Non è vero ciò che è reale, ma ciò che dicono i media
20 Marzo 2020
Esistono esseri digitali creati col download mentale?
22 Marzo 2020
Non è vero ciò che è reale, ma ciò che dicono i media
20 Marzo 2020
Esistono esseri digitali creati col download mentale?
22 Marzo 2020
Mostra tutto

Il vero problema è sempre quello: la consapevolezza

Diceva Epitteto che noi siamo tormentati non già dalle cose, ma dai principi e dalle nozioni che ricaviamo dalle cose, vale a dire dalle impressioni che riceviamo da esse e dalle opinioni che ci formiamo intorno ad esse. In altre parole, esiste un mondo oggettivo, fuori di noi, ma non esiste una maniera oggettiva di percepirlo: ciò che noi sappiamo e giudichiamo del mondo è quello che filtra attraverso i nostri sensi, la nostra volontà e la nostra intelligenza. E poiché noi non siamo tutti uguali, con gran dispiacere e supremo scorno degli egualitaristi, ma ciascuno possiede un certo grado di sensibilità, di volontà e d’intelligenza, ne consegue che il mondo è più grande o più piccolo, più semplice o più difficile, più ricco o più povero a seconda dei casi. Quiquid recipitur, ad modum recipientis recipitur: ognuno recepisce le cose secondo la propria misura e la propria capacità. Ponete due persone davanti a un quadro di Van Gogh, a una poesia di Rilke, a una fuga di Bach, ma anche di fronte a una legge fisica o a un teorema geometrico: non ne ricaveranno certo le stesse identiche impressioni, non se ne faranno la stessa idea, e non ne godranno lo stesso piacere estetico o intellettuale. E questo non è relativismo, ma prendere atto della diversità umana. Fermo restando che sono operose e collaborative quelle società le quali si sforzano di condurre gli individui, specie sul terreno della vita pratica e della sfera morale non verso un’impossibile uguaglianza, ma verso una condivisione del principio di realtà, che esiste come substrato dal quale ognuno poi ricava le sue impressioni e le sue deduzioni; mentre vanno verso il disordine e il collasso quelle società le quali incoraggiano e perfino spronano ciascun individuo a non tener conto minimamente del principio di realtà, e a realizzare, nella propria vota, anche calpestando gli altri, il massimo del proprio utile o della propria idea soggettiva del bene. Facciamo un esempio: in natura esistono due generi sessuali, maschile e femminile (oltre a un numero statisticamente insignificante di individui ermafroditi): questo è il principio di realtà. Ma una società molle e viziosa, abituata a soddisfare ogni capriccio e, spesso, ogni aberrazione, si ribella al principio di realtà, e pretende che ciascuno dei suoi membri possa cambiare sesso, se lo vuole, e magari anche cambiarlo di nuovo, affidandosi a una serie di interventi ormonali e chirurgici, il tutto a spese della sanità pubblico, essendo stato riconosciuto come un diritto sacrosanto della persona. Tuttavia, si potrebbe obiettare, essere uomini significa proprio poter dire al mondo così com’è: ad accettarlo senza discussioni, per così dire, sono solo gli animali, che si muovono in esso facendo proprie tutte le sue logiche, come osservava il filosofo Max Scheler. Senza dubbio, è proprio così: lo statuto ontologico dell’uomo risiede proprio nella sua capacità di prendere le distanze dal mondo, di dire "no" a ciò che nel mondo gli resiste e gli si oppone. E dunque? Rispondiamo che l’essenza dell’uomo, e la sua stessa dignità, risiedono, certamente, nella possibilità che egli resista e si opponga al mondo come gli è dato, ma non in maniera arbitraria e tracotante (la hybris dei greci), non in maniera scriteriata e distruttiva, per sé e per il mondo, bensì in accordo e in armonia con la legge morale naturale, che è come un riflesso della legge positiva stabilita da Dio, autore della natura e quindi giudice supremo del giusto e del’ingiusto, del bene e del male. Ricordiamo infatti che il primo peccato dell’umanità, il Peccato originale, consistette nel rifiuto di accettare l’assolutezza del giudizio divino sul bene e sul male e nel tentativo di raggiungere un gradi sapienza tale da poter stabilire da se stesso cosa siano il bene e il male, in pratica tentando di rendersi il dio di se stessi. Pertanto è giusto che gli uomini agiscano sulla realtà e tentino di modificarla, ma non in opposizione al principio di realtà e non sfidando e sovvertendo le leggi naturali fondamentali, cioè sempre ricordandosi del loro statuto ontologico che è di creature e non di creatori. Un altro esempio: la legge fondamentale della natura è che i viventi sono mortali. Perciò difendere e proteggere la vita è bene (fin dal concepimento però, e non solo dopo la nascita); ma accanirsi a mantenerla quando è giunta al suo termine naturale o dedicarsi a pazzesche ricerche sull’immortalità fisica è profondamente sbagliato.

