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Povero San Pio X, in che modo lo raccontano i cattolici

Pietro Scoppola (Roma, 1926-ivi, 2007) è stato un o storico e un politico cattolico di primo piano fra gli anni ’60 e i primi anni ’90, vale a dire dagli anni dell’egemonia democristiana a quelli della costruzione del compromesso storico fra i cattolici di sinistra e gli ex comunisti, non a caso elogiato da Giorgio Napolitano come un illuminato interprete del pensiero e del movimento cattolico, fautore del dialogo ecc.; e sappiamo bene quale sia il vero significato della parola "dialogo" per i progressisti, specialmente se cattolici o "amici" dei cattolici. Fin dagli anni ’60 Scoppola si era adoperato per l’approvazione di una legge a favore del divorzio e quando essa venne approvata, nel 1974 fu tra i fautori del "no", contribuendo così al suo mantenimento. Eletto senatore dal 1983 al 1987 (nona legislatura) come indipendente nelle liste della DC, nel 1992, coerentemente con la sua storia di cattolico "illuminato", aderì all’Unione dei Progressisti, avvicinandosi poi alla Margherita e ai Popolari. È a lui che il direttore della vasta Storia di Cristo e della Chiesa, in cinque volumi, pubblicata nel 1984 dalla Editrice Saie, che era anche il direttore del mensile omonimo, Antonio Tarzia, aveva chiesto, fra l’altro, di redigere il capitolo "spinoso" dedicato alla figura e all’opera di san Pio X (vol. 5, pp. 916-921). Spinoso perché l’opera, in linea col cattolicesimo progressista, è tutta tesa a magnificare il Concilio Vaticano II, presentato quasi come il Punto Omega (se volessimo usare il linguaggio di Teilhard de Chardin), cioè come una rinascita della Chiesa e una seconda Pentecoste, e quindi esalta tutte le figure e i movimenti che in un modo o nell’altro hanno precorso il Concilio, compresi alcuni modernisti, mentre si trova in imbarazzo davanti a una figura gigantesca come quella di san Pio X, che combatté strenuamente il modernismo e che quindi rappresenta, agli occhi dei cattolici di sinistra, una vera e propria bestia nera, ma che tuttavia, per decenza o per ipocrisia, nessun cattolico deghe vuol chiamarsi tale può ignorare, o disprezzare, o sminuire, se non adoperando tutte le cautele e tutte le precauzioni del caso. Cautele e abili "non detto" che si notano già nel titolo del capitolo, Gi anni duri di papa Sarto, che, suggerisce l’idea di una "durezza" del papa, più che del periodo storico, anche se non può dirlo esplicitamente, un po’ come quando si dice Ma che bel cagnolino, per lodare, invece, la sua padrona che lo porta a spasso al guinzaglio; concetto suggerito anche dall’illustrazione di apertura, un ritratto di papa Sarto in cui viene sottolineato lo sguardo freddo e duro, quasi cattivo, che subito predispone il lettore in senso sfavorevole a questo papa "conservatore" e chiuso alle legittime istanze di apertura e rinnovamento.

Affinché il nostro lettore possa farsi un’idea del grado di obiettività di Scoppola nel delineare la figura di questo grande pontefice, che aveva ben compreso l’estrema gravità della minaccia rappresentata dalle nuove tendenze che fermentavano nel mondo cattolico e nella Chiesa stessa, e che le ha contrastate con l’energia necessaria, forte di una visone realmente profetica, visto quel che sta accadendo negli ultimi decenni, sotto i nostri occhi, dopo che tali tendenze hanno conquistato il vertice della Chiesa, ci limitiamo a riportare il giudizio complessivo che lo storico dà, appunto, dello scontro fra Pio X e il modernismo (cit., pp. 920-921):

Ancor più duro il conflitto si delineò sul terreno della cultura [dopo quello con la Francia laicista e repubblicana di Emile Combes, che nel 1905 aveva denunciato il Concordato e incamerato i beni della Chiesa]. Da tempo si sentiva una profonda necessità di rinnovamento sul terreno teologico, filosofico, apologetico, in materia di studi storici e di critica biblica. Era stato messo in discussione il legame — privilegiato se non esclusivo — della fede con la filosofia tomista. Si cercavano nuove espressioni culturali del messaggio cristiano. Si affermava l’esigenza di applicare, senza riserve e timidezza, i criteri della ricerca filologica e storica, anche alla storia della Chiesa, delle origini cristiane, e agli stessi libri sacri. Nell’ambito di questo movimento, certamente assai ricco e profondo, si erano poi manifestate tendenze diverse, e orientamenti incompatibili con la fede cristiana. A posizioni più sfumate ed equilibrate, come quelle espresse sul piano filosofico dal Blondel, o sul piano biblico dal Lagrange, si contrapponevano posizioni più nette, come quelle cui era approdato il Loisy nel campo della storia del cristianesimo. Altri come l’inglese Tyrrell e il barone von Hugel, una eccezionale figura di studioso e di cattolico, vivevano l’esperienza di una tormentosa ricerca. Nel suo insieme, questo vasto fenomeno culturale prese il nome di "modernismo". Era un movimento complesso, in cui grandi energie intellettuali e morali si intrecciavano con grossi elementi di confusione.

