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La regressione da homo sapiens a homo pavidus

L’emergenza sanitaria imposta dal governo Conte 2 con il pretesto del Covid-19 aveva non uno, ma numerosi obiettivi:

1) prolungare indefinitamente la vita di un governicchio altrimenti destinato a una prossima e ingloriosa conclusione, scongiurando il "pericolo" delle elezioni per chissà quanti mesi e anni;

2) aumentare il consenso verso la figura mediocrissima del premier, grazie alla ben nota sindrome di Stoccolma (l’innamoramento paranoico del sequestrato per il suo sequestratore);

3) consentire al suddetto governicchio di portare a termine la missione iniziata con la sua nascita, vale a dire la consegna dell’Italia alla BCE, e più specificamente la richiesta di accesso al M.E.S.;

4) testare le capacità di resistenza del Parlamento e della popolazione di fronte a un colpo di Stato dolce, nonché il grado di docilità dei mezzi d’informazione;

5) creare le condizioni per l’acquisto e la somministrazione alla popolazione del "vaccino" messo a punto dalle aziende farmaceutiche controllate da Bill Gates;

6) sperimentare l’efficacia, ed eventualmente i limiti, di una campagna di terrorismo psicologico senza precedenti da parte del governo, delle amministrazioni locali, della medicina ufficiale, degli intellettuali e dei mass-media;

7) verificare il grado affidabilità della magistratura, degli organi di garanzia costituzionali, delle Forze dell’ordine e delle Forze armate rispetto alle iniziative illegittime, antidemocratiche e liberticide assunte dal governo;

8) individuare, censire, isolare, screditare e perseguire penalmente parlamentari, giornalisti, medici, scienziati indipendenti e i direttori di siti informatici non disposti a piegarsi;

9) far sorgere nella popolazione una nuova idea delle priorità esistenziali, politiche e sociali, ribaltando la carta dei valori ufficialmente proclamati dalla Repubblica e sostituendola con un’agenda totalmente nuova;

10) far passare senza opposizione alcuna, presentandola come una necessità di ordine economico e sanitario, la sanatoria di seicentomila clandestini presenti sul territorio nazionale;

11) tendere una mano alla mafia mediante la scarcerazione di alcuni boss di primo livello, in modo da ristabilire le buone relazioni sotterranee fra Cosa Nostra e lo Stato, ultimamente assai deteriorate;

12) aiutare il compagno Bergoglio a far dimenticare ai cattolici il valore primario dell’Eucarestia e, più in generale, dei Sacramenti e della santa Messa, rinsaldando la tacita alleanza già esistente con il Vaticano e con la C.E.I. sull’agenda migrazionista, omosessualista e sull’introduzione negli asili e nelle scuole primarie dell’ideologia gender;

13) contrastare la diffusione dell’euroscetticismo mostrando come l’Italia, senza l’Unione Europea, non possa fronteggiare situazioni di grave emergenza interna e internazionale;

14) preparare il trasferimento dell’insegnamento scolastico e universitario dalle aule alle case private, spezzando il rapporto diretto fra docenti e discenti e favorendo una psicologia di tipo semi-autistico nei giovani, futuri cittadini-elettori, in modo da renderli ancor più manipolabili;

15) rendere impossibile il consolidarsi di una qualsiasi strategia anti-sistema, sia a livello teorico che pratico, mediante la sua criminalizzazione preventiva.

Ciascuno di questi punti ha raggiunto un pieno successo, perfino superiore alle più rosee previsioni; ciascun obiettivo è stato perfettamente centrato. La società italiana, le istituzioni democratiche, la maturità e il senso critico dell’opinione pubblica si sono rivelati di una fragilità impressionante: è stato sufficiente gridare: Al lupo, al lupo!, per sgominare qualsiasi forza d’opposizione e ridare forza, e perfino una non indifferente autorevolezza, ad un governo di moribondi, di miracolati, di abusivi. Il tutto con il complice silenzio di una Presidenza della Repubblica che non ha mai fatto sentire la sua voce, nemmeno quando il governo ha deciso di lasciare aperta la Borsa di Milano il lunedì successivo alla dichiarazione della quarantena totale, esponendola alla prevedibile manovra speculativa che ci è costata 70 miliardi di euro in una sola mattina; quella stessa Presidenza della Repubblica che, spinta dal nobile impulso di difendere i sudati risparmi dei cittadini, si era a suo tempo rifiutata (nel maggio del 2018) di controfirmare la designazione a Ministro dell’Economia nel nascituro governo Conte 1 dell’euroscettico Paolo Savona.

