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9 Aprile 2020Chi controlla il linguaggio controlla anche, per ciò stesso, i pensieri e quindi le azioni degli uomini. Infatti gli uomini pensano e agiscono secondo ciò che credono essere la realtà; e si formano l’immagine della realtà per mezzo delle parole con le quali essa viene loro narrata. Pertanto chi controlla il linguaggio, controlla tutto il resto; e chi possiede questo potere, se non i tecnici che presiedono all’utilizzo del linguaggio? Nella società moderna, dominata dalla specializzazione scientifica, l’uso delle parole viene stabilito dai tecnici, ossia dagli esperti di ciascun ambito disciplinare: il linguaggio della fisica dai fisici, il linguaggio della biologia dai biologi, quello della psicologia dagli psicologi, quello della storia dagli storici, e via dicendo. I filosofi sono considerati specialisti di nulla e quindi devono tacere; poco importa se nell’antichità i loro parere veniva prima di quello di ogni altro; si vede che ai tempi di Platone e di Aristotele gli uomini non avevano capito nulla riguardo al vero. In cima alla gerarchia degli esperti ci sono gli esperti del linguaggio puro, cioè i filologi. Perfino il linguaggio della religione, e più precisamente del cristianesimo, viene stabilito non dai pastori del gregge e nemmeno dai teologi, ma dai biblisti e specialmente dai esperti di greco per il Nuovo Testamento, e di ebraico per l’Antico. Ed ecco che costoro stabiliscono che un passo della Bibbia, o una traduzione del Padre nostro, sono sbagliati, e si prendono la libertà di modificarli secondo criteri puramente filologici; e tanti saluti alla Tradizione e alla sostanza della religione cattolica. Non c’è più una sostanza, ma un corpo dottrinario in continua evoluzione, secondo le ultime scoperte delle scienze filologiche: e dunque una dottrina e un Magistero "liquidi", come s’addice alla "società liquida" delineata da Zygmunt Bauman. Chi non è esperto, chi non vanta titoli specialistici, è invitato a stare zitto e a rimettersi a ciò che gli esperti affermano essere il retto uso del linguaggio.
Poco importa se, fra di loro, gli esperti non sono d’accordo praticamente su nulla: né i fisici su cos’è la materia, né i biologi su cos’è la vita, né gli psicologi su cos’è la mente, né gli storici su cos’è il passato. E neppure, ci sia consentito dirlo in questi tempi di emergenza da Covid 11, i virologi lo sono su cos’è un virus: per non parlare della sua origine, della sua pericolosità e soprattutto delle misure sanitarie necessarie a fronteggiare una eventuale epidemia. Quel che conta è il monopolio della parola, e delle azioni derivanti dalla parola, da pare di ciascun gruppo di tecnici, o meglio, da parte dei gruppi accreditati preso il potere. Perciò non solo i virologi hanno il diritto esclusivo di decidere come un Paese debba affrontare un’epidemia, anche nei suoi aspetti economici, giuridici e costituzionali, mentre il politico non deve fare altro che applicare alle lettera le indicazioni dei virologi; ma tale diritto spetta non a tutti i virologi, bensì a quelli il cui parere coincide con quello dell’opinione dominante, ossia l’opinione determinata dai mass-media, i quali si stanno mostrando sempre di più lo strumento passivo e amorale di chi ne è proprietario, vale a dire dell’onnipresente e onnipotente potere finanziario internazionale. Quello stesso che sta preparando i vaccini coi quali farà soldi a palate per offrire la soluzione all’emergenza. E se poi qualcuno osservasse che Bill Gates, l’uomo più ricco del mondo, si stava preoccupando di finanziare ricerche sui vaccini e perfino di simulare gli effetti di una eventuale pandemia prima che scoppiasse l’emergenza del Covid-19, a quel tale diremmo che non bisogna scambiare le coincidenze per fatti positivi e che non si devono trarre da esse conclusioni affrettate e temerarie; altrimenti si fa il gioco dei complottisti, inclini a vedere ovunque inganni e cospirazioni e perciò a scatenare il panico immotivato (loro sì, e i virologi no!) fra la popolazione…
