Le vere ragioni della persecuzione del dr. Hamer
19 Maggio 2020
Fino a che punto adattarsi è una virtù?
21 Maggio 2020
Le vere ragioni della persecuzione del dr. Hamer
19 Maggio 2020
Fino a che punto adattarsi è una virtù?
21 Maggio 2020
Mostra tutto

Predatori e prede

Sono nati prima i predatori oppure le prede? Quesiti senza risposta, come quello dell’uovo e della gallina. Senza dubbio sono nati insieme, perché non è pensabile il concetto di preda senza quello di predatore, e viceversa. Naturalmente non stiamo parlando delle prede e dei predatori del regno animale, ma di quelli che possiedono una natura umana. Tutti gli esseri umani si possono distribuire in queste due categorie fondamentali: i predatori e le prede. Sia gli uni che le altre, a loro volta, si possono assegnare a due sotto-categorie, a seconda che sia presente, o che sia assente, l’elemento della consapevolezza: pertanto bisogna distinguere fra le prede volontarie e quelle involontarie, e così pure i predatori: ci sono quelli che sanno di esserlo, e vogliono esserlo, e ci sono quelli che non lo sanno, e nondimeno lo sono, e agiscono da predatori perché sono in balia di una forza più grande di loro, della quale hanno a malapena un barlume di consapevolezza. Tutto questo discorso diventa più chiaro se si tiene presente che in ogni mente umana vi è una parte più antica e animalesca, corrispondente al cervello rettiliano, e una più recente, la neocorteccia, che è in buona sostanza il frutto di una lenta evoluzione e di un costante apporto di idee, di valori, di prescrizioni e proibizioni provenienti dalla società. Il predatore è tale perché prevale in lui l’istinto predatorio di origine rettiliana; la preda è tale perché, di fronte alla minaccia rappresentata dal predatore, si comporta da preda e non conosce, o non sa utilizzare, una strategia efficace per sottrarsi al ruolo di vittima designata. La preda sa che non può reagire, non può difendersi, se non stando con tutti i sensi all’erta e tenendosi pronta alla fuga; pure vi sono dei momenti e delle situazioni, come l’abbeverata (che per gli umani corrisponde al momento del pranzo o della cena, quando una famiglia si riunisce intorno al tavolo per mangiare) nei quali è impossibile sottrarsi al pericolo ed è molto difficile anche fuggire. Quante gastriti, quanti problemi dell’apparato digerente, quante ulcere, quanti tumori allo stomaco, hanno origine dal fatto che la vittima, magari per anni, è stata costretta a sopportare lo stress di una continua aggressione da parte del suo predatore, non ha potuto difendersi né fuggire, e quindi ha accumulato rabbia, ansia, frustrazione, unite a un senso d’impotenza e perciò ad una più o meno profonda auto-svalutazione, percependo come un fallimento personale l’incapacità di difendersi e sostenere gli attacchi! Viceversa, vi sono persone che vivono letteralmente per predare le energie psichiche (e affettive) del prossimo, specialmente dei familiari, perché un estraneo può sempre lottare o fuggire, mentre un familiare è praticamente condannato a restare in quel determinato ambiente e a subire tutto ciò che vi accade: genitori nei confronti dei figli, o viceversa; mariti nei confronti delle mogli, o viceversa; fratelli e sorelle nei confronti gli uni delle altre, e così via. Tutto questo è molto triste, se si pensa a quante esistenze sono state stritolate e lentamente consumate in tali situazioni senza sbocco, senza uscita, nelle quali il predatore infierisce sulla preda e la preda non sa fare altro che porgere il collo al suo predatore e lasciarsi risucchiare tutta l’energia, restandone priva per se stessa e quindi esposta a depressioni, infarti, crisi respiratorie e così via.

