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Esiste il diritto all’idiozia di massa?

La fase 1 dell’emergenza è finita e anche la fase 2 (o 1 e mezzo, o 1 virgola due); e finalmente si può uscir di casa senza indossare la mascherina, almeno nei luoghi aperti. Ma niente: ci sono ancora tantissime persone che, terrorizzate da tre mesi di martellamento mediatico, alla loro mascherina sul naso e sulla bocca non vogliono assolutamente rinunciare E adesso eccole lì, camminare per la strada, guidare l’automobile e perfino pedalare in bicicletta, senza separarsi mai da quell’utilissimo mezzo per procacciarsi malattie e per avvelenarsi i polmoni, respirando a più non posso la propria anidride carbonica. Come volevasi dimostrare: bombardate, bombardate, qualcosa resterà; e anche più di qualcosa. Adesso che la fase acuta dell’emergenza sanitaria è finita, sono i cittadini ad adottare spontaneamente comportamenti perfino più austeri e restrittivi di quelli che richiede loro il governo più austero e restrittivo al mondo: si vede che di emergenza non ne hanno avuta abbastanza e ne vorrebbero di più; già si sentono orfani dei bellissimi tempi della quarantena totale, quelli nei quali finalmente si respirava un’atmosfera ordinata e la gente non era costretta a sobbarcarsi l’improba fatica, oltre a tutti gi altri fastidi e grattacapi della vita quotidiana, di dover decidere da sé cosa è prudente e cosa non lo è, cosa è giusto fare e cosa no. Adesso, per esempio, non possono più farti alcuna osservazione se te ne vai per i fatti tuoi senza metterti sul viso quel vitale pezzetto di stoffa; certo, possono sempre guardarti con disapprovazione e con disprezzo, perché stai mettendo in pericolo la salute di tutti: però, purtroppo, non ti possono apostrofare e meno ancora possono chiamare i vigili o i carabinieri per farti irrogare la meritata sanzione. Uno a zero per l’inciviltà nella grande battaglia della educazione civica, o meglio della ri-educazione civica, di questo popolo così irrimediabilmente indisciplinato. E pazienza se il buon Zingaretti aveva esortato gli italiani ad abituarsi all’idea di portare la mascherina per mesi e magari anni, farcendo di essa un capo di abbigliamento abituale, un oggetto di bellezza che s’indossa con disinvoltura, come il piercing o il braccialetto. La verità è che politici così intelligenti e solleciti del nostro bene, non ce li meritiamo; loro avrebbero voluto che vivessimo per sempre nell’emergenza, che ci aspettassimo un ritorno del virus killer entro pochi mesi e ci regolassimo di conseguenza; e invece, guarda un po’, i soliti furbetti e incoscienti non vedevano l’ora di abbandonare ogni misura di prudenza: Per fortuna però ci sono anche quelli bravi e saggi, quelli che ascoltano Zingaretti e si sono affezionati alla mascherina e non se la vogliono più levare; quelli che confidano nella UE e nel MES, e pensano che l’Italia, per rimettersi in pista, ha bisogno di più Europa e non di meno Europa, di più banche, più Soros e più Bill Gates.

