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Il castigo è arrivato

Castighi, punizioni: parole che i nostri educatori, o sedicenti tali, hanno espunto dal vocabolario; non parliamo dei teologi, anche quando devono commentare quei passi della Bibbia nei quali i profeti, e anche Gesù stesso, ne parlano in maniera chiarissima e inequivocabile. I nostri nonni, grandi lavoratori, ma con la licenza di quinta elementare come massimo titolo di studio, lo sapevamo benissimo, ne teneva o conto e lo insegnavano ai figli e ai nipoti ogni cattiva azione avrà un castigo, ogni comportamento immorale verrà punito. Se non oggi, domani; ma prima o poi il castigo arriverà, la punizione arriverà. Poi è arrivato il benessere, diciamo negli anni ’50 del secolo scorso; e subito dopo è arrivata la cultura dei diritti senza corrispettivi doveri. I figli hanno cominciato a pretendere i soldi e ogni altra cosa dai genitori, gli studenti a pretendere la sufficienza e la promozione dalla scuola, i sindacati a pretendere il salario garantito indipendentemente dal fatturato dell’azienda, i politici a pretendere garanzie e accesso a ogni tipo di servizio anche per quelli che non lavorano che non pagano le tasse o le bollette, e sovente perché non vogliono e non perché non possono. La ciliegina sulla torta è sta la svolta buonista e misericordiosa della cosiddetta chiesa in uscita,iniziata con le rivendicazioni astiose di don Milani, vindice di tutti gli studenti bocciati contro i loro professori, e culminata, qualche tempo fa, il gesto spettacolare e cialtronesco del cardinale elemosiniere del papa che si scala nella centralina della corrente elettrica per romper ei sigilli posti dall’azienda fornitrice e restituire agli occupanti abusivi di uno stabile rimano ciò che non pagavano da mesi e anni, e che ora verrà pagato dall’intera comunità. In nome dei diritti garantiti a tutti, qualsiasi immigrato, anche delinquente in fuga dalle patrie galere, anche portatore di gravi malattie, anche terrorista in incognito, o semplicemente aspirante spacciatore di droga e aspirante sfruttatore della prostituzione, deve essere fatto entrare nel territorio nazionale trattato con i guanti: a cominciare dal diritto agli accertamenti giuridici (a pese nostre) relativi alla sua richiesta d’asilo, anche se il brav’uomo non si è scomodato a portar con sé neppure i documenti d’identità e anche se, per giungere sulle nostre spiagge, ha versato una somma di tre, quattro o cinquemila euro alla mafia del traffico di sedicenti profughi.

Il problema della civiltà moderna è che ha posto sull’altare le cose al posto di Dio, il consumo al posto dell’anima. E il risultato è che mentre sono crollate le nascite a aumentano a ritmi vertiginosi gli aborti, i suicidi e l’eutanasia, si acquistano sempre più cani e gatti, si spendono somme notevoli per garantire ai migliori amici dell’uomo ogni comfort e ogni piacevolezza e si moltiplicano le unioni e i cosiddetti matrimoni gay, con le relative adozioni o fecondazioni eterologhe per non parlare dell’acquisto di bambini dalle madri povere tramite la pratica, per ora consentita solo in alcuni Paesi stranieri, ma i cui effetti sono tollerati anche nel nostro., dell’utero in affitto. E così, mentre il telegiornale ci informa che l’epidemia di coronavirus sta dilagando a ritmi inarrestabili , mezza Italia è stata posta in quarantena –oltretutto la parte produttiva del Paese, quella che produce reddito e rende possibili i servizi sociali — e presto non ci saranno più abbastanza posti letto e sale di rianimazione, per cui bisognerà scegliere chi prendere e chi lasciar morire, la pubblicità televisiva continua, come da programmazione, a sciorinarci le immagini di soffici micetti e di festosi cagnolini ai quali, come dicono gli slogan delle varie industrie, bisogna assicurare un perfetto equilibrio energetico e ormonale. Questo è il capolinea di una società che ha scelto la morte e non la vita, che ha scelto le cose e non le persone, che ha scelto la scienza e non Dio. E la cosa più triste, in tutto questo sfacelo, morale e materiale, è vedere i cosiddetti pastori del gregge di Cristo che si affannano a mostra re che loro sono seguaci della scienza più di chiunque altro, e che trovano più che giusto abolire la santa Messa e cacciare i fedeli fuori dalle chiese, perché così dicono i "tecnici", anche se così non parlavamo i vescovi e i parroci fino a qualche tempo fa, anzi, le epidemie erano proprio le occasioni per affollarsi in chiesa e chiedere l’aiuto divino.

