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C’è un attacco alla nostra civiltà e ai nostri popoli?

Quanto più si riflette e ci s’informa al di fuori della rete della stampa e delle televisioni mainstream, quanto più si collegano fatti in apparenza lontani, slegati e casuali, tanto più si ha l’impressione che esista in disegno vastissimo, globale, mirante a distruggere la civiltà occidentale di cui siamo figli, e il suo nucleo essenziale, che è il cristianesimo, e addirittura a far scomparire i popoli occidentali, seppellendoli sotto valanghe incessanti d’immigrati afroislamici opportunamente pilotate da una precisa regia. Immigrati i quali, già per il modo in cui arrivano e in cui si pongono verso la società ospitante, ma più ancora per l’assoluta incompatibilità fra la loro cultura e quella occidentale, cui non vogliono affatto integrarsi, oggettivamente si configurano non come ospiti da includere, ma come invasori che si accingono a sostituire la popolazione residente. E mano a mano che si riflette e ci s’informa, si fa una straordinaria scoperta: i pochi che hanno visto la vastità del disegno e la perfidia delle strategie utilizzate, sono stati sistematicamente bollati come fanatici estremisti, razzisti, odiatori della pace e dell’umanità, scarti di anime dannate indegne di respirare la stessa aria delle persone civili e perbene. Il fatto, poi, che alcuni di essi siano effettivamente scivolati su posizioni estremiste e razziste, forse anche perché esasperati dal boicottaggio sistematico e dalla falsificazione metodica della verità da parte della cultura dominante e dei mass-media asserviti al sistema della finanza globalista, rende la cosa ancor più incresciosa e politicamente scorretta. Come condividere le stesse battaglie, ad esempio, dei suprematisti e dei nazionalisti bianchi degli Stati Uniti? È peggio che imbarazzante, è quasi un suicidio morale, almeno per chi non condivide affatto certi presupposti razzisti, neonazisti e perfino neopagani effettivamente presenti in quei movimenti. E tuttavia: è giusto auto-limitarsi, auto-censurarsi, auto-mortificarsi, solo per rimarcare una distanza da persone e movimento impresentabili e dei quali non si condividono aspetti essenziali? È giusto rinunciare a condurre una decisiva battaglia di verità, solo perché le stesse cose sono state dette da personaggi che sono agli antipodi della propria visione del mondo, ad esempio che non credono nel Dio cristiano o, se pure ci credono, professano la loro fede solo per strumentalizzare quei valori ai fini della loro strategia complessiva? E soprattutto: se alcune delle cose che essi dicono sono le stesse che corrispiondono a un pensiero onesto e veritiero, insomma sono le stesse che si vorrebbe dire, sia pure da una diversa prospettiva e con differenti accenti, è giusto rinunciare a dirle, è giusto rinunciare a condurre la propria battaglia? Dopo aver molto riflettuto, siamo giunti ala conclusione che no, non è assolutamente giusto; e che pur evitando, il più possibile, confusioni ed equivoci, e chiarendo sempre i propri presupposti e le proprie convinzioni di base, nondimeno si deve parlare francamente su certi temi scottanti, come l’invasione dell’Europa e il disegno di distruzione della sua civiltà, costi quello che costi. E se i disonesti e i prezzolati faranno il loro miserabile mestiere, che è quello d’infangare e denigrare tutti quelli che aprono gli occhi davanti al male, e osano alzare la testa; se si faranno premura di metterci in un solo mazzo coi razzisti, i neonazisti e i neopagani, ebbene tanto peggio. Noi sappiamo chi siamo, tutta la nostra vita e tutte le nostre parole e le nostre azioni lo attestano; se qualcuno vuol farci passare per ciò che non siamo, se vuole colpirci slealmente applicandoci un’etichetta di segno razzista, neonazista, ecc., quello è un problema suo, non nostro. Suo e di tutti gli sciocchi che credono, senza verificarle, alle notizie taroccate che ogni giorni i mass-media servi del potere scodellano al pubblico, senza pudore né ritegno, come parte del disegno globale di asservimento e sostituzione dei popoli e distruzione della civiltà cristiana. Del resto, si può star certi di una cosa: quando si critica il sistema e si va contro la cultura mainstream, bisogna aspettarsi qualunque calunnia e falsificazione. Vi lasceranno dire, finché avrete poche persone che vi seguono; ma quando i lettori o gli ascoltatori crescono nell’ordine delle migliaia, prima o poi ve la faranno pagare. Vi faranno querela, vi chiuderanno il sito, vi boicotteranno in cento modi: non ve la perdoneranno, e sarete segnati per sempre sul loro libro nero.

