Si deve accordare rifugio ai rei di crimini comuni?
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28 Ottobre 2019Un tempo, quando gli uomini erano più attenti, più profondi e soprattutto più religiosi; quando avevano più familiarità col Messalino che col telefonino, e quando sapevano ascoltare il silenzio invece di tenere sempre gli auricolari per la musica rock, o rap, o techno, negli orecchi, i nostri nonni vedevano e capivano la realtà anche per mezzo dei segni che si manifestano affinché chi ha occhi per vedere, veda, e chi ha un cuore e una mente per comprendere, comprenda, ma che restino celati a chi non vuol vedere, né capire. In effetti, la condizione numero uno per vedere i segni e riconoscerli per ciò che sono, è essere in grazia di Dio; e per essere in grazia di Dio bisogna avere il timor di Dio. Niente timor di Dio, niente grazia; niente grazia, nessuna capacità di vedere e riconoscere i segni. Perché i segni sono segni mandati da Dio agli uomini; però scritti in una lingua misteriosa, che richiede un cuore puro e una fede piena e integerrima per essere decodificati. I segni celesti, infatti, non parlano la lingua dell’immediatezza e della evidenza quotidiana; la loro lingua è allusiva, criptica, e richiede una assoluta trasparenza dell’anima per poter essere letta e compresa. Chi non è in grazia di Dio, perché vive sprofondato nelle passioni più torbide e disordinate; chi non possiede timor di Dio; chi confida solamente nelle proprie forze umane, nella propria intelligenza, nella propria cultura e nella propria saggezza, non sarebbe capace nemmeno di vederli, anche se li avesse sotto il naso.
Probabilmente gli uomini hanno smarrito la capacità di leggere i segni quando si è spenta la civiltà contadina e quasi contemporaneamente (almeno in Italia) s’è fatta avanti la contro-chiesa massonica e conciliare, che ha stravolto dall’interno liturgia, pastorale e dottrina, e ha posto i suoi uomini, cioè i servi del diavolo, in tutti i gangli vitali della vera Chiesa. E come nessuno o quasi nessuno, fra gli stimati e riveriti intellettuali, pare che si sia accorto che la civiltà contadina stava morendo, n ha speso una parola su di essa, almeno per cercar di preservarne il patir minio ideale, i suoi valori, primo fra tutti la famiglia; così pure nessuno, o quasi nessuno, fra i teologi e i vescovi, pare che si sia accorto che la vera Chiesa era stata colpita a morte, sia pure silenziosamente e nascostamente, in modo che la ferita mortale è apparsa solo in un secondo tempo, quando ormai era troppo tardi — umanamente parlando – per soccorrerla, e fare qualcosa per tenerla ancora in vita. Ora, il contadino era un uomo che sapeva leggere i segni della natura, così come il cattolico (siamo costretti a parlare la passato) era un uomo che sapeva legger ei segni del soprannaturale. La natura, al contadino, parlava e rivelava i suoi segreti, che restavano nascosti al cittadino, pur essendo lì, in bella vista, sotto gli occhi di tutti; e allo stesso modo il soprannaturale si mostrava al credente con l’evidenza del divino, che in teoria chiunque può vedere, ma che, di fatto, resta celato a tutti gli altri, perché solo il cattolico è nello stato di grazia per poter capire le Parole di Dio, sovente espresse per mezzo di fenomeni che solo in apparenza sono naturali.
Ora, da quando Jorge Mario Bergoglio si è affacciato dal balcone del Palazzo Apostolico, la sera del 13 marzo 2013, i segni che rivelano la vera natura di quest’uomo infernale, posto dalla massoneria ecclesiastica a capo della Chiesa per poterla distruggere completamente, ultimando l’opera nefasta iniziata da Giovanni XXIII e Paolo VI, sono stati frequenti e significativi, in alcuni casi addirittura spettacolari, e sempre di altissimo valore simbolico; quel che più conta, sono stati palesi ed evidenti, e inoltre si sono mostrati non a pochi persone, ma agli occhi di folle numerose, sicché, in teoria, tutti avrebbero dovuto vederli e comprenderli. Eppure la stragrande maggioranza dei fedeli li ha visti, ma non li ha capiti; li ha visti, ma non ne ha colto l’intimo significato; li ha visti, ma non ha recepito il drammatico avvertimento che in essi era racchiuso. E che altro dovrebbe fare il Cielo, oltre a mandare continuamente dei segni, affinché chi ha occhi per vedere, veda, e chi ha la volontà di capire, comprenda? Invece, nulla: siamo rimasti ciechi davanti ai segni, come gli egiziani davanti alle dieci piaghe che colpirono la loro terra. Proviamo allora a ricordarne alcuni.
