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Dove si annidava il marcio? Nelle facoltà teologiche

C’è una domanda che non cessa di tornare nelle nostre menti, insistente, implacabile, perfino molesta: dove si annidava il marcio che ora vediamo irrompere sfacciatamente, sguaiatamente, con cachinni e sberleffi diabolici, nel cuore della nostra Chiesa? Perché da qualche parte doveva annidarsi, senza dubbio: da qualche parte, ma non troppo in vista; anzi, decisamente ben nascosto, visto che per tanto tempo non ci eravamo accorti di nulla, non avevamo sospettato nulla, eravamo lontanissimi dall’indovinare la verità: e cioè che la nostra Chiesa non era più nostra, se l’erano presa loro, gli agenti dell’Anticristo, i nemici del Vangelo, agendo con somma astuzia e penetrando nella cittadella, per così dire, in punta di piedi, tanto che le sentinelle non li avevano neppure visti, o se pure li avevamo visti non li avevamo riconosciuti. Ecco: questo è il punto. Avevano dovuto vederli, così come, in un secondo momento, senza dubbio li avevamo visti noi tutti; però né esse, né noi, siamo stati capaci di riconoscerli. Si può vedere una cosa, una persona, senza riconoscerle: e ciò accade quando sono molto ben travestite, quando hanno assunto le vesti di qualcos’altro o qualcun altro. Ebbene: il marcio si annidava – e si annida tuttora, sia ben chiaro – nelle facoltà teologiche. In fondo, è perfettamente logico: dai cattivi teologi, come Karl Rahner ed Hans Küng, l’infezione modernista si è diffusa nella Chiesa, prima, durante e dopo il Concilio Vaticano II. Da lì è venuto il nefando Nuovo Catechismo Olandese, da lì sono venute le idee eretiche della libertà religiosa, dell’ecumenismo, del dialogo interreligioso: e ora siamo arrivati alla parificazione di tutte le fedi (Abu Dhabi), alla piena riabilitazione di Lutero, alla negazione esplicita che ebrei o islamici si debbano convertire per giungere alla Verità, e infine all’intronizzazione di idoli pagani nella basilica di San Pietro, con la benedizione del papa (si fa per dire) e con la loro adorazione da parte dei vescovi e dei fedeli. Ma fedeli di chi, di che cosa, a questo punto? E noi non lo avevamo capito: noi laici, perlomeno; perché i sacerdoti lo sapevano benissimo, avendo studiato in quegli stessi seminari nei quali la vera dottrina cattolica veniva orribilmente adulterata e sfigurata, sino a piegarla a tutte le peggiori eresie del verbo modernista; sino a confezionare un nuovo Gesù Cristo, non più divino, e un nuovo Padre divino, anch’Egli assai vago e incerto -oh, ma pur sempre tanto, tanto misericordioso: al punto da non parlare più di peccato, per una forma di delicatezza, e da non chiedere la conversione degli uomini, pur assicurando il Paradiso a tutti quanti! -; talmente vago e incerto da poter essere tranquillamente affiancato, e in prospettiva sostituito, dalla Madre Terra. Perché tale è stato il significato della blasfema adorazione di Pachamama in Vaticano durante il cosiddetto Sinodo per l’Amazzonia; e diciamo "cosiddetto" perché un sinodo è l’assemblea dei vescovi: e che razza di vescovi sono quelli che si vantano di non aver mai battezzato una sola anima in quarant’anni di "missione", e aver anzi precisato che non lo faranno mai, come nel caso di monsignor Erwin Kräutler?

Dunque, i sacerdoti sapevano; i laici no, non sapevano. I laici prendevano atto che un prete dice in chiesa, durante la santa Messa: Non vi faccio recitare il Credo, perché tanto io non ci credo, ridacchiando del suo spiritosissimo gioco di parole; che un altro chiude la chiesa il giorno di Natale e si rifiuta di celebrare il Sacrificio Eucaristico, per rispetto dei poveri migranti che rischiano la vita sulle acque del Mediterraneo; che un altro ancora si mette a intonare la canzone dei partigiani comunisti Bella ciao, lasciando allibiti i fedeli; mentre un quarto appende sulla porta della chiesa un cartello con la scritta: Vietato l’ingresso ai razzisti, laddove per razzisti lui intende i cattolici che non sono incondizionatamente favorevoli all’accoglienza di qualsiasi tipo d’immigrati, compresi quelli che si mettono a spacciare droga mentre sono ospitati nella sua canonica, sotto la sua responsabilità (ma a spese nostre, ben s’intende). Ebbene: questo tipo di preti, boriosi, arroganti, spregiatori della vera dottrina cattolica, immersi nella politica fino al collo e del tutto dimentichi della dimensione spirituale, non sono venuti fuori dal nulla: vengono dai seminari e dalle facoltà cattoliche, si fa per dire, di teologia. E i loro professori di teologia sono quelli che li hanno fatti studiare sui libri di Karl Rahner, di Martin Heidegger, di Rudolf Bultmann, di Sigmund Freud (la psicanalisi non guasta mai, come afferma tranquillamente il signor Bergoglio), di Karl Marx, del non cattolico e apertamente eretico Enzo Bianchi (il che ne fa il beniamino del sedicente papa) e naturalmente di Hélder Câmara, nel nome del quale i vescovi sudamericani hanno stretto e giurato il loro "patto delle catacombe", un vero e proprio cavallo di Troia ideologico all’interno della Chiesa. Questi sono gli studi che hanno fatto. E nelle facoltà teologiche hanno anche imparato a riporre in soffitta san Tommaso d’Aquino, a disprezzare san Pio X e a guardare con commiserazione quei cattolici "tradizionalisti" che non capiscono, né sanno apprezzare le meraviglie del Concilio, così come non vanno in visibilio davanti ai prodigi di misericordia e di laicismo anticlericale del satrapo argentino che tiranneggia la Chiesa cattolica dal 13 marzo 2013 (ma che in sette anni di pontificato non ha mai sentito il desiderio, il piacere e il dovere di rendere omaggio, neanche una sola volta, alla sua terra natale, pur essendosi recato in Cile e in Perù: altra cosa un po’ strana, non è vero?; ma i giornalisti di regime sono pagati apposta per occultare le cose "strane").