Il predatore non è nato tale, se non in rarissimi casi. La regola è che il predatore diviene quel che è, ossia un vampiro psichico, in seguito a un evento traumatico, quasi sempre infantile, che lo segna al punto tale da deviarne il normale sviluppo. Gli uomini, infatti, non sono semplicemente animali: sono qualcosa di più; la loro vita è essenzialmente una determinazione spirituale e dunque il frutto di una libera scelta. La vita umana si presta ad altri fini che non una incessante predazione delle energie altrui: vivere da predatori è vivere da animali, cioè utilizzando solo il cervello rettiliano. Per quanto possa godere del potere e del controllo che riesce a esercitare sugli altri, spaventandoli e/o ricattandoli, il predatore è qualcosa di meno e non qualcosa di più di un normale essere umano; non vi è nulla di cui gloriarsi nel suo modo di vivere. Ad esempio una persona che, in seguito a un lutto non elaborato, diviene un predatore dei propri familiari, prende da essi le energie che non sa più produrre da se stesso, ma vive nell’infelicità e fa vivere gli altri nella sofferenza e nella paura. Prendiamo il caso di un genitore che abbia perduto un figlio. A partire da quel momento diviene un predatore del figlio rimasto: lo carica di sensi di colpa, gli impone il fardello della sua tristezza e della sua angoscia; non gli permette di essere felice, né di andare per la sua strada, ma lo costringe a occuparsi costantemente di lui, non perché non potrebbe fare diversamente, ma perché in tal modo esercita una forma di vendetta e dà sfogo alla propria disperazione, trasformata in energia negativa. Se il figlio superstite non è sposato, gli impedisce di farsi una propria famiglia, scoraggiando ogni possibile fidanzato/a; se è sposato, pretende che riservi a lui solo tutte le cure, e così facendo lo distacca da suo marito (o da sua moglie) e dai suoi figli; se il figlio talvolta recalcitra a lasciarsi ricattare, lo fa sentire in colpa e simula uno stato di prostrazione così grave da far temere per la sua vita, o addirittura minaccia il suicidio. In questo modo lo tiene costantemente in proprio potere, lo spreme, lo sfrutta e gli inibisce sia la fuga che la lotta: in breve, ne fa una vittima designata. Non è facile, per un figlio che ama il proprio genitore e che è sinceramente addolorato per la perdita del fratello, sottrarsi a un simile ruolo, tanto più che in genere non se ne rende neppure conto: si prodiga per il proprio genitore rimasto solo, trascura la sua famiglia per colmare l’animo addolorato del padre (o della madre), gli dedica tutte le sue energie per risarcirlo della sofferenza terribile che ha subito, ma in pratica getta le proprie energie in uno pozzo senza fondo, perché il vero scopo del predatore non è quello di farsi consolare, ma di spremere all’infinito le energie della sua preda, senza darle tregua né concederle alcuna possibilità di scampo.

Che cosa deve fare la preda, una volta che venga a trovarsi in una situazione del genere? Innanzitutto, domandarsi perché si è lasciata ridurre a una preda: forse è stato per ingenuità e per troppa bontà d’animo, per troppa fiducia nel prossimo: non ha pensato che anche le persone care possono diventare dei vampiri psichici, se si concede loro più di quello che è giusto e se le si lascia entrare a piacere nel proprio spazio interiore. Ci sono dei segnali inequivocabili che gli altri vedono e che li rendono edotti della disponibilità di una persona a lasciarsi predare. Ogni persona è avvolta da una particolare aura energetica, e se l’aura è fatta di eccessiva arrendevolezza e poco amore di sé, gli altri capiscono che quella persona può essere facilmente aggredita e predata. Gli animali, che hanno il sesto senso particolarmente sviluppato, fiutano l’odore dell’aura e sanno come regolarsi: arretrano di fronte a un’aura solida e compatta, propria di chi ha un sufficiente grado di amore per se stesso, mentre avvertono una facile preda se l’aura è debole e sfumata. Una volta, in un altro articolo, abbiamo raccontato la storia vera di un leopardo antropofago che scelse la sua nuova preda in una donna che dormiva nel luogo più riparato di un bivacco: scavalcando silenziosamente e quasi incredibilmente decine di corpi addormentati, la belva raggiunse proprio quella preda e la portò via senza fare alcun rumore, perché in essa aveva fiutato il caratteristico odore della paura; e questo scartando le prede fisicamente più a portata di mano, in un accampamento formato da un centinaio di pellegrini di ritorno da un santuario. Dunque, regola numero uno: non esporsi a diventare delle prede; essere sempre consapevoli che niente, neppure l’amore per una persona cara, neppure la compassione per chi soffre, giustifica l’imprudenza fatale di concedere troppo spazio a chi non ha altra intenzione che quella di predare le nostre energie e di vivere in tal modo da vampiro ai nostri danni. Regola numero due: quando ci si rende conto di essersi posti in una tale situazione, bisogna recuperare gradualmente, ma decisamente, la propria autonomia, sottraendosi alla stretta mortale del proprio predatore, senza lasciarsi impietosire da lacrime e gesti di disperazione e senza lasciarsi ricattare da amari rimproveri e accuse roventi. La preda che abbia deciso di riscuotersi, e di non essere più tale, deve ritrovare la propria autonomia e il pieno rispetto di sé; deve affermare il proprio valore come persona, e convincersi che non si tratta di abbandonare al suo destino una persona cara in difficoltà, ma di aiutarla in una maniera diversa, sottraendosi al ruolo di preda e impedendo all’altro di prolungare il suo comportamento da predatore. Se si lascia sfruttare all’infinito, la preda finirà per disperdere inutilmente tutte le sue energie: quelle energie che invece, amministrate con saggezza, possono risultare più utili per tutti, compresa la persona di cui ha compassione e che vorrebbe aiutare. Il predatore è paragonabile a colui che sta annegando e che si aggrappa convulsamente a chi vorrebbe soccorrerlo: per salvare lui e se stesso, il soccorritore non deve assecondarlo nei suoi movimenti disordinati, né gli deve permettere di bloccare i suoi stessi movimenti, altrimenti annegheranno entrambi, ma deve costringerlo a lasciar fare a lui, perché lui solo possiede le energie positive necessarie a uscire da quella situazione critica, mentre quelle dell’altro sono puramente negative. In altre parole, dove c’è una preda ci sarà sempre un predatore; ma se la preda decide di non essere più tale, anche il predatore dovrà cambiare strategia e, suo malgrado, operare ciò che spontaneamente non avrebbe mai voluto, o saputo, fare: un ripensamento della propria vita, o quantomeno una correzione del proprio comportamento abituale nei confronti degli altri.