Pio X intervenne cin energia eccezionale. Dopo una prima condanna, con il decreto "Lamentabili", di 65 proposizioni modernistiche, desunte per lo più dalle opere del Loisy, un secondo e più pesante intervento fu quello dell’enciclica "Pascendi" (1907). In questo documento, le dottrine modernistiche venivano ricondotte a un’unica fonte e presentate cime fra loro necessariamente coerenti; cosicché, notava l’enciclica, "chi ammette una cosa deve accettare tutto il resto".

La realtà del movimento culturale cui l’enciclica si rivolgeva era in molti casi forzata, le complessità negate un favore di un’astratta chiarezza. Il modernismo veniva presentato come un corpo organico di dottrine, la "sintesi di tutte le eresie", e perciò duramente colpito.

L’enciclica "Pascendi" inasprì i nuovi orientamenti: vi furono tentativi di risposta alle sue affermazioni, come il "Programma dei modernisti" scritto da Ernesto Buonaiuti (anche se coperto dall’anonimato) e le ancor più radicali "Lettere di un prete modernista", anch’esse anonima opera di Buonaiuti. Così, radicalizzando le loro posizioni, i modernisti finirono in molti casi con il dar ragione al documento papale.

Più gravi e più dure furono le misure di controllo e di repressione adottate nei seminari, negli atenei ecclesiastici e in ogni ambiente cattolico. In questo clima operò, con esiti drammatici perla Chiesa, l’organizzazione segreta "Sodalitium Pianum", creata da monsignor Umberto Benigni, detta comunemente la "Sapinière". Si diffuse nel mondo cattolico un clima di delazione e di vero spionaggio; vescovi e cardinali illustri per pietà e dottrina furono accusati di debolezze e simpatie per i modernisti. Uomini di grande fede e profonda cultura furono obbligati al silenzio. Ogni limite di tolleranza e di carità fu talvolta superato.

Pio X morì il 20 agosto 1914, sopraffatto da problemi forse superiori alla sua cultura e alle sue attitudini di governo. Un pontificato che si era aperto in un clima di mitezza e di grandi speranze religiose si chiudeva in mezzo a tensioni drammatiche, in un’Europa nella quale il grande massacro della prima guerra mondiale era già cominciato.