Naturalmente, i sacerdoti sanno queste cose, per il semplice fatto che esse hanno fatto parte di quella che avrebbe dovuto essere la loro formazione culturale e spirituale; ma che ne abbiano anche compreso il vero significato e si siano accorti di quale abisso incommensurabile separi Rahner, Heidegger, Bultmann, Freud, dalla fede cattolica e dalla vera dottrina cattolica, è un altro paio di maniche. Per comprendere una cosa del genere, sarebbe stato necessario che potessero fare un confronto; ma un giovane di vent’anni, entrato in seminario negli ultimi decenni, un simile confronto non sarebbe in grado di farlo. Infatti, per sapere qual è il vero insegnamento della Chiesa, bisogna conoscerlo; e per conoscerlo ci sono solo due strade: o averlo vissuto, ma in questo caso bisogna avere oggi una settantina d’anni; oppure aver studiato direttamente il Magistero perenne, comprese le encicliche di Pio IX, Leone XIII, Pio X, Benedetto XV, Pio XI e Pio XII, vale a dire i documenti pontifici anteriori al Concilio Vaticano II: ma come fare, se nei seminari e nelle facoltà cattoliche di teologia, oggi, si insegnano solo i documenti del Concilio? Se si parla sempre e solo di Dignitatis humanae, di Nostra aetate, di Gaudium et Spes; insomma se si dà per scontato che la libertà religiosa, l’ecumenismo e il dialogo interreligioso siano le cose più belle che la Chiesa abbia mai prodotto in duemila anni d storia, e che tutto ciò che essa ha fatto prima del Concilio è solo la preistoria o, come dicono apertamente certi teologi e sacerdoti progressisti, è solo l’archeologia di una tradizione ormai totalmente superata e archiviata? Se ci si sente dire che documenti solenni come il Sillabo, o come la Pascendi, o come la scomunica ai massoni, In eminenti apostolatus, sono il frutto di errori storici, dovuti a una Chiesa arroccata a difesa, chiusa in se stessa, incapace di confrontarsi con il mondo moderno, col progresso, con la scienza e anche, perché no, col benessere? Infatti: nei sedici documenti prodotti dal logorroico Concilio (4 costituzioni, 9 decreti, 3 dichiarazioni), non una sola volta compare la parola massoneria, meno ancora si parla di scomunica ai massoni, sempre riaffermata dai pontefici precedenti. Del resto, non si parla più di scomunica nei confronti di nessuno: sono tutti amici, e abbasso i "profeti di sventura". Come dice il predicatore servita Ermes Ronchi, è ora di finirla colla pedagogia della paura. Strano, vero?, e al tempo stesso significativo; almeno per chi possieda un briciolo di spirito critico. E come potrebbe aver sviluppato lo spirito critico un giovane che sia stato sistematicamente indottrinato e che abbia subito, in seminario e sui banchi delle facoltà di teologia, un vero e proprio lavaggio del cervello? I futuri sacerdoti si son sentiti dire tutte queste bellissime cose per decine e centinaia di volte, proprio come gli studenti della scuola pubblica e dell’università si sentono dire e ripetere, da settant’anni a questa parte, che non c’è stata pagina più limpida e gloriosa nella nostra storia nazionale, della cosiddetta Resistenza; che non c’è stata pagina buia, sporca, vergognosa, quanto il fascismo; che solo la sinistra sa produrre cultura, pensiero, scienza, arte, mentre la destra va bene solo per gli energumeni senza cervello né senso morale, picchiatori di professione e somministratori di olio di ricino.

