Galilei, il grande scienziato che ignorava la logica
10 Marzo 2020Ma quale virus?
12 Marzo 2020Nei decenni seguiti alla Seconda guerra mondiale la marcia vittoriosa della grande finanza internazionale è proceduta spedita, senza più incontrare grossi ostacoli, specie dopo il 1989, con la caduta del Muro di Berlino che ha segnato, sì, la fine dei regimi comunisti, ma non l’avvento della tanto sospirata libertà e della pace universale, bensì l’inizio di un nuovo tipo di Guerra fredda e soprattutto l’instaurazione della dittatura mondialista della massoneria e l’avvento del Nuovo Ordine Mondiale, ormai entrato a pieno ritmo nella fase operativa. In questi decenni i nostri cittadini hanno visto sparire, una dopo l’altra, tutte le cose che rendevano bella la vita, tutte le istituzioni che la arricchivano, tutti gli stimoli intellettuali che la rendevano affascinante, tutti i sentimenti che la rendevamo amabile. Lo stile di vita americano, il diabolico consumismo, il miraggio del falso benessere, il dilagare della tecnologia elettronica e informatica, hanno radicalmente cambiato le abitudini, i midi di sentire e di pensare, di amare e di sognare, di leggere e di viaggiare, di studiare e perfino di pregare (poiché anche la Chiesa, alla fine, si è arresa al mondo moderno e ha sostituito alla religione cattolica, con la destrezza di un ladro o di un prestigiatore, la nuova religione massonica della sedicente fratellanza universale). La famiglia, il perno essenziale sul quale tutto il resto si regge, si è incrinata, si è sfilacciata, infine si è disgregata, sotto l’urto violentissimo e incessante degli stili di vita edonisti e dell’affermarsi dell’ideologia gender; e, prima ancora, la relazione fra uomo e donna è entrata in una spirale distruttiva senza fine, da quando la cultura femminista ha dichiarato guerra alla natura e ha preteso di guidare le donne in una riscossa generale contro lo sfruttamento maschilista cui da secoli, a suo dire, erano assoggettate. In realtà le donne, sotto la spinta del femminismo, non solo non si sono emancipate da una sottomissione il più delle volte inesistente, ma sono state caricate di un doppio, di un triplo fardello (lavoro, casa, figli) e soprattutto sono state aggredite o minacciate nella cosa più preziosa, la loro stessa femminilità. La tecnologia elettronica ha favorito un individualismo esasperato, i rapporto fisici tra le persone sono stati sostituiti gradualmente da quelli a distanza, accompagnandole verso una dimensione di vita sempre più virtuale, come si vede nel film Her. Ora ci si può innamorare di un programma elettronico, negli anni ’50 del secolo scorso si disertavano gli amici , all’uscita dal lavoro, per salire in macchina e tornare a casa per conto proprio. Prima ci si fermava a chiacchierare, si andava al bar a bere un bicchiere in compagnia, si socializzava; poi, di colpo, con l’arrivo del cosiddetto benessere, tutti hanno mostrato di avere terribilmente fretta, montavano sull’auto posteggiata all’angolo e via, fine dei rapporti fino al giorno dopo. Sì: la deriva sociale, l’abbrutimento degli stili di vita partono da lontano; ora siamo giunti all’apice, con due ragazzi che si "parlano" e flirtano servendosi del telefonino, pur essendo seduti allo stesso giardino pubblico, su due panchine poste a quattro metri di distanza l’una dall’altra.
In altre parole, mano a mano che venivano spazzate via le forme del buon vivere, del vivere serio e ordinato, del vivere laborioso e responsabile, del vivere cristiano e secondo natura (le due cose non sono affatto in contrasto), si è formata, al posto delle persone che un tempo erano veramente tali, una turba confusa ed eterogenea, senza radici, senza identità, senza valori, senza veri affetti, senza un autentico uso della ragione, appiattita sui propri istinti primordiali e avvilita nella propria autonomia e nella propria fierezza personale; un gregge tumultuante, passivo, rassegnato, istupidito e involgarito oltre ogni limite, incapace di riconoscere e separare la verità dall’errore, il bene dal male, il giusto dall’ingiusto e il bello dal brutto. Un gregge che accetta e subisce ogni cosa, che si adatta a qualsiasi mutamento, a qualsiasi spoliazione delle cose che rendono la vita degna di essere vissuta; che si adira e s’infiamma solo se si vede limitato nell’esercizio dei suoi capricci più futili e nello sfogo delle sue pulsioni più basse e animalesche. Ci piace riportare i passaggi iniziali di un lucido e potente articolo di Cesare Baronio, Stoltezza:
Quanti hanno infeudato la Chiesa di Cristo usurpandone praticamente tutti i livelli devono essersi convinti di avere dei sudditi cretini. Cretini, sì: stolti, incapaci di comprendere la differenza tra la Verità proclamata e l’errore insinuato, tra la Morale vissuta e praticata e la licenza suggerita e tollerata. E devo dire che, per una persona che fosse riuscita a preservarsi dal contagio ideologico di questi ultimi sessant’anni, risulterebbe arduo non concordare con il giudizio dei vertici della setta conciliare nei confronti del basso Clero e del popolo cristiano.
