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È stato Giovanni XXIII il persecutore di padre Pio?

È inutile girarci attorno: gli anni della più dura persecuzione contro padre Pio da Pietrelcina sono stati quelli del pontificato di Giovanni XXIII. L’atteggiamento più malevolo, i provvedimenti più ingiusti, i sotterfugi più meschini, la diffidenza più ostentata nei confronti del santo padre cappuccino hanno avuto luogo nei cinque anni che vanno dalla morte di Pio XII e il conclave che elesse papa Roncalli, nel 1958, alla morte di quest’ultimo, cui successe il conclave che elesse papa Montini, nel 1963, durante il cui pontificato la persecuzione si attenuò alquanto, anche se non cessò del tutto. Gli storici della Chiesa, specialmente se di orientamento progressista, e gli stessi biografi di padre Pio, nonostante l’affetto e la stima verso quest’ultimo, hanno cercato, per quanto possibile, di ignorare questa circostanza: come se ciò fosse possibile. È evidente che tutti quanti provano imbarazzo di fronte a un tale dato di fatto: che il più grande santo dei tempi moderni sia stato così vessato, calunniato e perseguitato dai suoi superiori proprio durante il pontificato di colui che tutti chiamano "il papa buono" (ma perché, gli altri non lo erano? e comunque la bontà deve essere l’attributo principale di un papa?), quello che carezzava i bambini (anche se non ha mai carezzato alcun bambino, ma ha solo detto ai genitori, nel corso dell’ormai celebre "discorso della luna", di dare una carezza ai bambini da parte sua). Oltretutto, Giovanni XXIII è stato santificato pochi anni fa, dal signor Bergoglio, mentre padre Pio è stato elevato alla gloria degli altari fin dal 2002, trentadue anno dopo la sua morte; e lo sarebbe stato molto prima, se misteriosi impedimenti non l’avessero ritardato per quanto possibile, e ciò durante il pontificato di papa Montini, quest’ultimo a sua volta canonizzato un anno fa, sempre dal signor Bergoglio. Insomma, un bel pasticcio. A meno che non si voglia ammettere che anche un Santo può commettere gravi errori e perfino ingiustizie nei confronti di un altro Sato, non avendolo riconosciuto: il che è poco credibile, perché sembra impossibile che un santo non "fiuti" la santità di un altro. L’altra possibilità, che non ci sentiamo certo di prospettare a cuor leggero, ma anzi con intima sofferenza, è che le due canonizzazioni, quelle di Giovanni XXIII e di Paolo VI, siano invalide, ad esempio perché proclamate da un papa che in realtà non è papa, ma un eretico e un impostore, eletto in modo illegale e come risultato di un complotto massonico nel Collegio cardinalizio del 2013. Ma fermiamoci qui. Di fronte a questa possibilità che dà quasi le vertigini, e fa tremar le vene e i polsi, ciascuno prenda la strada che gli sembra più giusta e intellettualmente onesta; e andiamo avanti.