E mentre gli idioti in mascherina pedalano, corrono, fanno sport per ritrovare la forma fisica dopo settimane e settimane di ozio forzato, in parlamento i furbi delinquenti, sfruttando i numeri a loro favorevoli e la distrazione dell’opinione pubblica, si accingono a votare l’ennesima legge liberticida, quella contro l’omofobia, che evidentemente è la vera, grande emergenza nazionale e a paragone della quale il dramma di un’impresa o un esercizio commerciale su tre, che quasi certamente non riapriranno più, e del debito che è cresciuto in maniera astronomica durante lo stop sanitario, creando così le condizioni per fare ricorso a quel MES che è sempre stato il vero obiettivo alla rovescia del governo Conte Bis, la gente si prepari a un regime poliziesco nel quale ogni frase, ogni parola, anche la più innocente, come chiedere a un bambino chi sono il suo papà e la sua mamma, potrà far scattare una denuncia per omofobia e trascinare il malcapitato a processo. Processo che sarà tutta una farsa perché non esiste alcuna definizione condivisa del concetto di omofobia, tanto meno del reato di omofobia; e quindi la decisione se un reato sia stato commesso oppure no spetterà al singolo giudice, con buona pace di due o tre millenni di tradizione giuridica romana e di certezza del diritto e della pena. Da che mondo è mondo, in Italia chi viola una legge sapeva di doverne rispondere di fronte al tribunale; ma finora non era mai accaduto che uno potesse violare una legge senza saperlo, perché quella legge non spiega affatto in che cosa consista il reato. E infatti lo spiega tanto poco che il giudice, per prendere la sua decisione, dovrà eventualmente chiedere il parere dalla parte denunciante, cioè dovrà chiedere a chi ha sporto querela se l’offensore, chiamiamolo così, ha pronunciato quella certa parola con un tono oltraggioso oppure no, oppure se lo ha guardato con disprezzo, oppure no: perché sarà la percezione soggettiva della "vittima" a fare testo. Quindi, se un insegnante transessuale si presenta in classe con la parrucca, la minigonna inguinale, le calze a rete e i tacchi a spillo, e un collega, incrociandolo nel corridoio, lo guarda in maniera dubbia (invece di guardarlo in maniera amichevole, empatica o almeno del tutto neutra, come sarebbe suo preciso dovere civico), quel collega si tenga pronto e sappia che un processo per l’infame reato di omofobia, transfobia, bifobia, ecc. molto probabilmente porrà fine, con una pena severissima, sia pecuniaria che detentiva, alla sua trista carriera di spregiatore degli omosessuali, dei transessuali, dei bisessuali ecc. E un simile obbrobrio giuridico è proprio quel che accadrà, e quasi certamente la legge in questione sarà approvata a giorni dal laboriosissimo e coraggiosissimo Parlamento italiano, i cui intrepidi uomini e donne durante i tre mesi di lockdown non si sono risparmiati, ma si sono anzi impegnati fino allo stremo delle forze per espletare i loro doveri di membri dell’organo legiferante (anche se nessuno ha chiesto il loro parere allorché l’esecutivo ha deciso di consegnare agli arresti domiciliari, dalla mattina alla sera e per più di due mesi e mezzo, sessanta milioni di cittadini, abolendo tutte le libertà fondamentali garantite dalla Costituzione, compreso l’esercizio della libertà di culto).

Quando verrà approvata questa legge, diverrà impossibile leggere in Chiesa la Bibbia, perché nell’Epistola dai Romani san Paolo dice testualmente (1, 24-27; 32):

Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro cuore, sì da disonorare fra di loro i propri corpi, poiché essi hanno cambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno venerato e adorato la creatura al posto del creatore, che è benedetto nei secoli. Amen.

Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che s’addiceva al loro traviamento. (…)

E pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo continuano a farle, ma anche approvano chi le fa.

Se per caso qualcuno non lo sapesse, in alcuni Paesi è già reato, di fatto, leggere in pubblico questo passo del Nuovo Testamento: un predicatore londinese è stato arrestato dalla polizia e portato in centrale, dove è stato ammonito e ha trascorso una notte in cella; domani, con la legge Scalfarotto, il prete dovrà evitare di leggerlo anche in chiesa, durante la funzione della santa Messa. Qualcuno potrebbe obiettare che difficilmente questo potrà avvenire, visto che la chiesa post-conciliare ha deciso di aggirare il problema evitando d’inserire nelle letture liturgiche i brani più politicamente scorretti; e questo già da molti anni, certo da molto prima che il citato disegno di legge facesse la sua comparsa in parlamento. Vale comunque il principio: con o senza Concordato, pare proprio che il libero Stato abbia la facoltà di decidere ciò che la "libera" chiesa può o non può fare, al suo interno (si noti infatti che la formula cavouriana è libera Chiesa IN libero Stato e non libera Chiesa E libero Stato). E già abbiamo visto che se lo Stato decide, per supposte ragioni sanitarie, di proibire la celebrazione pubblica delle sacre funzioni, lo fa e basta; e pazienza se i cattolici italiani restano senza la Messa, né i Sacramenti: battesimi, matrimoni, funerali, confessioni ed eucarestia. Del resto, a chi importa? A Bergoglio, no di certo; a Paglia, Bassetti, Parolin, meno ancora. A chi, dunque? A Enzo Bianchi o ai vari Nosiglia, Zuppi, Perego, Lorefice, ai vescovi rock e ai vescovi di strada che amano distribuire pizze e pranzi dentro le loro cattedrali, ma non se la sono mai presa calda per difendere la verità del Vangelo di Gesù Cristo, neanche quando il falso papa bestemmia dal pulpito e si fa promotore d’infinite eresie e profanazioni, come introdurre il culto idolatrico di Pachamama nella basilica di san Pietro a Roma?