Prendiamo il caso di quel che dice, negli Stati Uniti d’America, l’ex deputato al Congresso della Louisiana, David Duke, considerato uno dei maggiori esponenti del suprematismo bianco: una fama che è già una squalifica e che induce le persone perbene a non ascoltarlo nemmeno, e a non prendere sul serio i suoi libri e le sue conferenze. Eppure, se ci prende la briga di andare a leggere quei libri e di ascoltare qualche sua conferenza, e soprattutto se si ha il coraggio civile di non lasciarsi ricattare da quel che i mass-media dicono di lui, così come di altri personaggi, non solo americani ma anche europei, si scopre che le sue affermazioni sono molto più solide e molto più documentate di quel che non si crederebbe, almeno finché si resta sul terreno dei fatti e si evita di addentrarsi in quello delle opinioni personali. E i fatti sono che pochi, come lui, dicono la verità; pochi hanno il coraggio di mettere il dito nella piaga e chiamar le cose con il loro nome: nel caso specifico, occupazione di tutti i settori chiave della società americana, della finanza americana, della cultura americana, da parte degli ebrei sionisti (e specifichiamo sionisti perché non tutti gli ebrei rientrano nella categoria che qui c’interessa descrivere). Strano, vero? Nella società che si vanta d’essere la più libera al mondo; nella democrazia che ci viene sempre presentata come il modello al quale tutte le altre democrazie devono cercare di rifarsi, esiste questa curiosa asimmetria: benché la gran parte dei mass-media sia controllata dai signori della finanza ebraica, di quei signori si parla pochissimo e di quella occupazione non si parla affatto, e quindi il pubblico viene cullato nell’idea che va tutto bene, che è tutto normale, che tutte le voci sono libere di esprimersi e che non esiste alcun cartello, alcun monopolio, alcun disegno di dominio totale da parte di un soggetto qualsiasi — tanto meno da parte delle ricchissime lobby ebraiche americane. E se David Duke è uno dei pochissimi che ricordano come gli ebrei ortodossi preghino più sul Talmud che sulla Bibbia, e che quindi le loro preghiere quotidiane — non da oggi o da ieri, ma da secoli e secoli – includano bestemmie contro Gesù Cristo e la Madonna, e maledizioni irriferibili contro i cristiani, mentre questa verità non veniva taciuta dal clero cattolico fino alla metà del secolo scorso, ebbene noi vediamo in ciò l’ulteriore conferma che il Concilio Vaticano II, col quale si è bruscamente invertito il senso di marcia e si è proclamato che gli ebrei sono i nostri fratelli maggiori, che le loro intenzioni verso i cristiani sono ottime e che nessuno deve pensare a convertirli, poiché hanno già in tasca la promessa di Dio e quindi la salvezza finale. Tutto questo altro non è stato che parte di un disegno massonico-ebraico per snaturare la Chiesa cattolica e facilitare la sua auto-distruzione. Processo che ora vediamo giungere, con Bergoglio, alle battute finali. E se David Duke è uno dei pochissimi a ricordare che gli ebrei predicano la società multietnica e multiculturale a livello mondiale e che statisti ebrei, come Nicholas Sarkozy, fanno di tutto per favore l’invasione afro-islamica nei loro Paesi e la sostituzione della loro popolazione, ma quanto a loro si regolano in maniera del tutto diversa, proibiscono i matrimoni misti e si sposano unicamente fra loro (come Sarkozy, che ha sposato Carla Bruni), ebbene noi vediamo in questo parlare il coraggio della verità e la prova del fatto che i mass-media sono tutti asserviti al potere, perché non segnalano mai tali cose, anche se sono palesi e anche se, in Israele, nessuno si sogna di tenerle nascoste, tanto sono considerate ovvie e scontate proprio in quello Stato che pur ci viene descritto come la sola credibile e sana democrazia di tutta l’area mediorientale. E se Duke è l’unico o quasi a segnalare che tutte le maggiori case cinematografiche di Hollywood; tutte le principali banche private, e anche la Federal Reserve (che corrisponde alla nostra Banca d’Italia) sono controllate in maggioranza da finanzieri ebrei; e che tutti i presidenti americani sono controllati dalla lobby finanziaria ebraica, e che i due che vi si opposero, Lincoln e Kennedy, sono stati assassinati, mentre l’ultimo, Donald Trump, è sotto assedio da pare dei media, della magistratura, dei servizi segreti e di tutto il Deep State, con buona pace del popolo sovrano che lo ha regolarmente eletto affinché governi nell’interesse dei cittadini e non delle banche o delle multinazionali, come quelle di George Soros o di Bill Gates, allora noi gli rendiamo atto della sua schiettezza e deprechiamo che quasi nessun altro ne mostri altrettanta, specie fra i politici, gli economisti e i giornalisti. Evidentemente, uomini come David Duke riempiono un vuoto; dicono ciò che tutti gli altri tacciono e così facendo denunciano l’esistenza d’una congiura del silenzio che fa più male alla democrazia di quanto ne possano fare alcuni estremisti i quali, partendo da tali dati di fatto, traggono conclusioni sbagliate ed ingiuste.