Pertanto, gira e rigira, si torna sempre alo stesso punto: qualsiasi problema si tratto di affrontare, pubblico o provato; qualsiasi emergenza, qualsiasi difficoltà, qualsiasi crisi, dalla più lieve e transitoria, alla più grave e inarrestabile, ci riconduce alla medesima conclusione: è la nostra consapevolezza che offre gli strumenti per dare una risposta, per trovare la soluzione, per indicare la via da seguire. E ciò vale per tutti gli ambiti dell’esistenza: politico, economico, medico, scientifico, culturale, religioso, e perfino sportivo. La consapevolezza consiste nella giusta coscienza di sé unita al necessario approccio critico verso le cose. È consapevole un essere umano che è cosciente di essere ciò che realmente è sia in quanto persona, ossia come creatura spirituale incarnata fatta a immagine di Dio e venuta al mondo per cercare, amare e adorare il suo Creatore, sia in quanto individuo, cioè come soggetto unico e irripetibile, chiamato a realizzarsi nelle sue opere e a collaborare al progetto divino della fratellanza umana: non la fratellanza massonica derivante dalla presunzione e dall’orgoglio di sé, ma quella che viene dalla comune figliolanza da Dio, il quale ha insegnato: Amatevi gli uni gli altri, come Io vi ho amati. Invece è inconsapevole un essere umano che ignora cosa sia la persona, quale la sua natura, quale la sua missione, e ignora anche le proprie qualità specifiche, ad esempio che si crede generoso mentre gli altri vedono la sua avarizia, o che si crede astuto quando gli altri vedono la sua stupidità; e lo è anche se non sa relazionarsi in maniera critica col mondo. Relazionarsi in maniera critica significa aver coscienza che la realtà non sempre è come appare, e che le cose e le persone non sempre sono quello che sembrano essere o che dicono di essere. Chi non possiede questa capacità, o chi non la esercita, ad esempio perché è accecato dalle passioni, retrocede nella condizione di creatura inconsapevole; pertanto non è realmente cosciente di ciò che pensa, dice e fa, perché è come se si muovesse in un mondo irreale, popolato di fantasmi e non di cose e persone vere. L’amore e l’odio sono un tipico esempio di ciò: colui che ne è accecato non vede l’altra persona per quel che realmente è, ma come attraverso il vetro deformante della sua emozionalità esasperata. Le conseguenze, come tutti sanno, possono essere molto gravi in termini di sofferenza, quella sì terribilmente reale. E ciò non vale solo per le relazioni immediate con l’altro, ma anche per la relazione complessiva con il mondo nella sua interezza e nella sua complessità.

Abbiamo detto che il mondo è, per noi, quello che noi siamo in grado di cogliere: quidquid recipitur, ad modum recipientis recipitur. Ora poniamo la questione di quel che accade se qualcuno che possiede mezzi così poderosi da poter agire sull’immaginario collettivo, decide di far entrare le persone e i popoli interi in una sorta d’ipnosi collettiva, raccontando loro, della realtà, solo quel che lui vuole, e che rientra nei suoi interessi, escludendo tutto il resto e sopprimendo meticolosamente soprattutto quegli elementi e quegli spunti che potrebbero innescare un processo di consapevolezza. Qualcuno potrebbe rispondere, con un’alzata di spalle, che non è immaginabile qualcuno che sia in grado di esercitare un controllo su tutti i mezzi materiali atti a creare una tale bolla ipnotica; e, di fatto, molto reagiscono proprio così, non appena sentono prospettare una simile ipotesi, e hanno pronta sottomano perfino la parola, complottismo, con la quale screditarla ed esorcizzare l’inconscia paura che essa evoca in loro. Ahimè, la parola stessa è tratta da quel vocabolario artefatto che i mass-media hanno messo in circolazione e del quale abbiamo finito, noi tutti, per servirci, senza renderci conto che ciascuno finisce per pensare in base alle parole che adopera, e vedere e giudicare ogni cosa e ogni situazione dalla prospettiva che esse gli indicano. In altre parole, il fatto che l’accisa di complottismo bolli come ridicola e irrealistica l’ipotesi di un complotto globale è già di per sé un forte indizio a favore della verosimiglianza di tale ipotesi. Le parole non sorgono spontaneamente; nessuno le inventa, nessuno le crea dall’oggi al domani per via naturale. Se ciò avviene, è perché i mass-media hanno orchestrato una campagna massiccia per far entrare nel nostro linguaggio le loro parole, gettandoci un’esca avvelenata con la quale resteremo presi. La ragione principale per la quale la gente tende a rifiutare questa ipotesi è, in apparenza, la sua ampiezza e la sua mostruosità quasi inimmaginabili, ma a ben guardare è la paura, perché se una cosa del genere fosse possibile, allora ci sarebbe davvero di che essere spaventati. Ebbene, il fatto che una cosa sia molto vasta e particolarmente odiosa, non è un argomento razionale contro la sua possibilità; e il fatto che una cosa del genere susciti in noi paura e preoccupazione non è una buona ragione per rifiutarsi di prenderne atto. Fra parentesi, siamo persuasi che questa è la principale ragione per cui tante persone non vogliono ammettere l’esistenza del Diavolo: non solo perché un simile pensiero contrasta con le loro convinzioni razionali, ma anche e soprattutto perché il loro inconscio ne è terrorizzato; e ne è terrorizzato tanto più quanto la parte razionale si rifiuta di affrontare la cosa in maniera franca e lucida. Ma chi, dunque, potrebbe esser capace di ordire una congiura di proporzioni addirittura mondiali, e perché?

