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5 Gennaio 2020Il narcisismo di massa — la definizione è di Vance Packard (1914-1996), sociologo americano di notevole finezza, e instancabile accusatore della società dei consumi — è senza dubbio uno dei tratti più appariscenti del mondo in cui viviamo: ma da dove trae origine? E non basta rispondere che esso è generato dai meccanismi della pubblicità e dal condizionamento mentale del cittadino-consumatore da parte dei poteri occulti, che esercitano il controllo sui mass-media e riescono così a formare l’immaginario collettivo, agendo anche sui meccanismi profondi della psiche. Una simile risposta, benché sostanzialmente esatta, non fa altro che spostare ancora più a monte la domanda, la quale può essere così riformulata: come mai gli uomini moderni hanno concesso tanto spazio e tanta libertà d’azione a questi condizionatori occulti, sia sul piano pratico, al livello dell’economia, della finanza, della tecnica, sia, soprattutto, al livello esistenziale e morale, subendo in pieno la loro azione e accogliendo docilmente il loro condizionamento, che non è affatto così irresistibile come ci si vuol far credere, purché si possiedano saldi principi etici e una ferma volontà, e non si sia disposti a barattarli per qualche comodità e qualche lusso apparente in più? Né si dica che un tale condizionamento, essendo inconscio, esclude qualsiasi responsabilità da parte di quelli che lo subiscono: perché, se è vero che un condizionamento che agisce sull’inconscio ha effettivamente qualcosa di diabolico, nondimeno resta il fatto che ogni condizionamento, e perfino ogni invasione psichica, ha luogo tanto più facilmente, quanto più trova le porte aperte o risponde addirittura a un invito da parte del soggetto che poi ne è vittima.
Scriveva Vance Packard nel suo pionieristico e ormai classico I persuasori occulti (titolo originale: The Hidden Persuaders, David McKay Company, New York, 1957; traduzione dall’inglese di Carlo Fruttero, Torino, Einaudi, 1958, 1980, pp. 49-51):
Gli imbonitori del subcosciente orientarono le loro ricerche in varie direzioni, . Un campo che ben presto attrasse la loro attenzione fu quello delle "immagini pubblicitarie"; si trattava di fornire una "personalità" ben distinta e molto suggestiva a prodotti finora privi di spiccate caratteristiche, di creare delle immagini capaci di presentarsi autonomamente davanti al nostro "occhio interno" alla sola menzione del nome del prodotto, previo, beninteso, un adeguato condizionamento. In tal modo avrebbero potuto controllare il nostro comportamento in una difficile situazione concorrenziale.
La necessità di immagini dotate di tali requisiti era vivamente sentita dai produttori, perché, come ho già detto, la crescente standardizzazione e, d’altra parte, la complessità degli ingredienti necessari per la fabbricazione della maggior parte dei prodotti, rendevano praticamente impossibile una seria discriminazione. Trecento fumatori, fedeli a una delle tre principali marche di sigarette americane, furono invitati a fumare le tre marche in questione (confezionate un cartine prove di contrassegno) e a riconoscere la loro marca preferita. Risultato: soltanto il 35 per cento vi riuscì; e secondo la legge statistica delle medie un terzo delle risposte esatte va attribuiti a mera coincidenza. Insomma, meno del due per cento degli interpellati era veramente in gradi di distinguere il prodotto preferito. Risultati molto simili si ottennero allorché vennero condotti dei test "ciechi" sui bevitori di birra e di whisky.
Ma allora, si dissero gli specialisti, se il pubblico non era in condizioni di discriminare razionalmente occorreva aiutarlo a discriminare IRRAZIONALMENTE, facendo vibrare qualche facile corda sul piano emotivo.
Pierre Martineau, gran propugnatore dell’immagine pubblicitaria, analizzò il problema in termini molto espliciti durante una conferenza tenuta nel 1956, a Filadelfia, a un gruppo di tecnici pubblicitari. La pubblicità, osservò, non consiste più in una pura e semplice discussione intorno ai meriti di un dato prodotto.
"Il vostro obiettivo — egli ammonì — dev’essere sostanzialmente questo: creare una situazione illogica. Il cliente deve innamorarsi del vostri prodotto, e rimanere legato ad esso da un profondo attaccamento, quando in realtà il contenuto è quasi uguale a quello di centinaia di marche concorrenti". Per creare questa fedeltà irrazionale — aggiungeva Martineau – occorre in primo luogo suscitare "nella mente del consumatore il senso di una differenza – di dare una individualità al prodotto, al quale numerosissimi concorrenti si avvicinano per il contenuto".
