I demoni vestono come noi
28 Febbraio 2020Come è iniziata la deriva apostatica della Chiesa?
29 Febbraio 2020Sono più di cinquant’anni che si discute se il Concilio Vaticano II sia stato o no una rottura nella storia della Chiesa, e sopratutto nella sua dottrina, oltre che nella sua liturgia. Di esso vengono date due letture pressoché antitetiche: per gli uni, la grande maggioranza, è stato quanto di meglio si poteva sperare affinché la Chiesa si mettesse in sintonia con il mondo moderno; per gi altri, una esigua minoranza, è stato una rivoluzione che ha causato l’abbandono della vera religione cattolica e l’instaurazione di una nuova religione facente perno non più su Dio, ma sull’uomo. Se questi ultimi hanno ragione, allora la Chiesa visibile — non quella invisibile, che appartiene sempre a Dio — è caduta in preda agli eretici e agli apostati: situazione assolutamente inedita, perché, se la storia della Chiesa è costellata dal sorgere e dal tramontare di svariate eresie, mai era successo che il vertice di essa, e la maggior parte del clero e dei fedeli, aderissero a posizioni ereticali: ma sempre, al contrario, il papa, i cardinali e la maggior parte dei vescovi e del popolo cattolico erano rimasti fedeli alla vera dottrina, quella di sempre, e solo delle minoranze più o meno esigue si erano staccate per sostenere una loro pretesa verità.
D’altra parte, la situazione è resa ancor più complessa dall’ipocrisia e dal machiavellismo della maggioranza, divisa fra la tentazione di proclamare ad alta voce, con orgoglio e fierezza, che sì, il Concilio, opera sua, è stato una benefica, salutare rottura, e la consapevolezza che, per realizzare il delitto perfetto, bisogna invece tenere un profilo basso, fare finta che tutto sia rimasto, se non come prima, quasi come prima: che la sostanza della dottrina sia sempre quella, che nessun cambiamento teologico vi sia stato introdotto, ma solo degli aggiornamenti liturgici e pastorali. Infatti questa maggioranza, che si è gradualmente insediata in tutti i gangli vitali della Chiesa visibile, usufruisce dei beni materiali e delle posizioni di prestigio e di rendita ereditate dai padri, frutto delle offerte e delle pie donazioni di generazioni e generazioni di credenti, oltre che dei contributi versati dallo Stato italiano a partire dalla composizione del conflitto fra i due poteri, con la firma dei Patti Lateranensi del 1929, ossia con il Concordato che poi è stato aggiornato e rivisto nel 1984. Se i progressisti ammettessero che sì, vi è stata una rottura, allora risulterebbe evidente, anche da un punto di vista giuridico, che essi hanno operato una vera e propria appropriazione indebita, amministrando dei beni e delle ricchezze che erano stati donati con altra intenzione e destinati ad altro uso. Per fare solo un esempio: che direbbero le pie famiglie di tre o quattro generazioni fa, se sapessero che le loro offerte alla Chiesa vengono adesso utilizzate per sostenere iniziative pro LGBT, per perorare la causa dei preti sposati e dei preti gay, per aprire le porte al sacerdozio femminile, per operare un condono generale alla pratica dell’aborto e per consentire la santa Comunione ai divorziati risposati? Oppure perché i "missionari" odierni, invece di predicare il Vangelo e battezzare i pagani nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, si fanno convertire da essi e arrivano al punto di introdurre, con la connivenza e la complicità del papa, o del signore vestito di bianco che tutti chiamano papa, degli idoli pagani nelle più venerate chiese cristiane, e far cantare ai fedeli, nelle nostre parrocchie e nelle nostre chiese, delle invocazioni a divinità pagane, al posto del culto dovuto al solo e unico Duo, come prescrive il primo e più importante di Dieci Comandamenti? Non crediamo di dire qualcosa di gratuito affermando che essi seguirebbero con orrore e raccapriccio tali sviluppi; che avrebbero subito chiara la risposta all’oziosa domanda se il Concilio sia stato o no una rottura nella storia della Chiesa e del suo Magistero perenne; che non si riconoscerebbero affatto nelle parole, nei gesti e nelle volute omissioni di personaggi come Bergoglio, Bassetti, Paglia, Galantino, Bianchi; che fremerebbero d’indignazione e uscirebbero dalla chiesa quando don Scordato presenta una coppia lesbica sull’altare, festosamente, durante la santa Messa; o don Olivero si rifiuta di far recitare il Credo ai fedeli, dicendo che lui non ci crede; o don Biancalani appende cartelli che intimano ai "razzisti" di star lontani dalla chiesa, e conclude la sacra liturgia cantando Bella ciao; o don Farinella sospende la santa Mesa di Natale per mostrare solidarietà verso i migranti. Diremo di più: i nostri nonni intenterebbero una causa contro quei parroci, quei vescovi, quella Santa Sede che gestiscono il denaro della Chiesa come se fosse loro, per dei fini che non hanno più niente a che fare con la vera Chiesa cattolica; si rivolgerebbero a degli avvocati e trascinerebbero tutti costoro in tribunale, accusandoli sia di appropriazione indebita, sia di millantato credito, perché si fingono preti, vescovi e cardinali, mentre non lo sono affatto: sono degli apostati, dei traditori e dei nemici della vera fede, degli avventurieri spregiudicati che hanno occupato la Chiesa visibile con l’inganno e con la forza e che usurpano delle posizioni che non sono degni di occupare, dando immenso scandalo alle anime. Infine pretenderebbero, oltre alla restituzione del maltolto, cominciando dagli stipendi illecitamente percepiti dai sacerdoti e dai monsignori apostati, la riparazione dei danni morali inflitti a tutti i credenti, danni veramente incalcolabili perché di natura spirituale, e chiederebbero il pagamento di una somma di miliardi di euro quale risarcimento per tutta la sofferenza, l’amarezza e l’angoscia che hanno inflitto ai buoni cattolici con il loro indegno comportamento e con la deliberata e maligna falsificazione della vera dottrina di Gesù Cristo.
