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O con Gesù, o con la contro chiesa di Bergoglio

Trionfante, il settimanale Famiglia Cristiana annuncia ai suoi lettori, venerdì 15 ottobre 2019, in un articolo a firma di Alberto Chiara, che

"L’Eucaristia non è il sacramento dei perfetti, ma di coloro che sono in cammino". Lo hanno detto i padri sinodali, secondo quanto riporta una sintesi riportata dalla Sala stampa vaticana. Stamane s’è svolta la terza Congregazione generale; 32 gli interventi effettuati. La Chiesa, in materia di famiglia, "deve offrire il suo insegnamento in maniera più incisiva, presentando la dottrina non come un elenco di divieti, ma facendosi vicina ai fedeli, così come faceva Gesù", è stato detto oggi in Aula: "I cattolici vanno sì protetti, ma anche preparati meglio". In questo modo, "agendo con empatia e tenerezza, sarà possibile ridurre il dovario tra la dottrina e la prassi, tra gli insegnamento della Chiesa e la vota quotidiana delle famiglie". Perché ciò che occorre — è l’orientamento condiviso dai Padri — non è una scelta tra la dottrina e la misericordia, ma l’avvio di una pastorale illuminata, per incoraggiare soprattutto le famiglie in difficoltà, che spesso avvertono un senso di non appartenenza alla Chiesa. E proprio sulle copie in difficoltà, i divorziati risposati, è tornato a riflettere il dibattito odierno: "A loro, si è detto, "la Chiesa deve presentare non un giudizio, ma una verità, con uno sguardo di comprensione, perché le gente segue la verità e segue la Chiesa se essa dice la verità".

Tutto ciò è molto carino, molto dolce, tenero ed empatico; c’è solo un dettaglio che non torna: che Gesù, contrariamente a quanto affermano i vescovi del sinodo, non faceva affatto così: non si faceva vicino" ai fedeli per svalutare il proprio insegnamento, annacquarlo e ridurlo alla misura delle umane debolezze, ma, al contrario, pretendeva il massimo da quanti volevamo seguirlo seriamente, e non per finta:

Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste (Matteo, 5, 48).

Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua (Luca, 9, 23).

Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua (Matteo, 10, 34).

Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna. E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna. Fu pure detto: Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto di ripudio; ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all’adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio (Matteo, 5, 29-32).

Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo (Luca, 14, 26-27).

Dunque, Gesù non dice al divorziato risposato: ti sono vicino nella tua fragilità, tu fai parte della Chiesa, tu non sei perfetto ma io mi accontento di quel che sei e di quel che fai: tutti concetti, peraltro, che il signor Bergoglio aveva già espresso nell’esortazione apostolica Amoris laetitia, dove era arrivato ad affermare, non per nulla suscitando la costernazione dei quattro cardiali che invano gli hanno chiesto, a nome del popolo cristiano, i doverosi chiarimenti (§§ 303-304):

3. A partire dal riconoscimento del peso dei condizionamenti concreti, possiamo aggiungere che la coscienza delle persone dev’essere meglio coinvolta nella prassi della Chiesa in alcune situazioni che non realizzano oggettivamente la nostra concezione del matrimonio. Naturalmente bisogna incoraggiare la maturazione di una coscienza illuminata, formata e accompagnata dal discernimento responsabile e serio del Pastore, e proporre una sempre maggiore fiducia nella grazia. Ma questa coscienza può riconoscere non solo che una situazione non risponde obiettivamente alla proposta generale del Vangelo; può anche riconoscere con sincerità e onestà ciò che per il momento è la risposta generosa che si può offrire a Dio, e scoprire con una certa sicurezza morale che quella è la donazione che Dio stesso sta richiedendo in mezzo alla complessità concreta dei limiti, benché non sia ancora pienamente l’ideale oggettivo. In ogni caso, ricordiamo che questo discernimento è dinamico e deve restare sempre aperto a nuove tappe di crescita e a nuove decisioni che permettano di realizzare l’ideale in modo più pieno.