Gli indizi di una aperta ostilità i Giovanni XXIII nei confronti di Padre Pio sono parecchi. Innanzitutto c’è la missione del Visitatore, Maccari, il quale, fin dal principio, si mostrò gravemente prevenuto contro il frate capucino, lo trattò male e fece del suo meglio, o del suo peggio, per rendergli la vita difficile. Fu quello il periodo in cui la persecuzione contro Padre Pio toccò le punte più acute e, per certi versi, grottesche: giunsero a mettergli dei microfoni nascosti nel confessionale, violando il segreto della Penitenza, pur di trovare le prove che il santo frate intratteneva rapporti illeciti con le sue penitenti. Come se ciò non bastasse, gli venne notificato che aveva il permesso di confessare le donne solo a patto di non intrattenerle nel confessionale oltre i tre minuti esatti; passato quel tempo, i frati stessi avrebbero dovuto intervenire per allontanarle. Crediamo che ben difficilmente tutto questo sarebbe stato possibile se fosse stato noto che il papa proteggeva Padre Pio, o, almeno, che intendeva essere equanime nei suoi confronti, e che avrebbe disapprovato abusi, irregolarità e violenze psicologiche contro di lui, o forme di vera e propria umiliazione del suo ministero sacerdotale. Ma ci sono anche altri fatti, meno gravi, ma più diretti, che attestano un atteggiamento poco favorevole, per non dire altro, di Giovanni XXIII nei confronti di quel frate pugliese del quale si dicevano così tante cose, sia in bene che in male, e che pure egli non ritenne mai di dover incontrare di persona, né recandosi lui a San Giovanni Rotondo (dopotutto, Giovanni Paolo II ci sarebbe andato tre volte, e la terza, già eletto papa, solo per rendere omaggio alla sua memoria), né convocandolo presso la Città del Vaticano. Per esempio, il 10 agosto ricorreva il cinquantenario dell’ordinazione sacerdotale di Padre Pio, ma l’evento venne passato completamente sotto silenzio: non ci fu la minima festa, il minimo segno di simpatia da parte delle autorità ecclesiastiche. Non giunse neppure la benedizione del papa, mentre Giovanni XXIII, la benedizione, la fece avere ad altri due frati cappuccini che celebravano il loro cinquantenario lo stesso giorno, sempre a San Giovanni Rotondo. Dunque fu una omissione deliberata: e ciò mentre la fama di Padre Pio viaggiava ormai per tutto il mondo, e da parecchi anni. Un altro episodio preciso, circostanziato. Al visitatore apostolico in procinto di partire per San Giovanni Rotondo, dove avrebbe svolto così bene la sua missione da far crescere ancora le maldicenze sul conto di Padre Pio, sia per la pretesa "truffa" delle stimmate, sia per le questioni finanziarie legate alla Casa del Sollievo della Sofferenza (evidentemente lì c’era un patrimonio che faceva gola a molti, in Vaticano), e che la concluse compilando un dossier segreto di 200 pagine, totalmente avverso al frate, Giovanni XXIII rivolse queste parole: A me preme innanzitutto l’anima di Padre Pio! Evidentemente, commenta il giornalista Rino Cammilleri, la riteneva un pericolo. Un altro episodio ancora. Roncalli, poco dopo essere stato eletto al pontificato, aveva invitato in Vaticano il suo amico di gioventù, monsignor Andrea Cesarano, che frattanto era divenuto vescovo di Manfredonia. A lui, come alla persona che, in teoria, avrebbe dovuto essere la meglio informata circa Padre Pio, Giovanni XXIII non chiese informazioni, ma partì facendo una bruttissima insinuazione: Andrea, di Padre Pio si dice tanto, tanto male. Al che il vescovo rispose: Per carità, sono tutte calunnie. E il papa, implacabile: Sono i suoi stessi frati che lo accusano. E poi tutte quelle donne… quelle registrazioni… si sentono perfino i baci. Il che dimostra che papa Giovanni, se pure non ordinò, o non autorizzò, le sacrileghe registrazioni all’interno del confessionale, le aveva però ascoltate, cosa tutt’altro che bella. Non solo: dopo averle ascoltate, era incline a ritenerle una prova di colpevolezza. Don Cesarano, che stimava padre Pio, cercò di spiegargli che molte donne, compresa la sua stessa sorella, avevano l’abitudine di baciare la mano del cappuccino. A quelle spiegazioni, il papa sembrò sollevato. Tuttavia non fece nulla, assolutamente nulla, affinché la persecuzione contro Padre Pio avesse fine: in pratica, lasciò mano libera ai nemici del santo frate. Questi sono i fatti, e coi fatti non si litiga: sono quelli, e bisogna accettarli; fermo restando che bisogna anche cercare di capirli, e naturalmente di spiegarli.

Così Rino Cammilleri nel libro La storia di Padre Pio (Edizioni Piemme, 1993, pp. 226; 265; 268):

Alcuni sono convinti che ad avercela con padre Pio fosse proprio Giovanni XXIII: Altri sostengono che il Papa nulla sapesse di quel che accadeva a S. Giovanni Rotondo. Di certo, però, c’è che padre o e Giovanni XXIII sono entrambi servi di Dio, perché sono in corso i rispettivi processi di beatificazione Padre Pio è stato canonizzato da Giovanni Paolo II il 16 giugno 2002; papa Giovanni il 27 aprile 2013 dal signor Bergoglio; nota nostra].

È pur vero che avere una canonizzazione "in fieri" non garantisce l’automatica promozione a Santo. Ma questo in ogni caso vale per ambedue. Noi qui dobbiamo limitari a raccontare i fatti. così come ci è stato possibile ricostruirli dalle biografie, molte delle quali composte di sole "voci" (e sappiamo come proprio le "voci" abbiano inguaiato Padre Pio).

Alcune di queste biografie cercano di coprire caritatevolmente le cantonate di molti prelati, col risultato di non parlare di niente, perché la storia di Padre Pio ne risulta monca di un buon settantacinque per cento. Altre, scritte da figli spirituali del frate pietrelcinese, elencano SOLO le cantonate n questione, spesso anche quelle supposte. Poiché, infine, la bibliografia su Padre Pio è sterminata (più di centoventi libri e un numero incredibile di articoli e scritti vari), il lettore ci farà grazia se, in merito alla faccenda, sulla posizione del "Papa buono" non possiamo dare alcun giudizio. Lo sapeva? Non lo sapeva? Non lo sappiamo. Di sicuro c’è solo che i giornali li leggeva anche lui, come li leggevano i Papi precedenti. Alcuni si convinsero della schiettezza di Padre Pio e lo protessero. Lui no. Questo è quanto. (…)