Un caso da manuale sulla potenza dei padroni del linguaggio è quello relativo alle traduzioni del Talmud e degli altri testi talmudici nelle lingue dei "gentili", ossia dei non ebrei, da parte degli ebrei. A dirlo non siamo noi, che filologi non siamo, e tanto meno esperti di Yiddish, ma un insigne studioso ebreo, Israel Shahak. In quei testi, le parole che si riferisco ai gentili, per non parlare delle maledizioni lanciate contro di essi e delle azioni autorizzate nei loro confronti, trasudano il più profondo e radicato disprezzo; addirittura l’idea che alcuni popoli gentili non appartengono alla stessa razza umana degli ebrei, ma a un tipo di umanità inferiore, che si trova a un livello intermedio fra la scimmia e l’uomo. Il che spiega perché si debbano evitare i gentili in ogni modo (tranne che per sfruttarli) e non ci si debba fare alcuno scrupolo a infrangere, nei loro confronti, le più sacre leggi morali e religiose, perché tanto, ad essi, quelle leggi non si applicano, ma restano valide esclusivamente per i membri del popolo eletto. Queste cose sono in pochi a saperle perché tutte le traduzioni di quei testi in inglese e nelle altre lingue europee moderne sono puntualmente purgate di quelle parole e di quelle espressioni che ne rivelano la vera mentalità e la vera intenzione. I vocaboli più oltraggiosi sono sostituiti da altri, alquanto edulcorati; in certi casi i passi più incandescenti non vengono tradotti neppure. I governi europei sapevano molto bene tutto questo ed è per tale ragione che, fino alle soglie del XX secolo, avevano autorizzato solo delle traduzioni purgate del Talmud, però purgate secondo il giudizio dei gentili e non a discrezione degli ebrei stessi. In seguito, forse in conseguenza di certi eventi accaduti nel corso del XX secolo, i governi hanno rinunciato interamente a intromettersi in simili questioni, per cui le tradizioni del Talmud sono rimaste affidate al solo giudizio dei diretti interessati, comprese quelle frazioni del giudaismo, come il movimento hassidim, le quali nutrono sentimenti della più fiera avversione nei confronti dei gentili e seguitano ad alimentarli, una generazione dopo l’altra, anche ai nostri giorni.
Riteniamo che sia altamente istruttivo leggere almeno una pagina del libro di Israel Shahak (1933-2001), professore di chimica all’Università di Gerusalemme e grande studioso dell’ebraismo, Storia ebraica e giudaismo. Il peso di tre millenni (titolo originale: Jewish History Jewish Religion, The Wheight of Three Thousand Years, Pluto Press Limited, 1994, poi Edward Said 1966; traduzione dall’inglese a cura del Centro Librario Sodalitium, Verrua Savoia, 1997, pp. 52-57):
Nel 1962, una parte del Codice di Maimonide il cosiddetto "Libro della conoscenza", in cui sono esposte le regole fondamentali della fede e del rituale ebraici, fu pubblicato a Gerusalemme in edizione bilingue, con la traduzione inglese a fronte del testo ebraico. Il testo era stato reintegrato, eliminando tutte le omissioni e le modifiche apportate in edizioni precedenti, e ricondotto alla sua originaria purezza. L’ordine di sterminare gi ebrei infedeli vi è riportato integralmente: "È dovere di ogni credente sterminarli con le proprie mani". Nella tradizione inglese si nota un leggero ammorbidimento: "È dovere prendere tutte le misure necessarie per distruggerli". Il testo ebraico prosegue con l’elenco di quelli che debbono essere sterminati: "Gesù di Nazareth e i suoi discepoli, Tzadog e Baitos (che si suppone tradizionalmente, siano i fondatori della setta dei Sadducei) e tutti i loro discepoli, possa il loro nome malvagio essere estinto". Sulla pagina di fronte (78a), della traduzione inglese, NON C’È UNA SOLA PAROLA di questo testo e quel che è più significativo, anche in considerazione del fatto che questo libro è largamente diffuso tra gli studiosi nei paesi di lingua inglese, nessuno, che io sappia, ha mai protestato contro questo inganno così plateale.
