
Tutte le creature viventi vogliono essere felici
12 Gennaio 2020
L’errore di vivere totalmente calati nel presente
12 Gennaio 2020Una nuova figura sociale sta emergendo dal crepuscolo della civiltà illuminista, razionalista, utilitarista e irreligiosa odierna: il Progressista benintenzionato. È un vero flagello, potenzialmente pericolosissimo, proprio a causa delle sue buone intenzioni, perché, come dice sempre il nostro amico Ruggero, fa più danni un imbecille in buona fede e desideroso di non fare altro che il bene, che un malvagio intelligente; bisognerebbe difendersene con il DDT come in estate ci si difende dalle zanzare. A causa di questa nuova presenza, sempre pronta a fare ricorso ai rigori della legge (progressista) per far valere tutte le buone cause di questo mondo, laddove le sue argomentazioni razionali, o supposte tali, non sortiscono gli effetti desiderati, la vita di noi tutti si è arricchita di una nuova perla: l’insicurezza permanente su tutto ciò che diciamo e che facciamo, anche in privato, anche stando fra quattro amici al bar. Le orecchie del Progressista benintenzionato sono molto lunghe e ricettive, ad esse non sfugge nulla che non sia del tutto Politicamente corretto: ogni deviazione, ogni errore, ogni eresia rispetto al Pensiero Unico trionfante, viene annotata e messa da conto, per poi venire utilizzata come una clava contro i cittadini politicamente scorretti. O meglio, non contro di loro; contro le loro cattive tendenze, dalle quali il Progressista benintenzionato li vuol salvare ad ogni costo. In fondo, pur non credendo in Dio, si comporta come un esorcista in servizio perpetuo: suo compito e suo dovere è quello di scacciare i demoni del razzismo, del populismo, del sovranismo, della scarsa sensibilità ambientale ed ecologica, e restituire le anime, o meglio i cittadini, al servizio di una società matura, consapevole, pienamente allineata al Pensiero Unico, assurto al rango di suprema divinità della nuova religione mondialista.
Nella posta al direttore di un giornale locale, ieri, ci è capitato di leggere, col titolo in caratteri cubitali, l’indignazione di un Progressista benintenzionato che aveva "rubato" al volo un frammento di conversazione fra due amiche. Le signore parlavano di trasfusioni e una delle due diceva all’altra: Se mi volessero fare una trasfusione di sangue da un negro, io la rifiuterei. Da questa frase, da questo frammento di dialogo, il nostro Progressista benintenzionato ha ritratto cupe considerazioni sul destino della nostra società, ormai in balia dei demoni del razzismo, dopo aver subito per anni e anni, secondo lui, la cattiva seminagione dell’odio e dell’intolleranza. Il brav’uomo si chiedeva se avesse fatto bene a non intervenire o se non avrebbe dovuto piuttosto, per un senso di dovere civico, avanzare le sue rimostranze ed eventualmente sporgere denuncia all’autorità giudiziaria. E se il direttore del quotidiano cercava di gettare un po’ d’acqua fredda sui bollori etico-giustizialisti del Progressista benintenzionato, pur dandogli, nella sostanza, pienamente ragione (e vorrei vedere un po’ che così non fosse stato!), a noi, nel leggere quella lettera delirante e lo spazio esorbitante che le veniva dato, a preferenza di tutte le altre dedicate ai più svariati temi, si presentavano alla mente le immagini della Cambogia di Pol Pot, nella quale perfino i bambini di pochi anni venivano sobillati dal regime dei Khmer Rossi a denunciare i discorsi provati dei loro genitori, provocandone l’arresto immediato, sicché in tutte le famiglie regnava il terrore e nemmeno nell’intimità domestica, nemmeno nel momento più lieto della giornata, quello del pasto della famiglia riunita, gli adulti osavano lasciarsi scappare il più piccolo accenno, il più lieve sospiro dai quali trasparisse una qualche forma di critica verso il regine. Quel regime che attuò in soli quattro anni, dal 1975 al 1979, lo sterminio di un quinto del popolo cambogiano.