Ad ogni modo, e lasciando agli eruditi le discussioni teoriche, pensiamo che esista un modo infallibile, e molto semplice, per avere la risposta alla domanda che abbiamo posto all’inizio, se il Concilio sia stato o no una rottura e, pertanto, se l’attuale chiesa "conciliare" sia la vera e legittima continuatrice della Chiesa cattolica perenne o se sia una sua brutta falsificazione, una contraffazione operata in perfetta malafede per ingannare e traviare le anime. Si tratta di questo: osservare come reagiscono i preti e i vescovi "conciliari" quando si prova a discutere con loro, o semplicemente quando essi si trovano in presenza di cattolici che vogliono rimanere tali, che non approvano le novità introdotte e che manifestano affezione e attaccamento per il vecchio modo di essere della Chiesa, in particolare per la liturgia preconciliare e per la santa Messa tridentina. Crediamo che ciascuno di noi abbia fatto questa esperienza, e probabilmente non una volta sola. Allorché si trovano in presenza di questi buoni cattolici, anche al di fuori dell’ambito di spinose discussioni, anche solo nell’ambito della loro devozione quotidiana; allorché, per fare un esempio, uno di codesti preti modernisti vede delle pie donne che recano i fiori freschi per adornare l’altare della Madonna, o che si riuniscono per la recita quotidiana del Rosario, o che esprimono il desiderio di partecipare a un pellegrinaggio mariano, a Lourdes o a Fatima, ecco che costui salta su come se lo avesse morso una tarantola, e si mette a rimproverarle, a redarguirle, come se si fossero macchiate di chissà quali terribili misfatti, accusandole di essere delle nostalgiche del passato, chiuse nel loro egoismo di vecchie, incapaci di mettersi in comunione con la "chiesa di Francesco" (stranissima chiesa, perché mai si era udito che la chiesa sia di questo o di quel papa, ancorché legittimo, ma sempre e solo del nostro Signore Gesù Cristo). E se per caso una persona, anche una religiosa, si accosta alla santa Comunione porgendo la bocca aperta, si rifiuta di fargliela, pretendendo che la prenda in mano e se la porti alla bocca con le proprie mani: perché tale è la loro idea del dialogo, della misericordia e dell’amore al prossimo, concetti che hanno sempre sulle labbra nelle loro omelie e nei loro discorsi. E se mai vengono a sapere che qualche loro parrocchiano è solito frequentare la a Messa "antica", subito lo prendono in estrema antipatia, gli fanno il vuoto attorno, lo denigrano pubblicamente, lo accusano di essere fomentatore di divisioni e di non voler aprire il cuore alla dimensione dell’ascolto e dell’apertura verso il mondo, dimensione essenziale per la vita della Chiesa. Ebbene: da dove vengono tanta antipatia, tanto astio, diciamo pure tanto odio, nei confronti di anime che spesso sono semplici, come quelle tanto lodate e ammirate da Gesù Cristo, al punto che raccomandava a tutti di prenderle a modello per la propria vita di fede? Da dove, se non dalla cattiva coscienza di chi l’ha fatta veramente sporca; di chi non solo ha tradito la propria causa, ma vuol far sparire le tracce del delitto; di chi teme di essere sbugiardato e inchiodato alla gravità del tradimento consumato verso la cosa più sacra che esista, le fede ricevuta dai propri padri, e che avrebbe dovuto trasmettere, immacolata, ai propri figli e nipoti?
