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Sottomessi dal totalitarismo della bontà

Senza dubbio vi sarete accorti che, negli ultimi mesi, vi è stata una crescita esponenziale dei messaggi televisivi di Telethon, di Save de Children o di altre pubblicità simili, le quali bombardano quotidianamente il telespettatore con immagini più o meno scioccanti di bambini denutriti, di bambini affetti da distrofie muscolari o da altre gravissime patologie genetiche, accompagnate dalle parole ultimative, quasi minacciose, di qualche signore vestito in camice bianco e dallo sguardo spiritato e aggressivo, che vi ricorda come la vita di quei bambini, o la possibilità, per essi, di condurre un’esistenza un po’ migliore, dipende da voi, dalla generosità che saprete mostrare verso di essi, però subito, immediatamente, senza perdere nemmeno un minuto. Lo stesso accade mentre siete al computer, per esempio mentre state ascoltando un concreto di musica classica, poniamo di Mozart o di Albinoni, su qualche canale Youtube. Di colpo le note s’interrompono e uno spot umanitario e caritativo fa irruzione, senza chiedere il permesso: e di nuovo vi vengono scaraventate sulla faccia quelle immagini dolorose, a volte raccapriccianti, anche adesso che siete al vostro tavolo di lavoro, come già prima, quando stavate pranzando di fronte al televisore acceso e credevate di potervi distrarre un po’ dalle vostre preoccupazioni guardando la centesima replica del Tenente Colombo della Signora in Giallo. Perché tali sono i programmi meno peggiori, repliche di originali tv di quasi mezzo secolo fa (il resto è letteralmente spazzatura) che i proprietari e i gestori delle maggiori reti private hanno deciso di somministrarvi in questi mesi di reclusione forzata, con sessanta milioni di persone tappate in casa e il piccolo schermo quale principale finestra sul mondo per la maggior parte di loro. E senza dubbio vi sarete chiesti come mai ciò accada, contro tutte le regole di mercato e, in apparenza, contro il più elementare buon senso; a che cosa si debba questa raddoppiata sensibilità buonista, questo moltiplicato misericordismo bergogliano, per cui mentre nessuno, né dallo Stato né dalla Chiesa, si è mai degnato di regalarvi una parola d’incoraggiamento, di speranza e di umana simpatia, ma solo minacce di rappresaglie se non starete alle regole e non rispetterete il coprifuoco, in compenso però qualcuno ritiene cosa buona e giusta inondare il vostro immaginario e quel minimo di spazio privato che vi è rimasto, con immagini traumatiche e disperati appelli per la salvezza dei bambini morenti o gravemente malati.

Tutto questo è un po’ strano, non è vero? In un momento storico, come questo, di particolare difficoltà, economica, sociale, psicologica, le persone e le famiglie vengono sottoposte a una martellante pubblicità di tipo filantropico; eppure sappiamo bene che la pubblicità costa, e costa cara. Ora, potremmo anche bere la versione secondo cui tutti quanti, e dunque anche le televisioni, sono diventati più sensibili ai problemi altrui, più umani, più caritatevoli, proprio perché le difficoltà ci mordono tutto un po’ più da vicino. Ma poiché non viviamo nel paese di Biancaneve e i Sette Nani e certe cose non ce le possono raccontare nemmeno per scherzo, resta il fatto che qualcuno sta investendo un mucchio di soldi per esortarci ad essere più buoni, più accoglienti, più generosi, nonostante il fatto evidente che noi tutti ci stiamo spaventosamente impoverendo, le classi medie sono praticamente sparite, il piccolo commercio e la piccola impresa sono sull’orlo dell’ultima disfatta nell’impari lotta contro le multinazionali, e per giunta siamo segregati in casa, terrorizzati dal governo e dai mass-media e minacciati di sanzioni se appena osiamo metter fuori il naso senza una ragione più che valida. Potremmo credere che le varie forme di pubblicità progresso e di pubblicità filantropica sono disinteressate, se fosse credibile che le televisioni sono delle società di beneficenza senza alcuno scopo di lucro, formate da personale volontario, che lavora gratis per nobili ragioni etiche e ideali. Poiché invece sappiamo che le televisioni costano, e che ad acquistarle o a crearle è il potere finanziario; e poiché la pubblicità costa anch’essa, e a permettersi di poterla pagare c’è solo il grande potere finanziario, dobbiamo chiederci perché il potere finanziario, che dispone sia delle televisioni, sia degli spazi pubblicitari, abbia deciso di destinare una quota significativa di questi ultimi a predicare incessantemente il vangelo della bontà, apparentemente in pura perdita economica. Che cosa si ripromette di ottenere da una società già così terribilmente impoverita, proprio grazie alle sue manovre speculative e alle sue politiche usuraie? Spera forse che gli italiani disoccupati, sotto-occupati, incapaci di reggere il peso delle tasse se lavorano nel piccolo commercio e nelle piccola impresa, si tolgano il pane di bocca per fare offerte alle associazioni internazionali che si occupano dei bambini africani denutriti o dei bambini affetti dalle malattie genetiche? È poco probabile. Ci saranno anche delle persone così generose, anzi ce ne sono sicuramente, ma è evidente che le loro offerte, dal punto di vista quantitativo, non giustificano la spesa di chi acquista così ampi spazi pubblicitari per predicare la bontà. E sappiano che la finanza guarda esclusivamente alla legge del profitto e nulla concede a ciò che non fornisce ampie garanzie di rivelarsi remunerativo. In altre parole, gli speculatori e gli usurai non regalano niente a nessuno; senza contare che ad essi importa il destino dei bambini denutriti e di quelli affamati, quanto glie ne può importa quello delle formiche o degli scarafaggi.