304. È meschino soffermarsi a considerare solo se l’agire di una persona risponda o meno a una legge o a una norma generale, perché questo non basta a discernere e ad assicurare una piena fedeltà a Dio nell’esistenza concreta di un essere umano…

Si noti, fra parentesi, che qui il signor Bergoglio, oltre a svilire l’indissolubilità del matrimonio e ad aprire la porta all’Eucarestia per i divorziati risposati, dice due bestemmie: svaluta le buone opere, nel solco dell’eretica dottrina di Lutero (§ 304), a vantaggio della sola fede; e attribuisce a Gesù Cristo un comportamento meschino, perché Gesù guardava eccome, all’agire delle persone, non in base a una generica "norma generale", come lui perfidamente dice, ma alla sua Parola divina, che è il Vangelo stesso. Si noti poi la sottile malizia dei padri sinodali, i quali parlano di "famiglie in difficoltà" per intendere, invece, i divorziati risposati. I divorziati risposati non sono affatto "famiglie in difficoltà": sono persone che hanno distrutto la propria famiglia, infrangendo la sacra promessa del Sacramento matrimoniale, per formare una nuova unione adulterina, che, dal punto di vista cristiano, non è una vera famiglia, perché le mancano tutti i requisito essenziali per esser considerata tale. A meno che si voglia dire che dove c’è amore c’è famiglia, come stucchevolmente ripetono i mass-media imbeccati dalla lobby omosessualista, protesa a far passare nella mappa concettuale delle persone l’idea, nuova e aberrante, che qualsiasi unione, di qualsiasi genere, stabile o temporanea, benedetta da Dio oppure no, e perfino se formata da persone del medesimo sesso, magari con bambini fatti nascere con tecniche abominevoli o acquistati per contratto da donne incinte bisognose, è una famiglia e, per giunta, una famiglia che si può considerare "cristiana", e sia pure "in difficoltà". Ma ad essere in difficoltà non è la nuova unione, evidentemente voluta dai contraenti con tutte le loro forze, al punto da rompere la promessa di fedeltà al legittimo coniuge e da esporrei i figli al trauma della separazione e della ricomposizione di un nuovo nucleo irregolare; ad essere in difficoltà, anzi peggio, ad essere calpestata, umiliata e offesa, è la sola, vera e legittima famiglia cristiana: quella consacrata innanzi a Dio. E senza dubbio proprio questa è la perfida, subdola intenzione dei "padri sinodali", che dovremmo piuttosto chiamare "serpenti sinodali": quella di preparare il terreno, psicologicamente, antropologicamente e perfino teologicamente, all’accettazione di queste nuove "famiglie" e alla loro piena e perfetta equiparazione alla sola famiglia che la Chiesa abbia sempre, per quasi duemila anni, riconosciuto come tale, legittima davanti agli uomini e in grazia di Dio.

