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I demoni vestono come noi

Chi ci ha seguito negli ultimi articoli che abbiamo dedicato al satanismo e ad altri gravissimi vizi che si consumano in Vaticano e tra le file del clero cattolico, con la copertura delle alte sfere della gerarchia ecclesiastica, e magari ci segue fin da molto prima, quando ci occupavamo, nelle nostre ricerche, di magia nera, stregoneria e demonologia, sia nei Paesi che consideriamo civili, sia presso popolazioni primitive, ancora viventi allo stato tribale, potrebbe aver maturato una erronea convinzione, che desideriamo correggere nella maniera più esplicita. La convinzione, cioè, che l’adorazione del Diavolo, la religione a lui ispirata e che lo celebra anche per mezzo di nefandi delitti, sia una forma di malvagità che riguarda le persone comuni solo fino a un certo punto, perché, se uno non è proprio così imprudente, o così sfortunato, da cacciarsi in situazioni equivoche o francamente pericolose, frequentando compagnie poco raccomandabili e accettando di farsi condurre ad assistere a dei riti a dir poco inquietanti, non gli accadrà mai di avere personalmente a che fare con simili situazioni, che restano perciò confinate, per quanto lo riguarda, fra le pagine di libri o riviste specializzate e sullo schermo di qualche raro documentario televisivo, magari mescolate a elementi fantastici in misura tale da non riuscire a distinguere se si tratta di realtà o di romanzi alla Dan Brown o di film alla Dario Argento. L’idea che il Male, con la lettera maiuscola, venga sempre dal di fuori, che si presenti solo in certe forme più o meno spettacolari, e soprattutto che non venga a disturbare se non delle anime elette, come san Pio da Pietrelcina o il santo Curato d’Ars, è gravemente fuorviante e potrebbe indurre molti ad abbassare la guardia in maniera assai pericolosa. La verità è che la strategia preferita dal Diavolo è, al contrario, quella di insinuarsi nelle pieghe della vita quotidiana, spesso servendosi di persone comuni, che vestono come noi e sembrano in tutto simili a noi; persone che sono già da lui possedute intimamente, non però, o non necessariamente, nel senso classico della possessione, ma anche solo nella forma indiretta, e tuttavia estremamente efficace, del dominio morale indiretto. Si tratta di persone che incontriamo ogni giorno, colleghi di lavoro, vicini di casa, negozianti o passanti che incrociamo per la via, perfetti sconosciuti coi quali ci capita di fare un tratto di strada sul medesimo mezzo pubblico, l’autobus o il treno o la metropolitana (cfr. il nostro articolo: Chi era quella donna sulla metropolitana dallo sguardo demoniaco?, pubblicato sul sito dell’Accademia Nuova Italia il 16/02/18). Persone fortissimamente impregnate di negatività, talmente malvagie da poter esercitare un influsso deleterio anche solo per mezzo dello sguardo; persone che vivono di astio, di rancore, di odio verso tutto e verso tutti, e che non si tolgono la vita solo perché trovano più appagante, o meno frustrante, dedicarsi interamente a rendere amara la vita degli altri, caricandoli, specie quelli coi quali hanno più spesso a che fare, del peso malefico di tutta la loro negatività, dei loro sentimento distruttivi, della loro invidia, gelosia, avversione, cui aggiungono, ogni volta che possono, parole calunniose, pessimi consigli dati in perfetta malafede, nefaste predizioni, minacce gravi, anche di morte, più o meno velate. Il tutto allo scopo di gettare in uno stato di sconforto, di terrore e di vera e propria dipendenza psicologica le loro vittime, in modo da legarle a sé con un vincolo patologico e piegarne la volontà, fino ad assoggettarle interamente alla propria.

I demoni vestono come noi è il titolo di un romanzo dimenticatissismo della dimenticata scrittrice Giana Anguissola (Piacenza, 14 gennaio 1906-Milano, 12 febbraio 1966), che alcuni ricordano ancora, al massimo, come autrice di romanzi educativi e morali per ragazzi, mentre la parte della sua produzione rivolta ad un pubblico adulto è stata letteralmente risucchiata come un rivo d’acqua su terreno carsico. Ne consigliamo la lettura: non sarà al livello dei Demoni di Dostoevskij, tuttavia in confronto a molti romanzi che vanno per la maggiore solo perché trasgressivi e perciò graditi alla critica progressista, mentre la Anguissola è saldamente legata ai valori perenni, fa senz’altro la sua figura. Ecco come lei stessa presenta il suo romanzo (Roma, Bocca Editori, 1955, p. 7):

Ho fatto oggetto d’attento studio la mia apparentemente semplice e pure, in realtà, difficilissima vita, e sono convinta d’avere incontrato alcune persone abitate e mosse da spiriti malefici, i quali traviano i deboli e combattono strenuamente, ferocemente quanto sottilmente, le nature angeliche. Queste persine così malamente possedute e perciò nefaste a sé poiché si perdono, e agli altri che vogliono perdere lusingandoli o facendoli soffrire se resistono, sono difficilmente battibili, anche se di frequente possono apparire rozze, elementari e con poteri limitati.

