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La vera, grande miseria umana è l’assenza di Dio

La vera povertà dell’uomo e la sua più grande miseria non sono quelle di ordine materiale, ma consistono nell’aver cacciato Dio dalla propria esistenza e nel pretendere di poter continuare a vivere senza di Lui, facendo tutto da soli; e, in particolare, stabilendo da soli cosa siano il bene e il male. Questa è la forma più bassa e degradante di miseria da cui gli esseri umani possono essere afflitti e tormentati.

Più di due anni fa avevamo fatto una facile profezia: che, dopo i Francescani dell’Immacolata, il piccone della demolizione anticattolica di Bergoglio si sarebbe abbattuto sugli Araldi del Vangelo, l’associazione privata di fedeli di diritto pontificio fondata nel 2001 da monsignor João Scognamiglio Clá Dias e ispirata al pensiero teologico e sociale del filosofo Plinio Correa de Oliveira, che era stata approvata ufficialmente dalla Chiesa nel 2001, durante il pontificato di Giovanni Paolo II (cfr. l’articolo Il cristiano non ripone la sua speranza nel mondo, pubblicato sul sito dell’Accademia Nuova Italia il 25/07/17). E così sta avvenendo. La facilità della profezia, purtroppo, risiedeva nel fatto che l’impostazione religiosa degli Araldi del Vangelo è esplicitamente anti-moderna, senza tentennamenti o debolezze di sorta, e quindi sul fatto che essi, per il solo fatto di esistere, non possono non dare ombra alla rivoluzione anticattolica del signor Bergoglio, la cui prospettiva e i cui obiettivi sono letteralmente agli antipodi del loro modo d’intendere il Vangelo, quanto mai fedele alla Tradizione.

Sarebbe tuttavia un grave errore pensare che la vicenda dei Francescani dell’Immacolata, che si trascina da sei anni nella perfetta indifferenza dei mass-media e specialmente di quelli progressisti, ivi compresi quelli ex cattolici, anzi, essi in modo speciale, o la vicenda relativa ai Cavalieri di Malta, o, adesso, quella che si sta aprendo ai danni degli Araldi del Vangelo, siano cose che riguardano solo qualche modesta frangia di cattolici tradizionalisti. La verità è che il cattolicesimo è uno ed uno solo, non ce ne sono due o tre, in particolare non c’è e non ci deve essere una destra e una sinistra, perché, se così fosse, vorrebbe dire che non c’è più il Vangelo di Gesù Cristo, ma al suo posto ci sarebbero delle fazioni che ne sfruttano il nome per perseguire dei propri fini particolari, che non sono più quelli indicati da Gesù Cristo, ma tutt’altra cosa. In questo senso la Chiesa è riuscita, e pur avendo al suo interno sfumature e sensibilità diversificate, a conservare la propria coesione per millenovecento anni, sia pure al prezzo di molte tensioni, di alcune eresie, di alcuni scismi, e facendo ricorso anche a una severa repressione, che se è stata eccessiva e criticabile sul piano materiale, è stata però salutare e assolutamente legittima sul piano dottrinale e su quello disciplinare, perché solo grazie ad essa ha conservato intatto il Deposito della fede. Questa è l’idea di quelli che oggi vengono chiamati "cattolici tradizionalisti", mentre sono semplicemente cattolici, senz’altri aggettivi: tali che il loro cattolicesimo non diverge in alcun punto dal cattolicesimo dei nostri nonni, dei nostri trisavoli e di tutti quelli che hanno accolto il Vangelo di Gesù, fin dai primi tempi, cioè fin dal nascere della Chiesa. Al contrario, l’idea di quelli che oggi usurpano il nome di cattolici, mentre sono dei modernisti travestiti da cattolici, è che il contenuto della fede deve tener conto dei cambiamenti storici, sociali, culturali, e quindi deve essere rinnovato e rivisto ogni qualvolta resta indietro, per così dire, rispetto all’evoluzione della società profana. Quest’idea, che è l’idea di Rahner, di Kasper, di Bergoglio, di Sosa, di Martin, di Bassetti, di Zuppi, di Perego e di cento e cento altri signori che si spacciano per pastori del gregge cattolico, mentre sono dei modernisti che abusano del nome di cattolici, è un’idea profondamente e subdolamente eretica e apostatica: pretende di rifare il cattolicesimo, con la sua dottrina e la sua morale, oltre che con la sua liturgia, mettendolo a rimorchio del mondo laico, invece di porsi lui come punto di riferimento e come centro di attrazione per la conversione del mondo. È il segno distintivo di una falsa chiesa che, avendo rinunciato a convertire gli altri, si è convertita lei ad essi.