Ora, sorvoliamo sul fatto che queste pubblicità, per ovvie ragioni, non parlano mai del dramma dei bambini soppressi ancor prima di nascere mediante l’aborto legalizzato: perché quelli, si sa, non contano. Anche se sono ormai sei milioni, e la strage non accenna a finire: ma è politicamente scorrettissimo, anzi decisamente inaccettabile, anche solo accennarvi. E il clero sedicente cattolico, per primo, si è adeguato a questo tacito patto scellerato: mai parlare di aborto, mai parlare di ciò che divide ma solo di quello che unisce. Ecco perché il signore vestito da papa che abita a Casa Santa Marta ritiene opportuno inserire nella sua agenda pasquale le pubbliche congratulazioni e la più ampie attestazioni di stima e disponibilità a collaborare rivolte a Luca Casarini, più che a rassicurare i fedeli e a benedirli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo; e tanto peggio se, per Pasqua, viene negata loro perfino il conforto spirituale della santa Messa e della Eucarestia. Sorvoliamo anche sul fatto che i mass-media, non diciamo la pubblicità, ma anche i telegiornali e i programmi di approfondimento, hanno già steso un silenzio pressoché tombale sulle pagine brutte di Bibbiano, sia di quella che si trova in Val d’Enza, sia delle cento e mille Bibbiano che esistono in tutto il resto d’Italia, grazie ad una perversa convergenza d’interessi fra una cultura anti-famiglia, una psicologia ideologizzata e aberrante, e una rete di amministrazioni locali e di servizi sociali affamati di spartirsi la torta rappresentata dai finanziamenti pubblici per il traffico degli affidi temporanei e, in prospettiva, delle adozioni, il tutto dopo aver strappato i piccoli alle loro famiglie d’origine per mezzo d’inganni, pressioni, menzogne e atroci calunnie, con la complicità di certi settori della magistratura preposti alla tutela dei minori. Lasciamo dunque perdere quel che non c’è, in quegli spot pubblicitari, sempre più insistenti, sempre più invasivi, e limitiamoci a quello che c’è; e domandiamoci: a quale scopo? Abbiamo detto che la ricaduta economica, in proporzione alla spesa, senza dubbio non può essere che modesta; eppure abbiamo anche detto che la grande finanza non regala nulla ad alcuno, e che non fa mai qualcosa per niente, cioè senza avere di mira una qualche forma di utile. Ora, l’utile non è detto che sia misurabile solo ed esclusivamente in termini economici; tanto più che non stiamo parlando di qualche piccola remittente locale, né di qualche banca o di qualche impresa di modeste dimensioni che la sovvenzionano, ma stiamo parlando delle maggiori reti nazionali, sia pubbliche che private, oltre che di quelle minori dimensioni; e che i proprietari di esse, o i loro sponsor, sono sempre riconducibili alla grande finanza internazionale, vale a dire a quella minuscola élite di persone ricchissime detentrici dei tre quarti della ricchezza mondiale, e bramose di mettere le mani anche sul resto.

