Cari compagni nel viaggio della vita
6 Marzo 2020Intuizioni e ispirazioni di bene
8 Marzo 2020In tutte le epoche di decadenza, di trapasso, di crisi (κρίσις=decisione), le dinamiche sociali, culturali e spirituali operano una vera e propria scrematura, una selezione drastica e inequivocabile, fra gli uomini e le donne di valore, veri, profondi, coerenti e coraggiosi, e la massa degli ometti e delle donnine che si adeguano prontamente, piegano la testa e fanno buon viso a cattivo gioco, pur di trovarsi dalla parte della maggioranza e non dover subire le rappresaglie del potere dominante, non solo quello economico e politico, ma anche quello socioculturale e, come oggi avviene nel caso della tragica crisi che investe la Chiesa cattolica, del potere religioso, pronto a lanciare i suoi fulmini contro quanti non assecondano le capriole e i tradimenti veri e propri della gerarchia nei confronti della vera fede e del vero Magistero. Noi stiamo vivendo appunto in uno di quei momenti di crisi e di trapasso. La sensazione, tuttavia, è che non si tratti solo della crisi di una civiltà, evento già di per sé drammatico — si pensi alle ripercussioni quasi apocalittiche della crisi della civiltà greco-romana — ma di qualcosa di assai più decisivo: della crisi dell’intera umanità. La civiltà occidentale moderna, infatti, ha informato di sé, nelle sue forme spirituali non meno che in quelle materiali, praticamente ogni società oggi esistente; non c’è tribù indigena, per quanto appartata, che non ne abbia risentito l’influsso: di conseguenza, la crisi, o meglio il tracollo rovinoso della civiltà occidentale moderna, sta diventando la crisi e il tracollo dell’intera umanità.
In momenti come questo si celebra il trionfo dei nani: dei piccoli e meschini uomini di stoppa, che non si fanno mai troppo male perché sono elastici, si piegano e si rialzano secondo il momento e secondo la bisogna; che riescono a rimanere sempre a galla, anche nelle tempeste più furiose, perché sono troppo vuoti e quindi troppo leggeri per andare a fondo; che non hanno problemi di coerenza, o di dignità personale, e tanto meno di etica, perché sono guidati esclusivamente dal principio della sopravvivenza e, ogni qualvolta ciò sia possibile, da quello del proprio tornaconto. Raramente ci rimettono qualcosa, e non accadere mai loro di pagare di persona per le proprie scelte: infatti non scelgono nulla, se non di accodarsi al gregge dei pecoroni, pronti a plaudire al più forte, al vincitore del momento. A seconda del vento e delle circostanze sono, di volta in volta, democratici e antidemocratici, fascisti e antifascisti, comunisti e anticomunisti, cattolici e anticattolici, nazionalisti e internazionalisti, sovranisti e globalisti; sono, inoltre, filo-americani come ieri erano filo-sovietici, e come domani saranno filo-islamisti. Per contrasto con la loro ridicola piccolezza, spiccano, in momenti del genere, gli altri: quei pochi che non si piegano, che non si adattano, che non si vendono, che non si rassegnano, che non alzano bandiera bianca. Quelli che vogliono lottare, anche se sanno che la battaglia, umanamente parlando, è già persa. Tuttavia vogliono battesi perché hanno dei principi, il primo dei quali è non tradire mai la verità; e hanno dei valori, il primo dei quali è difendere ciò che è buono, perché le prossime generazioni non si trovino a dover vivere all’inferno. Ma non è solo per la sproporzione con gli uomini-massa, che questi coraggiosi spiccano di due spanne al di sopra di tutti: la loro è anche una grandezza assoluta, non solo relativa. Sono persone che hanno fatto molta strada, che hanno consumato molte paia di scarpe, pieni di graffi per aver attraversato ampie distese spinose. Sono rimasti saldi e hanno conservato la lucidità e la speranza, quando gli altri li chiamavano pazzi, e scagliavano le pietre contro di essi; perfino gli amici volgevano loro le spalle, li rinnegavano e fingevano di non averli mai conosciuti. Non si sono arresi ai ricatti morali e intellettuali, ai rimproveri, alle minacce; non hanno vacillato quando il vento soffiava, fortissimo, nella direzione opposta a quella del loro cammino; non hanno dubitato della verità e della giustezza di quel che facevano, pur sapendo e constatando che nessuno li lodava, anzi, si erano coalizzati tutti per denigrarli, sminuirli, deprezzarli, calunniarli, metterli al bando. Perciò sono davvero dei giganti: e non c’è altro da dire.
