Volete sapere chi comanda davvero, oggi, in Italia?
30 Dicembre 2019Due più due fa ancora quattro?
1 Gennaio 2020Uno dei mantra preferiti del Politicamente Corretto è che tutti devono combattere la violenza, che la violenza va rifiutata in ogni caso, che la violenza è il sinonimo di barbarie, che una società non può dirsi civile se tollera la violenza, ecc. ecc. Generalmente non si va troppo per il sottile nel distinguere fra le varie forme di violenza. Si allude sempre e solo alla violenza fisica, come se non esistesse una violenza psicologica, intellettuale e morale che può essere perfino più grave (chi ha presenti le pagine dei Promessi Sposi dedicate alla infanzia della Monaca di Monza e alle strategie di suo padre per indurla a prendere i voti, capirà di cosa stiamo parlando). Inoltre non si distingue mai tra violenza offensiva e violenza difensiva; e il risultato è, che fino a ieri (ma sovente anche oggi) chi si difende in casa sua dall’aggressione di malintenzionati che vi si introducono per delinquere, rapinare e forse fare del male alle persone, passa i suoi guai in tribunale perché le leggi sono fatte in modo da tutelare innanzitutto chi subisce violenza fisica: anche se in tali casi si tratta di una violenza più che comprensibile e più che giustificata. Sempre per questa ragione chi dà un pugno a un altro nel corso di una banalissima lite rischia di essere trattato dalla giustizia più severamente di chi, speculando, ha mandato in rovina centinaia o migliaia di risparmiatori, perché quest’ultimo si è limitato a svuotar loro il conto in banca, mentre il primo ha esercitato una violenza fisica evidente. E via di questo passo. Inoltre, con i chiari di luna che corrono, le campagne di sensibilizzazione contro la violenza hanno di mira, in realtà, non la difesa di chi subisce le violenze, ma l’offesa contro certe categorie di persone: quelle che il Pensiero Unico ha decretato essere fascisti, razzisti, omofobi, sessisti, antisemiti e via dicendo. Perciò, fateci caso, il vero obiettivo delle mobilitazioni contro la violenza di genere, o contro la violenza razziale, o contro la violenza antisemita, è quello di legare e imbavagliare chiunque non sia d’accordo coi dogmi più beceri e arroganti dell’ideologia femminista, o di quella gender, o immigrazionista, o sionista, e così via. Maestri dell’ipocrisia, i custodi del Politicamente Corretto pretendono che sia colpita con la massima severità ogni sfida all’ideologia che intendono imporre. Hanno perfino creato delle parole nuove per designare i nuovi reati: femminicidio, per esempio, per cui chi uccide una donna deve considerarsi due volte omicida; ma se un adulto, e può essere anche una donna, uccide un bambino o se una donna uccide un uomo (il che accade più frequentemente di quel che non si creda), o un’altra donna, non esiste la parola specifica per designare quel tipo di delitto, o meglio i Padroni del Discorso non l’hanno coniata, per cui nell’immaginario collettivo resta l’impressione che il mondo è pieno di uomini che ammazzano le donne e che lo fanno per una odiosa presunzione di superiorità sessuale, mentre non si dà mai il caso opposto. E del resto, a proposito di violenza, come di deve chiamare la manipolazione sfacciata del linguaggio, tesa a far credere alle persone che le cose stanno diversamente da come sono in realtà? Non è una forma di violenza anch’essa? È più grave dare un pugno o una coltellata a un singolo individuo, oppure manipolare l’intelligenza e la coscienza di milioni e milioni di persone?