La dinamica preda-predatore non è limitata alle relazioni interpersonali, ma si ritrova anche nella politica, nella finanza, nell’economia, nello sport e perfino nella cultura e nell’arte. Il pubblico resterebbe meravigliato se sapesse quante brillanti carriere e quanti risultati di successo sono il frutto non di leale competizione, ma di dinamiche deviate e aberranti, nelle quali chi ha meno scrupoli svolge il ruolo di predatore e chi ne ha, finisce per diventare una preda. Dietro il successo negli affari, nella magistratura, nella politica, nell’arte e nella letteratura, sovente ci sono pressioni e ricatti tipici del rapporto predatore-preda: non sempre vince il migliore e non sono rari i casi in cui il migliore, per ingenuità ed eccessiva fiducia nelle persone care, o in coloro dei quali si fidava, si lascia spogliare dei suoi meriti a vantaggio del suo predare/vampiro. Ci sono perfino degli scrittori che resteranno per sempre nell’ombra, perché si prestano a scrivere i libri che renderanno celebre qualcun altro; ci sono pittori che permettono ad altri di firmare le proprie tele e inventori che cedono la loro idea a individui più furbi, i quali si appropriano del brevetto. Il caso limite è rappresentato da quelli che si assumono la responsabilità di crimini che non hanno commesso, per proteggere i veri responsabili, ai quali sono legati da un affetto morboso. Giova ripetere che non è vero amore quello che prevede un sacrificio totale di sé, senza che l’altro faccia buon uso di tale sacrificio, ma anzi incoraggiandolo a perseverare in un’attitudine egoistica e vampiresca. Questo discorso ci porta alle soglie di un’altra questione, tanto sdrucciolevole quanto delicata. Non sempre il predatore è soltanto il prodotto di un trauma psichico e affettivo subito nell’infanzia. Ci sono persone che scelgono deliberatamente di essere predatori, e ciò vale soprattutto per chi aspira a conquistare un ruolo di grande potere, specie nel mondo degli affari e della politica. Qui non si tratta di anime deviate e rese vampiresche da un dolore insopportabile che ha sconvolto la loro esistenza, ma di soggetti i quali hanno fatto, in piena lucidità e consapevolezza, una scelta perversa: quella di vivere sfruttando al massimo le energie altrui, predando i loro beni e le loro esistenze, e riducendoli a dei miseri strumenti della loro sfrenata volontà di dominio. Insomma il male esiste, il Male con la lettera maiuscola, ed esistono coloro i quali scelgono di seguire la strada che conduce ad esso, giocando con gli altri come farebbero i burattinai di un gigantesco teatro dei burattini. È anzi per noi evidente che esiste una super-élite mondiale, fornita di mezzi finanziari incalcolabili, la quale ha scelto per sé il ruolo di predatore globale, e che ha relegato, o intende relegare, tutto il resto dell’umanità nel ruolo di preda rassegnata e passiva, da sfruttare in maniera pressoché illimitata e non solo sotto l’aspetto economico, ma sotto ogni aspetto possibile, perfino utilizzando gli organismi, specie quelli dei bambini, come cavie da esperimento farmaceutico o come vittime da sacrificare nei suoi infami riti di carattere satanico. Alludiamo a un mondo veramente tenebroso che si è posto sotto la protezione del Maligno e per il quale non esiste possibilità di redenzione, perché quanti hanno oltrepassato l’estrema soglia (il beato Bartolo Longo, che in gioventù praticava il satanismo, per sua fortuna non l’aveva ancora fatto) non potrebbero più tornare indietro neppure se lo volessero, perché hanno consegnato la loro anima al Principe di questo mondo. Che cosa si può fare quando ci si rende conto di trovarsi nella condizione di prede alla mercé di simili predatori ed è ciò che ci sta accadendo di scoprire in questi mesi di falsa pandemia, quando il Male si rivela nel suo volto più tremendo, come una cospirazione complessiva il cui scopo è toglierci tutto, compresa la nostra libertà e la nostra dignità di persone? Di fronte al Male con la maiuscola ogni rimedio puramente umano è del tutto insufficiente: volerlo affrontare da soli sarebbe come andare a mani nude contro un branco di elefanti selvaggi inferociti. Una sola difesa è possibile a simili livelli: la preghiera e la confidenza totale in Dio. Qui non abbiamo a che fare con forze umane ma diaboliche. E solo Dio ci può salvare.

Fonte dell'immagine in evidenza: Photo by Mike Chai from Pexels

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
Hai notato degli errori in questo articolo?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.