La loro presenza, quando volgevano l’attenzione distruttiva su di me e sui miei casi, l’avvertivo a distanza di chilometri se abitavano lontano, e diventava insostenibile se abitavano vicino a me o con me. Questo stato d’animo recettivo — perché lo spirito malefico per la sua natura superiore è fortemente irradiante — mi causava un disagio perenne, quasi la mia anima avvertisse nettamente, percettibilmente, la cattiva attenzione e intenzione a lei rivolta, uncinandola; disagio che sempre si tradusse in vere e proprie malattie. Materialmente la sottile abilità degli indemoniati mi causò danni rilevanti davanti ai quali non di rado credetti di soccombere.

Convinta che l’Arte debba essere un apporto rappresentativo alla conoscenza umana, ho voluto esprimere, dimostrare, costruire questa che fu la principale esperienza della mia vita, nel presente romanzo.

E infatti si tratta di un grosso romanzo, di quasi settecento pagine; si sente che ella vi ha trasfuso non una storia di pura fantasia, ma il riflesso di una esperienza realmente vissuta, e che molto l’ha fatta soffrire. Un’esperienza che lei stessa definisce, con la caratteristica sobrietà e col pudore di chi ha provato certe situazioni e non ne parla volentieri, se non per esorcizzare i propri fantasmi e, se possibile, per recare un aiuto al prossimo, mettendolo in guardia contro certi pericoli, la principale esperienza della sua vita. È certo inoltre, da come si esprime, che la Anguissola doveva essere una natura estremamente sensibile, e probabilmente addirittura una sensitiva, nel senso tecnico della parola: una di quelle nature che vedono e odono cose che agli altri sfuggono del tutto, perché possiedono un senso interno che la maggior parte delle persone non hanno — o, per parlare più propriamente, che hanno perduto nel corso del tempo. Le nature sensitive paiono attrarre le nature demoniache, per cui la situazione da lei descritta nel libro — un giovane geometra milanese, Mario, spinto verso il male dalla madre cinquantenne di un suo amico, la quale è asservita alle potenze malefiche, e che finisce per farlo cadere del tutto in suo potere nonostante l’intervento positivo di una ragazza, Pina, che potrebbe salvarlo, se lui lo volesse — riflette una dinamica frequente, allorché i due opposti tipi umani vengono a contatto. Allo stesso modo è evidente che la Anguissola/Mario deve aver sofferto doppiamente perché non è mai riuscita a elaborare delle strategie difensive, che pure esistono, anche sul piano propriamente tecnico, oltre che su quello spirituale, creandosi uno scudo protettivo; anzi ella deve aver moltiplicato involontariamente l’effetto delle energie negative inviatele contro da quelle persone malvagie, a causa della sua stessa paura e della sua angoscia. Solo così si spiega l’azione fisica a distanza da esse esercitata su di lei, ossia la loro capacità di provocarle autentici malesseri e delle vere e proprie malattie — fu afflitta, per molti anni, da un tumore al seno che manifestava la capacità di rigenerarsi dopo le cure – anche trovandosi a molti chilometri di distanza, uncinandole l’anima, per usare la sua espressione che ha un’eco dantesca (cfr. Inferno, canti XXI e XXII).