Prima di rispondere, dobbiamo fare un’osservazione di carattere generale: la civiltà moderna è la civiltà di Mammona, del dio denaro, e più precisamente la civiltà dell’usura: denaro anticipato a chi ne ha bisogno per fare altro denaro, sempre di più, senza limiti, alzando progressivamente gli interessi, finché gli interessi superano il capitale originario che è stato prestato, e il debitore, preso nella spira degli interessi, vede crescere sempre di più il capitale che deve rimborsare. Per questo abbiamo detto e sostenuto, già tante e tante volte, che essa non merita neppure il nome di civiltà, semmai di anti-civiltà. Come osservava Ezra Pound nei suoi Cantos, non pensavano al guadagno gli artisti che hanno eretto le cattedrali, che hanno scolpito e dipinto tante meravigliose Madonne e tante Pietà, che hanno donato al mondo i capolavori creati dalla loro squisita sensibilità e dalla loro intelligenza. Nessuna civiltà sorge principalmente dalla smania di profitto: nessuna, fino all’avvento del mondo moderno. Tutto, in questa anti-civiltà viene ridotto a merce: ogni cosa perde il suo valore intrinseco e acquista un prezzo di mercato; e non c’è nulla, neppure i sentimenti e i più alti valori, che sfugga a questa legge universale, i cui meccanismi pratici hanno creato una super-élite mondiale formata da un paio di migliaia di persone, che detiene tre quarti della ricchezza del pianeta e vuole impadronirsi anche della parte rimanente, sottomettendo implacabilmente i popoli e gli Stati. Tale sottomissioni avviene essenzialmente per mezzo dei meccanismi di condizionamento mentale che vengono attuati in maniera sistematica e capillare, specialmente dai mass-media, capaci di insediare false idee, falsi valori, false parole nella mente dei cittadini-produttori-consumatori, abbrutiti e instupiditi ad arte. Nella civiltà del denaro, chi possiede capitali inesauribili possiede anche, automaticamente, il potere di esercitare un controllo sulla mente e sulla coscienza di tutti gli altri. Se la nostra civiltà avesse una sia pur minima dimensione spirituale, vi sarebbero delle cose che il denaro non può comprare e la tecnica non può manomettere, e prima di tutto le intelligenze e le coscienze. Ma nella civiltà del denaro, dove tutto è in vendita, anche le persone si vendono: vendono la loro intelligenza, la loro capacità professionali, la loro coscienza morale, in cambio di vantaggi materiali, perché la dimensione materiale è la sola dimensione ritenuta importante. Chi si preoccupa dello spirito, della relazione con Dio, della vita eterna, si sottrae a questo meccanismo perverso, perché resta inaccessibile alle lusinghe e alle minacce del denaro; ma chi confida unicamente nella dimensione umana, chi dalla vita non desidera altro che piaceri e comodità, è corruttibile e ricattabile, pronto a vendersi al migliore offerente. Ecco come si spiega il fatto che l’informazione sia oggi del tutto asservita al grande potere finanziario, così come sono asservite l’editoria, il cinema, la cultura, la scuola, la scienza, la ricerca, la filosofia, l’arte e perfino la religione, per non parlare della politica. Questo è un mondo di servi e di nani, senza un briciolo di pudore, né dignità, perché pudore e dignità rimandano a categorie etiche, e l’uomo economico della modernità non sa che farsene dell’etica, se la si potesse trasformare in qualcosa di materiale si affretterebbe a darle un prezzo per metterla sul mercato. Ormai abbiamo anche compreso per quale ragione l’élite mondiale sta perseguendo il suo disegno di asservimento dell’intera umanità: per l’ebbrezza del potere, che solo il denaro è in grado d’assicurare. Si pensi a uomini come i Rotschild, i Rockefeller, Jeff Bezos, Bill Gates o George Soros. È evidente che materialmente non possono godersi i capitali miliardari dei quali dispongono: esiste un limite soggettivo alla possibilità di concedersi il piacere. Per fare la bella vita, basterebbe molto meno denaro: l’accumulo di capitali astronomici non deriva perciò dalla brama di piaceri, ma dalla brama del potere in sé e per sé. Da ciò il sentirsi al di sopra della comune umanità e considerare gli uomini come insetti, creature insignificanti. Se invece di sette miliardi e mezzo d’insetti ce ne fossero 500 milioni, sarebbero sempre più che sufficienti per i bisogni dell’élite. Allora cosa li spinge a far ciò che stanno facendo? La sola risposta razionale è che si tratta di pericolosi psicopatici e forse di anime possedute dal male.

Fonte dell'immagine in evidenza: sconosciuta, contattare gli amministratori per chiedere l'attribuzione

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
Hai notato degli errori in questo articolo?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.