La questione centrale è quella della Verità, se è una o se ce ne sono molte; dunque la questione del relativismo. Se ci si mette nell’ottica del cosiddetto dialogo interreligioso e, più ancora, in quella della libertà religiosa, sancite rispettivamente dalla Nostra aetate e dalla Dignitatis humane, frutti velenosi del Concilio Vaticano II, per forza di cose si approda al pluralismo religioso e quindi sia al relativismo che all’indifferentismo: non importa che religione si accolga, o se non ne accolga alcuna perché si rifiuta Dio, basta seguire la propria coscienza e qualunque percorso si faccia, si giungerà alla meta (ma quale?), dato che non esiste una strada esclusiva per la Verità e, inoltre, che Dio ha sparso dei semi di verità su tutte le strade e in tutti i sentieri. Ma questa idea è la negazione del Vangelo e il tradimento di Gesù Cristo. Gesù, infatti, non ha detto: Credi in ciò che vuoi e fa’ quel che ti sembra meglio; bensì: Convertiti al mio Vangelo, e fa’ quel che Dio ti chiede di fare, perché Io sono la via, la verità e la vita. È inutile girarci attorno: o si crede in questo cattolicesimo, che poi è il solo e autentico cattolicesimo, o si è relativisti e indifferentisti, e allora va bene tutto e anche il contrario di tutto. Per Bergoglio — lo ha messo nero su bianco nel documento di Abu Dhabi — va bene qualsiasi cosa; per un cattolico, no. Dunque, Bergoglio non è cattolico: se qualcuno avesse nutrito ancora dei dubbi, dei timori o delle speranze, ora finalmente i giochi sono chiari e la maschera è stata lasciata cadere del tutto. Non è più tempo di avanzare dei Dubia — peraltro, abbiamo visti tutti che costui non si degna di rispondere — e neppure di Correctiones filiales, ma di dire sì, sì, e no, no, come Gesù ha insegnato. Questo signore che si fa passare per papa non è cattolico, odia i cattolici e li denigra, li sbeffeggia e li perseguita; viceversa, ama e protegge gli eretici, i profanatori del Vangelo e i nemici mortai della religione e della morale cattoliche, come la signora Bonino. E infatti, questo signore dice e ripete che non bisogna cercar di convertire nessuno, ma che ciascuno deve restare nel solco della propria fede, perché tale (incredibile affermazione, se venisse da un cattolico) è la volontà di Dio. Dunque la volontà di Dio non è che tutti gli uomini credano alla Buona Novella e trovino in essi i mezzi per una vita santa in questo mondo, e per la beatitudine eterna nell’altro, ma che chi è nelle tenebre dell’errore ci rimanga, senza timore per le conseguenze, sia in questo mondo che in quello che ci attende dopo la morte. E infatti, Bergoglio se ne va in giro per il mondo e si guarda bene dal predicare Cristo; in certi viaggi cosiddetti apostolici, non lo nomina neppure, perché ciò non gli sembra politicamente corretto; riprende e disapprova i cattolici che si propongono di convertire i pagani, ossia i seguaci delle false religioni. Del resto, è dai tempi del concilio che l’espressione "false religioni" è stata di fatto abolita, appunto in ossequio al dialogo e al pluralismo. Ma cosa c’è di sbagliato in essa? La Verità è una, o non è; e anche Dio è uno, o non è. Se si crede nel Dio di Gesù Cristo, si crede anche nella sola Verità che è rappresentata da Lui e dal suo Vangelo; se non ci si credere, allora ci si fabbricano degli idoli e li si adora, ma sono soltanto idoli e non conducono alla verità, ma alla perdizione.

In questi tempi bui, nei quali un signore che si fa chiamare papa viene ascoltato e acclamato come tale (ma sa tanto bene di non esserlo, da non aver osato abitare nel Palazzo dei veri papi, e aver scelto una casa religiosa il cui direttore è un notorio prelato omosessuale e quasi certamente massone), fa bene alla mente e al cuore rileggere la pastorale dei veri preti cattolici di un tempo non troppo lontano, per i quali questi concetti erano talmente evidenti da non aver bisogno di alcuna particolare giustificazione. Ecco, ad esempio, come predicava un sacerdote austriaco che sarebbe diventato un grande missionario tra i "fratelli lontani", come lui li chiamava, della Cina, per poi venire proclamato santo, Giuseppe Freinademetz (1852-1908), ladino della Val Badia, quando era ancora un giovane di venticinque anni e predicava nella chiesa del suo paese natale, Oies (da: Fritz Bornemann, Giuseppe Freinademetz, missionario verbita; titolo originale: Der selige P. J. Freinademetz; traduzione di don Angelo Polato, Bologna, E.M.I., 1980, pp.25-26):