In questo caso, riteniamo che l’utile che si prefiggono quanti stanno finanziando questa massiccia e incessante campagna per inculcare la bontà sia di tipo psicologico, e va di pari passo colla manovra per far approvare dal Parlamento il reato di "odio", ossia un reato di opinione o, se si preferisce, di sentimento, cosa assolutamente inedita ma che, fatta passare sotto le vesti di un moralismo nobilmente disinteressato, riesce a giustificare perfino la pretesa del potere di esercitare un controllo poliziesco sulla nostra mente. In altre parole, quei signori si prefiggono di creare un orizzonte psicologico tale per cui, a un certo punto, sarà semplicemente impossibile non diciamo fare, ma anche solamente pensare qualcosa di diverso da quel che essi vorranno, e addirittura sentire in maniera difforme dai loro piani e dalle loro finalità. A ciò stanno da tempo lavorando, sempre servendosi dei mass-media, già al livello più immediato, quello del linguaggio: perché si pensa secondo le parole che si adopera, e se si parla di pandemia, per esempio, quando non c’è alcuna pandemia, ciò nonostante si crea nell’immaginario collettivo la ferma convinzione che la pandemia esiste, eccome, e che siamo tutti esposti ad un pericolo mortale, che richiede e giustifica le più estreme misure di "protezione" della cittadinanza. Ora, come trovare il modo d’imporre sino in fondo un simile totalitarismo mentale, se non facendo leva sui "buoni sentimenti", ossia sollecitando la compassione nei confronti dei bambini denutriti e sofferenti? E una volta imposto un simile totalitarismo, ciascuno di noi sarà mentalmente non solo condizionato, ma programmato, proprio come si istruisce un programma informatico, per non avere più una propria intelligenza, una propria sensibilità e una propria volontà, ma per uniformarsi in tutto e per tutto ai messaggi che riceveremo dall’esterno, sia indirettamente attraverso i mass-media, sia direttamente dal governo, dalle banche, dalla magistratura, dalle istituzioni scolastiche e sanitarie. E così come il potere ha trovato il modo di ottenere la massima obbedienza e la massima auto-mortificazione, inclusa la rinuncia alle libertà fondamentali, utilizzando lo strumento del terrore circa la possibilità di contrarre una malattia mortale, così esso ha individuato in questo tipo di pubblicità il mezzo per aprirsi un varco nelle intelligenze, così da creare un misto di soggezione e senso di colpa: perché vedere, magari mentre si sta mangiando un piatto di spaghetti, o una bistecca al sangue, quelle immagini terribili di bimbi infelici e agonizzanti, genera sia un senso d’impotenza sia un senso di colpa, in quanto ci si sente corresponsabili di quelle sofferenze. E ci si sente responsabili se le telecamere mostrano il corpo d’un bambino annegato sulla spiaggia dopo il naufragio di un barcone di migranti (se poi non c’è il bambino, va bene anche un bambolotto di plastica). Proprio come per l’emergenza del Covid-19: quante volte ci è stato ripetuto che non rispettare incondizionatamente le prescrizioni governative, anche le più assurde (e anticostituzionali), equivale — oltre che a un reato penale — a una forma di egoismo e disprezzo nei confronti della salute altrui? Quante volte ci è stato detto che avvicinarsi a meno di un metro al nostro prossimo, voler partecipare alla santa Messa, e perfino far quattro passi per far prendere un po’ d’aria ai bambini – ai bambini, non al cane, perché questo invece è permesso! – sono forme d’incoscienza e di minaccia per la vita altrui?

La colpa, sempre la colpa: è lo strumento di controllo più antico ed efficace, e in tutte le sfortunatissime famiglie ove c’è una persona che adopera abitualmente tale strumento, lì tutti gli altri si devono quotidianamente inchinare e sottostare all’astuto tiranno che sa usare così bene l’arma del ricatto morale. A livello politico planetario, questo per caso vi fa venire in mente qualcos’altro? Conoscete per caso qualcuno che ha deciso di far sentire permanentemente in colpa tutti quanti, a livello mondiale, per ciò che è successo nella storia del XX secolo, e magari prima ancora? Qualcuno così potente che è bene non farne neppure il nome, per evitar di vedersi chiudere il sito informatico o il canale Youtube? Qualcuno che da decenni ci mostra la foto di un bambino spaventato, con le mani alzate, davanti ai mitra spianati di alcuni soldati che si accingono ad arrestare lui e la sua famiglia? Eppure, nella storia del Novecento, e in tutta la storia umana, di comunità perseguitate e di bambini stritolati dal meccanismo perverso del potere, ce ne sono stati a decine e centinaia di milioni. Però quel bambino, e solo quel bambino, è divenuto il simbolo della Innocenza Perseguitata; mentre noi tutti siamo idealmente deferiti al tribunale della Bontà, perché i nostri nonni non si opposero con sufficiente energia a quegli eventi, facendosi così in certo qual modo corresponsabili di quella pagina nera. Noi, tutti, dunque, dobbiamo sentirci in colpa, e per sempre, anche se all’epoca non eravamo neanche nati: è una colpa che ricade su di noi e sui nostri discendenti, così come — su un altro piano – ricade sui nascituri la colpa del debito pubblico italiano o di altri Pesi la cui economia risulta in disavanzo passivo. E quanto è stato usato quel senso di colpa, dai Paesi del Nord Europa nei confronti di quelli del Sud, indebitati e perciò brutti, sporchi e cattivi, al punto da aver coniato per essi un acronimo spregiativo e razzista, PIGS (Portogallo, Italia, Grecia, Spagna), che in inglese significa maiali! L’idea è molto semplice e, suo modo, geniale: se ti faccio sentire in colpa, ti getterai in ginocchio innanzi a me, e potrò farti fare qualsiasi cosa voglia. Perciò stiamo in guardia: il totalitarismo della bontà apre la strada al totalitarismo globale e definitivo.

Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Christian Lue su Unsplash

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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