Proviamo a fare il punto della situazione
25 Aprile 2020Sottomessi dal totalitarismo della bontà
26 Aprile 2020La vicenda è abbastanza nota, almeno nei suoi tratti esteriori. Il 10 dicembre 1936 il re d’Inghilterra, Edoardo VIII, abdicava dopo neppure un anno di regno, essendo salito al trono il 20 gennaio, alla morte del padre Giorgio V. La ragione di un atto così spettacolare fu la sua volontà di sposare ad ogni costo una donna americana che, oltre a non avere alcun titolo nobiliare, era reduce da due divorzi: Wallis Simpson. Sia il governo che l’opinione pubblica, nonostante il silenzio stampa sulla questione, erano fortemente contrari al matrimonio per varie ragioni, sia di ordine giuridico e legale, sia di ordine morale, sia, infine, di ordine politico. Come capo della Chiesa anglicana, Edoardo non avrebbe potuto sposare una donna divorziata i cui mariti erano ancora viventi; e come se non bastasse, la Simpson era sgradita per la cattiva fama di cui godeva, in quanto considerata un’avventuriera e un’arrampicatrice sociale, amante del lusso e sospettata di esercitare un dominio sessuale sul re – affetto, si sussurrava, da qualche patologia – per conquistare una posizione di prestigio che le assicurasse una vita dispendiosa. Oltre a questo, le sue simpatie per la Germania nazista erano note e i servizi segreti britannici sospettavano addirittura che fosse una spia tedesca, nonché amante di Joachim von Ribbentrop, allora ambasciatore a Londra e più tardi Ministro degli Esteri del Terzo Reich, il quale le mandava tutti i giorni un mazzo di rose rosse. Non accettando di rinunciare, né di rimandare il matrimonio, Edoardo si convinse dell’impossibilità di contrarre un matrimonio morganatico e conservare così la corona, dopo che anche i governi dei Dominions si erano espressi negativamente in proposito, specie quello del Canada, e il 10 dicembre firmò l’atto di abdicazione in favore del fratello minore Albert, duca di York. Questi salì al trono col nome di Giorgio VI, e a sua volta creò per l’ex sovrano il titolo di duca di Windsor, e quello di duchessa per la sua futura moglie.
Il matrimonio civile infine ebbe luogo il 3 giugno 1937, in Francia, e si svolse in forma privata, senza la partecipazione di alcun membro della famiglia reale inglese. Nell’ottobre la coppia si recò in Germania, contro il parere del governo britannico, e fu ospite di Hitler a Berchtesgaden; poi rientrò in Francia. Allo scoppio della guerra, il duca di Windsor fu riportato in patria con la moglie, indi aggregato al Corpo di spedizione inglese e infine, dopo il crollo della Francia, riparò in Spagna, via Biarritz, e in un secondo tempo in Portogallo, a Lisbona. La sua posizione si era fatta ancor più delicata dal punto di vista politico, poiché era noto che aveva disapprovato la politica del governo inglese di giungere allo scontro totale con la Germania e addirittura era sospettato di aver passato ai tedeschi alcune informazioni militari sulle difese franco-belghe durate la drôle de guerre. Le sue simpatie nei confronti dei regimi fascisti risalivano, peraltro, a prima del suo viaggio in Germania; durante la guerra italo-etiopica del 1935, ad esempio, aveva manifestato la sua contrarietà alle sanzioni decise dal suo Paese e dalla Società delle Nazioni contro l’Italia. Inoltre il fatto che sua moglie fosse americana, con una cattiva fama e con amicizie naziste, era visto su entrambe le sponde dell’Atlantico, ma specialmente in Gran Bretagna, come un pesante ostacolo alla piena intesa fra le due potenze anglosassoni, e proprio questo era stato uno dei motivi che avevano reso impossibile il matrimonio senza la preventiva rinuncia al trono.
Da Lisbona, dopo alcune settimane d’incertezza, il duca e sua moglie si recarono alle Isole Bahamas, una colonia britannica di cui era stato nominato governatore. Prima di partire, ci fu tuttavia un momento in cui i nazisti furono sul punto di rapirlo, forse col suo segreto consenso, per portarlo in Germania a perorare la causa di un armistizio fra le due nazioni. Dopo la caduta della Francia, Hitler aveva raggiunto i suoi obiettivi in Occidente e non desiderava andare oltre: se lo avesse voluto, avrebbe potuto far distruggere il Corpo di spedizione britannico a Dunkerque, ma preferì non condurre sino in fondo la sua vittoria per non umiliare un nemico che in cuor suo stimava e col quale non vedeva ragioni per giungere a una guerra totale. Nel Mein Kampf aveva scritto di considerare l’esistenza dell’Impero britannico come un fattore di civiltà e di equilibrio internazionale e non c’è motivo di pensare che non fosse sincero. Le due potenze che egli considerava irriducibilmente nemiche erano la Francia, ormai prostrata, e l’Unione Sovietica, con la quale aveva firmato nell’agosto del 1939 un patto di non aggressione che aveva reso possibile il Blitzkrieg contro la Polonia, ma che già meditava di assalire per cercare a oriente lo "spazio vitale" del quale, a suo credere, il Terzo Reich aveva bisogno.