Abbiamo capito che il marcio si annida nell’insegnamento impartito ai preti dopo il Concilio, anche parlando con dei sacerdoti che ci hanno descritto il clima culturale dei seminari e delle facoltà di teologia. Un’ulteriore conferma ci viene dalla lettera accorata che scrive un sacerdote a commento del nostro articolo Il dramma e la speranza degli uomini consacrati. Un commento di Francesco Lamendola alla lettera aperta a Mons. Viganò, commento pubblicato il 6 febbraio scorso (su https://opportuneimportune.blogspot.com/), di cui riportiamo il nucleo centrale:

Sono un prete e sono un religioso, ho pochissime occasioni di scambiare idee su quanto sta avvenendo nella Chiesa all’interno della mia comunità perché, semplicemente, per gli altri non sta accadendo nulla di particolare, se non che ci sono vescovi e sacerdoti che si ribellano e disobbediscono per bloccare l’azione di pulizia e di conversione intrapresa dal "povero e incompreso" papa Francesco.

Devo confessare che io stesso, circa un anno fa, non capivo nulla. Non per cattiva fede, ma semplicemente per una formazione ricevuta che faceva leggere le cose in un certo modo. Vedevo tante contraddizioni, ma non sapevo darmene una ragione. La mia lettura dei fatti era errata. Vedevo schiere di nostalgici che volevano tornare alla tradizione semplicemente perché "disadattati", incapaci a reggere davanti alla modernità.

Ho fatto studi teologici negli anni Novanta del XX secolo. Ho sempre ringraziato il Signore per il dono della vocazione e per l’opportunità di studiare la sacra teologia. Ma sin dall’inizio mi sono accorto che gli unici testi magisteriali su cui si basava tutto, eccetto che nell’ambito degli studi storici, erano quelli del Concilio Vaticano II. A quel tempo non me ne facevo problema. Lo ritenevo giusto. La Chiesa aveva fatto passi avanti rispetto alla sua stagione preconciliare, tutta chiusa in difesa. Mi era stata instillata anche una fortissima avversione verso San Pio X, il cui regime, durante la lotta antimodernista, dal professore di Storia della Chiesa era stato paragonato a quello nazista. Eppure, da ragazzo, nella mia parrocchia avevo aderito per un po’ di tempo ad un gruppo (clandestino) di Alleanza Cattolica, movimento filo-lefebvriano in cui Pio X era presentato come un modello di vera santità.

Negli anni ho sentito accumularsi dubbi e domande. La mia stessa famiglia religiosa, nata per essere come Paolo — «in defensionem evangelii positus sum» –, ha tradito il carisma e la integra fede operosa del Fondatore. Anche da noi, come nella Chiesa del Concilio si vedono i frutti: sterilità vocazionale, semplice insignificanza, se non dannosità, dell’azione pastorale ufficiale. Restano qui e là persone fedeli che tengono vivo lo spirito, ma il resto… Ah, mi stavo dimenticando. Anche da noi si dà grande credito e peso teologico all’eretico di Bose.

In queste parole c’è tutto il dramma di una contro-formazione che predispone i futuri sacerdoti a non essere i pastori del gregge, ma i suoi peggiori nemici. E si noti che il danno ricevuto dagli studenti di teologia non consiste solo nei contenuti specifici, ma è di portata assai più ampia. Oltre ai contenuti, infatti, incompatibili con la dottrina e la morale cattolica, infatti, le opere di Rahner, di Heidegger, di Bultmann ecc, per non parlare della psicanalisi e del marxismo, riflettono la mentalità del mondo nel senso più precisamente giovanneo della parola: perciò, studiandole, i futuri sacerdoti non solo si convincono che quegli autori avevano ragione, e la Chiesa, che fio a tempi relativamente recenti li condannava o li guardava con sospetto, aveva torto marcio, ma imparano altresì a pensare come loro, a vedere le cose nella loro prospettiva, che è quella del mondo e non certo quella del Vangelo: cioè in una prospettiva materialista, razionalista, immanentista, storicista, antifinalista e intimamente irreligiosa. Nessuna meraviglia, quindi, che dopo un simile percorso di studi, dai seminari escano dei sacerdoti che non sono più cattolici: che non credono nel Credo, che ritengono la Messa essere cosa loro, che si sentono in diritto di concedersi qualunque bizzarria liturgica, che dubitano della divinità di Gesù Cristo, negano l’inferno e il giudizio, non vedono alcun senso nella sofferenza umana, non hanno compreso nulla del Mistero dell’Incarnazione, né di quello della Santissima Trinità: misteri, appunto, ma non illogici, non irrazionali, semplicemente assai più grandi della ragione mana! In altre parole, dei sacerdoti che non sono realmente dei sacerdoti, ma agenti più o meno consapevoli della dissoluzione della Chiesa e distruttori della fede delle pecorelle che dovrebbero custodire in essa, anche a prezzo della vota, se necessario. Altro che chitarrate, sciarpe arcobaleno e spettacoli rock e LGBT in chiesa: questo è il tremendo capolavoro del Diavolo.

Fonte dell'immagine in evidenza: RAI

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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