Durante i due mesi di vacanza predicò diverse volte nella chiesa del suo paese natale. Parlò sulla famiglia cristiana esemplare, sul valore delle indulgenze, sui peccati della lingua, sulla vera devozione alla Madonna e sul valore del s. Rosario. Una volta tenne una predica anche a La Villa. Per illustrare quanto sia fortunato chi possiede la fede cristiana, descrisse in questa predica molto esaurientemente la miseria morale e spirituale dei pagani. L’uomo è in grado di sopportare le sciagure più gravi e le situazioni più pesanti se crede in Dio e nella sua Provvidenza, e se è convinto che Dio gli è sempre vicino. Ci sono però uomini che si trovano in situazioni mille volte più tragiche di quanto possiamo trovarci noi nella nostra miseria più nera: e questi sono coloro a cui manca la fede in Dio. Forse la metà degli uomini si trova in questa situazione. Sono questi coloro ai quali il Sole della Giustizia non si è ancora rivelato, che vivono ancora nelle tenebre, che nulla sanno di un Dio misericordioso, che non conoscono Gesù e il suo Cuore sacratissimo. Se in questa nostra valle di lacrime esiste una qualche infelicità, questa può essere una soltanto: essere pagani e non cristiani. A colori vivaci e con esempi forti descrive poi la miseria morale spirituale dei pagani e conclude il suo dire con la preghiera: "Cieli, apritevi e donateci il Salvatore!"

Che aria buona si respira in questi concetti, in queste parole; come si sente la luce e la consolazione del vero Magistero, quello di sempre; non certo quello di Bergoglio e dei seguaci del Concilio!

L’uomo è in grado di sopportare le sciagure più gravi e le situazioni più pesanti se crede in Dio e nella sua Provvidenza, e se è convinto che Dio gli è sempre vicino. Invece Bergoglio dice di essere pieno di dubbi; dice che la Madonna, dopo la Morte di Cristo sulla Croce, si sentiva ingannata da Dio; dice ai bambini (scandalo supremo!) che non c’è una risposta al mistero della sofferenza, e che bisogna diffidare di chi afferma di averla.

Ci sono però uomini che si trovano in situazioni mille volte più tragiche di quanto possiamo trovarci noi nella nostra miseria più nera: e questi sono coloro a cui manca la fede in Dio. Bergoglio invece considera suoi amici degli atei dichiarati e militanti, come Eugenio Scalfari, e non solo non fa assolutamente nulla per trasmettere loro la Verità, ma si compiace, con essi, di definire l’apostolato una solenne sciocchezza, sue parole testuali.

Forse la metà degli uomini si trova in questa situazione. Sono questi coloro ai quali il Sole della Giustizia non si è ancora rivelato, che vivono ancora nelle tenebre, che nulla sanno di un Dio misericordioso, che non conoscono Gesù e il suo Cuore sacratissimo. Giuseppe Freinademetz pensava ai pagani (che oggi è assolutamente proibito indicare con questa parola), ma oggi, in questa Europa post-cristiana, la percentuale di coloro che sono esclusi dalla Verità eterna di Cristo, o che l’hanno scientemente rifiutata, è ben superiore a un secolo fa. E la cosa più triste è che molti di essi si professano ancora cattolici e che ricoprono la carica di pastori all’interno della Chiesa: ma la loro vera fede è il modernismo, e la loro vera chiesa è la massoneria; e ciò a cui si adoperano non è la conversione delle anime al fine di ricondurle a Dio, ma esattamente l’opposto: la confusione delle anime e il loro allontanamento dal Dio vero, il Dio di Gesù Cristo, che si è Incarnato Lui. Mentre gli stregoni dell’Amazzonia e i segaci di ogni culto animista, feticista e sciamanico incontrano la più viva simpatia di questo falso clero apostatico, e i falsi preti e i falsi vescovi modernisti permettono a tali stregoni di "benedire" i fedeli cattolici, in vista di quel Sinodo sull’Amazzonia che Bergoglio vuole sfruttare come un grimaldello per distruggere ciò che ancora resta della vera Chiesa di Cristo.

Se in questa nostra valle di lacrime esiste una qualche infelicità, questa può essere una soltanto: essere pagani e non cristiani. Per Bergoglio e il suo falso clero, invece, l’infelicità degli uomini è nelle loro scelte politiche, sociali ed ecologiche sbagliate; nel non accogliere i migranti/invasori, nel rifiutare il meticciato e la società senza identità, nel far sparire la biodiversità dal pianeta, nel non saper frenare il cambiamento climatico, né smaltire i rifiuti di plastica.

A colori vivaci e con esempi forti descrive poi la miseria morale spirituale dei pagani e conclude il suo dire con la preghiera: "Cieli, apritevi e donateci il Salvatore!" Ma quando mai, da cinquanta anni a questa apre, abbiamo sentito questo tipo di predica dagli amboni delle chiese, e questo tipo di preghiera dal balcone del Palazzo apostolico? Al contrario: ciò che ci viene detto e ripetuto dal clero ex cattolico, specie in questi ultimi anni, è di non parlare di quel che divide, perciò di non parlare di Gesù Cristo, il quale dice chiaro e tondo (Mt 10, 34-35): Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada. Sono venuto infatti a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre,la nuora dalla suocera. Ora si confronti il tenore della predica di san Freinademetz con quelle dei vari Paglia, Galantino, Bergoglio: e si capirà dove sta il marcio…

Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Chad Greiter su Unsplash

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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