Il secondo esempio viene dagli Stati Uniti, sempre dalla traduzione di un libro di Maimonide. Oltre alla codificazione del Talmud, Maimonide era anche l’autore della famosa "Guida per i dubbiosi" che è giustamente considerata come l’opera massima della filosofia religiosa ebraica, letta e commentata anche oggi. Purtroppo, oltre alla sua ostilità nei confronti dei non ebrei in generale, e dei cristiani in particolare, Maimonide era anche un vero e proprio razzista quando si trattava dei negri. Verso la fine della "Guida", in un contesto fondamentale (III,5) si discute come i vari popoli che formano l’umanità possono attingere al supremo valore religioso, la vera adorazione di Dio. Ecco chi c’è tra quelli che saranno sempre incapaci di questa teodicea: "Una parte dei turchi (la razza mongolica) e i nomadi del Nord, i negri e i nomadi del Sud, e tutti quelli che, nei nostri climi, gli rassomigliano. La loro natura è come quella degli animali muti e sono convinto che non sono al livello degli esseri umani e che, nella scala dei viventi, siano al di sotto dell’uomo e al di sopra delle scimmie, visto che rassomigliano di più all’uomo di quanto si possa dire delle scimmie" (…). M’immagino come gli studiosi ebraici degli Stati Uniti si consultano tra loro appena si profila la possibilità che queste cose diventino di dominio pubblico. Cosa fare? Visto che il libro doveva essere tradotto, considerato il declino della conoscenza dell’ebraico tra gli ebrei americani. La soluzione fu trovata, sia tramite consultazioni sia grazie all’ispirazione individuale. Nella traduzione americana della "Guida", pubblicata nel 1925 a cura di un certo Friedlander e ristampata in molte edizioni, anche paperback, la parola ebraica Kushim, che vuole dire "negro", appare traslitterata come Kushites, che non vuol dire nulla per chi non conosce l’ebraico o per chi non ha il privilegio di una spiegazione ORALE da parte di un rabbino. Durante tutti questi anni, non si è mai detta una parola sull’inganno originario o sulla dinamica sociale che ne ha permesso la continuità. (…)
Il terzo esempio è un lavoro di minor impegno culturale ma non per questo meno popolare: "Le gioie del’Yiddish" di Leo Rosten. Pubblicato nel 1968 negli Stati Uniti e ristampato in numerose edizioni, compreso in paperback dalla Penguin, è una specie di glossario delle parole Yiddish, spesso usato da ebrei e non ebrei nei paesi di lingua inglese. Per ognuna, oltre a una definizione dettagliata e a qualche aneddoto più o meno divertente legato al’uso, viene data l’etimologia dalla ligia di origine, con il suo significato. La parola Shaygets, che significa "un giovane, un ragazzo gentile" fa eccezione: l’etimologia afferma cripticamente "l’origine ebraica" senza dare la forma o il significato della parola ebraica originale. Comunque, alla parola Shiksa, il femminile di Shaygets, vien dato il termine orinario ebraico, Shequets, o nella traslitterazione, Sheques il cui significato, in ebraico, è definito "biasimevole". Chiunque parla la lingua ebraica sa che questa è una spudorata menzogna. Il dizionario Megiddo ebraico-inglese, pubblicato in Israele, dà i seguenti significato per Shegets: "animale impuro, creatura spregevole, abominio (dialettale — pron. Shaygets), mascalzone, anche ragazzo indisciplinato, giovane gentile".