I nostri nonni, comunque, non si limitavamo a parlare dei castighi: li davano. La loro pedagogia non era ancora paralizzata dal terrore di causare traumi ai bambini; al contrario, erano convinti che una buona lezione, quando è giustificata, resta impressa per tutta la vita, e ciò nell’interesse del bambino. I sacerdoti, da parte loro, non si facevano complessi a dire che Dio distrusse Sodoma e Gomorra per castigare l’abominevole peccato dei loro abitanti; né che il diluvio universale fu mandato da Dio per punire gli uomini della loro malvagità. Questi concetti erano familiari a qualsiasi bambino di otto anni che si preparava alla Prima Comunione: facevano parte del catechismo, così come facevano parte del Magistero. La Chiesa insegnava, come ha sempre insegnato, che c’è un premio per buoni e un castigo per i malvagi: e che, una volta emesso il giudizio di Dio, quel premio e quel castigo sono eterni. Ma poi è arrivata la Nouvelle Théologie di De Lubac, e dopo è arrivata la svolta antropologica di Rahner; e poi è stato letteralmente un diluvio di buonismo e di misericordismo. Proibito parlare di castighi, quella pedagogia della paura, proibito ricordare agli uomini che il peccato ha delle conseguenze, e che senza sincero pentimento e senza proponimento di non peccare più, il perdono di Dio non arriva. E come potrebbe? Quando mai il Magistero insegna che Dio salva gli uomini anche se non vogliono essere salvati? In quale pagina del Vangelo Gesù esprimere un concetto simile? Al contrario, non ha forse detto: chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo; ma chi non crederà, sarà condannato? C’è scritto proprio così nel Vangelo, nero su bianco: anche se a quel tempo non c’erano i registratori. E allora è evidente che la chiesa uscita dal Vaticano II non è più la Chiesa cattolica; che la dottrina formulata dopo la Nostra aetate, la Dignitatsis humanae e la Gaudium et spes non è più la dottrina cattolica; e che il clero che predica la misericordia anche senza il pentimento, che giustifica la sodomia, che chiude un occhio sul divorzio e sull’aborto, non è più il clero cattolico. La finzione prosegue, ma solo per dare ai gonzi l’illusione che tutto sia rimasto come prima. Di fatto, vi è stata una sostituzione di religione, di fede e di dottrina: al posto del cattolicesimo, il modernismo anticattolico; al posto del Magistero perenne, la teologia di Rahner, di Turoldo, di Kasper, di Sosa, di Bianchi; al posto di Gesù che s’incarna, muore e risorge per amore degli uomini, e che continua ad essere presente in mezzo a loro mediante il sacramento dell’Eucarestia, una vago culto umanitario e pacifista, ecologista e ambientalista, ove tutti gli uomini sono fratelli perché così vogliono ragioni meramente umane, e tutte le religioni sono buone purché non si pestino i piedi l’una con l’altra. Un gigantesco inganno, un atroce tradimento sono stati consumati ai danni dei cattolici: ma bisogna anche dire che questi ultimi ci hanno messo tutto il loro conformismo, la loro pusillanimità e la loro accidia. Hanno fatto come le tre scimmiette che non vedono, non sentono e non parlano. I segnali dell’inganno e del tradimento c’erano, eccome e negli ultimi tempi sono divenuti addirittura assordanti; ma non li hanno voluti vedere, per pigrizia e quieto vivere. La pastorale della misericordia a tutti i costi ha infettato anche il cuore stesso della dottrina. Non si capisce più perché Dio è morto sulla croce. Per prendere su di sé il peso dei nostri peccati? Impossibile: se così fosse, il Padre sarebbe uno di quei padri che ricorrono ai castighi; inoltre sarebbe stato tremendamente ingiusto con il Figlio. E infatti Bergoglio l’ha detto: Dio è stato ingiusto verso suo Figlio. Che altro ci toccava di sentire, dopo quest’ultima bestemmia? Arrivati a questo punto, il cristianesimo è finito: Gesù è morto per sbaglio; non c’era niente da redimere; Dio perdona sempre; non ci sarà il Giudizio, ma tutti verranno abbracciati dal Padre (anche questo, Bergoglio lo ha detto, o meglio lo ha messo per iscritto nel suo ultimo libro). Resta da capire a cosa serva, a questo punto, il Vangelo; che cosa Gesù sia venuto a fare sulla terra; e per quale ragione dovremmo darci la pena di essere suoi seguaci, visto che, secondo le sue stesse parole (ma non secondo quelle di Bergoglio e di tutti i teologi modernisti che oggi spadroneggiano da tutti i pulpiti e da tutte le riviste ex cattoliche, cominciando da La civiltà cattolica e proseguendo con L’Avvenire e Famiglia cristiana) ciò significa essere odiati e perseguitati dal mondo.