Non è difficile persuadersi che quanto affermo non vale solo per i gerarchi ecclesiastici, ma trova concordi pure i governanti della cosa pubblica, massimamente coloro che ricoprono i ruoli di maggior responsabilità nello Stato e nelle istituzioni internazionali, per i quali il considerarci cretini è un’ovvietà, data dalla nostra rassegnazione ad esser umiliati, sfruttati, ridotti in miseria, controllati nella nostra vita privata, sottoposti ad esperimenti come cavie di laboratorio.
Ma loro, si sa, sono i buoni, che con magnanima condiscendenza ci preparano le crisi finanziarie e le risolvono schiavizzandoci con l’usura; diffondono virus geneticamente modificati e ci curano coi loro vaccini; creano le premesse dell’instabilità politica e poi intervengono quali salvatori facendoci gustare le prove tecniche di dittatura; decimano la popolazione demolendo la famiglia e massacrando milioni di innocenti nel ventre materno o nel letto d’ospedale, e impongono quale rimedio alla denatalità l’invasione di barbari violenti, alieni ai più basilari rudimenti del vivere civile.
Tutto per il nostro bene, s’intende. Perché loro, i buoni, sanno cos’è giusto per noi, che evidentemente abbiamo abdicato al nostro ruolo di cittadini e di fedeli, accettando supinamente la tirannide sorridente a patto che ci si lasci baloccare col cellulare, credendo d’esser liberi solo perché possiamo scegliere tra i ceppi, la corda e la catena con cui farci imprigionare.
Alla base di questa persuasione di ontologica inferiorità del suddito – civile o ecclesiastico che sia – si trova la presunzione dei governanti d’esser a loro volta ontologicamente superiori, non fosse che in virtù del fatto di detenere un potere che consente loro di dominarci: un potere svincolato dal fine per il quale esso è legittimo. Anzi: un potere che è tanto più odioso quanto più si oppone a quel fine.
Non fanno eccezione i vertici della setta che eclissa la vera Chiesa, e che ad essa si è sostituita nel silenzio assordante delle masse. Per gli illuminati regnanti la convinzione della nostra inferiorità morale e intellettuale appare ancor più palese, perché la nostra capacità di sopportazione coinvolge non tanto gli aspetti materiali del vivere quotidiano, quanto la sostanza stessa della nostra vita, ossia il dovere di amare, adorare e servire Dio per meritare la vita eterna. Ci siamo lasciati privare di tutto, in nome di un’obbedienza avvilita a servilismo stupido e cieco.
Come non condividere l’amarezza e lo scoraggiamento davanti allo spettacolo delle masse, sia nella vita profana, sia nella vita religiosa, che non solo mostrano di non accorgersi minimamente della gigantesca truffa e del perfido tradimento attuato ai loro danni dalle classi dirigenti e dalle massime istituzioni preposte al funzionamento della vita sociale, ma che addirittura si fanno zelanti sostenitrici di tutte le iniziative e di tutti gli attacchi alla verità, alla libertà e alla dignità delle persone, convinte di essere infornate a sufficienza per assumere tali atteggiamenti e per giustificare, di conseguenza, le svolte più indecenti e le azioni più distruttive che vengono attuate, da principio con una certa cautela, poi, al presente, alla luce del sole e con proterva sfrontatezza, in nome di un bene sempre più illusorio, la sicurezza collettiva. Nel caso dello Stato, oggi il buon cittadino è quello che non fa domande, che non protesta, che si lascia spogliare dei risparmi, vaccinare a volontà, lui e i suoi figli, limitare e monitorare nei suoi spostamenti, in pratica che accetta di auto-segregarsi in casa, beninteso seguitando a pagare le tasse, le imposte, i balzelli e perfino le catene del suo abbrutimento, ad esempio il canone R.A.I., ormai prelevato a viva forza dal suo portafogli, per finanziare gli stessi programmi televisivi che servono a istupidirlo, ipnotizzarlo, manipolarlo, oltre naturalmente a disinformarlo sistematicamente riguardo ai fatti di attualità. Nel caso della Chiesa cattolica, il credente modello è quello che ascolta senza batter ciglio, anzi con entusiasmo, gli sproloqui, le eresie e le bestemmie di Bergoglio, dei vescovi rock e dei preti in uscita; quello che non pensa mai all’aborto, che trova il divorzio la cosa più naturale del mondo, anzi che s’indigna se un sacerdote nega la santa Comunione a un divorziato risposato, o se rifiuta di benedire una coppia formata da due uomini o due donne; quello che trova perfettamente logico e naturale che la basilica di Santa Maria in Trastevere venga trasformata dai santegidini in una mensa popolare, o il