Vivere al tempo dei nani, mentre il mondo intero sta crollando intorno a noi, comporta delle curiose deformazioni prospettiche. I nani giudicano ogni cosa secondo il loro punto di vista; perciò in un simile tempo vediamo esaltati oltre ogni merito e perfino oltre ogni buon senso dei personaggi che non valgono nulla, senza che il mondo della cultura faccia eccezione. Nani dell’economia, nani della politica, nani della letteratura, nani del cinema, nani della filosofia, nani dell’arte, nani della musica, nani della scienza e perfino nani dello sport: è il loro grande momento, non se lo lasciano scappare di certo. Il potere ha bisogno di loro per conservare un’apparenza di normalità alla vita sociale: vuole che la gente non si accorga che non esiste più economia, né politica, né letteratura, né cinema, né filosofia, né arte, né musica, né scienza e neppure sport, ma solo qualcosa che assomiglia vagamente, e solo se vista da lontano, a ciascuna di tali cose. Logico: il tempo dei nani è il tempo dei servi; e dove regna la servitù non ci può essere vera economia, perché i cosiddetti economisti sono solo i passivi esecutori d’un copione già scritto dalla grande finanza internazionale, e la loro unica, vera funzione è quella di convincere il popolo che è tutto normale, che può stare tranquillo, che i suoi risparmi sono in buone mani, che l’occupazione verrà difesa in ogni modo, che lavoratori e pensionati non si devono allarmare, che bisogna aver fiducia nel mercato, ecc. Inoltre non ci può essere vera politica, perché i politici sono solo chiamati ad avallare le decisioni già prese dai Padroni Universali, ancora e sempre i grandi finanzieri. Non ci può essere vera letteratura, né vero cinema, né vera filosofia, perché la gente non deve essere invogliata a pensare, ma solo ad avere l’illusione di pensare; né vera arte o vera musica, perché le gente non deve essere educata al bello, ma al brutto; né vera scienza, perché la gente non deve uscire dalla soffocante visione materialista e meccanicista che oggi domina incontrastata, né deve sospettare che forse, dopotutto, gli uomini non nascono a caso, né vivono e muoiono a caso, ma all’interno d’un progetto amorevole predisposto dall’infinita Sapienza divina. Questo sarebbe pericoloso per il potere. No, gli uomini devono pensare di sé il meno bene possibile: devono percepirsi come abitanti abusivi di un pianeta che stanno inquinando e ingombrando con la loro popolazione troppo numerosa e che perciò sarebbe una buona cosa se togliessero il disturbo e liberassero la natura della loro incomoda presenza; o almeno se lo facesse una bella fetta di loro, ad esempio i vecchi, che non servono a niente perché non lavorano più, non producono, spendono poco e per giunta vanno a votare, ma sono contrari ai cambiamenti e perciò rallentano, appunto, le strategie della globalizzazione. Non solo: è necessario che economisti, politici, scrittori, registi, filosofi ecc. si spendano attivamente per distruggere quel poco che resta di intelligenza, di creatività, di buon senso e di buon gusto nella popolazione, e aiutino così i Padroni Universali a farla sprofondare in uno stato di ebetudine che rende più facile manipolarla: cosa a cui già sta dando un formidabile contributo la tecnologia elettronica, resa accessibile a tutti, in qualsiasi momento, anche e soprattutto ai bambini e ai ragazzi più giovani, in modo che la loro mente resti bloccata in una fase infantile e non evolva mai assumendo le caratteristiche del pensiero adulto.
Qualcuno obietterà che il quadro qui delineato è troppo vasto, troppo ardito, troppo oscuro; che si tratta, alla fine, di mere speculazioni ipoetiche, insomma di complottismo campato per aria, o quasi. Eh già, complottismo: la parola stessa contiene in sé un anatema; se si è complottisti, non si ha il diritto di venir presi sul serio. Il che fa capire fino a che punto i Padroni Universali sono già padroni anche del discorso, cioè del linguaggio, e di conseguenza anche dei modi di pensare: essi hanno già caricato le parole-chiave di significati positivi o negativi, secondo i loro fini e a livello puramente emozionale (qualcuno direbbe secondo la natura del cervello rettiliano) e non in base a ragionamenti e dimostrazioni razionali. Dunque, a parte il fatto che complottismo non è, o meglio non dovrebbe essere una parolaccia, anzi non dovrebbe accadere che parlar di complotti significhi eo ipso sognare complotti inesistenti, il fatto è che il complotto mondiale esiste, eccome, però la sua esistenza appare solo se si collegano una quantità di fatti che, considerati come se fossero a sé stanti, assumono un tutt’altro significato. In altre parole: la genialità del complotto consiste appunto nella sua smisurata vastità, ossia nel fatto di essere mondiale; sicché riuscire a vederlo significa estendere la nostra visuale a trecentosessanta gradi, cosa cui non siamo abituati. Eppure, si rifletta che gli stessi signori i quali non cessano di magnificare la bontà della globalizzazione, a livello economico, sociale, politico, giuridico, culturale, etnico, sostenendo che ormai non esiste processo umano che possa rimanere isolato e che non debba acquistare dei riflessi mondiali, quando poi si passa a questo argomento, ossia l’esistenza di un complotto planetario per assicurare a una ristrettissima élite occulta il controllo delle risorse e delle ricchezze, improvvisamente diventano cauti, diffidenti, se non decisamente ostili all’idea che esistano dei fenomeni di portata così ampia da abbracciare il mondo intero. Allora, e solo allora, diventano dubbiosi, per non dire aprioristicamente scettici: si mettono a sorridere e accusano colui che formula una tale ipotesi di essere un visionario, un esaltato, un paranoico che ha perso il senso della realtà. Strano, vero? Una malattia, come il coronavirus, può benissimo varcare le frontiere e mostrare quale sia, a livello medico e sanitario, il volto inquietante della globalizzazione; ma se appena si accenna che quel virus potrebbe anche non circolare per caso, potrebbe anche essere l’effetto di un vero e proprio attacco batteriologico studiato ed attuato in maniera intenzionale da quelli che dispongono di simili strumenti, ecco che la globalizzazione, interpretata in questi termini, diventa qualcosa di fantasioso, d’improbabile, d’inverosimile.