Anche sulla posizione di Giovanni XXIII occorrerà prima o poi far luce. Era anche lui prevenuto nei confronti di Padre Pio? [Sottinteso: come lo era, dimostrandolo ampiamente, il Visitatore apostolico, monsignor Carlo Maccari, inviato dal papa a S. Giovanni Rotondo per verificare se fossero vere le voci scandalistiche messe in giro dai nemici del frate, e la sua presunta simulazione delle Stimmate e degli altri doni mistici; nota nostra.] Sembrerebbe di no. La faccenda dei registratori, per esempio, non la digerì. Si dice che il cardinale Ottaviani abbia chiesto al segretario del Papa monsignor Capovilla, se il santo Padre avesse ascoltato i nastri. La risposta (riferita da padre Gerardo di Flumeri) fu: "Dica a quei signori che loro hanno fatto la pastetta e loro se la mangino". Comunque, forse anche in questa faccenda si poteva procedere diversamente, magari intervenendo con decisione (e che diamine, in fondo la materia era grave). Sconcerta un po’, in effetti, il tono stizzito della lettera scritta dal papa al suo segretario Capovilla (come si ricorderà, la "Settimana Incom" aveva pubblicato una supposta predizione del papato ad Angelo Roncalli da parte di Padre Pio): sarebbe meglio che ella scrivesse privatamente, da parte mia, a Mgr. Andrea Cesarano arc. di Manfredonia, che quanto viene scritto su "Incom" di rapporto di Padre Pio con me è tutto inventato. Io non ebbi mai alcun rapporto con lui, né mai lo vidi, o gli scrissi, né mai mi passò per la mente di inviargli benedizioni: né alcuno mi richiese direttamente o indirettamente di ciò, né prima, né dopo il Conclave, né mai. Appena torna Mgr. Dell’Acqua sarà bene vedere come meglio si possano arrestare queste invenzioni, che non fanno onore ad alcuno". (…)

A questo punto, però, il giornalista americano [cioè Kenneth Woodward, autore del libro "La fabbrica dei Santi"] aggiunge un altro "mistero vaticano" ai tanti che abbiamo incontrato: "Com’è facile immaginare, i cappuccini cominciarono a raccogliere in modo non ufficiale materiale sul loro famoso confratello già un anno dopo la sua morte, avvenuta nel 1968. Ma poco dopo successe qualcosa di misterioso: a Roma qualcuno, sicuramente con il benestare di papa Paolo VI, emise un decreto che impediva l’apertura del processo diocesano su di lui. I cappuccini non hanno voluto dirmi chi diede quell’ordine, anche se confermano che esso rimase operativo fino al 1982". Ma Papa Montini non era favorevole a Padre Pio? E che dire di Albino Luciani che nel 1960, vescovo di Vittorio Veneto, mentre si svolgeva la visita di Maccari affermava che i fedeli non hanno certo bisogno di avvenimento soprannaturali, perché, al contrario, ci vuole "pane solido che li nutra, non cioccolatini, pasticcini e caramelle che pesano e allettano, una leccornia impossibile da digerire, che sazia di cose soprannaturali e insolite"?

No: la lettera dettata da Giovanni XXIII al suo segretario, monsignor Loris Capovilla, non sconcerta un po’, come dice Cammilleri: scandalizza proprio. Il tono di essa è tale da non lasciare ambito a dubbi: il papa non aveva alcuna simpatia, alcuna comprensione, alcun rispetto per il frate di San Giovanni Rotondo; se ne avesse avuti, anche solo un poco, non avrebbe adoperato quelle espressioni. Pare che la sola cosa che gl’importi è di rimarcare la sua totale estraneità a Padre Pio: come se temesse che anche solo ammettere di aver avuto il minimo contatto con lui possa gettare un’ombra negativa su di sé. Quando dice, per esempio, che mai gi passò per la mente di inviargli benedizioni, manca addirittura di carità cristiana, oltre che di sensibilità pastorale. E sta scrivendo a un suo amico personale, che era anche un sostenitore della santità di padre Pio. Se parlava così con gli amici di padre Pio, cosa diceva, in privato, ai suoi nemici dichiarati, come monsignor Maccari? Da qualsiasi parte si consideri la cosa, si giunge sempre alla stessa conclusione: sì, Giovanni XXIII, il cosiddetto "papa buono", fu il grande persecutore dell’ormai anziano, e santo, cappuccino. Se non lo fu in maniera esplicita e attiva, lo fu comunque in maniera implicita e passiva: lasciò fare, pur sapendo benissimo come stavano agendo i detrattori di padre Pio. Questo sicuramente dispiace agli ammiratori di Giovanni XXIII: incrina, non poco, la sua immagina di papa buono, sorridente, leale, comprensivo verso tutti. Si scopre invece che col più grande santo del XX secolo fu di una durezza estrema. Come mai? Forse non era, dopotutto, così buono come vuole la leggenda? Del resto, sono tante le cose che i suoi estimatori cercano di passar sotto silenzio. Che sia stato amico e ammiratore di Romolo Murri ed Ernesto Buonaiuti, per esempio: due modernisti. E pure di Eduard Herriot, Vincent Auriol e Yves Marsaudon, massoni e radicali anticattolici. Già, la massoneria: si sospetta che Roncalli fosse iniziato alle logge fin da quand’era nunzio a Parigi. Ma si deve dirlo sottovoce…

Fonte dell'immagine in evidenza: Wikipedia - Pubblico dominio

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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