Una forma di violenza, sottile ma estremamente maligna, è l’occultamento volontario della verità o la sua mistificazione. In questo senso, quasi tutto ciò che i cittadini della modernità credono di sapere è fondamentalmente sbagliato, perché, anche se sono giuste alcune informazioni, mancano del tutto le altre: quelle che permetterebbero di farsi un quadro completo e perciò obiettivo e spassionato delle cose. Per fare un esempio, tratto dalla storia del ‘900: tutti sanno che i cadaveri di Mussolini, della Petacci e degli altri gerarchi fascisti vennero portati in Piazzale Loreto, a Milano, il 29 aprile 1945, l’indomani del loro assassinio, oltraggiati in ogni maniera e infine e appesi a testa in giù (quest’ultima è una tipica simbologia massonica; come massonica è la simbologia del finto suicidio del banchiere massone Roberto Calvi, a Londra, il 18 giugno 1982) quale ritorsione per la fucilazione di quindici partigiani avvenuta, sempre in quel luogo, il 10 agosto del 1944. Al massimo qualche libro e qualche enciclopedia arrivano a dire che quei partigiani erano stati fucilati come rappresaglia per l’attentato del vicino Viale Abruzzi, dove due giorni prima, l’8 agosto, i partigiani avevano attuato un attentato contro un camion tedesco. Raramente si spingono ad aggiungere che, in quell’attentato, non era morto neanche un soldato tedesco, ma in compenso erano morti sei cittadini milanesi, mentre altri undici erano rimasti seriamente feriti. E praticamente nessuno ha l’onestà di dire che se mai vi fu un attentato moralmente spregevole, che non merita il nome di azione partigiana ma di terrorismo puro e semplice, fu proprio quello di Viale Abruzzi: perché quel camion passava regolarmente per le vie cittadine e un bonario sergente della Wehrmacht di nome Karl, ben noto e soprannominato affettuosamente El Carlùn, il Carlone, distribuiva gratuitamente alla popolazione il pane e altri generi alimentari avanzati dal comando tedesco. Per tale motivo le vittime furono tutte donne, madri, nonne con figli e nipotini, le quali si accalcavano, in quei tempi di fame e di miseria, per ricevere qualche pagnotta e qualche altro genere di conforto (si può consultare, su questo argomento, il video del Decimo Toro intitolato Perché Il Duce e la Petacci furono portati in Piazzale Loreto?: https://youtu.be/x2JZ0Kem7Ow). Inoltre quasi nessuno, e tanto meno i professori della scuola pubblica, che sono quasi tutti di sinistra, si degna di ricordare che la rappresaglia era ed è un tipo di azione prevista e ammessa dalle leggi internazionali e dal codice di guerra, quando si verificano attacchi sleali da parte di individui che non portano l’uniforme, contro un esercito regolare. Non solo: nessuno si scomoda a dire che la rappresaglia, per essere legittima, deve esser preceduta da un lasso di tempo entro il quale i responsabili dell’attentato sono invitati a presentarsi; e che tale lasso di tempo venne concesso, sia nel caso di Milano, sia in quello della celebratissima azione di via Rasella, a Roma, che poi condusse alla rappresaglia delle Fosse Ardeatine; ma che in entrambi i casi gli autori dell’attentato si guardarono bene dal consegnarsi, pur sapendo benissimo che ciò avrebbe significato la morte di altre persone. Le quali impropriamente si dicono, nella vulgata resistenziale, "innocenti", come se si trattasse di civili completamente estranei alla guerra civile, mentre in realtà non erano persone arrestate a caso per le strade o nelle case, e inoltre non vi erano fra esse né donne, né bambini, come appunto le leggi internazionali stabilivano, ma persone che già si trovavano detenute in carcere ed erano imputate, appunto, di appartenere al movimento partigiano, ai cui membri le autorità tedesche e fasciste non riconoscevano lo statuto di combattenti in quanto agivano senza indossare l’uniforme o altri segni di riconoscimento. Inoltre colpivano i nemici in maniera proditoria, per poi eclissarsi fra la popolazione, che non li denunciava perché aveva troppa paura di loro e non perché condividesse le loro azioni sanguinarie. Ebbene: tacendo una parte di verità e narrando solo la parte che a loro fa comodo, i custodi del Politicamente Corretto commettono una vera e propria violenza sulla mente del pubblico, degli studenti, delle giovani generazioni: li ingannano consapevolmente, facendo loro credere e immaginare una situazione, quella della guerra civile del 1943-45, in termini falsati e alterati e che quindi non riflettono per niente la realtà delle cose, né permettono di farsene un’ida veritiera.
Il totalitarismo occulto ne quale siamo immersi e che domina, senza averne l’aria, le nostre menti, e perfino le parole che adoperiamo per esprimere i pensieri, è riuscito a inculcarci l’idea che la violenza è veramente tale solo quando viene dalla parte politicamente sbagliata o quando chi la subisce, anche se magari la subisce come reazione difensiva di chi l’ha esercitata, viene percepito come vittima, di solito per la semplice ragione che appartiene a una delle categorie protette dal Pensiero Unico. Qui vi è una doppia distorsione della verità: primo, perché la violenza è sempre violenza e non solo quando viene da una certa parte e non da una cert’altra; secondo, perché la vittima è davvero tale quando si tratta di un soggetto innocente che viene ingiustamente aggredito, mentre la qualifica di vittima non spetta a chi ha esercitato una violenza, o una sopraffazione, o un furto, o un ricatto, e ha provocato la reazione di chi stava subendo un’oppressione, o una minaccia, ecc. Di regola, il criterio di cui si