Bisogna distinguere, a questo proposito, le anime vampiresche dalle anime maligne. Le prime possono degenerare nelle seconde e fondere le due nature; però in origine si tratta di due condizioni psicologiche e morali diverse. Le anime vampiresche si nutrono del dolore e della sofferenza altrui per compensare la loro disperazione e offrirle, per così dire, un pasto sul quale affondare le zanne e gli artigli; le seconde provano piacere a fare il male per il male, forse all’inizio come risposta ad una loro angoscia, ma poi per il semplice gusto di farlo. Le prime, in teoria, possono ancora essere recuperate al bene, ma solo a certe condizioni, e in particolare se vengono affrontate da un’anima salda e spiritualmente integra, capace di aprire una breccia nella loro corazza e di risvegliare quel che di umano vi è ancora in esse, ad esempio facendo sgorgare finalmente le lacrime liberatorie per un antico dolore soffocato negli strati più profondi dell’essere e andato in putrefazione, infettando tutta la vita morale. Le seconde, essendosi votate deliberatamente al Male non sono più recuperabili con i mezzi ordinari: per esse si rende necessario un intervento straordinario, di solito per mezzo di un esorcismo, e non è detto che sia ancora possibile fare qualcosa per sottrarle al loro orribile destino. Delle anime vampiresche abbiamo parlato a suo tempo (cfr. l’articolo: Dobbiamo difenderci dai "vampiri psichici" con le armi della positività e della Grazia, pubblicato sul sito di Arianna Editrice il 24/07/2008 e su quello dell’Accademia Nuova Italia il 20/01/18), così come delle anime demoniache (Un grave problema teologico: ci sono anime perse?, pubblicato sul sito dell’Accademia Nuova Italia il 23/12/19). Ci rimane da dire qualcosa sulle anime sensibili, o addirittura sensitive, che entrano in contatto con quelle, e che vengono prese di mira dalla loro malvagità. Come abbiamo accennato, è possibile fare qualcosa di più che subire passivamente gli attacchi spirituali delle anime malvagie: prima di tutto con la preghiera e con l’aiuto della Grazia divina, poi anche con il ricorso a tecniche particolari, per creare attorno a sé uno schermo protettivo. Senza tali difese, la loro vita diventa un autentico inferno, specie se l’anima che le aggredisce vive sotto lo stesso tetto ed è, magari, un parente o un congiunto. È probabile, anche se non abbiamo elementi sufficienti per affermarlo con sicurezza, che la veggente Maria Valtorta abbia vissuto un simile calvario da parte della sua stessa madre, che per tutta la vita si è dimostrata sua acerrima e incomprensibile nemica, facendo tutto quello che stava in lei per realizzare l’infelicità della figlia, già tanto provata dalla malattia e dalla sfortuna (fu costretta a letto per quasi tutta la sua vita, avendo subito una immotivata aggressione, per strada, da un giovinastro che le aveva sferrato un colpo terribile alla schiena, quand’era ragazza). Noi abbiano conosciuto personalmente alcune di tali situazioni. In un caso, era la suocera di una signora romena, una persona molto cattiva e dotata, a quanto si diceva in paese, dei poteri di una strega, ad aver gettato il malocchio sulla nipote, una ragazza sana e sportiva, la quale incomprensibilmente, e senza che i medici la potessero aiutare in alcun modo, si vide costretta a letto e ridotta quasi all’immobilità, per ritrovare poi la salute e l’energia quando sua madre la condusse a un monastero e la fece sottoporre a un esorcismo da parte di un sacerdote ortodosso. Così pure siamo a conoscenza della morte improvvisa e apparentemente inspiegabile di un giovane africano immigrato in Italia, dove si era creato una posizione invidiabile; i suoi familiari erano certi che fosse stato colpito da una fattura di morte commissionata dal fratello invidioso, rimasto al suo paese, a uno stregone esperto di magia nera. Lasciamo che i signori del C.I.C.A.P. sorridano con sufficienza di queste cose; lasciamo agli scettici di professione il loro senso di superiorità: noi sappiamo che tali cose esistono, anche se non sono scientificamente spiegabili — non dalla nostra scienza, in ogni caso. Il Nuovo Testamento del resto è pieno di episodi di liberazione delle persone cadute sotto il potere del Maligno. È deplorevole il fatto che molti cattolici, oggi, leggano quelle pagine con una mentalità non cattolica, cioè partendo dal presupposto che si tratta di racconti allegorici o di tecniche di liberazione che Gesù e i suoi Apostoli usavano, indipendentemente dalla reale presenza del Male in quelle povere anime. Col loro scetticismo, si precludono la comprensione di una realtà della quale bisogna invece essere pienamente consapevoli, proprio per potersene difendere.

Un’ultima cosa; o meglio, una calda raccomandazione. Sconsigliamo vivamente a chiunque di avvicinarsi per ozioso passatempo al mistero del Male, comprese delle pratiche in apparenza lontane da esso, come le sedute spiritiche. Non si scherza con certe cose; vi sono porte che devono restare chiuse. E non solo bisogna evitare certe situazioni; bisogna anche vivere una vita pura, o sforzarsi di farlo, perché il Male riesce ad uncinarci sfruttando le nostre debolezze; pregare molto e accostarsi regolarmente ai Sacramenti. Bisogna tener sempre a mente l’ammonimento di san Pietro (1 Pt. 5, 8):  Siate temperanti, vigilate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare. L’anima che confida in Dio trova sempre in Lui un sicuro rifugio. Il Nemico però sta sempre in agguato: non desiste mai, spia ogni occasione favorevole. Lui fa il suo mestiere; siamo noi che ci siamo scordati di fare il nostro. Un ricordo personale: una notte, allungando al buio la mano per accendere la lampadina, le nostre dita incontrarono un qualcosa di estraneo, di irto e scaglioso, che ci fece correre un brivido lungo la schiena. Pregare e vigilare: questa è la vera difesa…

Fonte dell'immagine in evidenza: Photo by Wallace Chuck from Pexels

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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