L’ultimo, e più generale, esempio è, se possibile, ancora più sconvolgente degli altri: riguarda l’atteggiamento del movimento cassidico nei confronti dei non ebrei. Il Cassidismo, erede degenerato del misticismo ebraico, è ancor oggi vitale con centinaia di migliaia di aderenti, fanatici devoti ai loro "santi rabbini", alcuni dei quali esercitano una forte influenza politica, in Israele, tra i leader di quasi tutti i partiti e, in misura molto maggiore, tra gli alti gradi delle forze armate. Come si pongono gli aderenti a questo movimento nei confronti dei non ebrei? Prendiamo il famoso "Hatanya", libro fondamentale del movimento Habad, uno dei rami più importanti del Chassidismo. Secondo questo testo chiave, tutti i non ebrei sono creature assolutamente sataniche "che non hanno nulla di buono" e persino i loro embrioni sono qualitativamente diversi da quelli ebraici. L’esistenza dei non ebrei è "inessenziale", visto che tutto il creato è destinato "in funzione degli ebrei". (…)
In questo senso uno dei maggiori mistificatori e ottimo esempio della potenza dell’inganno fu Martin Buber. Nelle sue numerose opere in cui esalta l’intero movimento chassidico, compresa Habad, NON SI TROVA UNA SOLA RIGA SULLE DOTTRINE CHASSIDICHE CHE RIGUARDANO I NON EBREI…
Si noti che anche in questo caso la critica viene da un ebreo, il quale accusa i suoi correligionari di doppiezza e spudorata ipocrisia; ma se a fare le stesse critiche fosse stato un non ebreo, possiamo bene immaginare quale sarebbe stata la reazione del B’Nai B’rith e del suo braccio secolare, la Lega Anti Diffamazione; per non parlare della cultura progressista europea e americana, sempre pronta a suscitare lo spauracchio dell’antisemitismo, e magari del neonazismo, ogni volta che qualcuno osa sfiorare argomenti tabù di questo genere. Si noti anche con quali termini Israel Shahk definisce il notissimo teologo Martin Buber: uno dei maggiori mistificatori e ottimo esempio della potenza dell’inganno. Eppure Martin Buber viene trattato con la massima stima e deferenza dalla cultura europea contemporanea e trova un posto di tutto riguardo nei manuali di filosofia, nei quali viene presentato come un vero illuminato e dove si sottolineano continuamente gli aspetti altruistici, dialoganti e nobilmente umanitari del suo pensiero, specialmente la relazione fra l’Io e il Tu (Ogni vita è incontro; Ich und Du: quante volte gli studenti si sono sentiti ripetere queste espressioni, al liceo e all’università!), guardandosi bene però dal precisare che dialogo, comprensione e apertura, per il hassidismo di cui egli fu ammiratore entusiasta, il "tu" è sempre e solo quello degli altri ebrei, non certo quello dei detestati e disprezzatissimi gentili. Come si deve giudicare tale atteggiamento da parte degli studiosi non ebrei e tale silenzio da parte loro sull’aspetto inquietante del pensiero di Martin Buber: crassa ignoranza o qualcosa di peggio?
Torniamo perciò al nostro assunto iniziale: chi controlla il linguaggio, controlla la nostra percezione della realtà e quindi controlla i nostri pensieri, i nostri discorsi e le nostre azioni. Il mondo moderno non è un mondo di fatti, ma un mondo di narrazioni linguistiche, delle quali i mass-media sono il veicolo, e il grande potere finanziario è il suggeritore e il padrone occulto. Se i giornali e le televisioni dicono che ogni giorno centinaia di persone muoiono di Coronavirus, quella per il cittadino comune è la pura verità, e naturalmente ne resta terrorizzato: al punto che il sequestro in casa, agli arresti domiciliari, di sessanta milioni di persone gli sembra un provvedimento tutto sommati timido e insufficiente, e semmai si lamenta perché il governo non lo ha deciso prima. E pazienza se i fatti, in questo caso i numero dei decessi, non li danno i giornali, ma gli organi ufficiali, come l’ISTAT: dai quali risulta che la mortalità di questi primi mesi del 2020 è perfettamente nella norma rispetto agli anni precedenti; e che di Coronavirus non risulta siano morte se non pochissime persone, e forse neanche quelle, mentre tutte le persone decedute e la cui morte è stata attribuita al Coronavirus, sono morte di patologie pregresse, che il Coronavirus ha ulteriormente aggravato: come è sempre accaduto, ad ogni stagione invernale, con la diffusione di qualsiasi altro genere d’influenza.
Ma noi non siamo né biologi, né virologi, né filologi, e quindi non avremmo il diritto di dire simili cose. Addirittura, qualcuno ci potrebbe denunciare per diffusione di notizie false e tendenziose. Perché il vero obiettivo di questo attacco senza precedenti, in effetti, e come sempre, è proprio la verità…
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