La storia delle tre sorelle Monzitta, sarde della provincia di Sassari, nubili, religiosissime, benefattrici della Chiesa, la cui anima è stata ferita a morte, come quella di tante altre persone, dalle pessime novità introdotte nella religione cattolica dal Concilio Vaticano II e soprattutto dallo stravolgimento liturgico di Paolo VI, concretamente attuato dal massone arcivescovo Bugnini, che con incredibile spudoratezza è stato fatto passare per una "riforma", è simile a quella di tanti altri buoni cattolici e la pena di essere ricordata per chiarire meglio il concetto che stiamo illustrando.
Riportiamo questa pagina dal libro di Cristina Siccardi Nel nome della verità. Monsignor Marcel Lefebvre (SugarCo, 2010, p. 281), che è stata ripresa da diversi siti cattolici, fra i quali il seguente https://www.radiospada.org/2019/02/il-martirio-della-tradizione-la-storia-delle-sorelle-monzitta/ :
La loro storia è simile a tante altre, nelle umiliazioni come nelle sofferenze causate dalla selvaggia e feroce applicazione delle riforme liturgiche. Il repentino passaggio da un rito immemorabile, e anche per questo amato, ad un rito nuovo fin da subito sentito come freddo, estraneo, e rivoluzionario e presentato ed imposto in contrapposizione all’altro scandalizzò e sconvolse l’esistenza anche di queste tre pie donne. Le quali si ritrovarono anch’esse, nella nuova liturgia, come un pesce fuor d’acqua. E se fino al giorno prima levarsi presto per andare a messa era una gioia, divenne subito una tragedia. Esse provavano nella messa nuova una sofferenza mai provata prima, neppure per la morte dei genitori. Riuscirono a "sopravvivere" in queste condizioni per qualche tempo, ma alla fine una scelta si imponeva: andare a messa e tornarne ogni volta sempre più depresse e distrutte, spiritualmente spossate, oppure restarsene a casa. Non avendo la vocazione al martirio queste tre sorelle decisero, con profondo dolore, di non metter più piede in quella chiesa dove erano state battezzate. Continuarono a levarsi presto lo stesso, e a "supplire" la partecipazione alla messa, con il desiderio di esservi e altre pratiche di pietà. Pensavano che una tale pazzia dei preti non poteva durare a lungo. Passarono così mesi ed anni.
Un giorno sentirono al telegiornale che il Papa aveva concesso un indulto per celebrare la messa antica (si tratta della Lettera "Quattuor abhinc annos" del 1984). Non capirono molto del servizio trasmesso al telegiornale e per cercare di comprendere qualcosa in più acquistarono qualche quotidiano. E capirono che la messa tanto amata poteva essere celebrata nuovamente. Si rivolsero subito al parroco , il quale rispose di non saperne nulla (e quando mai un parroco deve occuparsi di simili notizie!) consigliandole di rivolgersi alla curia diocesana. Queste tre arzille signorine non se lo lasciarono dire due volte e il giorno dopo chiusero la loro piccola bottega, presero l’autobus e si diressero ad Ozieri; andarono in curia e parlarono con un sacerdote che, sulle prime, le ricevette con gentilezza; quando però le sorelle comunicarono il motivo della loro presenza l’atteggiamento di quel sacerdote mutò repentinamente fino a sconfinare nella maleducazione e nell’offesa e tramutandosi in sprezzante arroganza. Non concesse loro neppure di finire di parlare; le rimproverò aspramente per la loro richiesta, dicendo loro che dovevano vergognarsi di aver chiesto una cosa simile!! E dopo averle invitate a confessarsi e a pentirsi, le mandò via in malo modo.
Queste tre sorelle, umiliate e ammutolite, uscirono dagli uffici della curia ed avendo ancora del tempo prima di prendere l’autobus si concessero una mesta passeggiata fermandosi di tanto in tanto davanti a qualche vetrina casa. Fu proprio davanti ad una di queste vetrine che vide il sacerdote che poco prima le aveva letteralmente cacciate dagli uffici della curia, ed evidentemente poco contento di ritrovarsi tra i piedi quelle povere donne le fece oggetto di scherno dicendo loro "ma tornatevene a casa vostra, ché fate meglio"! Le tre sorelle questa volta gli risposero per le rime ricordandogli che erano sulla pubblica via dalla quale lui non aveva né diritto né potere di cacciarle via come invece aveva fatto pocanzi dai locali della curia.
Il viaggio di ritorno a casa fu triste e silenzioso, scandito solo dai Paternostri e dalle Avemarie del rosario sussurrato su un’autobus semivuoto .
Con una tristezza maggiore, dovuta all’improvviso entusiasmo suscitato dalla notizia dell’indulto e all’altrettanto improvvisa negazione di esso da parte della curia diocesana, le tre sorelle continuarono la vita quasi claustrale che conducevano dal 1970, pregando in casa. ..
Fonte dell'immagine in evidenza: RAI