Un ritratto quasi perfetto del Progressista benintenzionato, nelle due versioni maschile e femminile, ossia marito e moglie, è stato tracciato dallo scrittore americano Jonathan Franzen nel suo romanzo Libertà, in cui descrive la vita di una coppia americana della middle class liberale, Walter e Patty, pieni, anzi infarciti di ottime convinzioni sul Bene Comune, l’ambiente, la protezione degli animali, lo smaltimento dei rifiuti e così via, e ben decisi a convertire al verbo del Politicamente Corretto i loro rozzi vicini di una cittadina di provincia, i cui abitanti, horribile dictu, amano la caccia e la cacciagione, non tengono sotto controllo i loro gatti che hanno la pessima abitudine di mangiarsi gli uccellini, e, delitto più nefando di tutti, anche se per pudore non viene mai esplicitato, né denunciato come tale dai due volonterosi, hanno un’abitudine se possibile ancor peggiore, quella di orientare le loro simpatie politiche in senso conservatore. Alla fine del romanzo troviamo Walter – che è stato abbandonato da Patty per il suo amico d’infanzia, Richard, ma poi se la riprende allorché, pentita, lei decide di tornare a casa – talmente ossessionato dalla sopravvivenza degli uccellini che pretende di far indossare a tutti i gatti del vicinato una pettorina in neoprene, per impedir loro di andarsene a spasso a caccia di volatili. Senza rendersi conto d’interpretare una parte grottesca, bussa alle porte dei vicini una per una, per distribuire le pettorine e snocciolare il dato inquietante, secondo il quale ogni anno, negli Stati Uniti, i gatti si pappano un milione d’uccellini; inoltre invoca il Trattato per la Protezione degli Uccelli Migranti d’America, che proibisce di far del male a qualsiasi volatile proveniente dalle frontiere del Canada o del Messico. Tutti accettano le pettorine, per amore del quieto vivere, ripromettendosi di sbarazzarsele alla prima occasione, tranne una donna, Linda, che gli tiene testa e gli domanda se ritiene che gli uccelli che vivono nei suoi terreni facciano parte anch’essi della sua proprietà.
Ma ecco il ritratto del bravo Walter in piena azione, tutto preso dal sacro fuoco di portare avanti la sua missione (da: J. Franzen, Libertà; titolo originale: Freedom, New York, 2010; traduzione dall’inglese di Silvia Pareschi, Torino, Einaudi, 2011, pp. 605-606):
Walter si rifece vivo a settembre, quando volantinò l’intero vicinato con il favore delle tenebre. Adesso le case dei Dent e dei Dolberg erano vuote, le finestre oscurate come la lucina della chiamata in attesa su una linea d’emergenza quando alla fine la persona in attesa decide di riagganciare, ma un mattino tutti i residenti superstiti di Canterbridge Estates trovarono sulla soglia di casa una cortese lettera indirizzata ai "Cari vicini", nella quale veniva riproposta la tirata anti-gatto che Walter aveva già presentato due volte, insieme a quattro pagine di fotografie che non avevano proprio niente di cortese. Walter doveva aver trascorso l’intera estate a fotografare gli uccelli morti nella sua proprietà. Ciascuna foto (ce n’erano più di quaranta) recava un calce la data e la specie. Le famiglie di Canterbridge che non possedevano gatti si offesero per essere state incluse nel volantinaggio, e le famiglie che li possedevano si offesero per l’apparente certezza di Walter che per ogni uccello morto nella sua proprietà la colpa fosse dei loro animali. Linda Hoffbauer venne ancor più esasperata dal fatto che un volantino era stato lasciato dove uno dei suoi figli poteva facilmente venire esposto alle immagini traumatizzanti di passeri decapitati e viscere insanguinate. Chiamò lo sceriffo della contea, con cui lei e suo marito erano in rapporti cordiali, per chiedere se Walter fosse incriminabile per molestie. Lo sceriffo disse di no, ma accettò di passare da Walter per dargli un piccolo avvertimento, una visita che fruttò l’inattesa notizia che Walter era laureato in legge e conosceva bene non solo i diritti garantitigli dal Primo Emendamento ma anche l’accordo fra i proprietari di Canterbridge Estates, nel quale si trovava una clausola che li obbligava a tener gli animali domestici sotto controllo costante; lo sceriffo consigliò a Linda di stracciare il volantino e lasciar perdere.
E poi venne il bianco inverno, i gatti del vicinato si ritirarono in casa (dove, come persino Linda fu costretta ad ammettere, sembravano del tutto a loro agio), e il marito di Linda si incaricò personalmente di pulire la strada della contea in modo tale che, dopo ogni nevicata, Walter fosse costretto a spalare per un’ora per sgombrare l’imbocco del suo vialetto. Ora, con gli alberi spogli, sull’altra riva del lago gelato era perfettamente visibile la casetta dei Berglund, dalle cui finestre non usciva mai lo sfarfallio del televisore. Era difficile immaginare che cosa facesse Walter laggiù, da solo, nelle lunghe notti invernali, se non covare ostilità e risentimento. La casa si oscurò per una settimana a Natale, a dimostrazione del fatto che Walter era andato a trovare la famiglia a St Paul, e anche questo era difficile da immaginare, che un tipo così strambo fosse amato da qualcuno. Linda, soprattutto, si sentì sollevata quando le festività terminarono e il tipo strambo riprese la sua esistenza da eremita, e lei poté tornare a un odio incontaminato dal pensiero che qualcuno gli volesse bene. Una sera di febbraio, suo marito le riferì che Walter aveva inoltrato un reclamo presso la contea per la deliberata ostruzione del suo vialetto, e questo in un certo senso le fece molto piacere. Era bello sapere che lui sapeva di essere odiato.