E dunque: il castigo, alla fine, è arrivato. Il castigo per tutte le aberrazioni che gli uomini moderni hanno consumato, fino alla più atroce di tutte: l’inversione dei valori, il bene calunniato come male, e il male celebrato e sbandierato come bene. Queste cose, nella Bibbia, sono scritte con molta chiarezza: il castigo del diluvio; il castigo della Torre di Babele rimasta incompiuta, e della dispersione dei popoli; il castigo di Sodoma; il castigo, soprattutto, di Adamo ed Eva, dopo il Peccato originale; infine il libro dell‘Apocalisse e lo scenario impressionante degli ultimi tempi, dell’ultima battaglia e del Giudizio finale, termine ultimo della storia umana e di ogni altra realtà terrena. E i preti le insegnavano, così come i nonni insegnavano che alla colpa segue la punizione, e che se qualcuno sfugge alla meritata punizione degli uomini, nessuno però sfugge al castigo di Dio: se non in questa vita, in quell’altra, che è la vita eterna. Poi, però, appunto dopo il tanto decantato Concilio, si è smesso di parlare in questi termini; e gli uomini hanno smesso, in pratica, di credere a Dio, rivolgendo la loro fede alla scienza e alla tecnica. Come si vede in questi giorni, giorni di epidemia e di terrore collettivo: con le chiese abbandonate, le Messe abolite e tutta la speranza rivolta verso i "tecnici", ossia i ricercatori scientifici e il personale sanitario (che merita, ovviamente, tutti gli elogi, ma nell’ambito che gli è proprio, quello dell’ordine naturale). Che ormai i teologi stessi avessero abbandonato, come un vestito vecchio e impresentabile, il concetto dei premi e dei castighi, lo si era capito già da qualche anno. Qualche anno fa, padre Giovanni Cavalcoli, un insigne teologo domenicano, era stato rimproverato e punito dai suoi superiori per aver detto una cosa perfettamente coerente con la dottrina cattolica di sempre: che certe calamità naturali, come i terremoti, possono essere anche una manifestazione del castigo divino. Questa trasformazione concettuale, naturalmente, era partita dalla società laica. Ricordate la levata di scudi contro quei pochissimi che, all’epoca dell’esplosione dell’AIDS, osavano dire che forse, dopotutto, lo stile di vita promiscuo dei drogati omosessuali americani, con centinaia di rapporti anali non protetti e di siringhe scambiate fra da più persone, era la causa di quell’epidemia che, comunque la si voglia chiamare, aveva e ha il sapore di una castigo per chi vive in maniera disordinata e senza timor di Dio? Naturalmente, subito si erano levate le voci indignate, amplificate al massimo dai media, di quanti conducevano una vita normalissima, infermiere, madri e padri di famiglia, rimasti infettati dal virus dell’AIDS a causa di una trasfusione, o comunque contagiati in maniera del tutto accidentale. Come al solito, si mettevano avanti le eccezioni per nascondere la regola. E forse perché la regola è talmente chiara, che la capirebbe anche un bambino: se vivi in un certo modo, ci saranno delle conseguenze, o sul piano fisico, o su quello morale, o su entrambi. Ma no: impossibile dire una cosa simile: sarebbe la stessa cosa che fare dello sciacallaggio! E infatti, anche stavolta con il Coronavirus, ecco che sono stati accusati di sciacallaggio quanti hanno osato dire la cosa più semplice e ovvia: che aver escluso dalla quarantena i bambini delle elementari di ritorno dalla Cina era stata una colossale idiozia, motivata dalla più idiota delle preoccupazioni: quella di non apparire "razzisti". E vi è qualcosa di realmente diabolico in una società che non solamente sbaglia, ma si ostina nei propri errori; e non solo si ostina in essi, ma si scaglia con rabbia, con odio, e perfino con azioni legali, contro i pochissimi che hanno il coraggio e l’onestà di dir le cose come stanno, e di chiamarle con il loro vero nome.

La nostra civiltà è giunta al tracollo. Gli uomini moderni hanno costruito un mondo alla rovescia, dove il vizio è stato elevato al rango di virtù, e la virtù denigrata come vizio. Per tornare all’ambito religioso: ricordate quel documento vaticano in cui si dice, a proposito del monachesimo contemplativo, che non è sano cercare il silenzio e la solitudine? Proprio così: l’espressione era questa: non è sano. Inversione dei valori. Se la preghiera, la penitenza e la meditazione dei monaci e delle monache non sono cose sane, allora che cosa è sano per la nostra società e per questa sedicente chiesa? L’odio verso la preghiera ha trovato ora modo di manifestarsi, ipocritamente, dietro la preoccupazione igienico-sanitaria; l’odio dei vescovi massoni, vogliamo dire, per i quali l’epidemia in atto è il tanto desiderato pretesto per far passare una nuova prassi e un nuovo tipo di cristianesimo: pregare non serve, Dio non interviene e non si lascia smuovere dalle invocazioni dei fedeli; forse è distratto, o forse non c’è addirittura. Gli uomini devono far da soli e rivolgersi a chi li può davvero aiutare, ossia la scienza. E le chiese, allora, che ci stanno a fare? A cosa servono? Ma è chiaro: a ospitare i poveri; a dar loro da mangiare da dormire; a servir loro il pranzo, la cena, la pizza, coi vescovi e i cardinali che si affaccendano dietro i fornelli, armati di mestolo e col grembiule da cuoco sopra l’abito da porporati. Logico, no? E a che altro servono vescovi e cardinali se non a scodellare la pastasciutta e a tagliare paternamente la pizza? Non ci sarà mica qualcuno che crede ancora che servano a condurre le anime verso Dio e ad aiutarle a santificare la propria vita?

Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Chad Greiter su Unsplash

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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