Infatti, mentre un concorrente può spesso imitare con pieno successo il vostro prodotto, per quanto riguarda gli ingredienti, che lo compongono e i requisiti qualitativi, un contrassegno che lo caratterizzi vividamente è assai meno "plagiabile", e può così rappresentare un fattore di vendita notevolmente più sicuro.
A questo simbolismo irrazionale nella preparazione di immagini pubblicitarie ricorse, ad esempio, Louis Cheskin quando trasformò la confezione della margarina Good Luck. È un caso da manuale: in origine il disegno delle confezione comprendeva vari elementi, tra i quali l’immagine della margarina stessa. In un angolo c’era un minuscolo quadrifoglio. Cheskin, condotti i debiti sondaggi in profondità, si convinse che il quadrifoglio era una "immagine di grande suggestione" e in tre successive riprese le diede sempre maggior risalto, giungendo infine a ideare un pacco di stagnola completamente dominati da un grande quadrifoglio a tre dimensioni. Cheskin afferma che ogni successivo cambiamento portò un aumento nelle vendite.
Ora, bisogna considerare che l’analisi di Vance Packard risale agli anni ’50 del secolo scorso ed è circoscritta all’ambito pubblicitario in senso stretto; ma in questi ultimi settant’anni le tecniche del condizionamento mentale sono state estremamente perfezionate e qualcuno ha pensato bene di estenderle a tutti gi ambiti della vita moderna, specialmente a quello della politica. Si capisce perciò come in tutto ciò che afferisce la sfera della comunicazione di massa, sia essa esplicita o implicita, conti sempre di meno la capacità di persuasione razionale e sempre di più, invece, la capacità di creare una situazione irrazionale, nella quale le persone sono portate ad agire un maniera puramente emotiva, sulla base degli stimoli più futili, senza neanche sospettare di essere oggetto di una manipolazione mentale vera e propria. L’esempio del quadrifoglio stampato sulla confezione della margarina, più grande o più piccolo, che faceva lievitare le vendite senza che alcun altro fattore venisse a modificare la sostanza del prodotto, né, tanto meno, la sua bontà rispetto ai prodotti similari della concorrenza, è quanti mai eloquente. E si tenga presente che quelli erano ancora esperimenti rudimentali, quasi artigianali, mentre oggi i persuasori occulti dispongono di tecniche incomparabilmente più sofisticate, a cominciare dalla televisione, che si serve anche di messaggi subliminali, e quindi assai più efficaci nella capacità di saltare a pie’ pari la fase della persuasione razionale, per proiettare l’immaginario della vittima-acquirente in una dimensione totalmente illogica e irrazionale, dove l’ultima cosa che conta, nella scelta del prodotto, è la presenza di elementi ragionevoli che facciano appello alla mente e al senso critico. Si trasferisca l’esempio del quadrifoglio di Cheskin dalla pubblicità commerciale alla sfera politica e si vedrà quanto poco conti la ragione, specie nei sistemi di governo di tipo democratico, nei quali bisogna far credere alla gente che è pienamente rispettato l’esercizio delle libertà garantite costituzionalmente. Sii avrà allora un’idea, per quanto vaga e imprecisa, della potenza devastante dei persuasori occulti, paragonabili a delle vere e proprie armi di distruzione di massa: armi quasi perfette, perché non lasciano tracce del loro uso e quindi sono difficilmente riconoscibili in quanto tali; un po’ come accadde ai fanti della Prima guerra mondiale che, per la prima volta, videro avanzare verso le loro trincee delle strane ondate di fumo, e quando cominciarono a rendersi conto di cosa in realtà si trattava, era già troppo tardi per reagire e tentare di difendersi in qualsiasi maniera. Come ci si può proteggere contro un nemico che non viene riconosciuto per tale? Quale difesa è mai possibile se il veleno che ci sta intossicando in maniera sempre più grave viene percepito come un elemento gradevole e altamente desiderabile della nostra vita, del quale non sapremmo più fare a meno?