E adesso cambiamo argomento e spostiamoci addirittura in un altro continente, ma seguendo sempre la stessa linea di ragionamento: la docilità con cui gli organi d’informazione occidentali tacciono su tutto ciò che potrebbe mettere in guardia i loro popoli e destare in essi qualche legittima apprensione, o spingerli ad adottare qualche misura di prudenza, per tutelarsi da una manovra strategica a vasto raggio della quale essi sono le vittime designate, offrendo però il collo alla mannaia e lasciandosi liquidare senza fiatare, anzi, semmai impegnandosi al massimo nella campagna di denigrazione e di odio… contro se stessi. Abbiamo visto la signora Boldrini e altri deputati inginocchiarsi, in parlamento, in devoto raccoglimento per la morte del nobile eroe della libertà George Floyd; però non abbiamo visto alcuno, e non solo in parlamento, ma neanche nei salotti televisivi, e meno che mai negli ambienti della chiesa cattolica, non diciamo mettersi in ginocchio, ma almeno ricordare le stragi sistematiche di cristiani che gruppi fondamentalisti islamici scatenano ogni giorno in qualche dimenticata località dell’Africa interna, o in Egitto, o in Siria, o in altri luoghi ancora, e ciò nonostante i vescovi locali vadano supplicando da anni che tali stragi non siano lasciate cadere nell’oblio e che qualcuno si ricordi, in Occidente, ma specialmente a Roma, del terribile destino che incombe sui cristiani, specialmente sui cattolici, nei Paesi a maggioranza islamica. Ma sappiamo che il signor Bergoglio è in tutt’altre faccende affaccendato: impegnato cioè a ripetere, ogni santo giorno, la litania dei migranti da accogliere, e intanto stipula un nefando accordo col criminale governo cinese, che abbandona alle sue rappresaglie sanguinose diversi milioni di cattolici autentici (mentre quelli taroccati ricevono aiuti e finanziamenti da parte dello Stato). Dunque, un altro continente, l’Africa; e precisamente la Repubblica Sudafricana. Fino al 1991, quando è stata abrogata la legislazione dell’aparheid, non c’era giorno che i mass-media occidentali non denunciassero, a ragione, le brutalità inflitte alla popolazione nera dalla polizia bianca e la complessiva discriminazione di cui era oggetto. Ma quando, dopo quella data, la ruota ha invertito il suo movimento e nel Sudafrica si è scatenato il terrore dei neri contro i bianchi, tanto che alcuni osservatori parlano di un silenzioso genocidio bianco, quegli stessi media, finanziati dagli stessi padroni, le grandi banche e le multinazionali di cui sopra, si sono fatti eccezionalmente taciturni, o per meglio dire si sono zittiti come pesci, e nessun corrispondente si degna di far sapere al pubblico europeo e americano il dramma non raccontato che si sta svolgendo in quel Paese a danno della minoranza bianca, divenuta estranea in casa propria (i boeri sono arrivati nell’Orange e nel Transvaal prima, e comunque non dopo, le popolazioni bantu che muovevano dalla regione dei Grandi Laghi). Al punto che voler parlare della cosa suscita immediatamente diffidenze, sospetti e antipatie: non vorremo per caso rimpiangere i tempi dell’apartheid? Non vorremo contrabbandare, in maniera obliqua, una nuova forma di razzismo e disprezzo dei neri da parte di quei bianchi che hanno già tante colpe da farsi perdonare? Chi, ad esempio, vada a consultare la voce dedicata da Wilkipedia al "genocidio boero in Sud Africa", o meglio alla "teoria del complotto sul genocidio bianco", pudicamente intitolata Assalti alle fattorie in Sudafrica, noterà che quasi ad ogni riga l’estensore della voce si è premurato di inserire osservazioni e giudizi aventi lo scopo di stemperare l’impressione che laggiù sia in corso, se non un genocidio, un sistematico attacco alle proprietà e alle vite dei bianchi da parte degli africani, generando un effetto che sarebbe quasi comico, se la natura del tema lo permettere: quello di dire e non dire, di affermare e di negare, di ammettere e di smentire. Si fanno le cifre (governative) degli attacchi, degli stupri e degli omicidi e si indicano le percentuali di vittime bianche e nere, per concludere che oggetto di attacco sono indifferentemente sia i bianchi che i neri; sono pochi e isolati i casi in cui è rilevabile un movente politico ed in nessuno di questi casi era comunque presente un collegamento con strutture organizzate; [e che la commissione d’inchiesta ha stabilito che] gli attacchi alle fattorie non sono altro, per la stragrande maggioranza dei casi, che comuni furti tanto che hanno molti tratti in comune con i furti perpetrati nelle case o negli esercizi commerciali; l’idea che la violenza che colpisce i bianchi in occasione degli attacchi sia in qualche modo preorchestrata è sbagliata e non trova fondamento nella realtà. Insomma tranquilli e sereni; è tutto nel normale ordine delle cose. Ma che direbbe la stampa se le vittime fossero neri ammazzati dai bianchi? Se poi si pensa che questi ultimi sono solo il 13% della popolazione totale e i bantu il 75%, allora è evidente che i conti non tornano. Dirlo, è complottismo? Ed è assurdo che tre eurodeputati, fra i quali il leghista Fiorello Provera, nel 2011 abbiano pubblicato una relazione su tali stragi? È ormai netta la sensazione che si voglia celare una precisa strategia mondiale…

Fonte dell'immagine in evidenza: Photo by Mike Chai from Pexels

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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