Tuttavia, il risultato più stupefacente e più poderoso non è stato ottenuto in uno dei quindici punti sopra elencati, ma è stato, per così dire, un capitolo a sé, per quanto strettamente collegato a tutti gli altri e, in un certo senso, la summa e il precipitato della loro azione convergente. Alludiamo alla vera e propria mutazione antropologica degli italiani, che, già avviata da tempo, soprattutto per mezzo della lenta e capillare azione dissolutrice della televisione, ma anche del computer e della telefonia mobile, è giunta felicemente alla sua inevitabile conclusione: il completo, innegabile e probabilmente irreversibile incretinimento della stragrande maggioranza del popolo italiano. Il quale è stato, sì, spaventato a morte da una campagna di terrorismo mediatico senza precedenti (vedi il succitato punto 6 del protocollo governativo; a proposito, l’ordine della numerazione è nostro, però la sostanza crediamo sia oggettiva), ma è appunto in situazioni di tensione, di paura, di confusione generale che si vede di che stoffa è fatta una persona, e ciò vale anche per una comunità, fino alla più ampia di tutte, quella che comprende l’intera nazione. Perché se i test di quel tipo si facessero in condizioni ordinarie, nel pieno rispetto delle regole costituzionali e in presenza di una stampa e di una televisione che fossero realmente indipendenti, il risultato sarebbe, senza ombra di dubbio, assai diverso da quello che si è avuto in queste settimane e in questi mesi di panico e isterismo collettivi. Tuttavia ciò non avrebbe provato nulla, perché sarebbe mancata la condizione primaria che si voleva, appunto, verificare: ossia l’effetto della pressione unanime e sincronizzata di tutte le istituzioni preposte, in teoria, alla tutela dei cittadini, sia individualmente che al livello del bene collettivo. A tutta prima poteva sembrare una sfida quasi disperata: incretinire un popolo intelligente — perché gli italiani innegabilmente sono, o meglio sono stati, un popolo formato da persone intelligenti — non è cosa da prender sottogamba: è da un pezzo che altri, e ben più quotati, ci hanno provato, con mezzi estremamente consistenti sia di tipo finanziario, sia di tipo pratico e operativo, ad esempio il tipo d’insegnamento impartito nelle scuole di ogni ordine e grado a partire dagli anni ’60 del Novecento, vale a dire da più di mezzo secolo. E perché mai avrebbe dovuto riuscirci il più scalcinato, il più traballante, il più effimero — o quello che pareva destinato a essere uno dei più effimeri — fra i governi della Repubblica? In effetti, a ben guardare, il merito non è stato suo; esso ha avuto la furbizia di cogliere i frutti di una seminagione che, come abbiamo visto, parte da lontano; nondimeno, un merito incontestabilmente gli va riconosciuto: quello di aver avuto il colpo di genio di scegliere sia il momento adatto, sia la modalità vincente, semplicissima ed economicissima. Spezzando il tranquillo tran-tran, fra l’apatico e il rassegnato, di sessanta milioni di persone, ma in un certo senso anche accompagnandolo e portandolo al naturale compimento, il governo Conte Bis, che passerà alla storia, a suo modo, proprio per tale colpo di genio, senza il benché minimo preavviso, anzi, subito dopo aver rassicurato e tranquillizzato le vittime designate (si vadano a riascoltare le dichiarazioni di Conte e dei suoi ministri, nonché di alcuni sindaci e governatori di regione di area governativa, ancora nel febbraio scorso), si è messo a gridare a più non posso, da tutti i pulpiti e da tutti i microfoni: Aiuto, aiuto, è arrivata la pandemia!, press’a poco con la stessa finezza con la quali Enzo Iannacci divertiva gli italiani cantando, nel 1967 (nel 1967!, vale a dire prima della contestazione, dell’autunno caldo, degli anni di piombo, ecc.): Aiuto, aiuto, è scappato il leone! Tanto è bastato per far centro: subito, al primo colpo, fin dal primo giorno.