Poiché l’autore proviene da quella stessa cultura che produce i Walter e le Patty, la sua critica agli eroi progressisti, ma un tantino goffi e intempestivi, è condotta con bonomia e immersa in un clima dolcemente malinconico, una temperie spirituale che ricorda la commedia Una delle ultime sere di Carnovale del Goldoni, l’ultima rappresentata a Venezia prima del suo espatrio in Francia. Franzen sente che quel mondo sta arrivando alla fine e si prepara a staccarsene, sia pure con molta nostalgia. Se vogliamo venire ad anni più vicini, ma sempre restando in Italia, l’analogia si potrebbe forse fare coi film di Nanni Moretti: anche in questo caso è la sinistra, ossia la parte Politicamente Corretta e debitamente progressista, che si prende il lusso di fare un po’ d’ironia su se stessa, sui propri errori e le proprie ingenuità; se le stesse critiche venissero da destra, non sarebbero neanche ritenute degne di risposta. Ecco allora che i vicini di casa dell’incompreso eroe sono rappresentati come degli odiatori di professione, anche se a Franzen scappa dalla penna che la psicologia di Walter dopotutto non è tanto diversa: Era difficile immaginare che cosa facesse Walter laggiù, da solo, nelle lunghe notti invernali, se non covare ostilità e risentimento. In quel risentimento è la chiave per capire l’atteggiamento mentale dei progressisti odierni, almeno quelli in buona fede, ultimi reparti di un esercito in disfacimento, che un tempo fu, se non glorioso, almeno forte e rispettato, ma che ora si è ridotto a far da cinghia di trasmissione dei voleri del potere dominante, quello della grande finanza. Ora, questo covare risentimento è proprio di chi non si sente capito, non si sente apprezzato, pur pensando, in cuor suo, di essere bravo, il migliore di tutti. Questa è precisamente la sindrome della odierna sinistra mondialista e ultracapitalista. Non capisce perché la gente le ha voltato le spalle, perché gli operai votano per gli aborriti partiti populisti, e cova un sordo desiderio di vendetta. Vorrebbe prendersi la rivincita, ma sa che non ce la farà mai, che il suo momento è passato; non le resta che affidarsi a due carte egualmente extra-politiche: la magistratura sua amica, per mandare in galera quelli che osano opporsi alla sua pretesa di governare eternamente, e gli immigrati, trasformandoli in cittadini mediante un abracadabra e recuperando così quei consensi che, fra i propri connazionali, non avrà mai più. A queste due forze se ne aggiunge poi, da sempre, una terza: la massoneria, che forma come una mafia entro la quale si promuovono le carriere e si escludono i reprobi. Vi chiedete come fa quel manager ad andarsene con una buonuscita favolosa, dopo aver condotto l’azienda pubblica al disastro; come fa quel conduttore televisivo a guadagnare così tanto; quello speaker del telegiornale a non esser licenziato, benché non azzecchi un accento, una pausa, un congiuntivo; e come mai quell’altro è ospite fosso di tutti i salotti televisivi, anche se, a parole, critica il sistema e invoca la libertà; e come fa quell’asino di medico a esser divenuto primario d’ospedale; e quel professore semi-analfabeta a esser fatto preside; e quel povero sciocco, ignorante come una capra, a esser nominato addirittura ministro o magari senatore a vita: ebbene la risposta, nove volte su dici, ha un nome preciso e si chiama massoneria. A chi ne fa parte, nessun traguardo è precluso; a chi è fuori, nessuna carriera è possibile. Questo insieme di cose fa sì che la sinistra, oggi, sia una classe oggettivamente sovversiva: pur di restare, o di tornare, al governo, non c’è scorciatoia che disdegnerebbe, né sotterfugio a cui non si affiderebbe. Le situazioni, in Europa e negli Stati Uniti, sono in parte simili e in parte diverse. Di là dall’Oceano la figura del Progressista benintenzionato si rivolge principalmente alla sfera ecologica e dei diritti umani; in Europa agita soprattutto le questioni politico-sociali. Negli Stati Uniti non vedremo mai movimenti come i gilet gialli, e neppure come le sardine: in compenso, stiamo vedendo un presidente, democraticamente eletto, messo sotto impeachment perché, sin dal primo giorno del suo mandato, la lobby finanziaria, sostenuta da un esercito di Progressisti benintenzionati, gli ha dichiarato guerra.
Tutto questo va bene, dirà qualcuno: ma che c’entra con il sangue del negro e la diffusione del razzismo in Italia? Vogliamo forse sottovalutare il pericolo? Spiacenti, Progressisti benintenzionati, ma non vi daremo il piacere d’inchiodarci a simili accuse. Noi non difendiamo il razzismo, ma il diritto di due amiche a parlare liberamente fra loro, anche dicendo cose sbagliate. Oppure c’è chi vorrebbe imitare la vecchia D.D.R., ove metà della popolazione era impegnata a spiare l’altra metà?
Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Christian Lue su Unsplash