L’odio del mondo è il segno della fedeltà a Dio
13 Febbraio 2020Operai nella vigna del Signore, o vignaioli omicidi
15 Febbraio 2020Se dovessimo sintetizzare in una brevissima formula l’essenza del problema spirituale e morale che attanaglia gli uomini moderni, senza esitare diremmo: la mancanza della pace interiore; l’agitazione, il turbamento, l’instabilità continua; una infelicità profonda che, spesso, non sa nemmeno riconoscersi come tale, e meno ancora saprebbe andare alla ricerca delle sue cause e dei possibili rimedi. La maggior parte degli uomini, nella società odierna, non sono felici, né sereni e in pace con se stessi. Sono combattuti al proprio interno; sono straziati da spinte, paure e desideri contrastanti. Come dice Gesù Cristo parlando alla folla per ribattere alle calunnie degli scribi (Mc 3,24-25): Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non può reggersi; se una casa è divisa in se stessa, quella casa non può reggersi.
Il primo di loro è stato Petrarca, con quel doppio uomo che è in me; con lui nasce un nuovo soggetto antropologico, sconosciuto sia alla civiltà cristiana che a quella greco-romana: l’uomo moderno, appunto, che vuole e non vuole, che fa una cosa pur odiandola e non fa quella che vorrebbe fare, perché non ne è capace. Una creatura malata, sofferente, dalla volontà fiacca e dai desideri indomabili e sempre proiettati un passo al di là di lui; un essere perennemente desiderante, come avrebbe detto Ariosto. Eppure, la pace è un bisogno primario; il desiderio di pace alberga in ogni cuore, anche nel cuore di quanti amano la guerra, la contesa, la sfida, il rischio e l’azzardo. Anche il soldato che ama il pericolo e combatte lontano da casa, ha nel cuore il desiderio di tornare a casa e rivedere i suoi cari; e l’alpinista che mette in gioco la sua vita per conquistare una vetta difficile, non sogna che di poter riabbracciare la moglie e i suoi figli; e il marinaio che viaggia su mari lontani per ragioni di commercio o per desiderio di scoperte e di avventure, la notte, mentre giace spossato dalla fatica e dalle febbri, sogna la sua casa, il suo giardino, i suoi genitori, i suoi amici. Tutte le persone normali aspirano alla pace; per non avere in fondo al cuore un tale desiderio bisogna essere al di fiori della comune umanità; bisogna essere simili ai a dei lupi feroci, a delle fiere che mai si adatteranno a una vita pacifica.
Tuttavia, se l’aspirazione profonda alla pace è un bisogno primario e universale, e qui naturalmente stiamo parlando della pace interiore e non della pace in senso politico e giuridico, il bene che essi cercano può consistere in due oggetti profondamente diversi: una è la pace che viene da Dio, l’altra è la pace che viene dal mondo. La pace che viene da Dio ha come presupposto il riconoscimento della Verità; e la Verità consiste nell’unico vero Dio, perché Dio è Somma Verità, oltre che Sommo Bene e Somma Giustizia, e nulla esiste di vero fuori di Lui o contro di Lui. Riconoscere, amare e adorare il solo vero Dio significa trovare la vera pace, perché nella Verità l’inquietudine dell’uomo si placa e si rasserena, trovando interamente appagato il suo desiderio e realizzando perfettamente la natura propria dell’uomo, che è un essere razionale: inquietum est cor nostrum donec requiescat in Te, Domine, il nostro cuore è inquieto finché non trova riposo in Te, o Dio, come dice perfettamente sant’Agostino nelle Confessioni.
Al contrario, la pace che viene dal mondo è una pace falsa e ingannevole, perché non poggia sul Verro, ma sulle brame e le passioni disordinate della natura carnale, e la carne non è mai capace di dare a se stessa riposo, ma dopo aver soddisfatto i suoi appetiti, subito ne alimenta di nuovi, ancora più smodati, in una spirale senza fine, come un cane che si morde la coda. E non si tratta solo degli appetiti della carne in senso stretto: anche la ricerca intellettuale del vero, ma non sorretta da una pura intenzione spirituale, che nulla brama se non il suo oggetto, generosa, disinteressata, trasparente e perciò tale da meritare l’aiuto della grazia divina, conduce alla falsa pace del mondo, cioè ad una falsa verità, nella quale il desiderio non si appaga se non in apparenza. Le menti orgogliose, che credono di aver sciolto il mistero della conoscenza con le loro sole forze, senza alcun timore di Dio, gloriandosi di ciò che possono fare da se stesse, non giungono al vero, ma scambiano le ombre e i fantasmi della loro mente alterata per oggetti reali, e, gonfie di superbia e di vanagloria, si sviano del tutto, smarrendo non solo la via della retta ragione, ma anche quella del semplice buon senso. Come dice san Paolo (Rm1,18-25):
^18^Infatti l’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell’ingiustizia, ^19^poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha manifestato a loro. ^20^Infatti le sue perfezioni invisibili, ossia la sua eterna potenza e divinità, vengono contemplate e comprese dalla creazione del mondo attraverso le opere da lui compiute. Essi dunque non hanno alcun motivo di scusa ^21^perché, pur avendo conosciuto Dio, non lo hanno glorificato né ringraziato come Dio, ma si sono perduti nei loro vani ragionamenti e la loro mente ottusa si è ottenebrata. ^22^Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti ^23^e hanno scambiato la gloria del Dio incorruttibile con un’immagine e una figura di uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili.