E adesso siamo qui. Ci guardiamo in cagnesco se il vicino esce di casa senza la mascherina, se uno sconosciuto passeggia per la strada senza la mascherina. Siamo pronti a riversare tutta la rabbia e la frustrazione di otto settimane passate agli arresti domiciliari sul primo che capita, magari un poveraccio che è distratto perché è appena stato in ospedale a trovare sua moglie col tumore, individuando il lui il colpevole di questa situazione. Peggio: siamo pronti a denunciarlo alle autorità perché, col suo comportamento irresponsabile — irresponsabilità è fare una passeggiata solitaria all’aperto; ci sono persone che hanno subito la multa perché andavano da sole in un bosco, o lungo una spiaggia deserta! — potrebbe spingere il governo a restringere i permessi, a limitare ancor più i nostri movimenti, a rimandare alle calende greche la fine della quarantena. E non ce la prendiamo col governo, no, ce la prendiamo col vicino. Ecco a cosa ci hanno condotto anni di buonismo all’ingrosso, di prediche buoniste e filo-migrazioniste, di preti e sindaci che magnificavano l’accoglienza, i porti aperti, la società senza frontiere e l’inclusione di tutti, nessuno escluso. Ora siamo chiusi in casa, e lo troviamo giusto; la Costituzione è sospesa, e lo troviamo normale; il Parlamento è esautorato, e lo troviamo logico; e neppure il fatto che nessun altro Paese al mondo ci abbia seguito su questa folle strada è valso ad aprire gli occhi a milioni di perone, a farle riflettere, ad suggerir loro un po’ di senso critico. A indurle, per esempio, ad andar a vedere i dati ufficiali relativi ai decessi da Coronavirus, quelli dell’ISTAT e dell’Istituto Superiore della Sanità, invece di dar retta ai giornali e ai telegiornali, che ogni giorno ci parlano di decine e centinaia di morti, e ogni giorno ci angosciano e ci terrorizzano con immagini raccapriccianti di bare, di camion che trasportano le bare, di medici e infermieri spossati che si addormentano per la fatica, di tetre tavole rotonde di personaggi che profetizzano mesi e anni di emergenza sanitaria. E non vogliono sapere, non vogliono capire che ogni anno, specialmente d’inverno, muoiono decine di migliaia di persone a causa dell’influenza: persone anziane, affette da gravi patologie, per le quali l’influenza è il colpo di grazia, ma non la vera causa del decesso, perché la loro vita era già sospesa a un filo, e a ottant’anni, a novant’anni, non ci si possono aspettare miracoli, non si può pensare di sconfiggere una malattia come quando se ne hanno venti. Non vogliamo accettare le leggi di natura: da troppo tempo ci siamo abituati a considerale un ostacolo fastidioso, ma comunque superabile. Si può far avere un figlio a una donna di oltre i cinquant’anni, si può farlo avere a una coppia di omosessuali: dunque perché non si dovrebbe prolungare la vita all’infinito? Perché non si dovrebbe venire a capo di una banale influenza? Perché di questo si tratta, anche se il Covid-19 è il frutto di un diabolico lavoro di laboratorio, non della natura. Tuttavia la legge di natura è sempre quella: i giovani sconfiggono le malattie, i vecchi soccombono. E i vaccini fiaccano gli anticorpi e predispongono l’organismo a non saper più fronteggiare l’aggressione degli agenti patogeni.

Stiamo andando a grandi passi verso un fosco destino. In autunno i nodi verranno al pettine. Quelli che hanno perso il lavoro, che hanno dovuto chiudere il negozio o l’attività imprenditoriale, quelli che avevano investito tutti i loro risparmi nel bar, nel salone di parrucchiera, e sono falliti ancora prima di cominciare, strangolati dai mutui e dalle tasse, non avranno più da mangiare. Perfino i più protetti, gli statali, cominceranno a sentirsi sul collo il fiato di uno Stato rapace, deciso a finanziarsi mettendo le mani su stipendi e pensioni, e alla fine anche sul risparmio privato e sulle proprietà immobiliari. Per quanto ignoranti, per quanto inadeguati, per quanto totalmente inetti, è impossibile che i signori del governo non lo sappiano, non lo abbiano messo in conto, non lo abbiano previsto. Eppure vanno avanti per la loro strada, senza ripensamenti: verso la bancarotta dell’Italia, verso la devastazione sociale, e forse verso la guerra civile. Perché qualcuno, prima di morire di fame, alla fine si ribellerà. E il popolo bue, incretinito dalla propaganda governativa, se la prenderà con lui. Non sarà un bello spettacolo: la gente comune contro la gente comune; quelli che hanno ancora qualcosa contro quelli che non hanno più niente. Che dire di una classe politica che ci ha messi in queste condizioni? Che dire di una pubblica amministrazione, di una magistratura e delle Forze dell’ordine, che si sono prestati a eseguire queste disposizioni, ad applicare questi decreti? E che dire di questo Presidente della Repubblica che non ha detto o fatto assolutamente nulla per mettersi dalla parte del popolo italiano, che soffre ed è stato spinto fin sull’orlo della disperazione? I nodi stanno per venire al pettine: i nodi di anni di pessima politica e di pessima amministrazione; di pessime abitudini individuali e collettive, ispirate dal consumismo e dirette a soddisfare i capricci più stupidi. E anni, anni e anni di conformismo, di sistematico soffocamento del pensiero critico; di sedicente cultura fatta a senso unico, dei soliti noti che vincono a man bassa i premi letterari e affollano i salotti televisivi; mentre quelli che hanno un pensiero creativo e originale sono del tutto ignorati e messi in disparte. Siamo quasi arrivati al capolinea: se mancheremo l’ultima occasione di cacciare i traditori che ci hanno venduti, e scuotere il giogo che ci opprime, la partita sarà persa per sempre. E ai giovani non resterà che emigrare, come del resto fanno già: perché l’Italia sarà morta…

Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Christian Lue su Unsplash

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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