Al tempo dei nani, i giganti passano inosservati, oppure vengono notati, sì, ma solo in termini estremamente negativi. Sono quelli che fanno opposizione ai mutamenti benefici, sono quelli che remano contro, e magari sono pure quelli che mostrano durezza di cuore, egoismo e mancanza di carità, ad esempio perché sono contrari all’invasione islamica dell’Europa spacciata per emergenza umanitaria, e criticano la polizia greca che respinge i "poveri profughi" che il criminale Erdogan scarica a migliaia e a milioni ai suoi confini, per esercitare un ricatto sempre più esplicito e banditesco sull’Europa. Ed ecco che al tempo dei nani i libri più venditi in libreria sono quelli di scrittori senza talento, ma che predicano il verbo del Pensiero Unico buonista, migrazionista e, naturalmente, omosessualista; e le conferenze più affollate sono quelle degli opinionisti, dei sociologi e dei tuttologi i quali ripetono gli stessi concetti, dieci, cento, mille volte, sino allo sfinimento; e i film più visti, i dischi più venduti, i programmi televisivi più seguiti sono quelli che fanno altrettanto, col sostegno di tutto l’apparato mediatico e con la benedizione delle istituzioni laiche e religiose. Nel caso specifico della Chiesa cattolica, o piuttosto dovremmo dire della ex chiesa cattolica, ad essere nel mirino dei cani da guardia del sistema totalitario in cui viviamo sono i sacerdoti coraggiosi che dicono la santa Messa nonostante le intimazioni e le proibizioni dei solerti prefetti (i quali non chiudono, però, quei moderni templi pagani che sono i centri commerciali, ove migliaia di persone si affollano, si sfiorano, si toccano tutto il giorno, e non per tre quarti d’ora, come alla santa Messa, e dove centinaia di bambini corrono, giocano e si strusciano anche sui pavimenti). Siamo arrivati all’assurdo di vedere dei sindaci i quali, informati del fatto che un certo parroco si ostina a celebrare il Sacrificio eucaristico, o addirittura le esequie dei defunti, e accompagna questi ultimi fino al cimitero, segnala la cosa all’Arma dei Carabinieri, affinché il reo riceva la doverosa punizione, visto che non ha ascoltato le raccomandazioni del prefetto (e del vescovo). Ecco un bell’esempio di come i nani perseguitano indisturbati i giganti. In tempi come questi, sono i nani a stabilire il bene e il male, il giusto e l’ingiusto, il lecito e l’illecito. In tempi come questi, san Francesco verrebbe messo in prigione, oltre che in quarantena: quel san Francesco che abbracciava il lebbroso, lo curava, lo assisteva: pensa un po’ che razza d’incosciente! E non si preoccupava che, così facendo, avrebbe potuto diffondere la lebbra dappertutto, oltre che prendersela lui stesso. E a madre Teresa di Calcutta, che cosa le farebbero i nani, di questi tempi? Quale multa colossale, quale condanna alla prigione le infliggerebbero, per l’orribile misfatto di andare per le strade a raccogliere i morenti di qualsiasi malattia? E pensare che non rispettava neanche l’ordinanza che prescrive di tenersi ad almeno un metro di distanza dal prossimo; così come non la rispettano, anche ai nostri giorni, le suore missionarie della Carità! In compenso, se qualcuno si permette di osservare che è quantomeno un’imprudenza lasciar sbarcare, e poi andare in giro per tutta l’Italia, migliaia e migliaia di clandestini ai quali non è stato fatto alcun esame medico e dei quali si ignora tutto, perfino le generalità, ecco che i virtuosi e i misericordiosi saltano su indignati, si stracciano le vesti e iniziano a tuonare contro gli xenofobi, i razzisti e i fascisti… Tale è la vita al tempo dei nani. Peccato che Dio sia un Gigante, e che pensi e ami da gigante, non da nano.
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