Così quell’oscuro episodio – passato allora quasi inosservato e solo più tardi seguito da aspre polemiche, mai però tali da porre veramente in luce la questione fondamentale ad esso sottesa, cioè la possibilità di una pace di compromesso nel 1940 — è stato rievocato dal saggista Laslo Havas nel libro Operazione Lungo Salto (titolo originale: Operation Long Yump; traduzione dall’inglese di Anna La Ragione, Milano, Sugar, 1967, e Longanesi, 1971, pp. 12-14):
Anche l’Inghilterra avrebbe potuto essere conquistata senza combattere, se Schellenberg [generale delle SS e capo della IV Sezione dell’Ufficio Centrale di Sicurezza del Reich] fosse riuscito a compiere la missione affidatagli, dal Ministro degli Esteri Ribbentrop, per iniziativa di Hitler. Che bisogno ci sarebbe stato di combattere, se i tedeschi avessero avuto dalla loro un argomento che nessun inglese poteva ignorare: un re inglese che si opponeva alla guerra, che fosse amico dei tedeschi e ammirasse Hitler?
Dopo la sconfitta della Francia, il duca di Windsor, membro della Missione Militare Inglese , si rifugiò in Spagna, raggiungendo in seguito il Portogallo. Da lì doveva proseguire il viaggio fino alle Bahamas, di cui la sua famiglia, riluttante ad accettare la presenza dell’indesiderabile ex-re in Inghilterra,l’aveva nominato Governatore.
Il suo matrimonio romantico e l’abdicazione al trono avevano procurato al duca una certa popolarità. Hitler riteneva che se fosse riuscito a convincerlo venire in Germania e a parlare al popolo inglese e a parlare dalla radio tedesca, avrebbe avuto un’arma di valore incalcolabile per la sua campagna di propaganda anti-britannica.
Comunque, i suoi tentativi furono vani. Invano offrì alla coppia ducale 50 milioni di franchi svizzeri, che avrebbero permesso loro di vivere "come richiedeva il loro rango", invano li circondò dei suoi amici spagnoli e portoghesi. I suoi argomenti non convinsero il duca e la duchessa di Windsor.
Gli ordini ricevuti consentivano a Schellenberg di usare la violenza contro gli agenti del Servizio Segreto inglese che scortavano il duca, ma non contro la persona di quest’ultimo. Il piano prevedeva un’imboscata e il rapimento del duca quantunque Ribbentrop non scartasse del tutto l’idea della coercizione, qualora questi fosse restato sordo a tutte le lusinghe.
Ma le prospettiva sembravano così buone che Schellenberg era persuaso che non sarebbe stato necessario ricorrere alla violenza. In rapporti segreti, che gli ambasciatori tedeschi a Madrid e a Lisbona inviavano al Ministero degli Esteri, erano molto ottimistici.
"Il duca è convinto", scrisse a Ribbentrop l’ambasciatore tedesco a Lisbona, "che se fosse restato re la guerra avrebbe potuto essere evitata".
Anche Miguel Primo de Rivera, figlio del capo fascista spagnolo e intimo amico del duca, cercò di fare da intermediario. Ecco come l’ambasciatore a Madrid riportò i risultati di tale intervento:
"Ha avuto due lunghe conversazioni col duca di Windsor; alla seconda era presente anche la duchessa. Il duca si è espresso molti liberamente… in campo politico è sempre meno d’accordo con l’attuale governo inglese e col re. Il duca e la duchessa temevano meno il re, che è un vero sciocco, che la regina la quale trama abilmente contro il duca, ma soprattutto contro la duchessa…".
A von Ribbentrop fu data assicurazione in molte altre lettere e telegrammi che il duca era pronto a collaborare, attendeva solo il momento favorevole per rendere pubblica la sua decisione.
Nel 1957, quando gli archivi tedeschi furono resi pubblici, il duca di Windsor dichiarò, attraverso i suoi legali, che i documenti erano falsi, e quantunque ammettesse di aver avuto contatti con i nazisti, disse che "aveva accolto le loro proposte col disprezzo che meritavano". È difficile comprendere perché, in quel caso, Schellenberg non fosse ricorso alla violenza. Sarebbe comprensibile solo se i documenti degli archivi diplomatici tedeschi fossero, al contrario, degni di fede e se, da quanto emerge da essi, il duca avesse assicurato i suoi amici fascisti, fino al momento della sua partenza dalla Spagna, che "si sarebbe tenuto in contatto regolarmente con loro e sarebbe tornato non appena avesse ricevuto il messaggio in codice prestabilito".