^24^Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro cuore, tanto da disonorare fra loro i propri corpi, ^25^perché hanno scambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno adorato e servito le creature anziché il Creatore, che è benedetto nei secoli. Amen.
Tutta o quasi tutte le filosofie moderne, che pretendono di giungere al vero senza Dio e, sovente, contro Dio, per dimostrare la sua inesistenza o per porre la fede in Lui ad un livello di verità inferiore a quello della sola ragione, come avviene nell’hegelismo, falliscono il loro scopo e si sviano sui sentieri della confusione, che conduce alla pazzia del falso sapere e delle numerose, ingannevoli verità, tutte in conflitto reciproco e tutte incapaci di fare un fondamento stabile alla vita dell’uomo. Le filosofie dell’esistenzialismo, ad esempio, ma anche quelle dell’idealismo, del pragmatismo e dell’utilitarismo, sembrano aver scordato la più semplice verità: che la conoscenza del reale non può mai essere sospesa nel vuoto, ma fa parte del bisogno di ordine e di pienezza che appartiene al nostro statuto ontologico delle creature razionali. Pertanto trovare il vero e trovare la pace sono una sola ed unica cosa; e chi non ha trovato la pace evidentemente non ha trovato neppure il vero, anche se riempie volumi e volumi di fumisterie d’ogni genere e di sofismi che solo una mente fuorviata può scambiare per retti ragionamenti. Del resto, ogni albero si riconosce dai suoi frutti: e quali frutti hanno portato agli uomini le filosofie della modernità? Hanno portato frutti buoni o frutti cattivi? Chiunque possieda una sia pur minima capacità di ragionare e giudicare le cose in maniera obiettiva è in grado di rispondere a questa domanda. I frutti buoni sono, per la loro stessa natura, quelli che recano l’appagamento della mente e la pace dell’anima, mentre i frutti cattivi generano sempre nuova inquietudine, angoscia, infelicità. E non si dica che anche questa è, a suo modo, una forma di utilitarismo, perché è solo una onesta constatazione dei fatti.
Rileggiamo ora le parole rivolte da Gesù ai dodici, anzi agli undici, al termine dell’Ultima Cena, dopo che Giuda Iscariota è uscito per compiere la sua sinistra opera e dopo che il divino Maestro ha predetto a san Pietro il suo imminente rinnegamento (Gv., 14, 1-31):
1 «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. 2 Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l’avrei detto. Io vado a prepararvi un posto; 3 quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io. 4 E del luogo dove io vado, voi conoscete la via».
5 Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?». 6 Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. 7 Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». 8 Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». 9 Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre? 10 Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere. 11 Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse.
12 In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre. 13 Qualunque cosa chiederete nel nome mio, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. 14 Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.
15 Se mi amate, osserverete i miei comandamenti. 16 Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre, 17 lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi. 18 Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi. 19 Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. 20 In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi. 21 Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».
22 Gli disse Giuda, non l’Iscariota: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?». 23 Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 24 Chi non mi ama non osserva le mie parole; la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
25 Queste cose vi ho detto quando ero ancora tra voi. 26 Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. 27 Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. 28 Avete udito che vi ho detto: Vado e tornerò a voi; se mi amaste, vi rallegrereste che io vado dal Padre, perché il Padre è più grande di me.29 Ve l’ho detto adesso, prima che avvenga, perché quando avverrà, voi crediate. 30 Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il principe del mondo; egli non ha nessun potere su di me, 31 ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato. Alzatevi, andiamo via di qui».
Ecco dunque la chiave per capire i termini del problema della verità: la Verità è Dio stesso, è il suo Spirito: quello lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce. Per giungere alla verità, bisogna rivolgersi a Dio; chi cerca la verità in altro mondo, non vi riuscirà, perché non ne vuole riconoscere la fonte e l’autore. A monte del conoscere, c’è il credere: la ragione non potrà mai trovare nulla di vero se pretende di esser lei stessa la misura e la sorgente del vero; c’è bisogno di un atto preliminare di umiltà della creatura nei confronti del suo Creatore. Altrimenti, come dice san Paolo, mentre si dichiaravano sapienti, gli uomini sono diventati stolti: e questo è, per lui, una questione di giustizia. Giusto è rispettare l’ordine gerarchico dell’universo; giusto è che la creatura si prostri ad adorare il Creatore; giusto è che l’intelligenza umana riconosca in Dio la sua sorgente e quindi il debito nei confronti di essa: giusto, infine, è che l’intelligenza si ponga al servizio di Dio, che essa ritorni a Colui dal quale è stata originata. Se gli uomini si rifiutano di fare questo, impazziscono; e mentre si ritengono sapienti e intelligenti, in realtà cadono nella stoltezza, e rimangono irretiti nei loro falsi ragionamenti. È contro questa degenerazione della retta ragione che Gesù in Persona mette in guardia, laddove esclama, esultando (Mt 11,25-27):
Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te. Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare.
Il problema dell’ateismo contemporaneo è tutto qui. L’intelligenza degli uomini, a un certo punto, si è ribellata contro Dio; non ha voluto riconoscere il suo debito; non ha voluto ammettere che da sola non può far nulla, ma anzi ha preteso di ricostruire il mondo facendosi misura di tutte le cose, come se il mondo fosse opera sua e perciò sostituendosi empiamente al suo Creatore. Anche il problema dell’infelicità degli uomini moderni è tutto qui. Abusando della loro libertà e pretendendo di far tutti da soli, si sono condannati all’infelicità con le loro stesse mani, perché la vera pace si trova solo nel vero e unico Dio, che dice: Vi lascio la pace, vi do la mia pace; ve la do, non come la dà il mondo…
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