Queste non sono nostre opinioni private e campate per aria; sono ormai parecchie, ed insigni, le personalità del mondo cattolico che fanno questa lettura del Sinodo per l’Amazzonia. Il professor Douglas Farrow, per esempio, docente di Teologia e Pensiero cristiano alla pubblica Università McGill di Montreal, in Canada, ha scritto su FirstThings.com del 17 ottobre 2019 che una chiesa chiamata a essere ancor più sinodale, a esser fatta di carne e ad a incarnarsi nelle culture esistenti, è una chiesa bergogliana e non la Chiesa cattolica; e ha aggiunto che essa è una falsa chiesa, perché divinizza se stessa al posto di Cristo e quindi è oggettivamente anti-cristiana. Dopo di che Farrow pone questa scomoda, ma ineludibile domanda: Come possono le due chiese, quella vera e quella falsa, avere lo stesso pontefice?; il che implica una risposta negativa e quindi, se la logica non è un’opinione, che il signor Bergoglio ormai viene ritenuto un anti-papa, e non il papa legittimo della vera Chiesa cattolica, da autorevoli esponenti del mondo cattolico. Ci permettiamo solo di precisare che, se una chiesa è anti-cristiana, non è solo una falsa chiesa, ma una vera e propria contro-chiesa, vale a dire la Sinagoga di Satana di cui parlano le Scritture. Citando dell’articolo del professor Farrow, il cardinale Gerhard Müller, ex prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha scritto su LifeSiteNews.com, il 22 ottobre, che è molto calzante. Ha usato proprio quest’espressione: molto calzante. Dunque un cardinale della Chiesa romana, che è stato Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, dice che la chiesa del signor Bergoglio è falsa e anticristiana. Ci sarebbe da sfar sobbalzare sulla sedia qualsiasi fedele cattolico, anche il più tiepido e conformista. Invece, sarà distrazione, sarà qualcos’altro, e di meno limpido, pare che ancora nessuno voglia prendere atto del fatto che lo scisma, nella chiesa cattolica, c’è già; e che ad appiccare le polveri è stato lui, Berogoglio, attorniato dai suoi Paglia, Galantino, Sosa, Kasper, Spadaro, Bianchi, Parolin, Bassetti e compagnia bella, con tutte le loro chiacchiere sull’ambiente, sui migranti, sull’inclusione, sulla madre Terra, sulla dea Pachamama, sugli stregoni dell’Amazzonia e sulle culture indigene, nonché sulla chiesa dei poveri (con stipendi da 35.000 euro al mese per i suoi più sfegatati banditori, come il cardinale Maradiaga). Per non parlare di personaggi ancor più oscuri e compromessi, anche sul versante morale, come monsignor Pena o monsignor Ricca, e come lo era anche il cardinale McCarrick, prima che gli scandali sessuali e le inchieste della magistratura americana lo mettessero fuori gioco: ma Bergoglio sapeva tutto e non ha fatto nulla, anzi l’ha lasciato in cima alla piramide della chiesa americana fino all’ultimo minuto. In compenso è stato monsignor Carlo Maria Viganò a doversi nascondere, e da un anno vive in località sconosciuta: la sua colpa, aver reso pubblico che sin dal 2013 aveva informato Bergoglio delle malefatte di McCarrick, e quindi aver chiesto pubblicamente da lui un gesto di responsabilità e di coerenza con quel che va sempre predicando, dimettendosi. Prudenza non esagerata, se si considera quel che succede a chi non è in linea con Bergoglio e, più in generale, con la "svolta conciliare", portata avanti dai gesuiti con estrema spregiudicatezza, e in particolare dalla mafia di San Gallo e dal partito delle Catacombe, quello che il 16 novembre ’65, per iniziativa di quarantadue vescovi e cardinali presenti al Concilio, s’impegnò a lottare strenuamente per trasformare la Chiesa cattolica in una chiesa dei poveri: alla faccia del diritto canonico che fa divieto tassativo di creare conventicole all’interno del clero per condizionare l’azione dei pontefici o per promuovere cambiamenti nella vita della chiesa. La strana e repentina dipartita di Giovanni Paolo I; le strane e repentine dimissioni di Benedetto XVI; la strana e repentina iniziativa giudiziaria che ha travolto e incarcerato il cardinale Pell in Australia, tanto per citare tre casi clamorosi ed emblematici, dovrebbero dare un’idea di quel che può capitare a chi, nella chiesa, non è pronto e disposto a uniformarsi interamente al nuovo indirizzino impresso al corpo ecclesiale dopo il Concilio. Pertanto Viganò fa bene a tenersi al riparo: quella gente è capace di tutto. Non hanno scrupoli, tanto più che ci sono in ballo anche grosse questioni finanziarie, con una chiesa che, essendo sempre meno credibile, è anche sempre più a corto di denaro, perché il rubinetto delle offerte e delle donazioni pare sia stato chiuso e quindi è iniziata la caccia selvaggia a metter le mani sui beni dei singoli ordini e delle singole congregazioni. Questa è senz’altro una spiegazione plausibile della crudele e ingiustissima persecuzione voluta da Bergoglio, sin dall’inizio del suo pontificato, ai danni di una splendida realtà di fede come i Francescani dell’Immacolata. La loro colpa, oltre a quella di essere un po’ troppo legati alla Tradizione, era forse anche quella di avere un ricco patrimonio, che faceva gola ai signori dello I.O.R. e della Curia romana. E chi sono questi signori? Si vada a vedere i loro nomi e si capirà che tutto si tiene e il cerchio si chiude: una stessa regia muove le fila sia della persecuzione degli ordini cattolici, sia dell’indifferentismo e il sincretismo spacciati per dialogo interreligioso, sia della propaganda omosessualista che, come un cancro, e sempre ad opera dei gesuiti (James Martin) sta divorando le membra della Sposa di Cristo. E di fronte a tutto questo sfacelo, che fa il signore argentino? Dice, con cinismo, di non temere lo scisma. Certo, che non lo teme: anzi è ciò che vuole; è la ragione per cui è stato eletto indegnamente papa. Però, estrema e diabolica malizia, vuol farne ricader la colpa sugli altri, cioè sui veri cattolici…

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Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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