Duomo di Napoli, dal suo arcivescovo, in una pizzeria, o la cattedrale di Santo Stefano a Vienna, sempre per iniziativa e col consenso del clero, in una sala per concerti rock e pro LGBT. E ripensando, quelli almeno che hanno l’età per ricordare, quanto fosse sano e pulito, al confronto, il mondo in cui si muovevano i nostri nonni, e nel quale siano stati bambini noi stessi: come fosse, sempre al confronto, più credibile e autorevole lo Stato (che distribuiva i salvadanai nelle scuole elementari per abituare i bambini alla virtù del risparmio!), e più coerente e persuasiva la Chiesa nel suo Magistero e nella sua liturgia, e capace di scaldare il cuore dei fedeli con parole chiare di verità e con gesti e comportamenti conseguenti da parte dei suoi santi sacerdoti, a maggior ragione in occasione di pubbliche calamità, quando tutti accorrevano in chiesa a pregare, mentre ora le chiese vengono chiuse e le Messe abolite proprio mentre dilaga un’epidemia (peraltro amplificata dai media), non si può non restare letteralmente raggelati dal contrasto, come se ci si rendesse conto che sul mondo di oggi è calata una coltre di ghiaccio e che forse mai più ritornerà sui di esso la dolcezza della primavera. Per usare le parole di Giacomo Leopardi in A Silvia, anche noi possiamo sospirare: Quando sovviemmi di cotanta speme, / un affetto mi preme / acerbo e sconsolato, / e tornami a doler di mia sventura.
Tuttavia, questo non è il momento di abbattersi o di chiudersi in sterili nostalgie del passato. C’è un tempo per piangere e un tempo per lottare: quando non ci sarà più niente da fare, piangeremo senza ritegno; ma finché c’è una sia pur minima possibilità di lottare, dobbiamo batterci. Ci hanno già tolto quasi tutte le cose più preziose, e noi abbiano volonterosamente collaborato ad auto-espropriarcene: l’amore e la devozione verso Dio, verso la patria e verso la famiglia (la triade tanto ridicolizzata e vituperata da decenni di martellante propaganda ideologica della sinistra). E così siamo rimasti senza la fede in Gesù Cristo, senza l’amore verso la nostra Italia e senza alcun senso della famiglia, al punto da aver ribattezzato "famiglia" ciò che famiglia non è, ma la sua caricaturale e diabolica contraffazione. Abbiamo a che fare con una magistratura che non tutela più i cittadini rispettosi della legge, ma quelli che la violano sistematicamente, nonché i clandestini privi di documenti e dalla dubbia provenienza; una politica che non cerca d’interpretare e difendere i bisogni e gli interessi vitali della nazione, ma che si fa strumento di interessi extra-nazionali ed antinazionali, in particolare della grande finanza speculativa; una scuola che non trasmette più sapere e maturità di vita, ma nozioni, peraltro sempre più scadenti e confuse, e che si adatta a tutte le peggiori mode e tendenze create artificialmente dai media, contribuendo a veicolare il Pensiero Unico del totalitarismo democratico; una sanità allo stremo, perché sottoposta a innumerevoli tagli onde trovare risorse per pagare gli interessi sul debito dello Stato e per finanziare l’invasione e la sostituzione di popolazione proveniente dall’Africa e dall’Asia meridionale; un clero che non è più il vero clero cattolico, ma un’agenzia massonica, intenta a promuovere l’agenda migrazionista, ambientalista ed ecologista, insieme al relativismo e all’indifferentismo religioso. Un’ultima cosa ci restava, anche se sempre più limitata sempre più traballante: un certo grado di libertà personale, soprattutto al livello della vita privata; e adesso, con il pretesto della pandemia, i cui effetti sono stati enormemente ingigantiti dai politici e dai mezzi d’informazione, miranti a creare il panico, ci vogliono togliere anche quegli ultimi brandelli di libertà. Se non ci mostreremo capaci di reagire; se non rifiuteremo il ricatto di chi ci chiede il sacrificio della libertà in cambio della sicurezza, una sicurezza peraltro che nessuno sembra capace di darci; se accetteremo supinamente questa dittatura dei tecnici, degli scienziati, e questa totale abdicazione della res publica dai suoi doveri e dalle sue responsabilità, ci troveremo chiusi in un campo di concentramento virtuale, sequestrati in casa nostra e controllati mediante un bracciale elettronico, affinché i tutori dell’ordine sappiano dove andiamo, quanto stiamo, cosa facciamo. Il passo successivo sarà l’inserzione del microchip sottocutaneo per avere il controllo totale su di noi. E a quel punto sarà troppo tardi per qualsiasi cosa.
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