E tuttavia, abbiamo accennato al fatto che non possiamo accontentarci di constatare quanto siano potenti i persuasori occulti e come, di fronte ad essi, non esista praticamente una efficace linea di difesa. L’analisi di Packard può soddisfare il sociologo e, fino a un ceto punto, lo psicologo, ma esiste un livello ulteriore e più profondo di riflessione, che è materia di studio del filosofo. La domanda che ci si deve porre, a questo punto, è la seguente: che cosa spinge gli esseri umani a mettersi nelle condizioni di non poter resistere all’opera malefica dei persuasori occulti e ad adottare lo stile di vita del diabolico consumismo? E adoperiamo la parola diabolico nel suo significato letterale, perché, come sopra abbiamo accennato, si tratta di un’invasione psichica e spirituale che occupa interamente la coscienza, e che ha trovato il varco non sorvegliato a causa di un invito, esplicito o implicito, da parte degli uomini della società moderna. Ogni possessione, infatti, parte da un "invito": se trova la porta di casa ben custodita, il Diavolo non può entrare e deve limitarsi a operare dell’esterno, mediante la vessazione o l’ossessione delle sue male arti. C’è poi il caso particolare delle vittime volontarie, cioè di quelle anime che si offrono alla sua invasione in espiazione dei peccati delle altre anime: si tratta di un’azione eroica, che pure talvolta ha luogo, e ne abbiamo parlato in alcuni precedenti lavori. In un caso si trattava di una giovane ragazza tedesca, Anneliese Michel, che accettò di offrirsi come vittima volontaria, nel nome di Maria Vergine, alla possessione diabolica, anche se allora ci eravamo limitati alla vicenda giudiziaria seguita alla sua tragica morte; in un altro caso si trattava di un coraggioso sacerdote che accettò di offrire la sua vita affinché il diavolo risparmiasse alcune anime che incautamente si erano consegnate a lui mediante l’esercizio delle arti magiche (cfr. gli articoli: Verso la nuova inquisizione del pensiero unico scientista, pubblicato sul sito di Arianna Editrice il 26/09/07 e ripubblicato per l’ Accademia Nuova Italia il 17/02/18; e Se non ci fosse qualcuno che prega per noi… La storia incredibile di padre Kalosans, sul sito dell’Accademia Nuova Italia il 16/01/18). Ma questi, ripetiamo, sono casi particolarissimi, anzi del tutto eccezionali. La regola è di segno opposto: le anime si offrono a un’invasione proveniente dall’esterno, e ciò vale sia nei confronti dei persuasori occulti, sia nei confronto del tenebroso Persuasore Occulto. Non si creda che le due cose siano tanto lontane e diverse l’una dall’altra; lo ripetiamo: il consumismo è diabolico, perché fa leva sugli appetiti più bassi dell’anima e perché ottunde irreparabilmente la vigilanza della coscienza morale, creando un clima spirituale di totale disordine e di sfrenato edonismo, attraverso il quale anche gli influssi diabolici trovano la strada sgombra di ostacoli. Sappiamo bene che questo discorso riuscirà non solo molesto, ma anche incredibile ai delicati orecchi di chi è ormai totalmente succube del consumismo: egli infatti è ben lontano dal vedere la connessione che esiste con la sfera del Male. Eppure è proprio così: il Diavolo lavora da lontano; indebolisce le difese abituando le anime alla rilassatezza, al disordine, alla cieca ricerca del piacere, per poi assestare il colpo finale e farsi completamente signore di esse. Chi adora le cose, senza rendersene conto si prepara ad adorare il Diavolo, che è il Principe di questo mondo. Le cose terrene sono buone solo se viste e desiderate in una luce spirituale, come mezzi di elevazione e di perfezionamento morale; altrimenti divengono catene di schiavitù e strumenti di morte dell’anima. L’anima non può conservarsi pura nel mezzo dell’orgia consumista: essa è comunque una vittima designata del Diavolo. Arrivati a questo punto, bisogna domandarsi come mai un numero così grande di persone abbia spalancato le porte al sistema di vita consumista e abbia consentito con tanto entusiasmo di farsi schiava della brama di cose materiali e dei piaceri che ne derivano. Da parte nostra, non abbiamo alcuna esitazione a individuare nel disamore di sé la causa principale di un comportamento così innaturale e malefico. Chi adora le cose non vuol bene a se stesso, questa è la cruda verità. Ed è logico che non si voglia bene un’umanità che ha barattato il bene interiore con il bene esteriore; che ha preferito la via della mano sinistra a quella della mano destra; e che invece di amare e adorare Dio, ha scelto di prostrarsi davanti ai simulacri del Maligno. Non di rado tale inversione ha luogo in forme esplicite: predilezione per la musica rock satanica e per giochi elettronici demoniaci, violenti e sanguinari, per l’abbigliamento dark, moda del vampirismo, di Halloween e simili: altrettante porte spalancate sugli abissi del Male; altrettanti inviti alle potenze infere. E anche se l’invito non è così esplicito, tuttavia c’è, e l’invitato non tarda a presentarsi. Logico approdo d’una società che ha rifiutato l’amore di Dio.
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