concilio Vaticano II, della pedagogia indulgente e permissiva, del femminismo, dell’americanismo, del miracolo economico, della contestazione, del ’68. Gli anni nei quali pareva che il paradiso terrestre fosse alle porte, e si chiamava marxismo-leninismo. Gran parte dei sedicenti intellettuali si prostrava di fronte al nuovo idolo, e così medici, psichiatri, psicologi, sociologi, filosofi, antropologi, ecc. ecc.; così scrittori, registi, artisti, giornalisti di grido e anche, in forme lievemente mascherate in salsa pseudo cattolica, teologi, cardinali e vescovi. Ora hanno il sedicente papa dalla loro, che parla sempre e solo di questioni sociologiche, politiche, ambientali, e paragona la chiesa a un ospedale da campo, e vuol solo gettare ponti (verso il mondo, non verso Cristo) e abbattere muri: senza considerare che nessun edificio di alcun genere, ospedali compresi, potrebbe esistere se non ha dei muri che separino il fuori dal dentro. Ebbene, da mezzo secolo tutti questi signori ripetono le stesse sciocchezze, con la forza del numero e con la testardaggine dell’auto-convinzione. Non è vero ciò che è vero, ma ciò che diceva e dice la loro ideologia: ieri rossa, oggi arcobaleno; ieri marxista, oggi libertina; ieri basata sulla lotta di classe, oggi sulla rivoluzione sessuale, dove per "rivoluzione" s’intende la libertà di non sapere più se si è maschi o femmine. Abituati a non pensare con la loro testa, ieri non trovavano nulla di strano nei loro slogan, oggi non vedono nulla di strano nel loro agire. Ieri negavano che la malattia mentale esista, attribuendola semmai allo sfruttamento di classe; oggi negano ci sia un complotto dietro la pretesa pandemia e giurano di pensare unicamente al bene comune. L’Italia è oggi nelle mani di una generazione di mercenari irresponsabili: la nostra società sta raccogliendo quel che aveva seminato…

Fonte dell'immagine in evidenza: Alan Camerer - Pubblico dominio

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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