Primo segno. Nel concistoro ordinario del’11 febbraio 2013, convocato per commemorare i martiri di Otranto del 1480, Benedetto XVI annuncia in latino le sue dimissioni, decise irrevocabilmente per le ore 20,00 del 28 febbraio, dicendo fra l’altro:
Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino… Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005.
Ebbene, la sera stessa, nel corso di un violento temporale, un fulmine attraversa il cielo e si abbatte direttamente sulla cupola della basilica di San Pietro, ed è un miracolo che non abbia provocato gravi danni. Si è discusso, naturalmente, se fosse stata una fake news, un montaggio, una bufala, e alla fine si è dovuto riconoscere che la foto era perfettamente autentica e il fatto assolutamente reale. Una strana coincidenza, vero? La sera del giorno in cui un papa, per la prima volta nella storia, annuncia a milioni di fedeli la sua intenzione di dimettersi nello spazio di pochissimi giorni, e la notizia suscita, sì, una certa emozione, ma insomma nessuna vera reazione, tanto meno da parte del clero, che pare addirittura sollevato dal quel messaggio inaudito e si affretta a fare ponti d’oro per il "nemico", cioè il papa conservatore, che fugge, una saetta spettacolare solca il cielo di Roma e centra il monumento simbolo della cristianità. Fin dall’antichità, essere colpiti dal fulmine era considerato un castigo divino; e anche dopo la fine del paganesimo, per secoli, la credenza era sopravvissuta, sia pure in una prospettiva diversa, non più come segno sicuro di una maledizione divina, ma pur sempre come segno di una realtà drammatica e inesprimibile a parole, qualcosa su cui gli uomini dovrebbero riflettere e forse ravvedersi. In quel caso, invece, niente: molti notarono la singolarità dell’evento, ma nessuno espresse apertamente l’idea che, dopotutto, poteva anche non trattarsi di un fatto naturale come qualsiasi altro.
Secondo segno. Udienza generale in Piazza san Pietro del 9 aprile 2013. Bergoglio si aggira sorridente tra la folla mietendo applausi, e bacia i bambini presenti. Uno di essi, però, a un tratto scoppia a piangere disperato, proprio mentre lui fa l’atto di avvicinarsi per baciarlo. I mass media, come al solito rassicuranti se non proprio servili, riferiscono che Bergoglio, prontamente, ha risolto la situazione porgendo il ciucciotto al bambino, in modo che si calmasse. Ma il pianto di quel bambino, così repentino, aveva realmente qualcosa d’inquietante. Un semplice caso, un fatto assolutamente normale? Forse. Dopotutto, non è insolito che un bambino piccolo si spaventi se gli si avvicina uno sconosciuto. Bisogna però vedere se i fatti "casuali" si moltiplicano e diventano tre, quattro, cinque… allora potrebbe anche darsi che tanto casuali non siano, proprio in base al calcolo delle probabilità e, pertanto, alla logica.
Terzo segno. Domenica 26 gennaio 2014, in occasione della Carovana della Pace, due bambini dell’Azione Cattolica ragazzi erano accanto a Bergoglio allorché questi, dalla finestra della terza loggia del Palazzo Apostolico, si apprestava al rito della liberazione di due colombe, simbolo della pace, davanti alla folla riunita in Piazza San Pietro per l’appuntamento dell’Angelus. Ma i bianchi volatili avevano appena spiccato il volo che due uccelli da preda, un gabbiano e una cornacchia, piombavano su di loro, rapidi e precisi, becchi e artigli protesi. In un vorticoso svolazzar di penne, nel giro di pochi attimi il dramma era compiuto, lasciando sconvolti e mortificati i bambini e, come loro, tutti gli astanti: una colomba, malconcia, riusciva a scampare all’attacco, mentre la sua compagna, meno fortunata, veniva uccisa e divorata. Certo, il fenomeno dei rapaci che aggrediscono piccioni e colombe, anche e specialmente nelle aree urbane, a causa dei mutati equilibri ecologici e quindi anche delle loro mutate abitudini alimentari (i gabbiani, fino a qualche anno fa, non si vedevano se non nelle città di mare o alla foce dei fiumi) è stato da tempo segnalato, e non ha nulla di soprannaturale. Pure, nella scena svoltasi in Piazza san Pietro c’era qualcosa non solo di sinistro, ma anche di tremendamente simbolico: qualcosa che aveva l’acre sentore d’una presenza satanica.