Il fatto è che il duca di Windsor partì per le Bahamas senza quasi incontrare difficoltà. È vero che ricevette un messaggio misterioso, secondo il quale una bomba a orologeria era stata nascosta nella nave che lo trasportava e affermava inoltre che gli agenti dell’Intelligence Service complottavano contro la sua vita. Ma Schellenberg, che era venuto personalmente a Lisbona per portare il duca in Germania, con la forza se necessario, non fu nemmeno rimproverato per il fallimento della sua missione.
Alla fine del 1940, pochi mesi dopo che Schellenberg permise al duca di partire, nella speranza che sarebbe tornato in Europa al momento opportuno, Hitler affidò al servizio segreto un nuovo compito [e cioè la preparazione di un attentato per eliminare il generale francese Weygand].
A questo punto possiamo immaginare che fra la partenza del duca di Windsor da Lisbona per le Bahamas, nell’agosto del 1940, e la strana missione in Scozia di Rudolf Hess, il 10 maggio 1941, siano intercorsi segreti contatti fra Hitler e gli ambienti britannici favorevoli a una pace di compromesso, quelli che non avevano approvato la dichiarazione di guerra del settembre 1939 e che vedevano nell’ex re d’Inghilterra una pedina importante per avviare trattative segrete in vista di tale obiettivo. Di certo si sa che, quand’era a Lisbona, il duca aveva progettato una crociera a bordo del panfilo del miliardario svedese Axel Wenner-Green, amico personale di Hermann Göring, ministro dell’Aviazione e numero due del regime nazista, come Hess era il numero tre; un uomo dalle numerose conoscenze, che si stava prodigando per giungere a una politica di conciliazione fra Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti. Il progetto era stato abbandonato dopo che Churchill, informatone, aveva minacciato di trascinare il duca davanti alla corte marziale se non si fosse portato in territorio britannico. Le Bahamas vennero scelte per dargli una carica formale e tenerlo sotto controllo, quasi confinato sia pur in maniera assai velata. Resta l’interrogativo perché i servizi segreti nazisti non lo abbiano indotto, con le buone o le cattive, a rompere gli indugi e recarsi in Germania. Il duca era amareggiato per l’abdicazione cui riteneva di essere stato costretto e inoltre per la politica di guerra del suo Paese, che non condivideva. Esisteva quindi la speranza che una parte dell’opinione pubblica inglese vedesse in lui il tramite per giungere a una pace separata con la Germania, cosa che certamente Hitler desiderava e alla quale non rinunciò se non dopo la battaglia d’Inghilterra. A partire dall’estate del 1940 il Führer offrì più volte la pace, ma da maggio al potere era salito Churchill e con lui il partito della guerra a oltranza, sostenuto da potenti interessi finanziari e politici, fra i quali il Congresso ebraico mondiale, ormai deciso a riscuotere la "cambiale Balfour" del 1917 per la creazione di uno Stato ebraico in Palestina. Il loro obiettivo era la distruzione della potenza tedesca e non semplicemente, come poi la vulgata dei vincitori volle far credere, la sconfitta del nazismo per assicurare la libertà dell’Europa. E tuttavia c’erano ancora delle eminenti personalità politiche e istituzionali che avrebbero voluto cogliere quel ramoscello d’ulivo e seguitavano a vedere il nemico numero uno nel comunismo sovietico, non nel nazismo. Su di esse contava Rudolf Hess, il quale non si decise al suo "folle volo" senza prima aver sondato il terreno, e non scelse a caso il castello del duca di Hamilton, vecchio amico della Germania, che aveva conosciuto personalmente sia Ribbentrop che Hitler. Ma il tentativo di Hess, fatto in extremis, era già fuori tempo massimo: a est stava per scattare l’Operazione Barbarossa; a ovest Roosevelt si preparava a stringere una vera alleanza con Churchill, sigillata dalla Carta atlantica nell’agosto. È quindi verosimile che i servizi segreti tedeschi rinunciarono a rapire il duca di Windsor per non bruciarlo e che egli, da parte sua, abbia assicurato che avrebbe raggiunto la Germania a suo tempo, quando il partito della guerra avesse cominciato a vacillare e l’opinione pubblica inglese si fosse persuasa dell’invincibilità tedesca e della necessità di giungere alla pace per preservare l’Impero. Le cose, poi, presero un’altra piega. E tuttavia, fra il 1940 e il ’41, un’altra storia era ancora possibile…
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