Abbiamo chiamato idioti gl’inguaribili aficionados che pedalano in bicicletta sfoggiando le loro mascherine, e ora qualcuno vorrà forse domandarci se non ci sembri d’aver esagerato e se, per caso, non vogliamo scusarci, e rettificare una così burbera definizione. Ebbene, niente affatto: ci sembra anzi che sia una definizione assolutamente pertinente. Se infatti persistere in comportamenti "precauzionali" che non servono a nulla, che non hanno ragion di essere, e anzi recano seri danni alla salute, è semplicemente sciocco, ma in fin dei conti riguarda la sfera delle libertà individuali, quella che abbiamo appena difeso a spada tratta, le cose cambiano in presenza di milioni e milioni di persone che agiscono in tal modo. Ci sono anche quelli che ordinano le mascherine su catalogo e che le pagano un bel po’ di soldi, pur di averle personalizzate, in tinta col vestito e cose del genere, proprio come se fossero un capo d’abbigliamento tanto importante quanto la cravatta, il foulard o il cappello, mostrando di aver recepito in pieno la calda esortazione dell’eccellente Zingaretti. E come diavolo si dovrebbero definire milioni di persone le quali, mentre l’Italia va a picco, mette la testa nel cappio del MES e frattanto viene invasa ogni giorno da decine di clandestini (senza ovviamente che nessun magistrato trovi materia sulla quale indagare, magari per mancata difesa dei confini nazionali o per concorso esterno nel traffico di carne umana attraverso il Mediterraneo), non trovano di meglio da fare che ordinare le loro belle mascherine colorate e farsele arrivare a casa tramite Amazon, portando altro denaro nelle tasche dei signori del GAFA (Google, Amazon, Facebook, Apple), quelli che dall’emergenza escono impinguati, per potersele portare a spasso, mentre decine di migliaia di artigiani, commercianti e piccoli imprenditori non hanno più neanche gli occhi per piangere, né soldi con cui pagare le bollette, le tasse e le rate dei loro mutui bancari? Come, se non appunto perfetti idioti? Di un’idiozia socialmente e politicamente pericolosa, perché esprime la sottomissione volontaria, zelante, incondizionata, nei confronti di un potere criminale che ci sta spogliando di tutto, sia in termini economici che di libertà e diritti costituzionali; e che quindi si configura come uno schierarsi contro la società civile, contro il lavoro, contro il risparmio, contro il sacrosanto diritto di sceglier se fare o non fare quei vaccini che gente come Zingaretti, Bonaccini & Co. vorrebbero imporre per legge, in perfetto stile sovietico? Cioè: se i comportamenti di una parte consistente della popolazione vanno oggettivamente a favorire un governo di traditori, di venduti, d’irresponsabili e d’incapaci che sta portando il Paese alla rovina, governo peraltro moralmente e materialmente illegittimo e incostituzionale, la questione che si pone sul tappeto non è più solo psicologica, o sociologica, o pedagogica, ma politica e giuridica. Che cosa dovrebbero fare quanti si trovassero a bordo di una nave e ad un certo punto, nel bel mezzo della una tempesta, quasi tutti gli ufficiali e l’equipaggio, con il sostegno di una fetta non piccola dei passeggeri, si mettessero a sabotare la nave stessa, manomettendo la strumentazione, spegnendo le caldaie, aprendo le valvole dei boccaporti della stiva e facendo così irrompere migliaia di tonnellate d’acqua? E se il comandante, o il vicecomandante, invitasse tutti quanti a infilarsi il giubbotto salvagente, in per prepararsi a salire sulle lance di salvataggio, ma così, per bellezza, dicendo loro di scegliersi il colore che preferiscono e abituandosi all’idea di portarlo sempre addosso, per i prossimi mesi e anni, perché non si sa mai, potrebbe sempre tornare utile? Ebbene, è proprio questa la situazione nella quale ci troviamo. E cosa dovremmo pensare nel vedere tutte quelle persone che, mentre la nave già imbarca acqua e comincia a sbandare sul fianco, si accalcano per avere ciascuna il suo giubbotto, e poi si mettono davanti allo specchio per contemplare l’effetto estetico, o tornano ciascuna alle sue occupazioni, o magari rientrano in cabina per dormire, sempre indossando il bellissimo giubbotto colorato, dal quale hanno deciso che per parecchi settimane non si separeranno più? Cosa dovremmo pensare, se non che costoro sono degli idioti altamente pericolosi, perché, con il loro comportamento assurdo, ridicolo e irresponsabile, compromettono la salvezza di tutti, anche di quanti vorrebbero spendere il tempo e le energie che restano a disposizione per salvare la nave, per tenerla a galla, e innanzitutto per bloccare l’azione criminale del comandante e dei suoi uomini? Sì: vi sono dei casi nei quali l’idiozia è un vizio privato, e ciascuno è libero di essere idiota finché ne ha voglia. E ci sono altre situazioni, e questa è una di esse, nelle quali l’idiozia non è più un fatto privato, ma pubblico, e più precisamente è uno strumento nelle mani di chi ci vorrebbe distruggere. In quei casi non si ha il diritto di essere idioti, perché l’idiozia non è più solo un vizio, ma una colpa.

Fonte dell'immagine in evidenza: Wikipedia - Pubblico dominio

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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