Quarto segno. 16 febbraio 2016, stadio Morelos y Pavon di Michoacan, durante il viaggio apostolico in Messico. Mentre Bergoglia saluta la folla e stringe le mani, un giovane cerca di richiamare la sua attenzione afferrandogli un lembo della veste, cosa che gli fa perdere l’equilibrio e, per un attimo, pare che il sedicente papa stia per cadere addosso a un ragazzo disabile in carrozzina, ma si riprende e riesce a raddrizzarsi, sorretto dagli uomini del servizio d’ordine, senza conseguenze. Si potrebbe pensare che il piccolo inconveniente sia archiviato e la cosa finisca lì; invece, come documenta il filmato che ritrae la scena, il volto del papa, che ancora durante e subito dopo il momento in cui stava inciampando, era atteggiato al sorriso, bruscamente muta espressione, come se diventasse il volto di un’altra persona. In quel nuovo volto compaiono, come da profondità insospettate, rabbia, ira, intolleranza: gli occhi iniettati, quasi stravolti, le labbra tese, Bergoglio allunga un braccio e protende la mano in un gesto eloquente, come per minacciare, e inveisce contro il responsabile del piccolo incidente, rimproverandolo di essere egoista nel volere il papa tutto per sé. Lo dice con una voce tagliente e con uno sguardo che manda lampi e scintille, e con un fare talmente inviperito, da lasciare a bocca aperta gli astanti. Anche adesso, riguardando quel breve filmato a distanza di tre anni e mezzo, non si può non provare stupore, incredulità e un profondo disagio davanti a quella scena. Il volto del papa, per qualche secondo, diventa una maschera paurosa, non è più quello bonario e sorridente che di solito sfoggia nei bagni di folla che tanto gli piacciono, perché gratificano il suo immenso narcisismo. È come se, per un istante, avesse lasciato cadere la maschera e mostrato involontariamente il suo vero volto: collerico, tirannico, malvagio. Un volto che fa paura, specie considerando la sproporzione fra ciò che ha causato l’incidente e la sua reazione furibonda, scomposta, peggio che imbarazzante. Un uomo che reagisce così a uno dei piccoli imprevisti inevitabilmente legati al farsi osannare dalle moltitudini è un uomo imprevedibile e inquierante, che pare irrompere da epoche remote, quando gli uomini erano così primitivi da non saper trattenere la loro aggressività, ma erano soliti sfogarla liberamente, alla più piccola occasione. È un volto stravolto dall’ira, che fa venire in mente quel che disse una volta, nel gennaio 2015, durante il volo per Manila, nelle Filippine: Se il dottor Gasbarri, che è un mio caro amico, dice una parolaccia contro la mia mamma, si aspetti un pugno. Un pugno? È normale che un papa dica una cosa simile? Eppure aveva detto proprio così, lui che ha sempre un bocca il perdono, il dialogo e la pace. E anche allora, i media servili avevano prontamente gettato acqua sul fuoco e trasformato l’imbarazzo in trionfalismo celebrativo: il papa aveva profittato dell’episodio per ricordare ai fedeli il dovere di non essere egoisti, di condividere le cose con gli altri.
Quinto segno. Il 16 giugno 2016, in occasione del Giubileo dello Spettacolo Viaggiante, Bergoglio ha incontrato ben 7.000 circensi, giostrai e artisti di strada. Fra uno spettacolino e l’altro, gli presentano anche due cuccioli, uno di pantera e uno di tigre. Piccolo il primo, tutt’altro che piccolo il secondo: che sarà stato anche un cucciolo, ma tale non sembrava poi tanto, e infatti se una persona qualsiasi se lo fosse trovato davanti, crediamo che sarebbe rimasta paralizzata dal terrore, perché un "cucciolo" di quella fatta potrebbe benissimo, volendo, sbranare un uomo. Ci sono i video che mostrano l’episodio e ciascuno può farsi una sua opinione. Ebbene, quando la tigre, legata con una catena al collo (il che vorrà pur dire qualcosa) gli viene condotta davanti, la belva si spaventa a morte e dà un balzo all’indietro. Per tranquillizzarla, hanno dovuto ficcarle il biberon in bocca, un po’ come col succhiotto del bambino nell’episodio ricordato sopra. Anche qui, la stampa e le televisioni si sono sentite in obbligo di dare una spiegazione plausibile per un comportamento, questo sì, abbastanza strano (tipica excusatio non petita, giustificazione non richiesta, che di solito nasce dalla cattiva coscienza), e hanno spiegato che il grosso felino si è spaventato perché non era abituato a vedere una cosa bianca, come la veste del signore che si chiamare papa. Insomma il bianco avrebbe provocato alla tigre uno spavento tale, da spingerla a cerare rifugio e consolazione presso i suoi accompagnatori, mentre a Bergoglio non ha più voluto avvicinarsi. Per poterla carezzare sulla testa, questi ha dovuto approfittare della distrazione dell’animale, tutto intento a succhiare il latte, fra i sorrisi imbarazzati dei presenti. Una cosa del tutto normale, normalissima, insomma, secondo i media. Oppure no?
Potremmo proseguire, e ricordare altri segni. Ma a cosa servirebbe, se non li sappiamo interpretare?
Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Chad Greiter su Unsplash