serve il totalitarismo democratico sia per stabilire chi esercita violenza e chi no, sia per stabilire chi merita la qualifica di vittima e, di conseguenza, chi quella d’ingiusto aggressore, è semplicemente la forza. La forza dello Staro e delle leggi, innanzitutto: è lo Stato a decidere che quelle di via Rasella a Roma, e di viale Abruzzi a Milano, furono azioni di guerra e non dei vili atti terroristici, mentre le rappresaglie tedesche e fasciste delle Fosse Ardeatine e di Piazzale Loreto non furono legittime azioni di rappresaglia ma barbari eccidi del tutto privi di giustificazione giuridica (non diciamo morale, perché è cosa troppo ardua parlare di morale nel contesto di una guerra civile; semmai, bisognerebbe rivedere ciò che dice la narrazione del Pensiero Unico su chi l’abbia realmente scatenata). Per la stessa ragione, è lo Stato a decidere che i morti innocenti dei due attentati (non diciamo quelli delle successive rappresaglie) furono dei caduti e non delle vittime; oppure, se proprio si deve ammettere che furono delle vittime — parliamo del bambino orrendamente straziato in via Rasella e delle donne e dei bambini dilaniati in viale Abruzzi — furono vittime dei tedeschi e dei fascisti e non dei partigiani/terroristi che provocarono le esplosioni in mezzo alla strada: arruolando, cioè, retroattivamente quei poveri morti in un ideale esercito di liberazione, ignorando quale fosse la loro effettiva volontà e mettendo la loro morte sul conto non di chi li uccise materialmente, ma di chi quei partigiani/terroristi intendevano colpire, o piuttosto provocare, allo scopo di suscitare poi una insurrezione popolare contro di essi. Venendo ai nostri giorni: è lo Stato — austriaco, in questo caso — a decidere che lo storico David Irving non ha il diritto di parlare perché è un apologeta del nazismo e che la sua pretesa di violare tale proibizione vale tre anni di galera (cfr. il nostro articolo: Il rogo dei libri di David Irving è un sinistro segnale per la libertà di ricerca, pubblicato sul sito di Arianna Editrice l’11/02/10 e sul sito dell’Accademia Nuova Italia il 22/11/17). Un esempio ancora più recente? È lo Stato italiano, cioè la magistratura italiana, ad affermare che l’ex ministro dell’Interno, Matteo Salvini, commise il reato di sequestro di persona quando negò, per alcuni giorni, il permesso di scendere a terra ai clandestini che erano stati raccolti da alcune navi e pretendevano di sbarcare immediatamente; ed è sempre la magistratura italiana a decidere che una cittadina straniera, violando gli ordini della capitaneria di porto e addirittura speronando, con una manovra di forza estremamente pericolosa per la vita dell’equipaggio, un’imbarcazione della Guardia di Finanza, non commise alcuna violenza, non infranse la legge, non violò la sovranità italiana, perché agiva in base a motivazioni umanitarie di ordine superiore, rispetto alle quali la volontà del governo italiano, legittimamente insediato, era carta straccia. Insomma: è sempre il potere a decidere chi è la vittima e chi il carnefice, e quale sia la violenza legittima, che va compresa e giustificata, e quale, invece, la violenza illegittima, che deve essere sanzionata sia materialmente che moralmente.
Però, attenzione: il potere non è tutto uguale; c’è potere e potere. C’è il potere di un ministro che prende le sue decisioni, insieme al governo del quale fa parte, in nome del popolo italiano; e c’è il magistrato X o Y il quale decide che costui non ha il diritto di prendere quelle decisioni e che pertanto va processato come un qualsiasi delinquente. Evidentemente, e contro le apparenze, il vero potere non è quello esercitato dal primo, ma quello che si trova nelle mani del secondo. E perché? Perché il potere dei governi sta letteralmente evaporando, da quando è in atto la costituzione del Nuovo Ordine Mondiale: bisogna anzi far capire a quanti ne fanno parte che devono adattarsi a governare non nell’interesse dei loro concittadini e dei rispettivi popoli, ma secondo le direttive che vengono dai Padroni Universali, per adesso dietro lo schermo di qualche organismo internazionale come l’ONU e i suoi derivati, l’UNESCO, la FAO, ecc. La magistratura, in questa fase storica, è la punta di diamante del Nuovo Ordine Mondiale e serve appunto a render chiara a tutti quanti dove stia il vero potere e chi comanda, in realtà, a livello nazionale e a livello internazionale. È ben questa la ragione per cui un Milosevic viene dichiarato criminale di guerra e trascinato davanti a una corte internazionale che lo processa e lo condanna, mentre un Obama, che pianifica e attua operazioni militari nelle quali trovano la morte centinaia di migliaia di persone, per la maggior parte civili, riceve il Premio Nobel per la Pace sin dagli esordi della sua presidenza. I Padroni Universali (come li chiama Giulietto Chiesa) devono far capire a tutti chi è il vero padrone, chi comanda effettivamente, quali sono le leggi che valgono a tutti gli effetti e quali non contano nulla. Lo Stato nazionale, in questa fase storica, si sta estinguendo; ma prima di estinguersi è chiamato a rendere un ultimo servigio ai suoi liquidatori: ad avallare e ribadire, mediante apposite leggi o sentenze della magistratura, i dogmi del Pensiero Unico, processando e condannando quelli che vi si oppongono e premiando, invece, i suoi fedeli collaboratori ed esecutori. Questa è la sostanza delle cose, oggi, sfrondata dei bei discorsi sull’imparzialità del diritto. Questo è il nostro mondo: il mondo del NWO.
Fonte dell'immagine in evidenza: Photo by Mike Chai from Pexels