L’insofferenza e l’antipatia di Scoppola nei confronti di san Pio X trasudato da ogni riga, ma sono abbastanza ben dissimulati dietro abili gridi di frase e osservazioni volutamente ambigue. Il problema è che la gran maggioranza del pubblico, anche e vorremmo dire soprattutto dei cattolici, conosce poco e male la storia della Chiesa; ci sono molte perone che praticamente non hanno mai letto la Bibbia e neppure i Vangeli; figuriamoci la storia ecclesiastica, compresa quella recente. Quel che sanno è che c’è stato un evento meraviglioso e ispirato (ma da chi?), il Concilio, che ha rotto un muro di vecchiume e di conservatorismo e avviato le magnifiche sorti e progressive, tuttora in corso. Perciò un lettore di Jesus, un lettore cattolico quindi, legge questa pagina e crede di essere stato infornato obiettivamente di cosa sia stato il pontificato di Pio X: vale a dire chiusura, durezza, provincialismo, incapacità di comprendere il nuovo che avanza e, peggio ancora, tirannia poliziesca. Il papato di Pio X era cominciato bene, all’insegna della mitezza (ma da quando la mitezza è la virtù fondamentale richiesta a un pontefice? non lo è invece la fermezza nel custodire e difendere il Deposito della fede?), ma finito male, in un cima cupo, a quanto si capisce per colpa soprattutto della rigidità del papa e per la sua modestia culturale — e qui, Scoppola riprende senza vergogna la critica, o meglio la denigrazione, di Buonaiuti, che nelle Lettere di un prete modernista definisce il papa un parroco di campagna ignorante. Il modernismo? Un semplice "movimento culturale", nel quale c’erano cose buone e meno buone. Ma se fosse stato solo questo, cioè un movimento culturale, non si capisce perché il papa avrebbe dovuto, o potuto, intervenire attraverso il Magistero straordinario e anche attraverso specifiche misure disciplinari nel clero, in particolare col giuramento antimodernista. Oppure è stato una specie di fisima del papa, perché il modernismo, a ben guardare, non era che un incrociarsi di pensieri e proposte assai diversi fra loro, comunque nel complesso "assai ricchi e profondi; ed è stata la Pascendi a unificarli, arbitrariamente. I modernisti, poi, hanno finito per radicalizzarsi e dar così ragione al papa, reagendo alla sua "persecuzione". Come dire che, se il papa non li avesse "provocati", essi sarebbero rimasti sostanzialmente innocui; e ciò nonostante che l’Autore ammetta che vi erano anche degli "orientamenti incompatibili con la fede cristiana". Ma questa lettura è totalmente faziosa fuorviante. Il modernismo non era un movimento culturale, se non in parte; era anche e soprattutto un movimento di riforma religiosa, per non dire di rivoluzione, quanto mai esplicito. I suoi esponenti intendevano mutare aspetti decisivi della fede cattolica, e non solo questioni riguardanti la filologia o la critica storica. Il papa comprese la sua pericolosità e comprese anche che esso raccoglieva tutto un bacino di scontenti, d’irrequieti, di imprudenti, di velleitari e soprattutto di cattolici, laici e membri del clero, che si erano stancati della fedeltà al Magistero perenne e volevano cercare un accomodamento con il mondo moderno, con la sua cultura, con la sua morale, con la sua politica. Chi sarebbero gli "uomini di grande fede e di profonda dottrina" che vennero ridotti al silenzio? Quel pasticcione del barone von Hugel, oppure Fogazzaro, che cerca di mescolare fede ed evoluzionismo (come farà il gesuita eretico Teilhard de Chardin) e si balocca coi suoi ridicoli personaggi, come Pietro Maironi, incerti fra il richiamo della carne e il sogno di un ascetismo claustrale e di una rigenerazione evangelica del mondo? Oppure lo storico Buonaiuti? Ma Buonaiuti non fu "ridotto al silenzio": seguitò imperterrito a spargere il suo veleno, nascondendosi dietro l’anonimato e negando perfino di aver scritto lui le Lettere e il Programma: questo per dire la statura morale del personaggio, uso a scagliare la pietra e nascondere la mano. Lo stesso Scoppola dice che queste personalità "vivevano una tormentosa ricerca". Perché tormentosa? Perché caratterizzata dalla irrequietezza, dalla superbia intellettuale, dall’insofferenza verso la Tradizione. La ricerca di colui che va onestamente incontro a Dio non è mai tormentosa, anche se può essere difficile, perché è rischiarata dallo spirito di umiltà, che domanda la grazia della fede. Un’anima tormentata non ha trovato, o ha trovato male, perché in lei la superbia fa resistenza alla Verità, pertanto essa può solo trasmettere confusione e turbamento alle altre anime: in tal caso, meglio che taccia.

La vicenda del modernismo e della sua scomunica, in conclusione, è presentata sotto una luce falsa e a Pio X non viene riconosciuto altro merito che di aver iniziato il suo pontificato in maniera mite. Come dire: se ci fosse stato un altro papa al suo posto, uno più aperto, più colto, più moderno, la Chiesa si sarebbe risparmiata tensioni e scomuniche e magari il Vaticano II sarebbe arrivato mezzo secolo prima. Perché è questo il nodo ultimo della questione: il Concilio. Se si vuole esaltare il Concilio, bisogna per forza minimizzare la minaccia rappresentata dal modernismo per la fede cattolica, e dunque, logicamente, bisogna porre Pio X in una luce sfavorevole, suggerendo una sua inadeguatezza, una sua incomprensione dei tempi nuovi. Ma la verità è esattamente opposta. Gli storici come Pietro Scoppola la presentano così perché, diversamente, dovrebbero ricordare che il futuro papa Pacelli era ottimo amico sia di Romolo Murri, sia di Ernesto Buonaiuti, e quindi che le idee dei modernisti, che erano radicali ben prima che arrivasse la Pascendi, sono passate tutte quante, ampliate e approfondite, nei documenti del Concilio, specie i più rivoluzionari, come la Dignitatis humanae e la Nostra aetate. Anche la cosiddetta riforma liturgica di Paolo VI, che un realtà fu una rivoluzione, viene da lì: dalle idee dei vari Loisy, Tyrrell, Buonaiuti. Inutile dire che le stesse idee, portate fino all’estremo, sono le linee guida del signor Bergoglio. Lo scandaloso sinodo per l’Amazzonia, preceduto da una cerimonia tribale e animista nel corso della quale gli astanti, fra i quali un frate cappuccino, e alla presenza del sedicente papa, si sono prostrati bocconi, in circolo, sotto la direzione di una sciamana, per adorare la Madre terra, è l’esito estremo della deriva modernista. La quale, ponendo l’uomo al centro del fatto religioso, sciogliendolo dalla Tradizione e dichiarando i diritti della storia sulla stessa teologia, cioè storicizzando i contenuti della fede, necessariamente finisce per scordarsi che egli è creatura, e che nulla può fare se non è in grazia di Dio. Cosa che sta accadendo: Bianchi, Kasper, Bergoglio, vorrebbero darci una "fede" senza Cristo.

Fonte dell'immagine in evidenza: RAI

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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